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I tacchini non ringraziano



Autore Andrea Camilleri
Disegni Paolo Canevari
Prezzo € 15,90
Pagine 190
Data di pubblicazione 19 novembre 2018
Editore Salani
e-book € 8,99 (formato Kindle)



"Se veramente un giorno riusciremo a sapere quale opinione hanno di noi gli animali, sono certo che non ci resterà da fare altro che sparire dalla faccia del pianeta, sconvolti dalla vergogna. Sempre che, tra cinquant'anni, gli uomini saranno ancora in grado di provare questo sentimento. Io, fortunatamente, non ci sarò. Ma vorrei che qualche mio pronipote consegnasse agli animali una copia di questo libretto perché di me, e di moltissimi altri come me, possano avere un'opinione sia pure leggermente diversa."
Andrea Camilleri

Lo zoo personale di Andrea Camilleri è fatto di animali e di storie che entreranno nella nostra vita per sempre.
Sono ritratti en plein air: impossibile leggerli e vederli senza sentire dentro qualcosa di fortissimo, perché sono pieni di affetto, confondono il confine tra la coscienza umana e quella degli animali e sono sempre a favore di questi ultimi, nel senso di un’armonia della vita solo nel rispetto di tutte le specie viventi.
Cani, gatti, cardellini, ma anche volpi, serpenti e tigri sono descritti come portatori di uno spirito ricco di amore e di intelligenza, molto più complesso e profondo di quanto pensiamo: una ‘magaria’ inesauribile. Ciascuno di loro sembra comprendere la logica degli uomini, che di volta in volta sfrutta a suo favore o prova a sconfiggere con varie strategie, sempre vincenti: dalla dignità dei tacchini al canto riconoscente di un cardellino, dall’astuzia di un lepro alla commovente compostezza di un gatto innamorato, dalla mite bellezza di una capra alla puntualità discreta di un serpente.
Allo stesso tempo Camilleri ci ricorda che forse il mondo è diventato troppo brutto perché la bellezza degli animali abbia diritto a esistere. Ogni storia ci lascia con la consapevolezza dolceamara di tutto quello che rischiamo di perdere, ma anche con la quieta fiducia che sia ancora possibile un mondo in cui convivere e rispettarsi, con l’ausilio di un po’ di buon senso e di umorismo, un mondo meno prepotente e più meritevole di bellezza. Quella che Paolo Canevari con la grazia e la leggerezza dei suoi animali ha fissato sulla carta, anche lui, per sempre.


Paolo Canevari è uno degli artisti italiani più famosi a livello internazionale, noto per l’utilizzo di differenti materiali e media. I suoi lavori sono presenti in collezioni private e pubbliche tra cui il MoMA di New York, la Fondazione Louis Vuitton di Parigi, il MART di Rovereto, il MACRO e l’Istituto Nazionale per la Grafica a Roma, la Johannesburg Art Gallery di Johannesburg, il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato e il Magazzino of Italian Art, Cold Spring, New York.


Tacchini di tutto il mondo unitevi
Negli Stati Uniti, ogni quarto giovedì di novembre, è festa grandissima perché si celebra il Thanksgiving Day, vale a dire il giorno del Ringraziamento. I Padri Pellegrini, quelli che erano sbarcati dal Mayflower, dopo il primo, abbondante raccolto fatto l'anno appresso al loro arrivo, decisero di ringraziare il Signore mettendo in tavola un grosso tacchino, animale prima a loro sconosciuto ma molto molto apprezzato dopo averlo visto mangiare agli indiani.
Da quel giorno la tradizione vuole che su ogni tavola imbandita nelle case degli americani troneggi un tacchino farcito grasso e dorato appena tirato fuori dal forno. Ma non solo: il grande piatto che lo contiene è arricchito da variopinti contorni, bandierine, golosità varie. Al suo apparire in sala da pranzo scoppia sempre l'entusiastico applauso dei presenti. Esso è insomma una specie d'ospite d'onore.
Milioni di tacchini dunque, ogni quarto giovedì di novembre, ci lasciano letteralmente, e non metaforicamente, le penne.
Apro una piccolissima parentesi. Sempre in America, al tempo della guerra tra gli Stati del Nord e quelli del Sud, a Gettysburg, si combatté una sanguinosissima battaglia che lasciò migliaia di cadaveri sul campo. A lungo rimasero insepolti e diventarono quindi preda dei corvi. I quali non si dimenticarono mai più di quei pasti abbondanti, tanto è vero che, anche i loro discendenti, per decenni e decenni continuarono a presentarsi, ogni mattina, nel campo ch'era stato teatro della battaglia con la speranza di trovare nuovo cibo fresco. Insomma, la memoria di quella straordinaria mangiata si era indelebilmente impressa nel loro Dna.
Ma, chiusa la parentesi, rimane aperta una domanda: com'è che nel Dna dei tacchini, dopo quasi quattrocento anni, non si è incisa quella data che segna annualmente la loro ineluttabile strage?
Mi è capitato di vedere, in un documentario, centinaia di migliaia di tacchini in attesa di essere ammazzati, spennati e squartati.
Non si rendevano minimamente conto di quale terribile destino li aspettava da lì a poche ore. Negli occhi sbarrati di tanti animali portati al macello m'è capitato di leggere il terrore per la prossima fine, forse sentivano l'odore del sangue delle vittime che li avevano preceduti.
I tacchini invece non davano il minimo segno d'irrequietezza.
Stupidità assoluta o suprema dignità?
Più ci ragiono e più mi viene da pensare che possa trattarsi di suprema dignità. Perché, se gli americani quel giorno ringraziano, i tacchini non hanno nessun motivo di ringraziare.
E infatti, a memoria d'americano, non c'è mai stato un tacchino che, prima d'essere ammazzato, abbia chiesto la parola per dichiarare, anche a nome dei suoi colleghi, di essere lieto d'immolarsi per contribuire alla felicità degli americani.
Sia lode dunque alla dignità dei tacchini che muoiono ma non ringraziano. Mentre ci sono tanti capi di Stato che, invitati al tavolo del potente alleato americano come ospiti d'onore, fanno la stessa fine dei tacchini. E loro, oltretutto, ringraziano.

(Il brano qui riportato è stato pubblicato su La Repubblica - Robinson del 18.11.2018)





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