Camilleri, il profeta cieco
Mappe del pianeta Camilleri, tra lingua, stile, arti, cultura e società
Autore | Rosanna Virgili |
Data di pubblicazione | 18 febbraio 2025 |
Testata | Treccani.it |
Come spesso dichiarava, Andrea Camilleri aveva un difficile rapporto con Dio e non era credente. Pur riconoscendo che un po’ di fede gli avrebbe fatto avere meno paura, specialmente da vecchio, ammetteva di esserne privo, senza mancare di mostrare, tuttavia, un grande rispetto e perfino dell’ammirazione per i credenti. Ma il fatto che Dio non facesse parte della sua vita non significava che la sua sensibilità spirituale non fosse, invece, intensissima. Un affondo che diventa un testamento di quanto si muovesse nell’anima di Camilleri è senza dubbio patente nella Conversazione su Tiresia, il monologo da lui scritto e interpretato che è andato in scena per la prima volta al Teatro Greco di Siracusa nel giugno 2018. Chiamatemi Tiresia. Per dirla alla maniera dello scrittore Melville, quello di Moby Dick. Oppure Tiresia sono per dirla alla maniera di qualcun altro […]. Qualcuno di voi di certo avrà visto il mio personaggio su questo stesso palco negli anni passati ma si trattava di attori che mi interpretavano. Oggi sono venuto di persona perché voglio raccontarvi tutto quello che mi è accaduto nel corso dei secoli e per cercare di mettere un punto fermo nella mia trasposizione da persona a personaggio. (Camilleri 2019: 9-10) Alla fine della sua lunga vita ed anche della sua lunga e felice attività di narratore, Camilleri si identifica con Tiresia, che fu uno dei più celebri indovini dell’antichità che compare già in Omero, Esiodo e Ovidio. Il mito racconta che nell’Olimpo scoppiò una discussione tra Zeus e sua moglie Era; il tema era quello del piacere: nell’amplesso godeva di più l’uomo o la donna? Venne interpellato Tiresia, un beota di Tebe, che disse che esistono dieci gradi di piacere: la donna ne gode per nove gradi e l’uomo solo per uno. Era, chissà perché risentita, lo accecò, mentre Zeus, al contrario, lo compensò con la preveggenza e ben sette vite. La metamorfosi accadde a Tiresia quando, da ragazzo, gli capitò di vedere due serpenti che si accoppiavano; allora egli uccise con un bastone la femmina ritrovandosi, immediatamente, trasformato in femmina e così rimase finché non si imbatté in una scena del tutto uguale. A quel punto Tiresia, con un bastone, uccise il serpente vedovo maschio tornando subito uomo. Non era, quindi, un ermafrodito, menzogna che, secondo alcuni, nacque nel Medioevo da Guido da Pisa, il quale gli attribuì un doppio sesso con l’accusa di usarlo alternativamente. E fu per quest’inganno che si coniò il verbo tiresiare per definire tutti i possibili mutamenti di genere negli atti sessuali. Ma la cecità di Tiresia è in realtà la condizione perché egli possa diventare un indovino.
Colui che mutò sembiante Ed è questo certamente l’anello che lega Camilleri a Tiresia: l’esperienza della cecità aveva portato, infatti, anche Camilleri a vedere con occhi profetici. E a valutare le interpretazioni che dell’antico indovino sono state fatte, da quelle opportune (come quella di Woody Allen) a quelle viziate degli autori cristiani. Tiresia appare, infatti, nella Commedia di Dante ove è posto nella quarta bolgia dell’ottavo cerchio. Virgilio lo presenta come colui che: «mutò sembiante / quando di maschio femmina divenne / cangiandosi li membra tutte quante» (Inferno, XX 40-45). Durissima la critica di Camilleri nei panni di Tiresia, il quale sa benissimo che la metamorfosi non è accaduta per mia volontà, anzi è capitato tutto contro la mia volontà, ma egli ha il massimo interesse a una sorta di damnatio dei profeti pagani a favore di quelli che predisse l’avvento del suo Dio. (Conversazione su Tiresia, 32) Anche nel resto della tradizione cristiana Camilleri ravvisa giustamente distorsioni nell’interpretare Tiresia pur di farlo rientrare nel modello profetico delle Sacre Scritture. Ma è proprio nelle Sacre Scritture che Tiresia ed anche Camilleri potrebbero trovare personaggi in sorprendente sintonia. Vedere ciò che sta oltre la patina dell’apparenza è proprio la facoltà dei profeti biblici i quali rispetto alle cose che accadono dicono: «una parola ha detto Dio due ne hanno udite» (Sal 62,12). Quanto significa che essi debbano essere capaci di tradurre la parola divina ponendosi da varie prospettive, da più punti di vista. Ed ecco la figura di Mosè considerato il più grande dei profeti (cfr. Dt 34,10) che durante il cammino nel deserto dell’esodo si trova ad affrontare i patimenti del popolo ebraico per la mancanza di cibo. Egli sente che il popolo piange e si immedesima in una donna gestante che domanda a Dio: L’ho forse concepito io tutto questo popolo? O l’ho forse messo al mondo io perché tu mi dica: «Portalo in grembo», come la nutrice porta il lattante, fino al suolo che tu hai promesso con giuramento ai suoi padri? (Nm 11,4-6.10-15) Pur parlando al maschile Mosè rivela di sentirsi in un corpo femminile, materno, bisognoso di aiuto, pieno di pena per i suoi figlioli la cui nascita e sopravvivenza è esposta al pericolo. Un cambiamento di sesso che si potrebbe insinuare anche in Paolo il quale rivolgendosi agli amati cristiani di Galazia così si esprime: «Figliolini miei che ancora vi partorisco nel dolore» (Gal 4,19). Si potrebbe obiettare che mentre Tiresia cambia davvero sesso Mosè e Paolo lo facciano soltanto in senso metaforico atto ad esprimere la propria esperienza interiore. Non si può nemmeno negare, tuttavia, che anche il tiresiare dell’indovino mitico risponda anch’esso a una funzione metaforica come pure quello di Camilleri che in quegli si immedesima.
Maschi che partoriscono Un altro esempio davvero efficace che potrebbe suscitare scandalo, presso gli autori cristiani al pari di Tiresia, è l’immagine che nel libro del profeta Geremia viene data di maschi che partoriscono: Si ode un grido di spavento, di terrore, non di pace. Può, forse, un maschio può partorire? Perché allora vedo tutti gli uomini con le mani sui fianchi come una partoriente? Perché ogni faccia è stravolta, impallidita? Ohimè! (Ger 30,5-6) La domanda, che sembrerebbe retorica, si rivela inquietante nella sua pretesa di rendere reale qualcosa di impossibile. Come potrebbe darsi una simile mutazione nel corpo di un maschio, al punto di poter partorire? Eppure la risposta si presenta come positiva, poiché Dio, nelle parole del profeta, invita a guardare, a constatare come ognuno abbia le «mani sui fianchi come una partoriente» e ogni viso «sia impallidito» per le doglie del parto, come accade normalmente alle donne. Si tratta, ovviamente, di una metafora in cui il linguaggio si spinge oltre i limiti della realtà. Espressione però dell’esperienza del profeta – maschio – che si immedesima nella donna partoriente nella speranza che tutto il popolo possa trovare un’impossibile – ma irrinunciabile! – via di salvezza. Come Geremia aveva bisogno di guardare la verità di Gerusalemme tramite ed oltre i limiti dei generi così Camilleri aveva maturato una visione vasta della realtà negli occhi di Tiresia. E nella cecità, paradossalmente, aveva trovato la vista. «Da quando non vedo più io vedo meglio, vedo con più chiarezza», dice in una delle presentazioni televisive del Commissario Montalbano. Lo spessore spirituale di Camilleri è – come lui amava dire – quello inevitabile, crocianamente inteso, di cui tutti siam fatti. Quanto in pieno si riflette sull’animo del suo Montalbano in specie nella compassione che lo contraddistingue dinanzi alle debolezze degli esseri umani e alla sua simpatia verso le vittime come spesso anche verso gli assassini. Non solo perché il Commissario è consapevole di come il corso delle cose sia “sinuoso” («il corso delle cose è sinuoso» è una frase di Merleau-Ponty cui Camilleri si ispira per dare il titolo al suo primo romanzo: Il corso delle cose, 1978) ma anche per una sensibilità spirituale che gli fa porre a giustizia più della Legge la misericordia.
Bibliografia Camilleri, A., Conversazione su Tiresia, Palermo, Sellerio, 2019. Nigro, S. S. (ed.), Gran teatro Camilleri, Palermo, Sellerio, 2015. Virgili, R., Il corpo e la parola. L’umano come processo nella Bibbia, Magnano (BI), Qiqajon, 2020.
|
Last modified
Monday, February, 24, 2025
|