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La saggezza degli anziani che serve ai giovani

C’è un racconto di fantascienza in cui si ipotizza che in una società estremamente progredita, e non in crisi, a sessant’anni le persone vengano uccise. Alla scadenza, al compleanno, gli individui si presentano in un istituto dove, appunto, si provvede ad eliminarli. Il principio che sottende è che in una società avanzata gli anziani siano inutili. Il problema è che sono considerati inutili anche in una società in regressione o che attraversa una crisi economica. La domanda allora sorge spontanea: ha ragione l’autore del racconto? I vecchi sono sempre e comunque inutili? La mia risposta è amara: forse sì.
La terza età per la maggior parte soffre di povertà e di solitudine. Lo Stato suffraga la solitudine? Pensa di poterlo fare? In tempi antichi, come dicevano i poeti, c’era l’ “orrenda vecchiaia”, ma nello stesso tempo gli anziani erano i depositari del sapere e della saggezza e con esse la possibilità di trasmetterle alle generazioni a venire. Oggi di saggezza sembra non ci sia più bisogno, se ne fa tranquillamente a meno; il sapere, invece, si acquisisce attraverso internet ed attraverso le favole che raccontano i politici. I vecchi se hanno la fortuna di avere nipoti che li amano allora hanno sicuramente una ragione per la loro lunga esistenza, altrimenti…
Per quanto, devo dire, quando vai a vedere a fondo le cose, ci sono Paesi in cui la geriatria è al potere. Ad esempio in Italia e anche in Cina, dove le cose ora pare stiano lentamente cambiando. Ciò che mi sento di dire, e lo faccio in tono dolceamaro, è: fate cose concrete per i vecchi, voglio dire non alterate a un ottantenne il suo equilibrio di vita. E per equilibrio intendo dire minime cose ma che per lui sono importanti, cose come obbligarlo a farsi il conto corrente per la pensione mentre prima andava e riceveva i liquidi in mano.
Qualcuno dirà la soluzione risiede nei giovani. Permettetemi di dire che non ci credo. Non credo a chi dice che le nuove generazioni trovino un senso nelle persone della terza età, i giovani non ce l’hanno nemmeno per quelli della seconda; oggi il divario tra essi ed i loro genitori, con questo ritmo di vita, è già enorme, figurarsi con le persone della terza età. E poi, i giovani hanno problemi più grossi degli anziani: se questi ultimi in pochi anni provvederanno ad eliminarsi, i primi dovranno gestire il mondo che stiamo loro lasciando, non è cosa facile. Anche perché vedo che i giovani crescono squilibrati da quando l’assetto nel quale sono cresciuti per secoli, e cioè la famiglia – padre, madre e nonni – è stato completamente sconvolto. Questo significa che occorrerà trovare nuove forme di aggregazione, ma questo non mi preoccupa: la buona notizia è che sono sicuro che sapranno trovarsele da soli, di necessità, non sarà lo Stato a farlo per loro.

Andrea Camilleri

(pubblicato sul Corriere della Sera, 3 luglio 2013)


 
Last modified Wednesday, July, 03, 2013