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Una lezione sulla legalità di Antonino Caponnetto



Autore a cura di Patrizia Bellati e Marina Marsilio
Prezzo E 8,00
Pagine p. 112
Data di pubblicazione 2007
Editore Associazione Culturale La Barriera


Con le testimonianze di Don Luigi Ciotti, Giancarlo Caselli, Andrea Camilleri, Jole Garuti

Il 14 aprile 1994 Antonino Caponnetto, il magistrato che aveva guidato la procura di Palermo negli anni ‘80 creando il pool antimafia, incontrò gli studenti di Vigevano per portare tra loro la sua straordinaria testimonianza di una vita passata a combattere l’illegalità.
Erano passati due anni dagli attentati ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che lui aveva chiamato accanto a sé per collaborare all’inchiesta che portò al primo maxiprocesso contro Cosa Nostra, conclusosi con moltissime condanne.
Quella giornata fu per tutti i presenti memorabile. In un silenzio pieno di attenzione, 1500 studenti ascoltarono una delle più semplici e intense lezioni di legalità. Parole profetiche e ancora attuali che questo libro vuole riproporre.
Ci auguriamo che possa infondere al presente e per le future generazioni lo stesso effetto che, in quella primavera di tredici anni orsono, produsse la lezione di Caponnetto.

 

Un incontro mancato
di Andrea Camilleri

Non l'ho mai conosciuto di persona. Mi accorgo d'avere scritto una frase che non corrisponde alla verità, sarebbe più giusto dire che non ci siamo incontrati. Perché il Giudice Caponnetto posso dire d'averlo conosciuto attraverso quello che andava facendo nell'Ufficio Istruzione di Palermo e che i giornali solo parzialmente riferivano. Quando finalmente potei vedere in televisione com'era, due cose mi colpirono molto: la sua apparente fragilità fisica alla quale doveva corrispondere certamente una grandissima forza morale e il suo accento fiorentino. Avevo sempre pensato, per via di quel cognome così meridionale, che dovesse parlare tradendo una certa cadenza siciliana.
Mi restò l'impressione di un signore di altri tempi per i modi e le espressioni, ma sapevo ch'era solo un'impressione perché invece Caponnetto era attentissimo alla truce realtà dei nostri giorni. Voleva combatterla e sapeva pure come. Ebbi anche la certezza - e non l'impressione - che fosse un uomo giusto. Una specie in via d'estinzione che non solo non è protetta, ma di cui, ai giorni nostri, la caccia è libera e sempre aperta. Poi ci furono le stragi che levarono di mezzo Falcone e Borsellino e c'è un'immagine di lui che non riesco più a togliermi dagli occhi, mentre sale in macchina e pronunzia qualche stentata parola d'estremo sconforto. Il suo volto, le sue parole, in quel momento mi fecero molta paura. Una paura quasi fisica che mi spinse immediatamente a spegnere il televisore. Se uno come Caponnetto arrivava a toccare quel fondo di scoramento assoluto, pensai, allora tutto era veramente perduto. Ma già dalla celebrazione del funerale di Borsellino capii che quella sua forza interiore si era non solo ricompattata, ma aveva preso un nuovo slancio. E infatti continuò a combattere sino alla fine, non più nelle aule giudiziarie, ma nelle aule scolastiche, o dovunque fosse possibile, per spiegare cosa era la mafia, quale tremendo danno arrecava al tessuto vitale non solo della Sicilia, ma dell'intero nostro Paese. Un giorno, tornando a casa, trovai nella segreteria telefonica un messaggio che testualmente diceva:"Sono un magistrato in pensione. Mi chiamo Caponnetto. Vorrei parlarle". Seguiva un numero telefonico di Firenze. Quella sua inconfondibile voce! Confesso che non lo richiamai subito. Il rispetto che provavo per quel "magistrato in pensione" mi avrebbe fatto balbettare. Ero troppo emozionato, dovetti calmarmi. Poi composi il numero. Desiderava che io partecipassi a un certo incontro sul problema mafia. Accettai subito, grato. Mi disse in quell'occasione che per disturbi alla vista, i miei libri era costretto a farseli leggere.
Ma, proprio quando stavo per partire per Firenze, un imprevisto mi costrinse a Roma. A quel mancato incontro ci ho pensato a lungo, dopo. E sono arrivato alla conclusione che forse quell'imprevisto, con un poco di buona volontà, si sarebbe potuto superare. Ma questa buona volontà mi mancò. Come mai? Se avevo, come avevo, tanto desiderio d'incontrarlo, perché mi ero arreso così facilmente davanti a un ostacolo superabile? E proprio mentre mi ponevo la domanda, ne ebbi la risposta: mi ritenevo assolutamente inadeguato. Temevo di deluderlo. Quel poco che ho scritto sulla mafia è una faccenda, in fondo, letteraria. Lui la mafia l'aveva invece vissuta e combattuta sul campo di battaglia, attraverso le indagini, i processi, le condanne. Le atroci perdite. Esponendosi e pagando di persona. Io invece me ne ero stato comodamente seduto al mio scrittoio. No, la parola spettava a lui e ai suoi collaboratori. Appena uscita la mia "Biografia del figlio cambiato", che tratta dei rapporti di Luigi Pirandello col padre, gliela inviai. Mi arrivò, dopo qualche giorno, una sua lettera. Diceva, tra l'altro, che il mio libro l'aveva collocato in uno scaffale accanto a un libro di Pirandello, a lui molto caro perché gli era stato regalato dai suoi genitori. "Domine, non sum dignus" riuscii a dire ripiegando la lettera
.

 

Presentazione del libro
Vigevano, 9 maggio 2007

Non è stata la semplice presentazione di un libro, ma una vera lezione di legalità a più mani. Il discorso di Caponnetto riportato nel libro e pronunciato qua a Vigevano davanti a più di 1500 studenti attentissimi nel 1994, è stato il punto di partenza del dibattito che ne è seguito. Finalmente ho visto tanta gente, tanti giovani soprattutto e poi amministratori e politici di ogni parte politica a sottolineare il fatto che la voglia di legalità non è né di destra né di sinistra, una bella 'sveglia' per questa città insonnolita. Ad inizio di serata è stato mostrato un filmato che, dopo aver mostrato le immagini degli attentati a Pio la Torre e al Generale Dalla Chiesa, ha percorso la vita e la storia di Caponnetto, dalla sua nomina di magistrato a Firenze alla sua domanda di trasferimento a Palermo dopo l’assassinio del giudice Chinnici, alla costituzione del pool antimafia con Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta, le immagini di Falcone e Borsellino insieme nel maxiprocesso alla mafia e poi ancora Borsellino che parla di ‘Giovanni’ alla biblioteca di Palermo il 25 maggio 1992... un paio di settimane prima che toccasse a lui saltare in aria, nella sua voce la rabbia verso chi aveva messo da parte Falcone compromettendo tutto il lavoro del pool antimafia, e poi quella frase di Caponnetto dopo l'attentato a Borsellino 'è finito tutto'. E invece per lui è ricominciato tutto, la sua voglia di spiegare ai ragazzi la legalità, chi erano Giovanni e Paolo e tutti gli altri moti ammazzati per un’idea, quelle lezioni in giro per l'Italia senza mai risparmiarsi nonostante l'età, fin quasi alla fine.
La prima a prendere la parola è stata Jole Garuti coodinatrice di Libera in Lombardia e direttrice del Centro Studi Saveria Antiochia che, dopo aver presentato gli ospiti, ha parlato di come ha conosciuto 'nonno Nino', del suo entusiasmo con i ragazzi, della sua crisi dopo gli attentati mortali del 1992 e di come si sia emozionata nel rileggere il discorso. Una ragazza dal palco, ne legge degli stralci scelti dai relatori prima del loro intervento. Le curatrici del libro, Patrizia Bellati e Marina Marsilio, hanno sottolineato, tra le altre cose, quanta sia la voglia di parlare di legalità da parte dei loro allievi, tanto che alcuni sono arrivati a proporre di farne una materia scolastica per non dimenticare e per non rimanere in silenzio (sarebbe il gradito ritorno di Educazione Civica iniziando magari dalla Costituzione). Il dott. Bella della Coop, ha annunciato il progetto di apertura di 4 ipermercati in Sicilia, uno dei quali aprirà a fine mese a Ragusa, una sfida soprattutto a livello di assunzioni, quando gli stessi prescelti in base alla loro esperienza sono stati i primi a stupirsi di essere stati preferiti ai soliti ‘raccomandati’. E poi davanti al microfono va Massimiliano, sembra impacciato, in giacca e jeans, ma le sue parole escono chiare, l’accento calabrese è inconfondibile, è uno dei ‘ragazzi di Locri’, quelli scesi in piazza dopo l’assassinio di Fortugno, quelli che hanno fatto della frase ‘e adesso ammazzateci tutti’ la loro bandiera. Parla descrivendo il loro movimento, spontaneo e senza bandiere politiche, da un anno girano l’Italia per incontrare gli altri ragazzi nelle scuole e parlare con loro. ‘Non pensate che la mafia sia solo al Sud, certo da noi spara, ma qua ci sono le finanziarie, la borsa, qua ci sono le società ‘lavatrici’ dei capitali sporchi. Se da noi arrivasse il lavoro, quello onesto, non ci sarebbe spazio per la mafia.’ Parole teoricamente ovvie per noi qua, ma loro le gridano da Locri e dalla Calabria, in prima fila, alzando la testa, sperando.
Tra le loro richieste, che divenga finalmente legge il ddl Lazzati per togliere voti alla mafia (risale a ben 14 anni fa la proposta) e la revisione della legge Bassanini nella parte che riguarda i Segretari Comunali, che tornino ad essere organi di controllo super partes e non scelti a gradimento degli amministratori politici.
Gherardo Colombo incalza, parla di ‘onesti’ e di ‘colpevoli’ con degli esempi così chiari che sembrano ovvi: ‘Dicono, io non lo so, che l’80% delle banconote che circolano a Milano rechino tracce di cocaina. Ora, la mafia la importa, il pusher la vende, ma chi la compra è la persona ‘onesta’ che è il colpevole. Le prostitute sulle strade: se l’onesto non si fermasse, il magnaccia non guadagnerebbe e nemmeno chi le porta dai loro paesi di origine. Parliamo dei processi infiniti e dei condoni ricorrenti, quale legalità è mai questa?’ E’ un fiume in piena, siamo tutti ipnotizzati e quando smette di parlare è una vera ovazione che lo saluta, soprattutto dopo che Jole Garuti annuncia che Colombo riprenderà il lavoro interrotto da Caponnetto: parlare con ragazzi di legalità. L’ultima a parlare è Elisabetta, nonna Betta si definisce lei, ‘toscanaccia’ e si sente. Parla del diario che nonno Nino ha iniziato a 20 anni con la frase ‘Non conosco l’amore, ma quando sarà, sarà per sempre’. L’anno seguente si sono conosciuti e sono rimasti insieme 61 anni. Un applauso commosso sottolinea la frase e lei prosegue raccontando della loro vita insieme, di come abbia saputo dalla radio che Nino sarebbe andato a Palermo, ma da solo per motivi di sicurezza, si interrompe per dire che deve ‘sgridare’ Pietro Grasso che ha scritto che Caponnetto mandò all’Asinara Falcone e Borsellino per lavorare mentre in realtà furono portati quasi a forza perché aveva saputo della loro condanna a morte. Parla del dolore e dello sconforto di Nino dopo la loro morte e della sua ripresa nella decisione di parlare ai giovani della sua esperienza e di come negli ultimi mesi di vita, lui la guardasse di continuo, senza parlare, come a volerne imprimere nella memoria ogni più piccolo particolare. Qua cede alle lacrime, dice ‘Basta, se no….’ Siamo tutti in piedi, sono convinta che ognuno dei presenti, se potesse, correrebbe ad abbracciarla, riprende solo il microfono per dire di acquistare due copie del lbro ‘una per voi e una da regalare’. Le mie due copie sono già nella borsa e vado a farle firmare a questa donna minuta, ma così grande, che ti guarda dentro con due occhi azzurri così limpidi che capisci come è.
E l’ho abbracciata.
Grazia



Last modified Friday, May, 24, 2013