Un episodio divertente risale al 1962, quando fui chiamato alla regia dello spettacolo teatrale Tarantella con un
piede solo. Un mese prima era stata abolita la censura, per cui si respirava una maggiore libertà artistica, ma il testo
era rischioso per altri aspetti in quanto parlava di quattro poliziotti corrotti, sebbene nel finale si riscattassero appieno. Così
mandai il copione all'allora questore di Napoli che lo lesse, capì e conferì la sua approvazione, dando ordine al commissario
di pubblica sicurezza che doveva svolgere il suo turno di sorveglianza in sala di non interrompere lo spettacolo. Ma la sera
della prima venne un procuratore della Repubblica che a metà spettacolo si mise ad urlare allo scandalo e il commissario
della polizia fu costretto a chiamare la Celere. Fui denunciato per vilipendio alle Forze Armate - perché allora la polizia era
ancora militarizzata - ma il questore intercedette per me spiegando in tribunale il finale dell'opera. Così fui assolto.
Andrea Camilleri (da un'intervista a "Polizia Moderna", aprile 2002)
L'autore di questa commedia, Gigi Lunari, è giovanissimo: ha infatti ventotto anni (è
nato a Milano il 3 gennaio 1934). Si è laureato in legge, sempre a Milano, nel 1956. Ha
studiato musica (composizione) e ha vissuto a lungo all'estero: in Francia, in Inghilterra
e in Irlanda. Attualmente è responsabile dell’Ufficio Studi del Piccolo Teatro di Milano, e
si occupa di teatro soprattutto da un punto di vista storico e critico: è infatti autore di
numerosi saggi oltre che di quattro volumi della collana “Documenti di teatro” (Editore
Cappelli) dedicati all'Old Vic, a Laurence Olivier, al Movimento drammatico irlandese e
ad Henry Irving (e il teatro inglese dell'800). Ha inoltre curato un'antologia del teatro
irlandese e sta ora preparando uno studio sul teatro borghese. Colto e intelligente saggista,
collabora a “Il dramma”, a “Teatro nuovo” e a numerose riviste specializzate straniere, tra
le quali “Plays and Players” di Londra e “Theater der Zeit” di Berlino. Oltre a questa
“Tarantella” ha scritto due atti unici: “Giovanna” (rappresentato dal
Teatro di Ca’ Foscari di Venezia nel 1954) e “Lourdes” (nel 58) che verrà trasmesso
entro l'anno dalla Radio Polacca. Un altro suo dramma in tre atti, “La regina nella
manica”, è stato segnalato al Premio Marzotto nel 1956. “Tarantella con un piede
solo” è stata scritta dal Lunari tre anni fa. La spiegazione del titolo allegorico era
probabilmente riscontrabile in qualche battuta del testo in seguito tagliata dall'autore
stesso. Il dramma, piuttosto grottesco, è stato ispirato da un autentico fatto di cronaca,
accaduto, ci sembra, proprio a Napoli. Si tratta di questo: una coppia di giovani sposi cafoni
in viaggio di nozze viene avvicinata da uno sconosciuto che offre ad essi una cospicua somma
dietro... cessione dello jus primae nocti'. Ecco, in merito, alcune significative battute della
commedia: “Perché doveva dargli cinquecentomila lire?” “In cambio della moglie ... Quei
due sono in viaggio di nozze; uno gli ha detto che se gli lasciavano fare a lui la prima notte
gli avrebbe dato cinquecentomila lire”. “Oh Dio, ma guarda che gente c'è a questo mondo”.
“Eh, sono poveri”. “Ah no, non vuol dire essere poveri. Vuol dire non aver coscienza, essere
depravati! Vuol dire non sentir niente, non aver cuore! Altro che poveri! Si dovrebbe morir
di fame piuttosto che fare certe cose”. Accaduto il “fattaccio”, lo sconosciuto scompare, e i
due sconvolti, disperati, a mani vuote, si rivolgono alla polizia: invano ... Intorno agli
sprovveduti protagonisti si agita, in bilico fra realtà e fantasia, tutto un mondo quasi
picaresco, animato da prostitute di buon cuore, da fuorilegge poco temibili, da poliziotti
accomodanti se non proprio corrotti. Tutti questi personaggi fungono da “coro”: sono la
coloritissima cornice della vicenda, piccante quanto amara. Amara perché umana. Tale,
infatti, ha cercato di renderla l'autore presentando i due sposi non come pervertiti o
immorali: sono due persone sostanzialmente oneste, almeno fino a quel momento.
Nonostante il loro comportamento aberrante, non sono totalmente condannabili.
Ingenui, vittime di esseri malvagi, ispirano compassione ed una certa simpatia: sul piano
umano, insomma, “si salvano”. Hanno fatto male, certo, queste cose non si fanno, ma in
fondo si sono trova ti loro malgrado in una tentazione tanto forte che la colpa ricade in
parte anche sulla società che li costringe ad uno stato di inferiorità. Non per niente essi, in
campagna, vivono all'ombra di un certo barone “tanto buono” che ricostruisce il suo
latifondo espropriato indebitando la povera gente. Il nocciolo della commedia, ovvero il
fatto centrale, si presta bene ad una specie di diagnosi di non poche magagne tipicamente
italiane: certi responsabili che chiudono gli occhi e li riaprono solo quando vogliono; la
facilità dell'intrallazzo; le pseudo-patetiche reazioni del popolino (si commuovono, ma
non troppo, le prostitute, ed una di esse sente più drammaticità nel caso di Soraya piuttosto
che in quello della sposina). Il testo di Gigi Lunari sottolinea anche la superficialità di tutto
quello che si fa da noi: superficialità del sentimento (la mondana, ad esempio, che
interrompe il suo “lavoro” per ascoltare una canzone, e l'ispettore che la giustifica giacché
noi italiani siamo dei sentimentali); superficialità dei miti nazionali (il gallismo, soprattutto);
superficialità nel bene e nel male (le ragazze facili che si commuovono e il fuorilegge che
confessa di non essere un vero gangster data la sua mediocrità). Questa leggerezza
tipicamente italiana, cioè la superficialità che ci distingue. non di rado è per noi un bene.
E' quanto, evidentemente, sottintende l'autore un po' sogghignante, tra un sorriso ironico e
un lazzo disinvolto. A coronamento della leggerezza fondamentalmente nostrana, ma in
special modo - confessiamolo - meridionale, il dramma dei due sposini provinciali “affonda
nel nulla”. E qui l'autore si preoccupa di distinguere palesemente tra colpe individuali e
colpe della situazione sociale. Quando l'ingenuo marito beffato vuole denunziare il fatto al
funzionario di polizia, questi si rifiuta quasi di ascoltarlo e lo convince a rinunziare alla
querela (contro ignoti). E perché il funzionario agisce così. Perché egli deve andare alla
partita, a vedere il Napoli che gioca al Vomero (l'azione, quindi si svolge prima
dell'inaugurazione dello Stadio di Fuorigrotta), e perciò non ha tempo da perdere. Se il
colpevole del “fattaccio” rimarrà impunito la colpa è dunque del funzionario; ma al tempo
stesso il rappresentante della Legge può avere agito così per il bene dei due sposi. Infatti egli
sostiene che accettare la denunzia significherebbe mandare anch'essi in galera. Che non
l'abbia accettata perché deve andare alla partita è un fatto, ma è pur vero quanto asserisce;
e se possiamo dargli torto per la sua “pigrizia” e per la sua ignavia, dobbiamo altresì
riconoscere che ben più gravi sono le colpe della situazione sociale per cui i due cafoni
innamorati sono stati costretti al “compromesso” della prima notte. La commedia è
ambientata a Napoli. Forse perché - secondo l'autore - a Napoli si riscontrano più che in
ogni altro centro tutti i difetti e le virtù degli italiani. Ed anche perché nella nostra città si
trovano elevati a potenza proprio tutti i difetti e le virtù nazionali: dal bel canto al gallismo,
da una certa allegra amministrazione al “senso della famiglia”. Ma questa - bisogna
ammetterlo - è la Napoli più convenzionale immaginabile. ' L'azione si svolge in un ambiente
piuttosto losco, da piccola malavita. Proprio per questa ragione meglio avrebbe fatto il
Lunari a non precisare il luogo dell'azione. Cosa fatta, comunque, capo ha ... Ed il “capo”,
in questo caso, è purtroppo la malavita napoletana. Ma a giustificazione dell'autore si può
dire che due poveri diavoli di sposi in luna di miele non vanno certo in un grand'hotel
giungendo a Napoli, bensì in un povero alberghetto, a contatto di gente che si arrangia. E
tutte quelle prostitute, quei poliziotti corrotti, quei ladri da “Opera da tre soldi” (evidente è
nel Lunari l'influsso brechtiano) a quale scopo agiscono nella commedia? Essi hanno la
funzione di scaricare sul “contorno” la sostanziale volgarità della vicenda centrale. Il
problema, al postutto, era quello di raccontare in termini “casti” una storia scabrosa e
volgare dando al tempo stesso la netta impressione della volgarità. E davvero la storia dei
due sposini cafoni è raccontata castamente, mentre la sozzeria balza evidente dal
comportamento e dai dialoghi delle persone che fanno da coro alla vicenda. E le
battute - anche le più sboccate - hanno spesso la pretesa di avere un loro senso ideologico e
umano. Come quelle messe in bocca alla prostituta che, tra una “seduta” e l'altra, va a
confessarsi, e poi riprende come se nulla fosse il suo “lavoro”. A prima vista paradossale,
l'episodio chiarisce che se c'è una categoria di persone ben lontane dai peccati di amore, al
sicuro da ogni turbamento sessuale, questa è proprio la categoria delle meretrici (per le quali
l'amore non è un piacere: è una fatica). “Tarantella con un piede solo” ha un finale
a sorpresa. E non è certo il caso di rivelarlo in anticipo. Precisiamo comunque che si tratta
di un doppio finale; ed il secondo sa di posticcio: è stato evidentemente (e prudenzialmente)
aggiunto dall'autore per mettersi con le spalle al sicuro da eventuali indignazioni da parte
di benpensanti funzionari, ma è comunque abbastanza scoperto da non danneggiare il
significato ideologico implicito nel dramma.
Sergio Lori
Copertina della rivista "Teatro nuovo", bimestrale dello spettacolo diretto da
Ghigo De Chiara - Maurizio Scaparro - Lamberto Trezzini, Anno III n.11,
dicembre 1962 - gennaio 1963
(immagine reperita in rete)
Il programma di sala, le informazioni sul cast e lo scritto di Sergio Lori
sono ripresi dal sito
Teatro del ‘900
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