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Caro Montalbano

Lettres au commissaire



Autore Gian Mauro Costa, Giancarlo De Cataldo, Francesco De Filippo,
Marie-Hélène Ferrari, Gabriella Genisi, Hervé Le Corre,
Maruzza Loria, Carlo Lucarelli, Gilles Perrault,
Santo Piazzese, Serge Quadruppani, Gaetano Savatteri, Tito Topin
Prezzo € 10,00
Pagine 79
Data di pubblicazione 14 giugno 2017
Presentato a Parigi in occasione delle due giornate dedicate ad Andrea Camilleri
col titolo Andrea Camilleri, prodige d’écriture et de style
Editore Istituto Italiano di Cultura
Paris


Salvo Montalbano è probabilmente l'antieroe della letteratura italiana contemporanea più amato dagli italiani. Alternando scetticismo e ironia, capacità intuitive e senso dell'osservazione, il celebre commissario di polizia, uomo integerrimo e leale, non solo è in grado di risolvere casi complicati, ma ogni volta si dimostra capace di capire gli uomini e le loro contraddizioni. Il personaggio inventato da Andrea Camilleri è un siciliano fedele ai piccoli riti quotidiani di un'esistenza quasi in modo minore, vissuta sullo sfondo di un mondo di provincia scosso da crimini quotidiani e contraddizioni sociali. Attento osservatore di un universo alle prese con violenze piccole e grandi, serve con puntiglio e dedizione uno stato di cui pure vede tutte le pecche e i ritardi, difendendo fino in fondo i principi che regolano la convivenza civile e il rispetto degli altri.
Nato nel 1994, in occasione del primo romanzo della serie, La forma dell'acqua, in poco più di vent'anni Montalbano si è ritrovato protagonista di trenta avventure, ultima delle quali La rete di protezione. Di storia in storia, agendo sullo sfondo della immaginaria città di Vigata, si è conquistato un pubblico fedele, in Italia come all'estero. Ma se le sue avventure sono tanto apprezzate dai lettori di tutto il mondo, non è solo per le qualità del protagonista e per i riusciti intrecci delle vicende in cui si trova coinvolto. A decidere della fortuna dei romanzi polizieschi di Camilleri ha contribuito infatti in modo decisivo la lingua tutta particolare inventata dallo scrittore nato a Porto Empedocle nel 1925, una lingua originalissima ed efficace, risultato d'un sapiente impasto d'italiano e siciliano, che ha saputo conferire uno stile inconfondibile alle sue pagine.
Insomma, Montalbano è oggi una figura insostituibile del panorama letterario italiano. A questo straordinario personaggio romanzesco l'Istituto italiano di cultura di Parigi ha dunque voluto rendere omaggio, chiedendo a tredici scrittori dalle due parti delle Alpi di scrivergli una lettera. Tredici amici e ammiratori del commissario che con queste missive sottolineano, con rispetto e ironia, quanto abbia contato per loro la presenza dell'antieroe creato da Camilleri, uno scrittore a cui in questo modo rendono un meritatissimo tributo.
Fabio Gambaro
Istituto Italiano di Cultura Parigi
Direttore


Gian Mauro Costa
Egregio commissario Montalbano,
questa è una lettera anonima. Anche se magari, con il suo fiuto leggendario, alla fine potrebbe riuscire a identificarmi. In verità, ne dubito. So che legge molto, si diverte anche a seguire i suoi emuli (Montalbano, l'investigatore che vanta innumerevoli tentativi di imitazione… come la Settimana Enigmistica), ma difficilmente le sarà capitato di avere tra le mani un mio libro. Io sono rimasto nell'ombra, come capirà tra poco. E il punto è proprio questo… Ma non perdiamo altro tempo, andiamo al nocciolo della questione. Accanto a me c'è la sua fidanzata Livia. Sta dormendo. Non pensi male: l'ho soltanto narcotizzata. Sì, rapita, ecco. Non si agiti: sta bene e presto, se seguirà le mie istruzioni, se esaudirà il mio desiderio, la potrà riabbracciare. Portarla con me nel posto da cui le scrivo non è stato difficile. La ragazza non aveva motivo di diffidare, di fiutare la trappola, come a lei capita con magistrale naturalezza nelle sue avventure. Mi è stato sufficiente pedinarla, seguirla dentro il cinema dove ha trascorso, da sola, la serata di ieri, avvicinarla per un commento garbato sul film, vincere la sua riservatezza per offrirle una cioccolata calda al bancone del bar vicino. Pochi minuti dopo il narcotico ha cominciato a far effetto e a quel punto è stato un gioco da ragazzi farla salire nella mia auto e condurla qui, nel mio rifugio, dove ancora non si è risvegliata.
La vedesse in questo momento: sembra un angioletto. È un'anima candida, lo sa bene. E molto, molto, paziente. Ogni tanto si arrabbia, sì, qualche volta le fa le scenate ma chi, come Livia, si sarebbe bevuta la storia che i tradimenti ormai non tanto sporadici che lei, commissario, si concede, sono solo frutto della fantasia del suo Maestro e gran celebratore, il sommo Camilleri, e quindi innocenti bugie letterarie? Chi, come Livia, si sarebbe fatta prendere per il culo per anni con promesse e progetti che lei, commissario, diciamocelo pure con franchezza, non ha mai avuto la vera intenzione di onorare?
Ma stiamo perdendo altro tempo, lo so… Il fatto è che non riesco a dominare la mia agitazione, il mio piccolo desiderio di rivalsa nei suoi confronti, la mia… invidia. Sì, invidia, perché non ammetterlo? Lei si starà chiedendo se sono un pazzo, un maniaco, o un semplice criminale. No, mi creda. Sono semplicemente uno scrittore sconosciuto. Anonimo, appunto. Che l'ammira tantissimo. E che la invidia. La seguo sin dai suoi primi passi, quando ancora non era famoso e osannato come adesso. Ho mandato giù a memoria tutte le sue gesta, studiato parola per parola i suoi dialoghi, analizzato i suoi comportamenti, perfino fatto un elenco dettagliato dei suoi cibi preferiti, delle sue fisime, dei suoi capi d'abbigliamento. Ho cercato di passare al microscopio i suoi ragionamenti, le sue investigazioni, ho provato anche a soffermarmi sulla cerchia dei suoi amici, sul campionario dei suoi colleghi. Mi sono spinto perfino a fare un viaggio nei luoghi in cui vive e agisce, quelli reali, anche se con nomi camuffati, e quelli che invece hanno fatto da set alla trasposizione televisiva.
Ecco, l'eccezionale successo ottenuto sul piccolo schermo. Anche in questo caso, che culo… trovare un attore così bravo e popolare, registi così brillanti. Roba che ogni sera, dopo averla seguita alla tv, dovevo scolarmi un gallone di Maalox… E invece, io… Non che volessi la luna, sia chiaro. Ma dopo tanto lavoro, dopo tanti tentativi di riportare nelle mie pagine almeno un raggio del suo sole, di conquistare un modesto riconoscimento, un pugno di lettori, ottenere un piccolo boom di vendite, guadagnare se non altro un passaggio televisivo anche notturno tra una vendita di materassi e un film porno… Nulla. Un pugno di mosche. La frustrazione assoluta. E mi sono allora chiesto: ma è tutto merito suo, commissario? È davvero lei così perfetto, impeccabile, simpatico, coraggioso, seduttore? Eh, no, Montalbano, diciamocelo chiaramente. Tutti i meriti sono del suo Maestro, del sommo Camilleri. È lui che le suggerisce le storie nelle quali infilarsi, che le mette in bocca quelle frasi di un italiano all'apparenza così sgangherato ma che ha affascinato milioni di lettori e spettatori, è lui che la manovra.
(estratto pubblicato su La Repubblica (ed. di Palermo), 14 giugno 2017)


Giancarlo De Cataldo
Dr. Montalbano,
sono stato a lungo incerto sull'aggettivo con il quale aprire questa mia. "Caro" mi sembrava eccessivamente familiare: anche se il suo volto e le sue gesta sono immensamente popolari, qui dalle mie parti come altrove, non siamo mai stati presentati. "Gentile" mi sembrava poco adatto, tenuto conto del suo carattere, notoriamente aspro, per non dire, a volte, bizzoso. "Egregio" mi avrebbe esposto alla sua (sacrosanta) avversione per il linguaggio e le assurdità burocratiche... Alla fine, ho optato per un più neutro "Dr. Montalbano". Comunque, questa è la lettera di un suo ammiratore. Lei disprezza i pennivendoli prezzolati e si leva la soddisfazione di sbattere in galera, con equanime acrimonia, insospettabili e povericristi, muovendo dal presupposto che nessuno è innocente, colpevoli lo siamo un po' tutti. Ma invece di considerarla pericoloso, la amiamo. Lei incarna l'ideale di uno sbirro illuminista, democratico, ricco di intelligenza ma anche di pietas. Un padre, o un fratello maggiore, di altri tempi: lei, per dire, mangia come un uomo dell'Ottocento in un contesto di avanzata vegana, le piacciono le donne e non ne fa mistero,ci risparmia tante cineserie da politicamente corretto e nello stesso tempo nutre sentimenti profondamente democratici. Spero di non aver abusato della sua pazienza, e spero che, se un giorno c'incontreremo, non mi accuserà di averle scassato i cabbasisi con questa mia.
(estratto pubblicato su La Repubblica, 10 giugno 2017)


Marie-Hélène Ferrari
Caro, carissimo Montalbano,
è con mano tremante d'emozione che prendo la penna oggi, sperando di non farmi liquidare con un "ma vada a farsi friggere". Adesso infatti la gente si affolla intorno a lei. E la mia modesta dichiarazione d'amore passerà sicuramente inosservata, tra i milioni di messaggi pieni di boni pinsieri che lei riceve. Pirchì, vede, oltre al fatto di averla seguita fedelmente sui sentieri brulli e profumati di Sicilia, oltre al fatto di avere amato con lei la gente comune e le loro vite, i sapori delle trattorie, i gabbiani che volteggiano, la risacca delle onde, il sole cocente e la polvere pigra, i bambini furtivi e le donne generose, lei mi ha dato molto e neppure lo sa. Come lei, io vivo su un'isola, che la guarda da appena un po' più a nord: la Corsica. Anche qui i segreti sono numerosi, le bocche cucite, e gli sguardi ardenti. Ma è lei, che per primo in queste terre sorelle, ha raccontato ciò che di solito si mormora appena, tra gli ulivi e i muretti di pietra. Lei più che scrivere delle storie, ha tracciato delle strade. Se l'ha fatto lei, possiamo farlo noi. Il suo successo e la sua salute provano che noi eravamo solo dei timorosi, dei codardi, e che anche qui potevamo raccontare tutte le fitinzie locali.
Non creda che io voglia arripitiri parole di circostanza, io l'amo e l'amore grande e vero non ha mai parole. Esso è rispettoso e muto.
Si prenda ben cura di sé, Montalbano, di sé e anche di quel signore che scrive le sue parole e le sue frasi. Voi ci siete molto cari.
(estratto pubblicato su La Repubblica, 10 giugno 2017)


Carlo Lucarelli
Gentile dott. Montalbano,
mi permetta di dirle che nutro per lei una grandissima stima e apprezzo enormemente le sue capacità investigative e la sua professionalità. Per questo, mi permetta anche di chiedere cortesemente il suo aiuto per risolvere un mistero che mi sta molto a cuore.
La prima volta che ho letto un libro del suo amico Andrea Camilleri - era La stagione della caccia - mi sono fermato alla prima pagina indignato che fosse scritto in una lingua che non riuscivo affatto a capire. La storia, però, era intrigante, per cui sono andato avanti e già alla pagina successiva mi sembrava di essere diventato un grande esperto del siciliano di Camilleri e capivo tutto, anzi, mi piacevano proprio il suono, il ritmo e i termini di quella lingua così viva da non essere più letteraria, ma della fantasia e del cuore.
Ecco, allora, dottor Montalbano, lei che è un detective così in gamba, me lo spiega questo mistero?
Come fa Andrea Camilleri a scrivere sempre tanto e così bene, con storie sempre così affascinanti e profonde, e senza mai sbagliare un colpo?
Perché vede, io sono un dietrologo professionista, la mia attività lo dimostra, io vedo intrighi dappertutto e dire semplicemente che Andrea Camilleri è bravo, bravissimo, non mi basta.
Cosa c'è dietro? La P2, la Cia, i Servizi Segreti deviati, il Vaticano, Gladio, Al Qaeda, l'Isis, il Kgb, la lobby del petrolio, Wall Street, gli Alieni?
Insomma, dottor Montalbano, la prego: mi aiuti a risolvere il mistero.
(estratto pubblicato su La Repubblica, 10 giugno 2017)


Santo Piazzese
Gentile commissario Salvo Montalbano,
lei non mi conosce ma io ho sentito parlare di lei dal nostro comune amico, il commissario Vittorio Spotorno, che da qualche tempo, per la verità, ha - come dire? - cambiato "ragione sociale", convertendosi in un vicequestore. Ma tale è l'abitudine alla vecchia denominazione, che essa continua ad affiorare ogni volta che mi capita di citarlo. Per inciso, credo che più che di una promozione si sia trattato di una procedura, per così dire, "d'ufficio", che avrebbe dovuto riguardare anche lei, dottor Montalbano.
Ma io, per il poco (o il molto!) che ho avuto modo di sentire sul suo conto, credo che lei sia - mi perdoni la sfrontatezza - felicemente vocato a quell'understatement che talvolta affiora tra gli autoctoni del frammento di Sicilia in cui lei ha scelto di vivere, e che per una sorta di ossimoro esistenziale si alterna a una sovraesposizione vitalistica della quale la sua Vigata è nello stesso tempo avamposto e luogo di espiazione intellettuale.
Understatement ho scritto, e ho il sospetto che lei non userebbe mai questo vocabolo; ma non ne ho trovato uno migliore. Io stesso, d'altra parte, sono incorso in un piccolo understatement personale quando ho parlato di Vittorio come del "nostro comune amico". Vittorio è in realtà il mio migliore amico e io sono stato, all'epoca del fatto (ma quando lui è presente lo chiamo misfatto), suo testimone di nozze, e sono pure una sorta di zio onorario e non dichiarato di Stefano ed Emanuele, i due figli di Vittorio e Amalia.
Amalia, ecco. L'ispiratrice di questa lettera, il cui contenuto le apparirà del tutto futile, anche se - grazie a certi accenni di Vittorio - mi sono fatto persuaso, come si direbbe nella sua Vigata, che lei, nell'esercizio delle sue funzioni professionali, ma sopratutto umane, tenda a ignorare l'antico precetto secondo il quale De minimis non curat praetor.
Amalia dicevo. È stata lei a convincermi a scriverle, stante pure la riluttanza di Vittorio a farlo, non per timidezza, credo, ma perché sotto sotto, il nostro amico, almeno un poco s'affrunta. Verbo riflessivo che uso con la disinvoltura di chi sa che non le risulterà oscuro.
Vengo al punto. E il punto è il seguente: spero converrà che le cose per le quali vale la pena vivere e mi limiterò all'aspetto gastronomico, nel quale il nostro comune amico le riconosce grande competenza - appartengano in buona misura al genere femminile. A cominciare con la pecora di Favara, massima espressione dell'arte combinatoria - anzi, del connubio, mediato dallo zucchero - tra il pistacchio e la mandorla, nella loro forma più duttile e gratificante, cioè l'impasto stesso. E a continuare poi con la cassata, con la sfincia di San Giuseppe e, via via, con la pasta con le sarde e con la Norma, monumento, tra le altre cose, alla melanzana, anch'essa appartenente al genere femminile, nonché vero elemento unificatore del Mediterraneo, a dire del compianto Vázquez Montalbán, che mi risulta essere anche uno dei suoi autori di culto. E ancora con la caponata (ulteriore tributo alla melanzana), la sarda a beccafico, la frittella di nnunnata, la cacocciula con la tappa dell'uovo, la panella... È solo un assaggio, ma credo di avere reso l'idea: è tutto al femminile.
Lei non ignorerà che in tutte le varianti del nostro dialetto siculo opera una sorta di (felice?) ribaltamento semantico o esistenziale che porta noi indigeni a usare un vocabolo maschile per indicare il sesso femminile e uno femminile per indicare quello maschile. Non si tratta, credo, di un vero e proprio caso di disordine mentale, ma semplicemente di creatività, cresciuta sull'abbrivio della convinzione che i siciliani abbiano l'obbligo morale di essere sempre e comunque anticonformisti; o, se preferisce, sotto l'influsso costante della così detta corda pazza. Ricorda il caso della sindaca, espressione della Lega Nord, eletta a Lampedusa, il luogo più sud d'Europa? Un caso, come si dice, da manuale.
Alla creatività, si sa, non è lecito porre limiti o censure, anche quando si entra nell'essenza intima delle cose. Eppure… Eppure, non pensa che in certe circostanze sarebbe meglio affidarsi almeno al buon senso? E le sembra una scelta di buon senso attribuire il genere maschile alla Regina (non al Re!) del nostro cibo di strada? L'arancina, caro commissario, è femmina. Tanto femmina da averla indotta a cancellare un viaggio a Parigi, al fianco della sua Livia.
Rinunci all'analisi semantica che, ammetto, potrebbe offrirle qualche genere di alibi, e provi invece a pronunciarli ad alta voce, i due vocaboli; se li giri tra denti, lingua e palato: a-ran-ci-na, a-ran-ci-no… Sente la differenza di gusto? Ha ancora dubbi? Ci pensi, dottore Montalbano. E assapori!
(estratto pubblicato su La Repubblica (ed. di Palermo), 14 giugno 2017)


Serge Quadruppani
Caro Montalbano
Serge, sono. Dato che tra non molto saranno vent'anni che ci frequentiamo, credo di potermi permettere di darti del tu. Lo so che sai tutto su di me. Nell'apprendere il nome di colui che avrebbe tradotto le tue avventure per le edizioni Fleuve noir, non avrai perso del tempo a consultare uno schedario informatico (per questo c'è Catarella), ma avrai chiamato un amico, o un amico di un amico che ti avrà raccontato vita morte e miracoli del sottoscritto. Tuttavia, a dispetto della mia sbirrofobia, tu sei per me una presenza fraterna da quando ho scoperto che tipo di sbirro sei.
Come Maigret, tuo grande antenato, tu non dimostri un attaccamento forsennato alle istituzioni e alle loro regole, sei molto meno interessato a concludere le tue storie consegnando un colpevole alla Giustizia che a ristabilire un po' di giustizia nel mondo. E per questo, può accadere che trucchi delle prove o che tu ometta di trasmettere alcune informazioni a chi di dovere. Perché sai che lo Stato che servi spesso è forte con i deboli e debole con i forti. E tu, d'istinto, scegli di fare il contrario.
Ma non vorrei fabbricare un Montalbano a mia discrezione, eccessivamente sinistrorso.
Allora, lunga vita a te, commissario Montalbano, e lunghissima vita al tuo creatore.
Bacio le mani a Vossignoria e stringo entrambi in un abbraccio.
(estratto pubblicato su La Repubblica, 10 giugno 2017)



Last modified Friday, August, 18, 2017