I diversi volti del tradurre
Atti del seminario comune ai corsi di traduzione del Corso di laurea in Lingue e culture europee
Anno accademico 2005-2006
A cura di Giuseppe Palumbo
Materiali di discussione
Collana del Dipartimento di Scienze del Linguaggio e della Cultura
Università di Modena e Reggio Emilia
N. 6 (2007)
Il contributo di Hans Honnacker discute il problema della traducibilità, con particolare riferimento alle versioni tedesche dei romanzi (gialli e non) di Andrea Camilleri, autore noto per l’efficacia del suo impasto linguistico che mescola italiano e forme dialettali, principalmente, ma non solo, di derivazione siciliana. L’ampia rassegna di Honnacker sulle traduzioni tedesche delle opere di Camilleri, mette in luce l’impiego di strategie differenziate da parte dei vari traduttori che vi si sono cimentati, alcuni dei quali appaiono più di altri disposti ad accettare la sfida posta dal testo originale, del quale si fanno quasi ‘co-autori’.
Camilleri è traducibile? Le traduzioni tedesche dei romanzi dello scrittore di Porto Empedocle1
Hans Honnacker
Il successo editoriale di Andrea Camilleri a livello europeo, se non mondiale, dopo quello
di Umberto Eco e, in parte, anche di Susanna Tamaro, è oramai sotto gli occhi di tutti ed è
stato già analizzato in un recente lavoro di vari autori: Il caso Camilleri, Letteratura e
storia.2 Cito questa miscellanea anche perché vi sono contenuti alcuni interventi di
traduttori che hanno trasposto in diverse lingue i romanzi dello scrittore di Porto
Empedocle. Uno di questi è di Moshe Kahn, che ha tradotto in tedesco alcuni dei romanzi
del cosiddetto filone storico.3 Sulle traduzioni di Kahn si tornerà in seguito, anche perché
è stato citato positivamente dallo stesso Camilleri in un’intervista del 2001,4 in cui
quest’ultimo sembra lamentarsi di tanti mediocri traduttori dei suoi romanzi, soprattutto
dei suoi gialli. “Ob die [Übersetzer] immer alles richtig verstanden haben?”, si chiede
dubbioso Camilleri.5
La questione che, a questo punto, si impone quasi automaticamente, è evidente:
Camilleri è traducibile, dal momento che è non sempre comprensibile per gli stessi lettori
italiani? E ancora, i suoi romanzi non sono troppo italiani, o meglio siciliani, per poter
essere tradotti, per esempio in tedesco?6 Non è solo una domanda retorica come potrebbe
sembrare a prima vista, dal momento che è ancora assai dibattuta la questione della
traducibilità o intraducibilità di testi in via di principio,7 non solo di testi di poesia, ma
anche di quelli plurilinguistici come possono essere quelli di Camilleri.
In questo contesto è interessante anche il giudizio che esprime Umberto Eco in
un’intervista a proposito della difficoltà, se non impossibilità, di tradurre il suo ultimo
romanzo (Eco 2004a): “‘Poveri traduttori, però’ ... ‘Sì, veramente eroici: debbono
tradurre “Pippo non lo sa” e cose del genere in modo che conservino anche nella loro
lingua lo stesso sapore di canzonetta e tuttavia non deve essere una canzonetta loro ma
una canzonetta italiana’.”8 In una postfazione alla sua traduzione tedesca di questo
romanzo, Burkhart Kroeber ha descritto queste difficoltà del tradurre, dovute a
particolarità della cultura italiana, che l’hanno indotto a lasciare le poesie e le canzoni
citate da Eco in italiano, per aggiungerne successivamente una traduzione letterale.9
1. Possibilità vs. impossibilità della traduzione
In questo contesto non potendo addentrarmi nel campo complesso della questione
controversa della traducibilità o intraducibililità, rimando a quanto detto in altra sede.10 Al
posto delle riflessioni teoriche sulla problematica della traducibilità in generale vorrei
invece citare qui un bonmot di Daniel Pennac che, in Ecco la Storia, mette in bocca ad uno dei suoi personaggi la seguente considerazione sull’atto di tradurre:
“Oh, ma io sono un interprete e un traduttore” avrebbe risposto Manuel Callado
Crespo. “Nelle sette od otto lingue in cui navigo correntemente non ho mai
incontrato due parole che significhino esattamente la stessa cosa. Non ho alcun
merito nell’individuare i sosia: con la caccia alle epsilon io mi guadagno il pane.”11
Per vedere come la questione della traduzione sia entrata perfino nella finzione della
narrativa, è interessante anche la seguente riflessione metanarrativa dell’io narrante del
libro di Pennac: “È vero ancora che Yasmina Melaouah [la traduttrice di questo romanzo
di Pennac; nota dell’autore], Manuel Serrat Crespo, Evelyne Passet e alcuni altri dei miei
amici traduttori dubitano che “la finestra”, “la janela”, “das Fenster”, “the window” o “la
fenêtre” indichino esattamente la stessa cosa, poiché nessuna si affaccia sugli stessi
rumori né si richiude sulle stesse musiche”.12
2. Il caso specifico dei romanzi di Camilleri
Nel caso dei romanzi di Camilleri il problema specifico della traducibilità consiste nel loro
plurilinguismo. Scrive Moshe Kahn sulle difficoltà traduttive che si è trovato ad affrontare:
Quando si tratta di due lingue diverse, il traduttore se la cava ancora, in qualche
maniera. Con tre lingue il problema diventa un vero problema, e secondo la mia
esperienza bisogna fare una scelta chiara.13
2.1 I romanzi cosiddetti storici
Nel caso dei cosiddetti romanzi storici si pone quindi il problema di dover rendere tre
lingue e/o dialetti diversi: l’italiano, il siciliano e il genovese. Nel caso de La mossa del
cavallo ad esempio, Moshe Kahn ha trovato la seguente soluzione:
Per La mossa del cavallo mi sono, dunque, deciso a trattare il genovese come
italiano, e a lasciare il siciliano tale e quale anche nella versione tedesca. Perché
questo? Camilleri racconta che il protagonista del romanzo è di origine siciliana, ma
ancora molto piccolo, i suoi genitori, in cerca di una sorte migliore, lo portarono con
loro a Genova dove era cresciuto, e lì aveva imparato a parlare, a ragionare e perfino
a sognare in genovese. Poi arriva in Sicilia, da adulto, a Montelusa e Vigàta, e viene
a confronto per la prima volta con la lingua siciliana che lui non capisce nonostante
sia di origine siciliana. Per lui è una lingua straniera, all’inizio, e si deve
reimpadronire di questa lingua se vuole portare a termine con successo il lavoro per
il quale era stato inviato in Sicilia. C’è un unico momento nel romanzo in cui potevo
fare capire al lettore tedesco che esso non si limita solamente a rendere in italiano
l’impronta genovese del suo protagonista, ma che si trova oramai in un vero e
proprio conflitto esistenziale tra il suo essere genovese e la sua nuovamente
assimilata esistenza siciliana. Quel momento è la cavalcata notturna quando il
protagonista ritorna a casa. Vede la luna splendere sui campi, sente dei cani abbaiare
in lontananza, avverte in sé una grande felicità e contentezza. E tutto questo vede e
sente e avverte in genovese. Allora ho deciso di spezzettare questi periodi in brevi
unità, inserendo nella versione tedesca questi brevi periodi in genovese, facendoli
subito seguire dalla traduzione tedesca per continuare poi con il successivo periodo.
Così anche il lettore tedesco si poteva rendere conto di quello che stava accadendo in
quel personaggio, cioè una lotta tra due culture, una lotta tra la perdita di una cultura
familiare e la non ancora del tutto avvenuta assimilazione della nuova cultura
d’origine. Potevo lasciare il siciliano all’inizio tale e quale perché era come una
lingua straniera per il protagonista, quindi anche lingua straniera per il lettore
tedesco.14
Per Il re di Girgenti, per fare un altro esempio,15 il problema si presenta ancora più
complesso. Spiega Moshe Kahn:
Il problema de Il re di Girgenti, che vedo in questo momento, è quello dei vari
linguaggi. Abbiamo a che fare precisamente con quattro strati ben distinti: con un
siciliano antico reinventato, con l’italiano, con lo spagnolo corrotto, e con il latino
corrotto. Per quel che riguarda il siciliano antico reinventato, penso di potermela
cavare, perché in questo periodo sto rileggendo un romanziere della fine del ’700 e
l’inizio dell’800 che all’epoca era molto molto famoso e tenuto in grande stima.
Parlo di Jean Paul, un romanziere di grande successo: in qualche maniera si potrebbe
dire che era l’Andrea Camilleri tedesco dell’epoca. Oggi è meno conosciuto, ma
devo dire che mi serve molto la rilettura dei suoi romanzi, per ispirarmi a una certa
linea linguistica per la mia traduzione. Credo che potrò adattare l’italiano a questo
stile. Ma quando penso alle parti spagnole e quelle latine mi cresce dentro l’invidia
terribile per i miei colleghi traduttori, inglese e francese, perché loro hanno molto più
facilità di giocare sia con la sintassi che con la grammatica soprattutto dei verbi,
perché non sono mai troppo lontani dall’italiano.16
Sono interessanti le osservazioni di Moshe Kahn non solo a proposito delle difficoltà
concrete peculiari che si è trovato ad affrontare nello specifico dei romanzi di Camilleri,
ma anche riguardo alle traduzioni in altre lingue, come l’inglese e francese.17 In questa
sede non posso dilungarmi su questo aspetto, ma rimane il fatto della ben nota diversità
sintattica e grammaticale del tedesco rispetto all’italiano che costituisce un’oggettiva
difficoltà di traduzione.18
2.2 Il ciclo del commissario Montalbano (e Collura)
Nel caso dei romanzi di Camilleri, appartenenti al filone del ciclo di Montalbano (e
Collura), si tratta normalmente solo di due strati linguistici diversi (con l’eccezione di
qualche frase in milanese o genovese ad esempio): l’italiano e il siciliano, lingua del
protagonista, ma soprattutto dell’ambiente vigatese. Si tratta quindi del caso più semplice
in cui, come diceva Moshe Kahn, il traduttore “se la cava ancora, in qualche maniera”.
Tuttavia, forse le cose non sono poi così semplici, se si vedono le soluzioni proposte da
due traduzioni diverse dei gialli di Camilleri. Siccome non esistono in questo caso,
almeno per quanto io abbia potuto vedere, riflessioni teoriche in forma di saggi o pre- e/o
postfazioni, dobbiamo evincere le loro strategie traduttive dalla traduzione stessa.
Vediamo quindi più nel dettaglio le traduzioni sia del filone ‘storico’ sia del ciclo di
Montalbano (e Collura) a confronto.
3. Le traduzioni tedesche a confronto
Forse si tratta solo di una coincidenza, ma la maggioranza dei romanzi cosiddetti storici di
Camilleri sono stati tradotti da Moshe Kahn, ed i gialli del ciclo di Montalbano da
Christiane von Bechtolsheim.19 Nell’intervista sopra citata, Camilleri si oppone
all’etichetta di giallista, e l’autore dell’articolo in cui viene riportata l’intervista, Henning
Klüver, avanza l’ipotesi che la mediocrità delle traduzioni, in particolare quelle tedesche,
con l’eccezione di quelle di Moshe Kahn, abbia a che fare con il fatto che i romanzi di
Camilleri, in particolare i gialli, vengano considerati paraletteratura, cioè letteratura
‘dozzinale’.20 Naturalmente con questo non vorrei già dare un giudizio più o meno
positivo sulle varie traduzioni tedesche21 (dicendo, ad esempio, che quelle di Moshe Kahn
sono ben riuscite, in quanto riguardano ‘vera’ letteratura, mentre quelle di Christiane von
Bechtolsheim lo sono meno, in quanto sono traduzioni di gialli), ma intendo invece fare
qualche analisi puntuale comparativa tra le traduzioni per quanto concerne il ‘pasticcio’
linguistico nell’originale (italiano, siciliano, genovese, ecc.).22
Se si prende come esempio Il cane di terracotta, si possono fare le seguenti
osservazioni: la traduttrice Christiane von Bechtolsheim ha optato per tradurre le parti in
dialetto siciliano in modo diverso dai brani in italiano standard: non con un dialetto
tedesco, ma con una Umgangssprache sovraregionale, rinunciando però di solito a
particelle modali, spezzamenti, ripetizioni per compensare la vivacità e spontaneità del
dialetto nell’originale.23 Per fare un esempio: “Sissi, nun c’è nuddru. E c’è n’autra cosa
stramma, le chiavi stanno appizzate al loro posto, il primo che passa può mèttiri in moto e
arrubbarselo”24 viene reso con “Ja, da ist keiner. Und noch etwas ist komisch, der
Schlüssel steckt, der erstbeste, der vorbeikommt, steigt ein und fort ist er.”25
Inoltre von Bechtolsheim non traduce certe parole in italiano, lasciandole tali e
quali come nell’originale perché di facile comprensione, per lo più “i saluti, i titoli e le
forme allocutive, i cibi e le bevande tipiche”,26 quali ‘panini’, ‘pronto’, ‘dottore’,
‘commissario’, etc. o brevi frasi, in particolare esclamazioni, quali ‘per l’amor di Dio’ e
così via.27 Questo vale soprattutto per le passioni culinarie del commissario: quasi tutti i
piatti non vengono tradotti, ma elencati e spiegati in appendice dalla traduttrice: ad
esempio “alici con cipolla e aceto” e “triglie fritte”.28 In un’altra appendice la traduttrice
spiega luoghi e personaggi menzionati nel romanzo, ma poco conosciuti al pubblico
tedesco, quali “Asinara” e “Delio Tessa”.29 Probabilmente per rendere il ‘colorito’ vivace
del linguaggio parlato e dialettale, rimangono tali e quali alcune espressioni o brevi frasi
in siciliano, quali “u grecu”, “duttù”, “ciccino, ma cu è a chist’ura” etc.,30 il cui significato
viene successivamente spiegato in tedesco o può essere intuito dal lettore per inferenza
dal contesto.
Infine il “taliàno”31 maccheronico del collaboratore di Montalbano, Catarella, non
viene reso con un registro linguistico differente rispetto alle altre parti dell’originale in
siciliano, e si perde così nella traduzione una fonte non indifferente di comicità. Forse
poteva essere tradotto con un tedesco colloquiale sgrammaticato o con un tedesco
substandard più marcato32 per rendere il nonsense dei discorsi del fidato collaboratore. Si
pensi solo all’esilarante dialogo tra Montalbano e Cagarella riportato di seguito:
“Dottori, lei putacaso mi saprebbi fare la nominata di un medico di quelli che sono
specialisti?”.
“Specialista di cosa, Catarè?”.
“Di malattia venerea”.
Montalbano aveva spalancato la bocca per lo stupore.
“Tu?! Una malattia venerea? E quando te la pigliasti?”.
Io m’arricordo che questa malatia mi venne quando ero ancora nico, non avevo
manco sei o sette anni”.
“Ma che minchia mi vai contando, Catarè? Sei sicuro che si tratta di una malattia
venerea?”.
“Sicurissimo, dottori. Va e viene, va e viene. Venerea”.33
Nella traduzione tedesca, invece si legge il corrispondente brano in un tedesco colloquiale
– con l’inserimento di qualche parola siciliana:
“Dottori, kennen Sie vielleicht zufällig einen Arzt, so einen Spezialisten?”
“Spezialist für was, Catarè? ”
“Für Geschlechtskrankheiten.”
Montalbano war vor Staunen der Mund offen stehengeblieben.
“Du?! Eine Geschlechtskrankheit? Wo hast du dir denn die eingefangen?”
“Ich weiß noch, daß ich krank geworden bin, als ich noch klein war, höchstens sechs
oder sieben.”
“Was redest du da für einen Mist, Catarè? Bist du sicher, daß es eine
Geschlechtskrankheit ist? ”
“Klar, Dottori. Erst geht’s mir gut, und dann geht’s mir plötzlich schlecht. Eine
Geschlechtskrankheit.”34
La traduttrice rende qui bene l’assonanza (“schlecht ... Geschlechtskrankheit”), in parte
anche l’anafora, mentre risulta meno efficace il gioco di parole (“Va e viene, va e viene.
Venerea”), che può essere reso difficilmente in tedesco, ma forse meritava di essere
spiegato in una nota a piè di pagina (“schlecht ... Krankheit ... Geschlechtskrankheit”).
Per riassumere, Christiane von Bechtolsheim rende l’italiano con un tedesco
standard ed il siciliano dei gialli di Camilleri con un tedesco colloquiale sovraregionale,
ma cerca anche di dare un’idea della veste linguistica dell’originale, inserendo dei
frammenti in italiano e/o siciliano, come abbiamo visto prima. In questa strategia
traduttiva, la traduttrice si colloca sulla scia della traduzione di Schahrzad Assemi del
primo romanzo del filone di Montalbano, La forma dell’acqua, ampliando le parti in
italiano e/o siciliano (che, in parte, vengono poi spiegate in tedesco) ed anche il numero
delle appendici.35
Nei cosiddetti romanzi storici, ad esempio ne La mossa del cavallo, Moshe Kahn
ha optato, come si era riportato sopra, per parti di dialogo in dialetto siciliano,36 non tanto
per dare un’impressione della veste linguistica originale del testo, quanto per evidenziare
le difficoltà di comprensione del protagonista stesso che, benché siciliano di nascita, deve
‘riacquistare’ questo dialetto, in quanto cresciuto a Genova. Si tratta di una scelta audace
ma, a mio avviso, efficace per rendere in modo adeguato il testo originale:
“Beddru? Schön? Im ganzen Gebiet von Sizilien gibt’s kein gleiches! Und euer
Ehren kann sogar mit ihm sprechen, denn es versteht alles! Besser als ein
Christenmensch!”
“Wie heißt es?”
“Stiddruzzu.”
Er hatte den Dialekt noch nicht ganz wiedergefunden, es gab Worte, deren
Bedeutung ihm nicht gleich einfiel. Er mußte sich anstrengen, wenn er verstehen
wollte.
“Stiddruzzu? Kleiner Stern?”
“Ja, genau. Wegen dem sternförmigen Fleck auf seiner Stirn.”37
Come le parti dialettali vengano qui trattate, più che semplicemente tradotte, emerge
ancora più chiaramente dal monologo centrale del protagonista in genovese, spezzato
dalla traduzione delle singole frasi in tedesco:
Wie schön diese Nacht war! O ciæo da lunn-a o s’allargava in sciâ campagna, der
Mondschein breitete sich über das Land, paiva de giorno, es war wie Tag, non
passava unna fìa de vento, kein Lüftchen regte sich, giusto quarche baietto de can,
nur Hundegebell irgendwo, quarche grillo cantandô, das Zirpen von Grillen ...38
Nella sua traduzione, Moshe Kahn rinuncia a note a piè di pagina e ad annotazioni
in fondo al testo, inserendo spiegazioni all’interno del testo. Interessante è il fatto che il
traduttore cerchi di rendere l’italiano ottocentesco dell’originale con un corrispettivo
registro in tedesco, usando un tedesco oramai desueto: Kahn lavora quindi su più registri
linguistici – oltre al tedesco standard e colloquiale, anche quello ottocentesco etc.39
Infine, per riportare brevemente anche un esempio lampante dalla traduzione di
Moshe Kahn de Il re di Girgenti, romanzo in cui Camilleri mescola addirittura quattro
varietà linguistiche (il siciliano e l’italiano antichi del ’700 e il latino e lo spagnolo
maccheronici): “Zwischen dentencíon y verschleppungcíon gibt es eine gewaltige
Diferencia, Señor Duca”40, che traduce il “Tra detencíon y sequestro c’è una bella
diferencia, signor Duca”41 del testo originale. Sorprendente e molto azzeccato suona il
termine, inventato da Moshe Kahn, verschleppungcíon, visto che rappresenta l’unione
originale tra il sostantivo tedesco Verschleppung (rapimento, sequestro) e il suffisso
spagnolo -cíon. Interessante è anche che Kahn utilizzi anche altri standard del tedesco, ad
esempio quello austriaco per rendere il siciliano antico de Il re di Girgenti: ““Jetzt im
Jänner, wird es in Strömen regnen” versuchte Filònia ihn zu beruhigen”42, che traduce
““A ghinnaro venturo si metterà a chioviri a retini stese” cercò di tranquillizzarlo
Filònia”43. Così, se ghinnaro è tipicamente siciliano, Jänner è la variante austriaca del tedesco standard Januar. 44
4. Conclusioni
Dalle osservazioni finora fatte emergono due dati fondamentali. In primo luogo, ci sono
varie possibilità di tradurre un testo complesso, quali sono i romanzi di Camilleri,
soprattutto a causa del plurilinguismo e del gioco con vari strati linguistici che, benché in
modo diverso, ricordano lo sperimentalismo di Carlo Emilio Gadda nel suo Quer
pasticciaccio brutto de via Merulana.45 Nessuna di queste traduzioni può essere
considerata la traduzione-modello che d’altronde, a mio parere, non esiste.46 Come
abbiamo visto ci sono varie strategie, più o meno esplicitate, volte a ‘trattare’ più che
‘tradurre’, per usare le parole di Moshe Kahn, i dialetti nei romanzi dello scrittore
siciliano. Tra i vari traduttori delle opere di Camilleri, il più convincente sembra essere
proprio Kahn, che non solo in un saggio rende conto del suo operato, ma che, forse più di
altri, è anche sempre alla ricerca di un registro adatto anche nella lingua di arrivo, in
questo caso il tedesco. Questo presuppone un lungo lavoro di ricerca linguistica e non, di
cui parla lo stesso Moshe Kahn – ad esempio la lettura delle opere di Jean Paul per la
traduzione de Il re dei Girgenti.
In secondo luogo, confrontando le varie versioni traduttive, emerge chiaramente
che tradurre vuol dire produrre un nuovo testo, un nuovo ‘originale’ (nella lingua
d’arrivo) di cui il traduttore o la traduttrice diviene autore o autrice.47 La traduzione non
potrà mai del tutto rispecchiare fedelmente il testo nella lingua di partenza48 – volontà
spesso dettata da una “nostalgia per l’originale” –49 ma può invece riprodurre dei
meccanismi narrativi e procedimenti linguistici analoghi nella lingua di arrivo. Una traduzione parola per parola è spesso impossibile; una traduzione creativa ed esplicativa è invece possibile, se si parte (come Umberto Eco) dal presupposto, che, sebbene incommensurabili, i sistemi linguistici siano pur sempre comparabili.50
Note
1 Questo contributo apparirà, con qualche modifica al testo, sulla Festschrift, di prossima
pubblicazione, in onore di Johann Drumbl.
2 Per il successo editoriale europeo, si confrontino Klüver (2001), p. III, e S. Quadruppani, Il caso
Camilleri in Francia. Le ragioni di un successo, in Il caso Camilleri (2004), pp. 200-205.
3 Ivi, pp. 180-186. Le traduzioni di Moshe Kahn sono, fra le altre, le seguenti: Camilleri (1999a),
Camilleri (2000a), Camilleri (2002a), Camilleri (2003a) e Camilleri (2005). L’unica traduzione di
gialli da parte di Moshe Kahn è finora: Camilleri (2003b).
4 Klüver (2001).
5 Ibidem. Si confronti a tale riguardo anche la mia lettera al giornale, in risposta all’articolo di
Klüver (Honnacker (2001)).
6 In seguito mi occuperò solo delle traduzioni tedesche dei romanzi di Camilleri. Per le loro
traduzioni in altre lingue europee (inglese, francese e spagnolo), rimando alla miscellanea sopra
citata (Il caso Camilleri (2004), pp. 187 sgg.).
7 Basti pensare ad esempio al Convegno Internazionale Les enjeux de l’intraduisible, Parigi, 24-25
Novembre 2002 (cfr. la recensione di Maddalena de Carlo a tale convegno (De Carlo (2003)).
8 Cfr. Lilli (2004), p. 44.
9 “In diesem Buch geht es an vielen Stellen um spezifisch italienische Befindlichkeiten, das heißt
um gedankliche Assoziationen, kulturelle Prägungen, Bildungszitate, wie sie charakteristisch für
Italiener der Generation des Erzählers sind [...]. Diese wie auch die meisten Zitate mußten daher
in der Übersetzung weitgehend erhalten bleiben. Wo es darüber hinaus um sprachliche Feinheiten
geht, also besonders bei Zitaten aus Gedichten oder Liedern, zumal mit Reimen, mußte sogar die
italienische Sprache beibehalten werden. In solchen Fällen blieb also gar nichts anderes übrig, als
die italienische Originalfassung zu übernehmen und ihr eine möglichst exakte, allein dem
Verständnis des Originals dienende (daher in der Regel reimlose) Übersetzung beizugeben [...].
Leitlinie bei all diesen Verfahren – und bei der ganzen Verdeutschung – war, den Text so nah wie
möglich am Original zu übersetzen, also ein Maximum an italienischen Duktus beizubehalten,
und ihn dennoch möglichst flüssig wiederzugeben. Verzichtet werden mußte freilich auf die
Wiedergabe einiger südpiemontesischer Dialektausdrücke in den Reden der Bäuerin Amalia: Für
diese Form von Italianità gibt es keine glaubwürdigen Äquivalente, die man einer solchen Figur
in den Mund legen könnte” (Eco (2004b), pp. 497-498). Parlando di espressioni sudpiemontesi,
Kroeber si riferisce probabilmente a brani come per esempio i seguenti: “Ossignur bel, invece di
andar fuori, che oggi è stato un pomeriggio di una bellezza che basta” o “Ma santapulenta, non
sono mica in solaio!” (Eco (2004a), pp. 117 e 168) che Kroeber traduce con “Herr im Himmel,
anstatt daß Sie rausgehen an die frische Luft, wo doch heute ein so schöner Tag war, daß es
schöner nicht geht” und “Ja heiliger Strohsack, die sind ja gar nicht auf dem Dachboden!” (Eco
(2004b), pp. 130 e 185). D’altronde, nel suo recente libro sulla traduzione, Eco aveva
rimproverato in particolare a Kroeber di non aver tradotto adeguatamente il lessico erotico e le
bestemmie nel romanzo Baudolino. Nella sua traduzione di questo saggio (Eco (2003), pp. 132
sgg.), Kroeber si difende contro quest’accusa, a suo dire ingiustificata: “Einspruch, Euer Ehren:
Man hätte natürlich »ejakulieren« oder »einen Orgasmus kriegen« sagen können, aber woher
sollte der mittelalterliche Bauernbub Baudolino diese akademischen Ausdrücke kennen? Und
derbe Slangausdrücke hätten entweder zu modern oder zu regional geklungen. »Lust« hat dagegen
durchaus die gewünschte Konnotation [...]” (Eco (2006), p. 160, nota 31).
10 A tale riguardo si vedano Honnacker (cur.) (2005), pp. 9-21 e la bibliografia ivi riportata.
11 Pennac (2003), p. 44. Per altre riflessioni teoriche sulla traduzione, immanenti alla finzione di
un romanzo e/o di un racconto si confronti ad esempio Banda (2001): “Il libro però che l’aveva
veramente impressionato, il suo libro era Der Keller. Ne mormorava, a volte, come fra sé, il
sottotitolo Eine Entziehung e chiedeva: - Ma tu come lo tradurresti questo, questa Entziehung... un
sottrarrsi a... una sottrazione... un venir meno... una via di fuga... una via di scampo? Eh, come lo
tradurresti?” (ivi, p. 21). Tra parentesi, la problematica traduttiva e comunicativa è perfino entrata
nel mondo del cinema; mi riferisco al film di Sofia Coppola, figlia di Francis Ford Coppola, “Lost
in Translation” del 2003, il cui titolo è stato tradotto in italiano – in modo fuorviante – con
“L’amore tradotto” e che rappresenta, in chiave ironica, i problemi traduttivi ed i disturbi
comunicativi che ne nascono. Per fare solo un esempio, in una delle scene iniziali, “È tempo di
Santoria”, la traduttrice giapponese sceglie di non tradurre o tradurre solo in parte quanto detto in
giapponese dal regista, che sta girando uno spot pubblicitario per un whisky giapponese, al
protagonista del film, interpretato da Bill Murray, lasciando quest’ultimo perplesso sul da farsi: il
lungo discorso del regista in giapponese (che, secondo la mia collega giapponese Izumi
Hashimoto, può essere parafrasato nel modo seguente: ‘Signor Bob, Lei sta seduto nel Suo studio,
davanti a Lei c’è un tavolo con un bicchiere di whisky. D’accordo? Con il cuore, lentamente deve
guardare la telecamera come se raccontasse qualcosa ad un Suo amico, come Humphrey Bogart,
quando in Casablanca dice a Ingrid Bergman «Guardami negli occhi, piccola»’) nella traduzione
viene sintetizzato dalla traduttrice con un lapidario “Guardi verso la telecamera”. Non a caso Bob
si meraviglia della traduzione sintetica (“Tutto qui? Ha detto solo questo?”).
12 Pennac (2003), pp. 48-49.
13 M. Kahn, Il dialetto nelle traduzioni di Andrea Camilleri, in Il caso Camilleri (2004), p. 183.
14 Ivi, pp. 183-184.
15 Il libro è uscito solo nel 2005 in tedesco con il titolo König Zosimo pur essendo stato annunciato
per il 2003. La complessità del lavoro traduttivo ha evidentemente richiesto un tempo di
elaborazione più lungo.
16 M. Kahn, Il dialetto nelle traduzioni di Andrea Camilleri, in Il caso Camilleri (2004), pp. 184-
185.
17 A tale proposito è tuttavia interessante notare come anche il collega francese lamenti
l’inadeguatezza e la mancanza di elasticità del francese standard per tradurre i romanzi di
Camilleri (cfr. D. Vittoz, Quale francese per tradurre l’italiano di Camilleri? una proposta non
pacifica, in Il caso Camilleri (2004), pp. 187-199, in particolare p. 187 e ss.).
18 A tale riguardo si confronti Handschuhmacher (2003) con gli esempi ivi riportati.
19 Con la sola eccezione del primo romanzo del ciclo di Montalbano La forma dell’acqua, tradotto
da Schahrzad Assemi (Camilleri (1999b)). Le traduzioni di Christiane von Bechtolsheim sono:
Camilleri (2000b), Camilleri (2001a), Camilleri (2001b), Camilleri (2001c), Camilleri (2002b) e
Camilleri (2003c). L’unico romanzo cosiddetto storico che finora Christiane von Bechtolsheim ha
tradotto, è: La scomparsa di Patò (Camilleri (2003d)).
20 Klüver (2001). Si confronti anche Kautz (20022), p. 51.
21 Si veda a tale riguardo la mia lettera al giornale già citata: “Schließlich noch ein Wort zu den –
nach Klüvers Darstellung meist zweitklassigen – deutschen Übersetzungen der Werke Camilleris:
Ich glaube, dass ihre so genannte “Zweitklassigkeit” auf objektiven Gründen beruht. Jeder, der
sich selbst beruflich an literarischen Übersetzungen versucht hat, kennt die Schwierigkeiten einer
adäquaten Translation, die dann zu einem fast unmöglichen Unterfangen wird, wenn die
Quelltexte, wie Camilleris Romane, in einer Mischung aus Dialekt und Hochsprache verfasst
sind” (Honnacker (2001)).
22 Un aspetto interessante di indagine potrebbe essere anche la traduzione più o meno fantasiosa
dei titoli originali dettata sicuramente anche da strategie editoriali. Questo fatto riguarda sia i
cosiddetti romanzi storici di Camilleri che quelli gialli. Per fare qualche esempio: A. Camilleri,
Der zweite Kuss des Judas (titolo originale: La scomparsa di Patò), Id., Der Kavalier der späten
Stunde. Commissario Montalbano wundert sich (titolo originale: L’odore della notte) e Id., Das Spiel des Patriarchen. Commissario Montalbano lernt das Staunen (titolo originale: La gita a
Tindari). Per la traduzione dei titoli di testi letterari si veda Rega (2001), pp. 158 sgg.
23 Contro l’uso di un corrispondente dialetto/regioletto nella lingua d’arrivo e per l’uso di un
linguaggio colloquiale per rendere un dialetto/regioletto del testo di partenza nelle traduzioni
anche multimediali, per esempio nel film, si confronti Ch. Heiss / L. Leporati, Non è che ci
mettiamo a fare i difficili, eh? Traduttori e dialoghisti alle prese con il regioletto, in Bollettieri
Bosinelli/Heiss/Soffritti/Bernardini (cur.) (2000), pp. 43-66, in particolare pp. 45-46 e 63.
24 Camilleri (200020), p. 37.
25 Camilleri (2000b), p. 37.
26 Ch. Heiss / L. Leporati, Non è che ci mettiamo a fare i difficili, eh? Traduttori e dialoghisti alle
prese con il regioletto, in Bollettieri Bosinelli/Heiss/Soffritti/Bernardini (cur.) (2000), p. 45.
27 Camilleri (2000b), pp. 10, 12, 61, 138, 146, 158, e passim.
28 Ivi, pp. 350-351. In Germania è anche uscito un libro con le ‘ricette’ dei piatti preferiti da
Montalbano (cfr. Klüver (2001)).
29 Camilleri (2000b), p. 349.
30 Ivi, pp. 13, 26, 117, 139, e passim.
31 Camilleri (200020), p. 25.
32 Per alcuni esempi di come possa essere reso un regioletto piuttosto marcato nella traduzione si
confronti Ch. Heiss / L. Leporati, Non è che ci mettiamo a fare i difficili, eh? Traduttori e
dialoghisti alle prese con il regioletto, in Bollettieri Bosinelli/Heiss/Soffritti/Bernardini (cur.)
(2000), pp. 50 sgg.
33 Camilleri (200020), pp. 25-26.
34 Camilleri (2000b), p. 28.
35 Nella traduzione de La forma dell’acqua si riscontra solo un’appendice con poche annotazioni
(Camilleri (1999b), p. 249). In questa traduzione mancano anche le note a piè di pagina; nella
traduzione de Il cane di terracotta ce ne sono invece due (Camilleri (2000b), pp. 110 e 133).
Anche Assemi traduce le parti siciliane dell’originale con un tedesco colloquiale. Per le parole
italiane o dialettali rimaste tali e quali nella traduzione di Assemi si vedano per esempio: “la
liggi”, “pupo”, “pronto”, “segretario provinciale”, ecc. (Camilleri (1999b), pp. 17, 21, 41 e
passim).
36 Camilleri (2002a), pp. 44, 60, 66 e passim.
37 Ivi, p. 44. Nel testo originale si legge: “Beddru? In tutta la terra di Sicilia non ci nn’è unu
eguali! E voscenza ci pò macari parlari pirchì iddru tuttu capisci! Meglio di un cristianu è!”
“Come si chiama?” “Stiddruzzu.” Il dialetto ancora non era stato completamente ritrovato,
c’erano parole delle quali gli mancava il significato. Dovette fare uno sforzo per capire.
“Stellino?” “Sissi, accussì. Per via della macchia a forma di stiddra ca teni nella fronti” (Camilleri
(20045), p. 58).
38 Camilleri (2002a), p. 79. Il corrispondente passo del testo originale è il seguente: “Che bella
nottata! O ciæo da lunn-a o s’allargava in sciâ campagna, paiva de giorno, non passava unna fïa
de vento, giusto quarche baietto de can, quarche grillo cantandô...” (Camilleri (20045), p. 101).
39 Ad esempio “Küßdiehand”, v. Camilleri (2002a), p. 57 e passim. Degno di interesse è anche il
modo in cui Kahn modifichi il latino ‘sicilianizzato’ in un latino ‘tedeschizzato’:
“Dominivobisco”. “Etticummi spiri totò” risposero una decina di voci sperse nello scuro profondo
della chiesa, rado rado punteggiato da qualche lumino e da cannìle di grasso fetente. “Itivìnni, la
miss è” (Camilleri (20045), p. 11) viene tradotto da Kahn con “Dominovobisdu.” “Ettkumm spiri
tutuho”, antworteten an die zehn Stimmen, die sich im tiefen, nur hier und da gelegentlich von
übelriechenden Talglichtern durchbrochenen Dunkel der Kirche verloren. “Ite, missa jetzt.”
(Camilleri (2002a), p. 7). Cfr. anche Camilleri (20045), p. 43 e Camilleri (2002a), p. 33.
40 Camilleri (2005), p. 52.
41 Camilleri (2001d), p. 60.
42 Camilleri (2005), p. 148.
43 Camilleri (2001d), p. 169.
44 Variantenwörterbuch des Deutschen (2004), p. 373.
45 Per Gadda si vedano ad esempio Pasolini (1960) e Romanelli (1988).
46 Cfr. anche Mattioli (2003), in particolare p. 176.
47 A tale riguardo si confrontino Osimo (1998), p. 27 e Eco (2003), p. 69.
48 Per l’irraggiungibilità dell’originale cfr. Mattioli (2003), p. 174 e Rega (2001), p. 54.
49 Per questo termine si vedano Eco (2003), p. 185 Rega (2001), p. 43 e Nasi (2001), pp. 139 sg.
50 Eco (2003), pp. 351-352 e Honnacker (2005), p. 12.
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Camilleri, A. (2001a) Der Dieb der süßen Dinge. Commissario Montalbanos dritter Fall,
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kommt ins Stolpern, Bergisch Gladbach, Lübbe.
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HANS HONNACKER si è laureato in italianistica con una tesi sull’Orlando Furioso all’Università di Firenze nel 1996. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Freie Universität Berlin nel 2000 e ha tradotto vari saggi della critica tedesca sulla letteratura italiana. Attualmente insegna Traduzione Lingua Tedesca all’Università di Modena e Reggio Emilia. Tra le sue pubblicazioni si ricordano i seguenti saggi: Der literarische Dialog des primo Cinquecento .Inszenierungsstrategien und ‘Spielraum’(Baden-Baden, Koerner, 2002), ‘Renaissance’ della traduzione nella didattica delle lingue straniere. La traduzione e la sua rivalutazione come processo interculturale di trasformazione in H. Honnacker (cur.), Dieci incontri per parlare di traduzione, “Materiali di discussione” 3 (2005), pp. 10-22 (http://www.lettere.unimo.it/dipslc/materiali/Honnacker%20Modena%20-%20seminario%20-
%20 pubblicazione.pdf). Infine si segnala la sua traduzione di K.W. Hempfer, Letture discrepanti.
La ricezione dell’Orlando Furioso nel Cinquecento. Lo studio della ricezione storica come
euristica dell’interpretazione, trad. di H. Honnacker, Modena, Panini, 2004.
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Wednesday, September, 05, 2012
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