home page





Fuga di notizie



Autore Christine von Borries
Prezzo E. 15
Pagine pp. 215
Data di pubblicazione 2003
Editore Il Ponte
Ristampa Ugo Guanda Editore


Un'archivista alle prese con gli intrighi dei vip «Fuga di notizie», romanzo del pm von Borries

Nella vita è pubblico ministero nella procura di Prato. Ma Christine von Borries, attualmente «prestata» alla procura generale di Palermo, è anche una scrittrice. Sta per uscire, per Il Ponte editore di Firenze, «Fuga di notizie», opera prima del sostituto procuratore. Un'esordio che può contare, e scusate se è poco, sulla presentazione di Andrea Camilleri. Già, proprio il papà del commissario Montalbano che al romanzo di Christine von Borries dà un imprimatur che fa capire che merita di essere letto: la scioltezza di racconto: «Ha una scrittura lineare che non si perde in rivoli collaterali... Non procede mai per colpi di scena. La sua abilità consiste nella scelta, e nella tenuta, di una felice tecnica di racconto». Un colpo di scena, se vogliamo, può essere considerata la scelta dalla protagonista del romanzo: che non poteva che essere donna, ma non è un magistrato, come qualcuno potrebbe immaginare conoscendo l'autrice e la sua professione. Von Borries ha scelto Irene Bettini, vicedirettrice dell'ufficio decimo del Sisde. Praticamente un «topo d'archivio» che, proprio in virtù della propria efficienza sul lavoro, viene scelta dal coprotagonista Roberto Taddei, che ha il compito di indagare su cosiddetti vip, politici, finanzieri, imprenditori e banchieri e sui loro possibili legami con la criminalità organizzata, per capire come funziona l'archivio. E' un romanzo d'indagine, più che un giallo, ha detto lo chaperon Camilleri. E piacerà sicuramente a chi cerca nei romanzi, più che l'azione e il delitto per il delitto, l'analisi e l'intreccio. Che sono poi, e non è un caso, abilità tipiche di un magistrato inquirente.

lau.g. - La Nazione, 3.7.2003

Una signora in giallo

Irene Bettini è la giovane vicedirettrice dell'ufficio decimo del Sisde, ufficio non operativo perché in realtà è semplicemente l'enorme archivio computerizzato dell'organizzazione, il luogo dove ogni informazione passata e presente, viene catalogata e memorizzata nel più assoluto segreto. Il lavoro di Irene non è certamente né esaltante néavventuroso, ma la giovane è orgogliosa di avere fatto del suo ufficio un esempio di efficienza e sicurezza. A questo punto, devo avvertire i lettori: non fidatevi mai degli archivisti. Un autore inglese ha scritto due volumi, sotto il titolo complessivo Sezione casi archiviati, dove un mite ispettore di Scotland Yard, addetto appunto alla classificazione dei faldoni e degli scartafacci, risolva, attenendosi solo ai documenti che gli capitano sotto gli occhi, complesse indagini svolte anni prima e mai giunte a soluzione. E del resto, Giorgio Scerbanenco, nei suoi “gialli” degli anni quaranta, non elesse a protagonista Arthur Jelling, archivista della polizia di Boston? Tornando alla storia di cui parliamo, un giorno, regolarmente autorizzato, si presenta a Irene Roberto Taddei, un bel quarantenne direttore dell'ufficio sesto, quello che ha il compito d'indagare su gruppi e uomini di spicco, politici, finanzieri, imprenditori, banchieri, indirettamente collegati con la criminalità organizzata. Taddei vuole sapere tutto sul funzionamento dell'archivio, come vi arrivano i dati, come vengono classificati, in che ordine, le modalità d'accesso ai dati stessi e le forme di consultazione. Irene non può che aderire alla richiesta, anche se per spiegare il complesso funzionamento dell'archivio ci vorranno giorni e giorni di lavoro. Fortunatamente per la ragazza, Taddei è un uomo tutt'altro che disprezzabile, una piacevolissima compagnia. Qui si racchiude l'inizio di Fuga di notizie (Il Ponte Editore, pagine 215, euro 15), agile e intrigante romanzo d'esordio di Christine van Borries. Questo romanzo è una delle molteplici prove tutte concorrenti a dimostrare la profonda trasformazione che negli ultimi anni il romanzo cosiddetto “giallo” ha subito e continua a subire. Un esempio lampante è che in Fuga di notizie il fatto delittuoso è posizionato quasi a metà del romanzo e non si tratta nemmeno di un omicidio, bensì del grave ferimento di Roberto Taddei. Tradizionalmente, il delitto era invece il punto di partenza di tutto il racconto, nessun editor avrebbe mai permesso la pubblicazione di un “giallo” senza un morto più o meno sanguinolento già nel primo capitolo. L'evolversi, il raffinarsi del romanzo poliziesco puòessere racchiuso in un'acuta osservazione di Todorov quando scrive che la caratteristica costitutiva del romanzo poliziesco contemporaneo si è notevolmente spostata “sull'ambiente rappresentato, attorno a personaggi e atteggiamenti particolari”. La punta più alta, la vetta di questo radicale mutamento in Italia la si è avuta col romanzo giallo a tutti gli effetti di un grande di un grande scrittore che giallista non era. Mi riferisco a Carlo Emilio Gadda e al suo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana che apparve in volume nel 1957. Per il delitto sul quale indaga il commissario Francesco Ingravallo detto don Ciccio non si troverà il colpevole e quindi quando il romanzo poliziesco sembra essere messo in scacco è proprio in questo scacco che trova, paradossalmente, la vittoria della partita. Non è la scoperta del colpevole e la sua condanna che interessano Gadda. Cosa gli interessa? La Roma fascista di quel periodo, i personaggi nobili e popolani, i riti e i miti del tempo osservati attraverso lo sguardo ironico e disincantato del commissario. E soprattutto a Gadda interessa la ricerca di un linguaggio che nel Pasticciaccioraggiunge esiti assoluti. E quindi, tutto ciò premesso, a mio avviso Fuga di notizie più che un romanzo giallo o poliziesco è un romanzo d'indagine. Un'indagine che la protagonista è costretta a promuovere sia all'interno dei suoi stessi sentimenti (non tanto quelli che l'hanno portata a legarsi a Taddei, quanto il rapporto, molto ben narrato, che lei ha col padre il quale sembra sapere assai di più di quanto non dica), sia all'esterno, cioè nell'ambiente del suo lavoro quotidiano per scoprire le ragioni che hanno sconvolto le sue normali abitudini d'impiegata proiettandola all'interno di un mondo violento e corrotto. All'autrice va riconosciuta una notevole scioltezza di racconto. Ha una scrittura lineare che non si perde in rivoli collaterali. E' come se avesse sempre presente la basilare raccomandazione di Gilbert Keith Chesterton, l'inventore di padre Brown: “il primo e fondamentale principio è che lo scopo di un racconto di mistero, così come di ogni racconto e di ogni mistero, non è l'oscurità bensì la luce. Il racconto è scritto per il momento in cui finalmente il lettore capisce, non per i tanti preliminari nei quali non capisce”. L'autrice non procede mai per vistosi colpi di scena. La sua abilità consiste nella scelta, e nella tenuta, di una felice tecnica di racconto la quale le consente una narrazione che pare scorrere quieta e fluida, solo di tanto in tanto agitata da leggere increspature (chiamatele pure perplessità, inquietitudini, curiosità della protagonista) o da piccoli gorghi (chiamateli pure situazioni ambigue, accadimenti non facilmente spiegabili a prima vista). Increspature o gorghi che però costantemente denunziano, per accumulo o per moltiplicazione, una nascosta tensione, una corrente sottomarina che inevitabilmente, alla fine, emergerà in tutta la sua drammatica evidenza.

Andrea Camilleri




Last modified Wednesday, July, 13, 2011