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Dalla semina al pane



Autore a cura di Giuseppe Puma, Enzo Minio, Giuseppe Pasciuta
Pagine 89
Data di pubblicazione 2007
Editore Assessorato Regionale Siciliano all'Agricoltura e Foreste


Cliccare qui per scaricare il testo completo dell'Opera
(disponibile sul sito della rivista Il Convivio)

Questo mio lavoro vuol essere il dovuto omaggio al mio caro padre, venuto a mancare alcuni anni orsono e a tutti i lavoratori della terra passati e presenti, che con grande sacrificio e amore hanno prodotto e producono quel che è essenziale alla nostra esistenza e alla civile convivenza umana.
La zappa, l'aratro, la falce, la pala ed il tridente ed i numerosi reperti illustrati in quest'opera, rappresentano i ricordi più veri ed hanno la capacità di riscoprire una infinità di quadretti rustici e di sentimenti genuini, ora dolorosi ora gioiosi, che costituiscono la nostra memoria storica, fondamentale per ogni popolo che voglia esprimere la propria identità, radicandosi nel passato e proiettandosi in un futuro certo e prospero.
Giuseppe Puma

 

Un volume che racconta, per immagini, la storia del Museo Etno-Antropologico di Ribera (curato dall'Autore) e che fa la storia della civiltà contadina del secolo scorso, vista attraverso migliaia di oggetti del mondo agricolo ed artigianale.

Il libro non è in vendita ed è stato stampato in un numero limitato di copie. Chi fosse interessato può contattare direttamente l'Autore ai seguenti numero di telefono:
+39.092563332
+39.3402983562
+39.0925561255 (Ufficio Turistico di Ribera)

 

Prefazione
di Andrea Camilleri

Nella prefazione alla riedizione Cappelli 1968 delle “Parità morali” di Serafino Amabile Guastella, pubblicate per la prima volta nel 1884, l’insigne Giuseppe Cocchiara scriveva che “nella seconda metà dell’Ottocento la Sicilia ebbe una particolare forma di cultura che, in un certo senso, l’affiatò con l’Europa e non soltanto con essa”.
La nuova forma di cultura era quella delle tradizioni popolari che concretamente si manifestò attraverso gli studi e le ricerche di Vigo, nei venticinque volumi della “Biblioteca delle tradizioni popolari” di Pitrè, nei “Costumi e usanze dei contadini siciliani” di Salomone-Marino, nelle “Parità” e ne “L’Antico carnevale di Modica” di Amabile-Guastella, ecc.. Insomma, la cultura contadina (e altra non poteva darsi allora in Sicilia) con i suoi racconti, i suoi canti, le sue leggende, i suoi usi, le sue usanze e i suoi costumi ebbe la fortuna di trovare non solo degli attenti ricercatori, degli appassionati storici che ne raccolsero la documentazione scritta, ma anche dei veri e propri poeti che quella cultura cantarono.
Si è potuto così consegnare al comune patrimonio culturale un’ulteriore ricchezza che altrimenti sarebbe andata perduta.
Ma, nello stesso tempo, una ristretta accezione del termine cultura arretrò in secondo piano la conservazione degli oggetti d’uso quotidiano e di lavoro che a quella civiltà, diventata oggetto di studio, avevano permesso in definitiva di esistere, crescere e svilupparsi.
Faccio un solo esempio che serve a spiegarmi meglio: tra le centinaia di fotografie scattate da Giovanni Verga, forse per una documentazione verista della vita dei campi, difficile trovarne qualcuna che metta a fuoco un oggetto, si vedono solo volti giovani o segnati dal tempo, solo figure umane avvolte in miseri panni o in abiti da festa. Al massimo, Verga fotografa qualche carretto.
Singolare contraddizione.
Perché, se da un lato si è riusciti a ricostruire civiltà andate perdute e delle quali non è rimasta nessuna documentazione scritta, solo attraverso il ritrovamento e lo studio di oggetti d’uso comune quali vasi, monili, e piccoli arnesi, dall’altro non si è mai pensato (se non assai tardi, praticamente dalla seconda metà del novecento in poi) che la raccolta e la conservazione degli oggetti quotidianamente usati in un recente passato avevano forse un valore più probante di una narrazione orale?
Più di trent’anni fa mi capitò di visitare, a Palazzolo Acreide, la “Casa museo” che il poeta ed eminente folklorista Antonino Uccello aveva fondato e tenuta in vita tra mille difficoltà economiche, nella generale sordità degli organismi regionali. Si trattava di una casa contadina con dentro tutti gli oggetti d’uso per la vita famigliare e per i lavori campestri. Ebbene, devo confessare che mi son dovuto far dare spesso delle spiegazioni su certi oggetti dei quali non riuscivo a capirne l’uso. Eppure, gran parte della mia infanzia e della mia giovinezza si era svolta in campagna! Solo dopo la spiegazione mi tornava in mente che sì, proprio quell’oggetto l’avevo visto adoperare da bambino, ma poi era stato assai facile scordarmelo.
Ci vuole poco a dimenticarsi delle cose che ci sono servite per vivere, ma che vengono rapidamente sostituite da altre. Sembra inutile ricordarsele, mentre invece è una sostanziale perdita.
Questo prezioso e amoroso libro del professor Giuseppe Puma, “Dalla semina al pane”, ha, tra le altre, una sezione intitolata “Repertorio fotografico e didascalico”. Guardare queste fotografie è stato per me non solo un emozionante ritrovare cose sepolte, ma anche un riappropriarmi di parole  che credevo perdute per sempre, come la muligna, lo zimmili, il rincigliu, ecc..
A parte il desiderio che fanno venire di andare a visitare il Museo Etnoantropologico di Ribera e vedere “dal vivo” questi oggetti, rinnovandone la memoria.
Perché chi non ha memoria del passato e delle sue radici è destinato a perdere la propria identità in un mondo sempre più multietnico.

 

Cenni sull'Autore

Docente di Lettere in pensione, Giuseppe Puma nasce a Ribera il 31 marzo del 1932 da famiglia contadina.

Da anni è responsabile dell’Associazione Culturale “Ribera Verde” con la quale ha condotto diverse battaglie sociali e culturali all’insegna della legalità e della crescita del suo paese, battendosi per la salute dei cittadini, denunciando la speculazione economica ed edilizia.
Scrive poesie in dialetto e in lingua, prendendo parte a diverse manifestazioni poetiche; ha pubblicato la raccolta di 100 poesie Schegge di sentimenti in versi siciliani. Ha in corso la traduzione in endecasillabi siciliani della Divina Commedia di Dante Alighieri, di cui conosce a memoria più di 60 canti.
Da qualche tempo si dedica anche alla satira politica, scrivendo delle “Lettere Fantastiche” ai politici più in vista.
Il fiore all’occhiello della sua attività è la raccolta di migliaia di reperti della civiltà contadina e la realizzazione del Museo Etno-Antropologico comunale che, all’interno della Villa Comunale di Ribera, raccoglie ben oltre 4.000 reperti agricoli. Da circa trent’anni si dedica alla raccolta dei reperti, preziose testimonianze per la storia della civiltà contadina.


 



Last modified Wednesday, July, 13, 2011