Agrigento, primi del '900. Un medico condotto appassionato di numismatica. Il ritrovamento e la sparizione di
una rarissima moneta greca. Un delitto misterioso. Una caccia al tesoro rocambolesca. Un furto reale...
“Lei che è un uomo di scienza, mi saprebbe dire se un uomo intelligente è intelligente sempre?”
“Se uno è intelligente, lo è sempre. Ma si può dare il caso che un uomo intelligente si comporti da cretino. Avviene spesso, quando si è innamorati.”
Il delegato socchiude gli occhi, sorride, perduto dietro un personale ricordo lontano.
“Vero è.”
406 a.C. Dopo un lungo assedio Akragas si arrende ai Cartaginesi. La città viene distrutta.
1909. La trovatura in un campo di una piccola moneta d’oro, unica al mondo, preziosissima.
Per l’emozione il dottor Stefano Gibilaro, medico condotto di Vigata, cade da cavallo.
Comincia così una storia che si dipana con risvolti inaspettati, tragici ed esilaranti, tra le campagne di Vigàta e la Messina distrutta dal terremoto, fino all’imprevedibile conclusione.
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immagini pubblicate nel volume (dal sito de La Repubblica)
Jean-Pierre-Laurent Houël, Il tempio di Giunone ad Agrigento, da
Voyage pittoresque des
isles de Sicile, de Malte e de Lipari, 1782-1787
Inchiostro, gouache, cm 33x44
Parigi, Musée du Louvre
Quattro
L’incidente
Cosimo tiene tra il pollice e l’indice della mano alzata un oggetto minuscolo, rotondo, splendente. Il dottore si china dal cavallo sporgendosi tutto di lato per vedere meglio. Ha capito subito che si tratta di una moneta antica mai vista prima.
Contemporaneamente, anche Ernesto, vinto dalla curiosità, ha fatto un passo avanti e si è frapposto tra la mano alzata di Cosimo e lo sguardo del dottore.
“Tu levati dai coglioni!” urla subito quest’ultimo.
I tre contadini si terrorizzano. Il dottore è vantato come uomo d’estrema pazienza, comprensivo, sempre gentile con tutti. Mai l’hanno sentito usare una parolaccia. Che gli sta succedendo? ‘Ntonio arretra sbalordito, Ernesto balza di lato atterrito, Cosimo istintivamente abbassa il braccio.
“Fammi vidiri!”, ordina imperioso il dottore a Cosimo. Che risolleva di scatto il braccio e rimane immobile così, il sorriso gli è scomparso dalla faccia, non s’attenta nemmeno a respirare.
Il dottore si china ancora di più, ormai il suo equilibrio sul cavallo è assai precario.
Ha avuto modo di vedere pubblicata su una rivista la moneta regalata dal marchese Longhitano all’ammiraglio Litvinov e da questi donata allo zar Nicola. La rivista smentisce il marchese, quella moneta non è unica, ce n’è un’altra a Londra. Nel recto della moneta dello zar c’è un’aquila ad ali chiuse che ghermisce una serpe. In quella che ha in mano Cosimo l’aquila invece ha le ali aperte e tiene tra gli artigli una lepre.
Per un attimo il dottore ha una leggera vertigine. Il paesaggio coi tre contadini si mette improvvisamente in movimento, fa un giro completo intorno a lui e finalmente si blocca.
Il dottor Gibilaro è in un bagno di sudore. Vorrebbe dire a Cosimo di girare la moneta per vederne l’altro lato, ma la voce non gli esce dalla gola arida.
Si sforza, ci riesce.
“Votala!”
Ha urlato più forte di prima. Cosimo chiude gli occhi e rigira la monetina.
(Il brano qui riportato è stato pubblicato su
Il Giornale dell’Arte il 19.1.2011)