Andrea Camilleri: Negli anni di piombo, al tempo delle Brigate
Rosse, trovandomi all'estero per motivi di lavoro, venivo letteralmente
assalito da più o meno preoccupate domande: cosa sono queste Brigate
rosse? Che vogliono? L'interesse per quello che stava accadendo in Italia
era enorme. Mi rivolgevano queste domande ingenuamente, come io fossi stato
in grado di dare le risposte giuste per il solo fatto d'essere italiano.
E finivo col rispondere in modo generico. Lo stesso mi capitò, sempre
all'estero, con Mani Pulite, solo che in questo caso le mie risposte potevano
essere meno generiche. Potevo dire, ad esempio, che le avvisaglie di quello
che sarebbe potuto accadere c'erano state già da tempo, la faccenda
non aveva iniziato da sette milioni trovati in tasca o nelle mutande di
uno che venne prontamente chiamato un "mariuolo", quasi che si trattasse
di un caso isolato. Potevo dire, tanto per fare un altro esempio, della
sensazione di impotenza che avevamo avuto fino a quel momento in Italia
di fronte al fenomeno della corruzione, perché i pochi e coraggiosi
magistrati che volevano occuparsi di questo problema, che si presentava
sotto forme diverse e complesse, venivano in qualche modo esautorati. Quindi
per noi in Italia Mani Pulite rappresentò una sorta di rinascita
della speranza, in quanto non si trattava solo del fatto che si iniziava
una lotta alla corruzione, ma anche e soprattutto del fatto che la magistratura
ritrovava se stessa, tornava a riproporsi per quello che sarebbe sempre
dovuta essere. Io vorrei sapere da lei, signora se all'estero Mani Pulite
venne percepita in questo stesso modo o come.
Carla Del Ponte: Devo dire che effettivamente Mani Pulite non
era altro che il seguito di alcune inchieste per corruzione che erano state
aperte in Italia assai prima e delle quali eravamo a conoscenza perché
ci arrivavano le richieste di assistenza giudiziaria. Però queste
inchieste a un certo momento non continuavano più. Da noi c'erano
già difficoltà derivanti dal problema di definizione legale
della corruzione nei diversi paesi, per cui, per l'assistenza giudiziaria,
i fatti narrati in queste richieste dovevano essere assunti nella nostra
definizione di corruzione – e noi avevamo la corruzione attiva e passiva.
Quindi c'erano già delle difficoltà giuridiche di applicazione
che non ci permettevano di dare piena assistenza, e alcune volte dovevamo
rifiutarla. Insomma, c'erano dei problemi giuridici che impedivano che
si potesse collaborare pienamente e tempestivamente, e inoltre queste richieste
non avevano seguito. Mi ricordo Torino, mi ricordo Genova, i petroli...
però alla fin fine non si arrivava mai, cioè non c'era poi
il processo, non c'era il dibattimento. Invece Mani Pulite scoppia improvvisamente,
era una primavera, cos'era, marzo o aprile del...
Camilleri: 17 febbraio del '92, Mario Chiesa.
Del Ponte: Un magistrato italiano a me sconosciuto mi telefona
a Lugano, dice: "Ho un'inchiesta, mando la Commissione rogatoria". E questo
è tutto, così è iniziato. Naturalmente, per quanto
riguardava noi magistrati in Svizzera, ero io che ricevevo queste prime
rogatorie. E l'immediata riflessione era che tutti questi soldi, frutto
della corruzione, si trovavano depositati nelle nostre banche. Quindi noi
ci trovammo subito confrontati anche con un elemento politico, se vuole,
perché era ben chiaro...
Camilleri: Politico nel senso del ruolo della Svizzera?
Del Ponte: Esatto. Il ruolo politico della Svizzera, nel senso
che si trattava di un'enormità di conti e di fondi presso di noi.
Comunque si diceva: finalmente!
Finalmente si arriva a scoperchiare la corruzione (che non era solo
italiana, noi abbiamo avuto anche in Francia, in Germania delle inchieste,
ma Mani Pulite voleva andare fino in fondo su questa vicenda). Noi però
percepimmo subito l'inevitabilità della connotazione politica. Ci
si chiedeva: chi sono i prevenuti o i sospetti autori delle corruzioni?
E subito venivano catalogati nelle varie correnti politiche e questo era
per noi un segnale di disagio perché imputato, sospettato, è
la sola persona fisica. Però tutte queste etichette di corruzione
erano legate a vicende politiche, a vicende comunque di appalti... quindi
c'era la corruzione nell'amministrazione pubblica, per cui era ovvio che
ci fosse questo legame. Però si è sentito subito che involontariamente
si sarebbe innescata una lotta politica. Particolarmente quando poi è
apparso Craxi, e questo noi lo seguivamo attraverso le richieste che man
mano ricevevamo... Io personalmente subii una prima disfatta giudiziaria
nel senso che sin dall'inizio, nella primavera del '92, avendo praticamente
un elenco completo di conti bancari che contenevano fondi provento di corruzione,
sulla base della Convenzione europea sul riciclaggio avevo aperto un'inchiesta
mia a Lugano, chiedendo alle banche di fornirmi tutte le informazioni sui
depositi. Naturalmente le banche fecero ricorso e la seconda istanza mi
bocciò. Sono stata bloccata, non ho potuto accertare, fare questa
inchiesta.
Camilleri: Accertare cioè la provenienza e la proprietà
di questi conti?
Del Ponte: L'esistenza. Perché in fondo la normativa
sul riciclaggio era nuova, la Convenzione europea sul riciclaggio era stata
appena ratificata dalla Svizzera e lì io sono stata bloccata con
una motivazione che per me non era assolutamente accettabile. E questo
mi amareggiò molto, perché naturalmente per quanto riguardava
la Svizzera eravamo di nuovo nella posizione di dire: diamo sì giustizia,
ma non vogliamo essere autonomi nella lotta alla corruzione. Questo lo
ricordo molto bene perché gli insuccessi si ricordano meglio dei
successi.
Camilleri: Questi ritardi di cui lei ci sta chiarendo le ragioni,
erano vissuti dalla maggioranza degli italiani come un fatto assolutamente
previsto, scontato. Si diceva: ma con tutti i soldi della corruzione depositati
nelle sue banche, figurati se la Svizzera ci farà sapere qualcosa!
Invece quando si cominciò ad avere la certezza che avremmo avuto
delle risposte, si ebbe un rafforzamento della speranza. Quale che fosse
stato il contenuto di queste risposte, l'essenziale era che iniziava una
collaborazione, si cominciava a stringere un patto serio. Credo che fu
quello il momento nel quale attorno a Mani Pulite si coagulò un
motivato consenso, si capì che non si trattava di quattro pazzi
della procura milanese, ma di magistrati che potevano tranquillamente operare
a livello europeo. E a proposito: se c'erano stati casi di corruzione in
altre nazioni, come mai solo in Italia ci fu questa forte spinta in avanti?
Nelle altre nazioni le cose si fermarono?
Del Ponte: In alcune nazioni si fermarono, in altre andarono
avanti però non ci fu tutta la pubblicità che ci fu in Italia.
E proprio questo potrebbe essere un altro tema di discussione: se la pubblicità
data all'inchiesta - non parlo del processo che è e deve essere
pubblico - sia un fatto positivo o negativo. In Germania, per esempio,
hanno fatto delle inchieste approfondite su casi analoghi a quelli italiani
senza nessuna pubblicità, senza che ne venisse data pubblica conoscenza.
E questo ha aiutato l'inchiesta, sotto il profilo dell'assistenza giudiziaria
ha facilitato la cooperazione. Invece con l'Italia avevamo qualche difficoltà
proprio perché con questa pubblicità tutto in Svizzera veniva
esaminato alla lente, scrupolosamente. Naturalmente una parte della Svizzera
non vedeva di buon occhio questa collaborazione per la situazione nella
quale ci trovavamo, per le esigenze che c'erano eccetera. Però quello
che si è visto è che sicuramente era per l'Italia, per i
magistrati che avevano iniziato, assolutamente necessario avere il supporto
dei mass media, perché questo ha permesso sicuramente di poter continuare.
Però, una volta che la macchina aveva preso a funzionare, si sarebbe
dovuto porre un freno a questa pubblicità.
Camilleri: Sarebbe stato possibile? La corruzione era incredibilmente
estesa. C'era un mio amico, un alto funzionario, che venne accusato di
avere intascato una tangente di un centinaio di milioni. Io rimasi allibito,
anche perché questo mio amico era ricco di casa sua, non aveva bisogno
di quei milioni. Venne condannato. Dopo qualche anno gli domandai perché
lo avesse fatto. E la risposta fu strabiliante. «Se non l'avessi
fatto mi avrebbero emarginato». C'è stato un giornalista che
mi ha raccontato di un appalto vinto regolarmente, ma l'appaltatore venne
consigliato di pagare lo stesso la tangente per non fare inceppare il sistema.
In Italia quindi corrompevi non per avere quello che non ti era dovuto
– il che aveva una sua logica - ma anche per ottenere quello che ti era
dovuto. Lei, dato che le arrivavano richieste per fatti di corruzione da
vari paesi, aveva la sensazione che in Italia la dimensione del fenomeno
fosse quantitativamente diversa e che forse anche questo spiegava il clamore...
Del Ponte: Certo. A giudicare dalle richieste di assistenza
giudiziaria che ricevevamo, per noi l'Italia era particolarmente toccata
da questo fenomeno. E c'era il fatto che il Ticino fosse contiguo all'Italia,
il fatto che il sistema bancario ticinese facilitava e permetteva l'occultamento
di questi fondi…
Un'Italia formidabile
La lotta alla corruzione, in Italia, a partire dal '92, fu veramente
impegnativa. Non c'era solo Milano, c'era Palermo, c'era Roma, c'era Firenze,
c'era Torino. La sensazione era che in Italia finalmente avevano deciso
di fare pulizia.
Camilleri: Veniva visto come un merito? Dava un'immagine diversa
dell'Italia?
Del Ponte: Sì, sì.
Camilleri: Qual era questa immagine?
Del Ponte: L'immagine dell'Italia in quegli anni era formidabile
all'estero, perché naturalmente i magistrati, per esempio quelli
francesi che avevano difficoltà enormi ad aprire e a condurre queste
inchieste, guardavano all'esempio italiano, al modello italiano, come veramente
a qualcosa di fantastico. Questo sì. Tanto è vero che alle
varie conferenze internazionali dei Procuratori, i rappresentanti italiani
erano chiamati a parlare delle tecniche e delle difficoltà di queste
inchieste, perché erano inchieste particolarmente laboriose in quanto
gli elementi di prova non sono facilmente accessibili. Io ricordo che anche
noi in Svizzera avevamo invitato i magistrati di Milano per una conferenza,
naturalmente tecnica, perché il nostro governo, o il parlamento,
non ricordo più, siccome anche noi avevamo alcuni casi di corruzione,
avevo chiesto un rapporto sulla situazione in Svizzera, quindi l'invito
ai magistrati era proprio per delucidare come si arrivasse a determinare
i fondi illeciti nei depositi. Il prestigio della magistratura italiana
in quegli anni era grandissimo.
Camilleri: Vorrei tornare sul problema della risonanza che la
stampa diede a questi fatti. Posso anche sbagliarmi, ma credo che sia stata
anche una forma preventiva di difesa dall'eventuale insabbiatura. C'erano
procure dove tutto finiva per perdersi dentro una fitta nebbia. Non a caso
quella di Roma era detta "il porto delle nebbie". Voglio dire che mettere
in piazza tutto quello che stava succedendo impediva l'uso dei fumogeni,
delle nebbie artificiali. Certo che aveva anche un lato negativo, ed era
quello del processo in piazza che precedeva il processo vero e proprio.
E forse è stato questo eccesso d'informazioni, di diatribe, di polemiche,
di superfetazione dei fatti che ha poi portato alla stanchezza, al rigetto.
MicroMega: La Svizzera, intesa come istituzioni politiche, chiede
ai propri magistrati di impegnarsi contro la corruzione, e così
finisce per chiedere aiuto, indirettamente, a Mani Pulite, mentre in Italia
stava avvenendo esattamente l'opposto: la politica cercava subito di reagire
contro Mani Pulite, di bloccare tutto. Mi colpisce questo paradosso, perché
in teoria i magistrati svizzeri sono meno autonomi di quelli italiani.
Del Ponte: Anche da noi sono autonomi, però l'iter della
nomina è politico.
Camilleri: E però non ci sono poi interferenze. E' come
la storia di Tommaso Becket il quale, una volta diventato vescovo, obbedisce
agli ordini della Chiesa e non a quelli del suo re. Il problema è
questo: chi è il politico che ti elegge? Rispetta lealmente le regole
del gioco? Ha un alto senso della giustizia e della politica? Oppure ti
elegge per puro tornaconto di parte ed è pronto a chiederti una
contropartita appena se ne presenta l'occasione?
MicroMega: Come viene garantita l'autonomia dei magistrati in
Svizzera, malgrado le nomine?
Del Ponte: Bisogna dire che nel sistema politico svizzero, con
i cantoni che hanno la loro autonomia, tutto è molto ristretto,
per cui i magistrati sono magistrati cantonali e hanno perciò giurisdizione
su un cantone. E' l'autorità politica cantonale a scegliere i diversi
magistrati. Intanto si comincia a dare a ogni partito, secondo il proprio
peso elettorale, il diritto di avere uno o più magistrati. Proprio
una lottizzazione dichiarata, quindi il partito tale ha diritto a due magistrati
e via di questo passo e ogni partito vuole mettere lì, naturalmente,
persone idonee, persone competenti...
MicroMega: A lei questo sembra ovvio...
Del Ponte: All'interno del partito c'è quindi una commissione
che esamina il candidato per vedere se ha le competenze, perché
quello alla fin fine viene pur sempre da quel partito, perciò nessuno
vuol fare brutta figura. Questo è già un primo passo. Una
volta nominato, dopo che il gran consiglio e il parlamento cantonale lo
hanno nominato, è assolutamente rigoroso che questo magistrato si
stacchi completamente dal proprio partito, perché se ci fosse anche
un solo parlamentare che prende il telefono e chiama il procuratore, e
non certo per dargli istruzioni, ma anche soltanto per avere informazioni
su un'inchiesta, scoppierebbe lo scandalo più grave che si possa
immaginare. Questo è un modo di procedere che da noi è, come
dire, ormai radicato. Una volta che il partito ha deciso qual'è
il candidato, una volta che l'ha portato all'elezione davanti al parlamento,
una volta che il battesimo è stato fatto, non c'è più
nessuno contatto, assolutamente.
Camilleri: Riferito all'Italia, questo sembra un discorso marziano.
Se un partito ti fa arrivare in un posto vuole tenere il cordone ombelicale
con te perché tu, da quel posto, puoi essergli estremamente utile.
Del Ponte: Perché? Ma se l'indipendenza del magistrato
è uno degli elementi più importanti affinché questo
magistrato, pur nelle difficoltà, e ce ne sono tantissime, possa
svolgere il suo lavoro! Se non gli date un 'indipendenza vera, questo magistrato
non potrà mai lavorare in modo sereno...
Camilleri: Tanto per non fare nomi, se io in Sicilia devo eleggere
un magistrato che ha le caratteristiche di Gian Carlo Caselli, io, da politico,
ci penserei due volte. Sarebbero in molti a dire che non guarda in faccia
a nessuno e questa, che è una caratteristica positiva, può,
dal punto di vista di un politico, diventare negativa, pericolosamente
negativa.
Del Ponte: E' allora il concetto di giustizia e dell'applicazione
della legge che non è più il nostro comune denominatore.
Camilleri: Ed ecco perché ci teniamo tanto al fatto che
i pubblici ministeri in Italia non siano dipendenti dal potere politico.
Se ciò avvenisse torneremmo ai tempi precedenti a Mani Pulite. Prima
per insabbiare si doveva comunque fare ricorso a trabocchetti, slalom,
fumogeni, invece col pm direttamente dipendente dal potere politico non
ci sarà più nemmeno il bisogno di questi trucchi.
Del Ponte: Ma non siete un po' pessimisti?
Camilleri: Ho 76 anni e sono ottimista, mi creda. Ecco, non
c'è dubbio che tra i 100 pm che verranno nominati dalla politica
ci sarà una buona percentuale di persone oneste, con un alto concetto
della giustizia. Però io devo partire da un presupposto storico,
mi dispiace, ma lo devo dire: quando il fascismo andò al potere
in Italia e chiese il giuramento di fedeltà non all'Italia, ma al
partito, la magistratura italiana giurò compatta. Ora, se tanto
mi dà tanto, io ho paura, non credo che il dna degli italiani sia
cambiato molto nel corso degli ultimi anni, e quindi preferisco avere una
magistratura totalmente autonoma in ogni sua componente, tanto autonoma
che sia impossibile formulare un pensiero, un sospetto di dipendenza.
MicroMega: Del resto lei, signora, poco fa non diceva che i
magistrati francesi guardavano al modello italiano d'indipendenza della
magistratura?
Del Ponte: Sì, perché all'epoca – adesso c'è
stata una revisione – il potere esecutivo poteva dare indicazioni ai magistrati.
Il concetto di giustizia è un gran concetto, ma è così
difficile da mettere in atto… Comunque i magistrati francesi che si trovavano
nella condizione di dover sottostare ad eventuali indicazioni dell'esecutivo
ritennero a un certo momento inammissibili certe situazioni… tant'è
vero che adesso hanno una legge per cui hanno assunto anche loro una certa
autonomia.
Il clamore massmediatico
Camilleri: Perché le viene da ridere?
Del Ponte: No, mi viene da ridere perché andando oltre
l'inizio di Mani Pulite - Mani Pulite è stato veramente qualcosa
di formidabile, finalmente si potevano fare queste inchieste che avevano
incancrenito tutto il tessuto sociale - andando oltre, mi permetta di fare
una domanda: ma a distanza di dieci anni, è stato raggiunto quell'effetto
positivo per cui oggi la corruzione non è più di casa ma
diventa l'eccezione? Oppure ha generato un certo rifiuto di questo tipo
di attività giudiziaria? Il fatto della pubblicità che è
stata data in tutti questi anni a queste inchieste? Molti processi sono
in corso adesso, o devono ancora essere fatti... Le assoluzioni che ci
sono state, clamorose, perché durante l'inchiesta la presunzione
d'innocenza era stata messa da parte perché la stampa usava in un
certo modo l'avviso di garanzia... La mia domanda è. adesso come
adesso come valuta lei...
Camilleri: Cominciamo col dire che in Italia, per i mass media,
l'avviso di garanzia, pensato a salvaguardia dell'indagato, si è
tramutato in una sentenza di condanna irrevocabile. Uomo avvisato, uomo
spacciato.
Del Ponte: Quando però diventava pubblico, perché
l'avviso di garanzia doveva restare confidenziale tra l'autorità
e l'indagato.
Camilleri: Tanto confidenziale che ora l'avviso di garanzia,
se l'indagato non è in casa, viene lasciato sulla porta dell'abitazione,
così tutto il condominio lo sa. Ora, che cosa ha prodotto Mani Pulite?
Il rigetto di Mani Pulite.
Del Ponte: Ma l'ha prodotto Mani Pulite o l'ha prodotto...
Camilleri: Mani Pulite ha prodotto il rigetto di Mani Pulite
e non la stampa, la pubblicità che c'era attorno. Perché,
si tratta di un parere del tutto personale e discutibilissimo, Mani Pulite
a un certo punto ha avuto un momento di sosta. Cioè a dire c'è
stato, dopo la grande esplosione, gli arresti, i processi in televisione,
come un momento di smarrimento, di stanchezza. Ci si è fermati come
se la battaglia contro la corruzione fosse stata vinta. E questo è
stato il momento negativo, il varco aperto subito attraversato dagli avversari.
Oggi come oggi, proprio in questi giorni, noi ci troviamo ad avere episodi
di corruzione, anche gravi, ma che non hanno nemmeno un centesimo della
risonanza che ebbe Mani Pulite. Hanno un effetto minore sulla pubblica
opinione perché è calata la tensione morale. Come con la
mafia. Sono in controtendenza, lo so, perché si crede che Mani Pulite
abbia stancato perché ha ecceduto. Io dico invece che ha perduto
il ritmo, arrivati a un certo punto non ce l'hanno fatta più, c'era
come l'impossibilità di aprire nuove indagini perché la corruzione
era estesissima, l'impossibilità d'istruire nuovi processi che sarebbero
durati venti e più anni. Intanto, in questa loro pausa, si condensavano
gli attacchi concentrici, poi ci fu l'abbandono di Di Pietro - non mi interessa
entrare nelle ragioni per cui lo fece - però questo è stato
un momento negativo spaventoso. Lo è stato come immagine.
Del Ponte: Io dicevo che nel modo con cui era stato affrontato,
accompagnato dal clamore della stampa, dei mass media, era ovvio che non
si potesse continuare così. I primi due anni era necessario questo
sostegno dell'opinione pubblica attraverso i mass media, però è
inevitabile, è umano, che non si riesca a fare per dieci anni inchieste
e processi per corruzione. Quello che secondo me invece non è stato
fatto, è il predisporsi alla continuazione di queste inchieste senza
più l'accompagnamento dei mass media. È lì il grande
errore che, secondo me, è stato fatto.
Camilleri: Forse non riesco ad essere chiaro. C'è stata
la vampata di Mani Pulite, vampata con la gente che andava sotto il Palazzo
di Giustizia di Milano a dimostrare e questo era forse, anzi senza forse,
troppo. Eccessivo. Perché oltretutto teneva i magistrati sotto una
pressione insostenibile. Bisognava riacquistare l'esercizio della ragione,
perché oltretutto rischiavi di essere condizionato dai sentimenti,
dalle emozioni. Ma quando tutto questo è finito, è stato
come se si fossero spente, assieme ai riflettori, anche le tensioni della
magistratura nei riguardi di ciò che stavano facendo. La compattezza
si è frantumata, si è dispersa in rivoli. La stessa cosa
che è avvenuta a Palermo col pool antimafia.
Del Ponte: Lì però hanno voluto... Si è
voluto sciogliere il pool. Non so da parte di chi, comunque sicuramente
si è voluto lo scioglimento del famoso pool antimafia.
Ma quali "toghe rosse"!
Camilleri: Diciamola tutta. Il gioco che ancora continua ad essere
fatto è quello di accreditare l'idea che l'azione dei magistrati
contro dei politici corrotti fosse una "guerra civile" contro la politica
nel suo insieme. Non era e non è così. Però questo
si continua a far credere. Ed è una svalutazione anche della politica,
perché essa ha un valore assai più alto, è quello
che permette in Svizzera ai politici di eleggere giudici perfettamente
indipendenti.
MicroMega: Ma in Italia i politici, anche quelli nuovi, si preoccuparono
per prima cosa di bastonare Mani Pulite!
Camilleri: Lo fecero appunto perché Mani Pulite venne
letta, e fu una lettura accettata dai più, come una lotta politica.
Come se esistesse un «partito» dei giudici che doveva portare
Francesco Saverio Borrelli alle più alte cariche istituzionali.
Cosa palesemente non vera perché, se fosse stata vera, quello scopo,
a quest'ora, i magistrati lo avrebbero già raggiunto. E da tempo.
Invece non era nei loro disegni. Dirò di più: a mio, parere,
non c'era nemmeno un disegno qualsiasi. I partiti politici italiani sono
crollati per implosione, come il Muro di Berlino. Te l'aspettavi che cadesse
con tanta facilità? Il sistema politico italiano era così
mangiato, corroso dalle termiti che sono bastati quei 7 milioni in tasca
a Mario Chiesa per far crollare tutto il castello.
MicroMega: Lei che ha conosciuto, che ha avuto contatti con
Di Pietro, Davigo, Colombo, Borrelli, D'Ambrosio, Greco, Jelo, con tutti
i magistrati di Mani Pulite, ha avuto l'impressione che fosse un gruppo
di giudici che complottavano perché volevano far politica o un gruppo
di giudici che avevano opinioni molto diverse fra di loro, ma che quando
facevano i giudici facevano i giudici?
Del Ponte: La mia risposta è ovvia perché i miei
contatti sono stati contatti professionali, ossia io come interlocutore
ho un magistrato che lavora su un'inchiesta e quindi io discuto con lui
dell'inchiesta. La mia impressione era che non c'era assolutamente nessun
elemento di politicizzazione. C'era la volontà di fare i magistrati.
Assolutamente. La sua mi sembra anzi una non domanda. Tuttavia, se me la
pone, vuol dire che è lei ad avere qualche dubbio.
MicroMega: No. Ma siccome questo stanno dicendo i mass media
in Italia da anni, la domanda è giusto porgliela e la sua risposta
è importante.
Del Ponte: Quello che capita dopo è l'interpretazione
e io la vedo ora nel mio lavoro di adesso: io sono accusata, come procuratore
di questi tribunali internazionali, di precedere solo contro i serbi. Il
che non è assolutamente vero. Però se lei adesso guarda quanti
sono stati condannati, quanti sono in stato d'accusa, è vero che
ci sono più serbi, ma che fatica gridare e spiegare che apriamo
le inchieste sugli elementi di colpevolezza che riusciamo a raccogliere,
per cui è stato più facile raccogliere prove su crimini commessi
in Kosovo e quindi i nostri prevenuti divenuti accusati sono serbi. Ma
questo non ha niente a che vedere con l'etnia. E naturalmente se lei mi
fa un'interpretazione sulla statistica, prende la statistica e mi dice
«vede quanti serbi», è chiaro che si fa un'interpretazione
politica, ma non è vero.
MicroMega: Quindi non è vero per il suo lavoro di oggi
come non era vero per Mani Pulite a Milano.
Del Ponte: Esatto, perché ci si dimentica che il nostro
è un lavoro tecnico, abbiamo un codice di procedura che ci dice
quali sono gli elementi di prova che dobbiamo raccogliere. Il lavoro di
un procuratore è un lavoro tecnico sllfa base di elementi concreti,
di indizi che siano stati reali, si lavora su documenti e testimonianze
di prova...
MicroMega: Questo è appunto quello che dice Borrelli.
ma Berlusconi dice invece che volevano fare la guerra civile.
Camilleri: Volevano fare la guerra civile, secondo Berlusconi,
perché si trattava di «toghe rosse», ossia di magistrati
comunisti o d'area. Ora, a ben guardare le idee politiche dei componenti
il pool di Milano, o meglio quello che riuscivi a capire perché
da questo punto di vista non si sono mai espressi, Francesco Saverio Borrelli,
Di Pietro o Davigo non potevano certo dirsi comunisti. Erano magistrati
e basta. Ricordo il mio stupore quando, dopo il feroce assassinio di Borsellino,
scoprii che aveva idee di destra. Come magistrato, nelle sue azioni, aveva
sempre agito da magistrato. E pure lui faceva parte di un pool, quello
di Palermo, e lavorava fianco a fianco con un giudice di sinistra come
Di Lello. E, come magistrati, facevano le stesse cose.
Del Ponte: È una conferma di quello che noi abbiamo vissuto
lavorando con i magistrati di Mani Pulite, non c'era nessuna connotazione
politica.
Camilleri: Una «guerra civile», per usare l'impropria
definizione di Berlusconi, significa essere schierati sotto una bandiera
e andare contro ad altri uomini a loro volta schierati sotto una diversa
bandiera. Qui invece si è trattato di alcuni giudici, schierati
semmai sotto la bandiera della giustizia, che si sono trovati a combattere
contro clamorosi casi di corruzione conclamata. Ricordate il discorso di
Craxi in parlamento? E qui venne posta una sorta di attenuante, che ai
miei occhi appare invece come un'aggravante: non l'ho fatto per arricchimento
personale, ma per dare soldi al mio partito.
MicroMega: Ecco, un politico corrotto, scoperto in Svizzera,
potrebbe permettersi giustificazioni di questo genere, non ho rubato per
mio conto ma per il partito? Oppure dire che quel magistrato che m'accusa
vuole fomentare una guerra civile?
Del Ponte: Sicuramente lo può fare perché rientra
nella strategia difensiva. Io mi ricordo casi in cui avevamo aperto inchieste
nel nostro cantone.... Si trattò di un regalo di Natale, un imprenditore
inviò un importo piuttosto cospicuo a un partito che aveva al governo
un ministro, che era poi quello che doveva decidere su cose connesse con
gli interessi di quell'imprenditore. Queste inchieste le abbiamo dovuto
però chiudere senza risultato perché non avevamo l'elemento
di nesso causale con la dazione a Natale o a qualche altra ricorrenza e
l'eventuale vantaggio, per cui sicuramente anche da noi...
Camilleri: Una versione diversa da quella della «guerra
civile» sostiene, ma non è la mia idea, badate, che nel '92
la magistratura occupò uno spazio vuoto lasciato dalla politica
e che in seguito la politica ha cercato, e cerca, di riappropriarsi di
quello spazio mettendo da parte, o in difficoltà, la magistratura.
Ora è chiaro che in una lotta di questo tipo si può dire
tutto senza timore d'essere squalificati. Squalificati agli occhi di chi?
Ai miei e ai tuoi, certo. Ma agli occhi di tutti gli altri? Di quelli che
hanno votato questa maggioranza? Oggi si arriva a dire, l'ho sentito da
Berlusconi e anche da qualcuno dei suoi, che ci sono dei reati che la «gente»
non considera più tali. E allora perché ostinarsi a definir-
li reati? In altre parole, secondo loro, un codice ideale dovrebbe essere
il risultato di un referendum permanente, fatto attraverso sondaggi, per
abolire via via i reati che non vengono più ritenuti tali. Altro
che squalifica!
Del Ponte: Non dimentichiamo che siamo in Europa. Che stiamo
tentando, e speriamo che ci si arrivi, di creare un'armonizzazione, perché
è pur vero che ogni Stato ha le sue leggi, nel senso della scelta
del tipo di comportamento da punire. Se prendiamo la Svizzera, l'evasione
fiscale non è penalmente punibile, mentre in altri paesi sì.
Ecco, occorre questa armonizzazione quanto meno a livello europeo, perché
siamo tutti della stessa estrazione culturale. E questo sarebbe importante,
trovare un'armonizzazione.
Corruzione, riciclaggio, rogatorie
MicroMega: Le chiedo come va considerato un reato come il riciclaggio
legato alla corruzione, perché per riciclare bisogna falsificare
i bilanci, corrompere, e queste cose sono poi connesse al traffico d'armi...
Insomma, certi reati, corruzione, riciclaggio, devono essere considerati
gravi o dobbiamo cominciare a considerarli di secondaria importanza, secondo
quello che ricordava Camilleri?
Del Ponte: Sicuramente sono reati gravissimi, tanto è
vero che abbiamo delle convenzioni europee contro il crimine organizzato,
anche perché il reato commesso in uno Stato non è che si
ferma ai confini di quello Stato. Sappiamo benissimo che per poter condurre
un'inchiesta si deve far capo a numerose altre autorità di altri
Stati, per cui l'Italia non può certo tenersene fuori e dire: noi
no, noi abbiamo un'altra concezione e quindi noi non...
Camilleri: Tenersene fuori formalmente forse no, ma nella sostanza
potrà mettere in atto tutta una serie di dilazioni, di rimandi...
Cosa è successo a Laeken? Che l'Italia ha aderito al mandato di
cattura internazionale, ma lo metterà in atto, se potrà,
a partire dal 2004, fino ad allora varranno le vecchie regole italiane.
Anzi le nuove. Le complicazioni sulle rogatorie, il falso in bilancio,
la legge sul rientro dei capitali... C'è il rischio di diventare
una sorta di paradiso giudiziario, allo stesso modo che ci sono i paradisi
fiscali. E torno a chiederne: che avverrà fino al 2004? Ci sarà
un'Europa a due marce per quanto riguarda certi reati e i provvedimenti
per reprimerli?
Del Ponte: Io credo che l'Europa andrà avanti e allora
penso che l'Italia non potrà restar fuori. Ci sarà un ritardo
nell'adeguamento, nella partecipazione. La questione rogatorie naturalmente
io la conosco bene perché ho partecipato a mettere in piedi questo
trattato bilaterale proprio per accelerare, per rendere più efficace
il tutto, per snellire la collaborazione... e naturalmente sono rimasta...
Intanto mi ricordo che ad ogni occasione possibile dicevo: Come mai non
c'è la ratifica di questo trattato? lo ero già via da Berna
e ancora già col governo che c'era prima... e poi dopo, improvvisamente..
MicroMega: ... una ratifica che stravolge...
Del Ponte: ... che praticamente annulla tutto.
MicroMega: Ma questo che effetto le fa? Anni prima c'erano dei
governi che facevano finta di niente e poi il nuovo governo quando fa qualcosa
va in una direzione assolutamente opposta.
Del Ponte: Cosa vuole che le dica? Che effetto fa? Fa un effetto
deprimente, però devo dire che nonostante tutto, dico, almeno adesso
hanno fatto qualcosa, mostrano qualcosa, perché prima invece non
dicevano niente, sì sì sì e non facevano niente. Adesso
almeno sappiamo quali sono le loro reazioni. Poi comunque c'è anche
un aspetto positivo, nel senso che giudiziariamente il tribunale di Milano
ha deciso che le carte sono comunque utilizzabili.
MicroMega: Lei sa, però, quale è stata in Italia
la reazione del governo?
Del Ponte: No.
MicroMega: Attraverso un suo sottosegretario di peso è
stato detto che i magistrati che hanno fatto questa delibera andavano arrestati.
Del Ponte: Sono considerazioni politiche senza contenuto, senza
nessun peso. Le abbiamo anche noi queste manifestazioni. Quando Miloševic,
che è un ex capo di Stato, ha...
MicroMega: Miloševic è un ex, questi invece...
Del Ponte: Comunque io dico che per il momento la decisione
del tribunale di Milano tiene, quindi di fatto per il momento le carte
sono utilizzabili.
MicroMega: Lei quindi vede con favore le decisioni giudiziarie
del tribunale di Milano.
Del Ponte: Sì. In Svizzera la situazione la si osservava
molto attentamente, però, dopo per esempio c'è stato il ministro
delle Finanze italiano che ha dichiarato che il segreto bancario svizzero
sarà abolito l'anno prossimo e ciò ha provocato una reazione
in Svizzera, un'interpellanza parlamentare sul tipo di: Allora basta, non
collaboriamo più con l'Italia, emarginiamola... Peccato, ma allora
tutto il lavoro che abbiamo fatto non serve più a niente?
Camilleri: Il mio stupore è quello del passaggio da una
stagione nella quale pareva che delle cose estremamente semplici come la
legalità, la giustizia eccetera, finalmente avessero ritrovato il
loro posto in una società civile quale noi pensiamo di essere, e
come invece tutto questo possa venire di colpo vanificato. E c'è
un problema molto grosso, quello che abbiamo oggi è un governo legalmente
eletto, con una grossa maggioranza, che propone una serie di leggi e di
situazioni che vanificano completamente tutto quello che si è fatto.
Per esempio: non esiste lapsus che Freud non sia in grado di spiegarci,
ma non c'è bisogno di tirarlo in ballo quando un ministro in carica
afferma che con la mafia bisogna convivere.
Del Ponte: Ma poi il ministro ha detto che era stato male interpretato...
Camilleri: Signora, sappia che qualsiasi cosa venga dichiarata
dal presidente del Consiglio, dai suoi ministri in carica, dai suoi sottosegretari,
è sempre mal interpretato. Perché immediatamente, il giorno
dopo, lo dicono loro che sono stati mal interpretati. Sono stati mal interpretati
anche quando li sento io, con le mie orecchie. Quando c'è una caduta
delle regole del vivere civile a questi livelli, ti viene il sospetto che
la negazione totale avvalori proprio in tutto Mani Pulite, anche nei suoi
errori se ce ne sono stati, perché si tratta di un tentativo di
rimozione globale di tutto quello che è avvenuto. Che allora ti
cominci a domandare quanti scheletri ci siano nascosti negli armadi. Quando
leggo quello che dichiara un americano non certo di sinistra come Luttwak
a proposito del conflitto di interessi, che doveva essere già risolto
dal. 1994, e che condiziona tutta la Vita italiana; quando vedo e sento
che Mani Pulite viene giudicata una guerra civile; che si muova una lotta
alla magistratura per processi e procedimenti fatti e iniziati prima, assai
prima che Berlusconi si interessasse alla politica; e che una nazione intera
debba retrocedere da certe forme di civiltà di leggi solo per la
protezione di interessi privati, questo significa una situazione praticamente
irrisolvibile per la quale non si può fare altro che sperare nell'Europa.
Un Cavaliere con precedenti
Del Ponte: Quello che è certo è che in Italia,
particolarmente in Italia, non si riesce a tenere separata la politica
dal giudiziario, quindi un primo sforzo dovrebbe consistere nel lasciare
assolutamente fuori la politica dall'attività giudiziario. Lasciamo
svolgere le inchieste senza fare commenti, senza che si sappia sempre tutto,
perché si apprende tutto dai giornali e dai telegiornali, lasciamo
fare i processi con calma. Poi c'è un'altra difficoltà. Vediamo
quanto sia difficile condurre a Milano un processo nel quale uno degli
imputati è il presidente del Consiglio. Ora io mi chiedo, perché
è una domanda che mi pongo ogni tanto, ma perché l'Italia
non fa come altri paesi: dal momento che questa persona ha assunto una
carica istituzionale come quella di presidente del Consiglio, perché
non si sospende sia il procedimento penale e sia la prescrizione per cui
tutto verrà ripreso al momento in cui non avrà più
questa carica? E con quale scopo? Ma per proteggere l'Italia, perché
l'Italia è rappresentata dal presidente del Consiglio. Questo presidente
del Consiglio che da una parte viene attaccato continuamente e dall'altra
ha come preoccupazione principale quella che riguarda i suoi precedenti.
Perché non lo mettete in condizione di poter lavorare per il paese
e poterlo poi giudicare? lo parlo da persona all'estero, dove vediamo che
l'Italia adesso ha questo problema, cioè un presidente del Consiglio
contro il quale sono in corso diversi processi.
MicroMega: Processi fatti da persone che lei ha giudicato assolutamente
imparziali, che seguono solo la legge.
Del Ponte: Sì, su questo non c'è dubbio. Però
io parlo. del danno che ne deriva all'Italia.
MicroMega: Ma se questo avvenisse con Berlusconi nel processo
a cui lei fa riferimento dovremmo usare la sospensione anche per altri
imputati come Previti?
Del Ponte: No. Ma vi rendete conto che significa all'estero
il fatto che il presidente del Consiglio ha in corso un procedimento gravissimo
come questo?
Camilleri: La sua proposta sarebbe assolutamente sottoscrivibile
se si accettasse una contropartita, cioè a dire: la giustizia sospende
momentaneamente ogni processo a tuo carico data la posizione che ricopri,
per il bene dell'Italia, per non essere, perdonate la parola, sputtanati
agli occhi delle altre nazioni; ma tu, fino a quando stai al governo, non
metti mano a nessuna riforma della giustizia perché se cominciamo
a dire, come vuole fare lui, che è il parlamento a decidere la priorità
dell'azione giudiziaria...
Del Ponte: Ma da dove viene questa proposta?
Camilleri: Fa parte del programma di governo. Se metto mano
alla riforma della giustizia, così come la intende lui, va a finire
che quando tornerà ad essere un privato cittadino, tutti quelli
che erano i suoi reati non saranno più considerati tali.
Del Ponte: Insisto, però. Se nel frattempo si facesse
questa parentesi, interrompendo la prescrizione e poi una volta che lui
non è più...
MicroMega: Ma lei pensa che Berlusconi accetterebbe una soluzione
come questa, gli basterebbe?
Camilleri: Signora, eccole il Corriere della Sera. Questa
è la pagina dove sono trascritti i programmi immediati di questo
governo. Legga quello che di più la colpisce.
Del Ponte: «Al parlamento il compito di indicare le priorità
nel ... », «Riforma dell'intervento disciplinare»… «Aumenti
di stipendio legati all'efficienza del ... » Io non dico proprio
niente sa... Non dico proprio niente... Quello che interessa a me è
solo la giustizia. Separazione delle carriere non vuol dire niente. Dipende
da che cosa accompagna la separazione delle carriere. Può andare
benissimo, anche per una questione di esperienza professionale, che uno
fa il procuratore e va avanti a fare il procuratore perché lo sa
fare bene,. Invece da voi è diverso perché c'è questa
forte connotazione politica. Ma cosa vuol dire attribuzione al parla- mento
del compito di indicare le priorità nell'esercizio delle azioni
giudiziarie? Ma cosa vuol dire? «... al parlamento il compito di
indicare le priorità nell'esercizio dell'azione giudiziaria».
MicroMega: A lei che effetto fa? Perché ha fatto una
faccia...
Del Ponte: Rimango esterrefatta. Sì. Perché è
il capo dell'ufficio che dà il programma di lavoro, perché
è pur vero che non si possono fare tutte le inchieste in simultanea,
perché i mezzi, il personale, sono quelli che sono; quindi bisogna
mettere delle priorità. Ma a stabilirlo è il capo dell'ufficio,
perché invece il parlamento naturalmente non potrà dare altro
che delle indicazioni che sono motivate dalla politica. Sì, rimango
esterrefatta. Perché, per esempio, è detto nella legge che
istituisce i tribunali penali internazionali, che il procuratore è
indipendente. Questo vuol dire che non ci può essere nessunissima
interferenza né di Stati, né di governi nel senso, tra l'altro,
che non avendo noi polizia giudiziaria, tutte le misure coercitive, sono
gli Stati che devono eseguirle. Quindi, già dalla comunità
internazionale è visto come un elemento assolutamente indispensabile
per una giustizia che sia equa, che essa sia lontana da ogni pressione
politica. E qui invece c'è il parlamento che darebbe il programma
di lavoro alle varie procure. Però bisognerebbe vedere bene cosa
intendono.
MicroMega: Lei non riesce a crederci?
Del Ponte: No, non riesco a credere che sia appunto un...
Camilleri: Guardi che non è la prima volta che questo
viene detto. Che sia il parlamento a indicare la priorità dell'azione
giudiziaria, è la quarta o la quinta volta che lo sento ripetere.
Del Ponte: Qui poi è scritto che verranno dati aumenti
di stipendio ai magistrati ordinari in rapporto alla loro efficienza, che
verrà valutata da una speciale commissione. È molto pericoloso,
per cui io per avere un aumento di stipendio mi adeguo all'idea di efficienza
che si ha nel governo. Si viene a toccare un elemento di indipendenza perché
è un elemento di indipendenza che lo stipendio sia quello che è
e che nessuno lo tocca. E che sia sufficiente. E che soprattutto non dipenda,
non deve proprio dipendere, dall'efficienza, perché fare inchiesta
o cercare di ottenere giustizia non può dipendere dall'efficienza
perché è qualcosa che è completamente fuori.
Camilleri: Lei come pensa che qui venga adoperato il termine
«efficienza»?
Del Ponte: Nel senso di quante condanne, di quanti arresti.
Camilleri: Allora, se l'unica quantificazione possibile è
il numero degli arresti e delle condanne, allora io, magistrato, eviterei
come la peste un processo che si annunzi molto lungo nel tempo.
Del Ponte: Si, giusto. Non si può chiamare efficienza
collezionare non so quante condanne per furto, per cui poi alla fine hai
un au- mento di stipendio. Non lo so, ma secondo me è un'indicazione
molto pericolosa, proprio per il bene della giustizia.
Camilleri: Vede, signora, per questo io prima dicevo: a patto
che non metta mano a nessuna riforma della giustizia. L'efficienza la dovrebbe
stabilire, valutare una commissione con a capo un esperto. Circola il nome
di un marchese che è molto usato nelle aziende per valutarne i manager.
Del Ponte: lo mi ricordo che quando ero procuratore è
chiaro che alla fine dell'anno il nostro capufficio guardava un po' l'attività
dei procuratori, quanti atti d'accusa erano stati emanati eccetera. È
ovvio che si faccia questo, ma anche questo deve essere fatto all'interno
dell'ufficio. C'è un capufficio per questo tipo di valutazioni.
MicroMega: Poi c'è una valutazione collegiale...
Del Ponte: Certo, c'è una discussione..
MicroMega: Ma si può valutare l'efficienza di lavoro
di un magi- strato con i criteri con cui si valuta l'efficienza di un manager?
Non sono per la natura stessa delle cose, due forme di efficienza molto
diversa rendere giustizia e ottenere profitti?
Camilleri: È come valutare la letteratura in base al
numero delle copie vendute o, ancora peggio, in base a quante parole impiegate.
MicroMega: L'idea che il parlamento di Bruxelles la valuti secondo
la sua efficienza che impressione le darebbe?
Del Ponte: No. lo sono nominata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu.
Quindi è il Consiglio di sicurezza dell'Onu che dovrebbe valutare...
MicroMega: …prendendo uno studioso di efficienza aziendale e
facendola giudicare da lui. Purtroppo chi leggerà questo testo non
vedrà l'espressione della sua faccia, ma la sua faccia, signora,
è più espressiva di qualsiasi parola.
Del Ponte: Una valutazione di questo tipo è un compito
semplicemente impossibile. Perché non dimentichiamo che tutti i
magistrati hanno comunque un'autorità superiore alla quale ci si
può rivolgere, per tutti gli atti dell'inchiesta. E quindi c'è
già un esame, perché ogni parte del processo o dell'inchiesta
può poi essere esaminata da un'autorità superiore ed è
questo che costituisce la grande garanzia. E naturalmente vedo male, non
capisco come si possa giudicare l'efficienza di un magistrato in modo diverso.
Perché, finché si tratta dell'organizzazione del mio ufficio
in quanto tale, ben venga un manager che sa di quanti computer ho bisogno,
ma questo è il management, cioè come deve funzionare un ufficio.
Ma da quello che si intuisce qui, invece si tratta di ben altro, cioè
di un esame di valutazione. Ma su che cosa? Non lo so, vedo male, non saprei
per esempio come il Consiglio di sicurezza potrebbe...
Camilleri: Ma, signora, questo è un concetto di base
del governo italiano. Il concetto dell'Azienda Italia.
Del Ponte: E questo va contro l'indipendenza della magistratura.
Montalbano dopo il G8
Camilleri, lei dice che non conosce niente di legge e questo mi sembra
impossibile. I suoi romanzi sul commissario Montalbano denotano una profonda
conoscenza se non altro per quelle che sono le modalità di un'inchiesta,
le difficoltà giudiziarie...
Camilleri: È una conoscenza di riporto, non è
una conoscenza diretta. Io sono stato sempre un lettore di romanzi polizieschi
e da sempre ho avuto una preferenza per il poliziesco europeo. Ora, è
difficile che nel romanzo poliziesco europeo si trovi la figura del poliziotto
privato, è raro. Il poliziotto privato in Europa ha delle possibilità
di movimento molto ristrette nel campo delle sue indagini, non è
come negli Stati Uniti, quindi va a finire che i poliziotti europei sono
sempre un po' figure istituzionali: commissari, ispettori. Siano essi inglesi
o svizzeri o francesi. Il grosso modello mio è stato inizialmente
Maigret, quindi già da quando ragazzino lo leggevo, sapevo che questo
commissario in qualche modo aveva un superiore che non era tanto il capo
della polizia, ma era il giudice al quale doveva andare a riferire lo stato
delle indagini. Ora, questo tipo di gerarchia è simile un po' in
tutti gli altri paesi e non sempre i rapporti tra chi indaga e il giudice
sono idilliaci. Io ho moltissimo successo nella polizia con questo commissario
Montalbano ma per un motivo molto semplice, perché credo di raccontare
loro una specie di favola, come l'agente 007 era una specie di favola per
le spie. Voglio dire che nessuna spia seria, vera può essere come
007, l'avrebbero fatto fuori nel giro di tre secondi, esibizionista e vanitoso
com'era. Allora io al mio commissario Montalbano gli levo di torno in genere
il pm. Di quest'ultimo personaggio ne faccio un fissato o uno che si occupa
poco delle indagini, metto cioè Montalbano in condizioni di lavorare
più da lupo solitario che da subordinato. Ogni tanto mi nascono
però degli scrupoli. Quando ho scritto La voce del violino c'era
un momento nel quale entrava la polizia scientifica e siccome ho avuto
la fortuna di conoscere il capo della polizia scientifica di Bologna, gli
ho mandato il testo ancora dattiloscritto e lui mi ha fatto riscrivere
cinquanta pagine, perché diceva: questo non è possibile nella
realtà. Voglio dire che quando ne ho bisogno chiedo qualche informazione.
Del Ponte: Intanto, devo dire che questa prosa frammista a questa
terminologia siciliana è stata veramente per me una grande sorpresa.
I primi volumi hanno rappresentato una difficoltà enorme. Io non
conosco assolutamente il siciliano, per cui assimilare... Il bello 'è
che proprio questa prosa riproduce una precisa realtà, per cui dentro
al romanzo ci si vive proprio ed è questo che ho trovato meraviglioso.
Io conosco le inchieste fatte in Sicilia da altri colleghi. Le conosco
dalle carte, dal lavoro effettuato.
Però qui ritrovo questi elementi così ben descritti,
così ben messi assieme che vengono fuori i lati umani di quella
che è un'inchiesta, di quella che è una storia dell'inchiesta.
E questo che trovo stupefacente.
Camilleri: Vengo da una generazione che si fidava più
dei marescialli dei carabinieri che dei commissari di pubblica sicurezza.
Il maresciallo dei carabinieri in un piccolo paese era una vera e propria
istituzione in quanto aveva anche funzioni diverse dal maresciallo dei
carabinieri. Era per esempio una sorta di giudice di pace. Ci si andava
informalmente, dal maresciallo dei carabinieri, per sottoporgli una certa
questione e quello diceva: fate in questo modo, e lo diceva nell'ordine
del consenso, della pacificazione, per evitare che certe situazioni degenerassero.
Ora, molte cose di Montalbano risalgono dalla mia memoria di questo civile
vivere di persone fra persone che volontariamente si rifacevano a un'autorità.
C'era anche il fatto, non indifferente, che questi marescialli dei carabinieri
finivano col conoscere l'intero paese, i suoi abitanti uno per uno, e mi
è capitato l'anno scorso di sentire che non so quanti presidi di
carabinieri sono stati eliminati in tutt'Italia. Ora, lei si rende conto
che abolire in un paese di sequestri di persona il maresciallo dei carabinieri
che avrebbe potuto sapere, intuire, capire, è stato un danno rilevante
ed enorme? Inoltre, ho cercato di dare a Montalbano le qualità migliori
di un siciliano, cioè un certo senso della lealtà, del rispetto
per le regole del gioco. Questo mi è venuto facile. Mia moglie,
dopo che avevo scritto cinque romanzi di Montalbano, mi ha fatto scoprire
che io in realtà con Montalbano sto scrivendo un grande ritratto
di mio padre, ma io non me ne ero accorto, dopo che me l'ha detto ho capito
che aveva perfettamente ragione. Mio padre non era un commissario di polizia
ma ho trasferito in parte in Montalbano quello che era il suo modo di agire
e di pensare.
Del Ponte: Belli sono anche i momenti in cui si rilassa, ossia
l'importanza di quello che mangia, di come si nutre, di come vive. Questo
fa il romanzo accessibile a tutti, leggibilissimo.
MicroMega: Lei dice che il commissario Montalbano ha questo
carattere umano. Allora che effetto le fa un commissario tra virgolette
comunista, come viene accusato di essere appunto il commissario Montalbano?
Perché di solito in altri paesi chi vuole la legge e l'ordine è
magari più la persona di destra. Solo l'Italia è questo paese
assurdo in cui la destra vuole l'impunità.
Camilleri: È curioso però come in altri romanzi
polizieschi, soprattutto nordici, svedesi per esempio, si trovino dei commissari
di pubblica sicurezza che di fronte ad alcune manifestazioni di destra
si irrigidiscono. C'è un autore svedese che polemizza continuamente,
per esempio, contro le ronde cittadine che si sono instaurate in Svezia
contro gli immigrati. È una presa di posizione violentissima da
parte di questo commissario che è il protagonista di questi romanzi.
MicroMega: Questo è interessante. Se pigliamo Vázquez
Montalbán, se pigliamo il suo Pepe Carvalho, se pigliamo quel commissario,
Fabio Montale, dello scrittore francese Jean-Claude lzzo, non sta venendo
fuori una cosa interessante? Cioè il valore della legalità
come valore progressista?
Camilleri: È uscito un bell'articolo di Cesare Cases
sul romanzo poliziesco (sul Sole-24 Ore). Già di per sé
è un avvenimento che Cesare Cases si metta a scrivere sui romanzi
polizieschi. Cases dice che tutta la narrativa poliziesca mediterranea,
cioè spagnola, italiana, greca, francese è nei fatti una
letteratura tendenzialmente di sinistra.
MicroMega: Comunque direi contro il potere, contro il potere
costituito come tentazione di prepotenza. Se vogliamo fare un parallelo
con il lavoro che adesso lei fa, signora, come una letteratura dalla parte
dei diritti umani, dei diritti civili, ci ha mai pensato?
Del Ponte: No. Direi che ho troppo poco tempo.
Camilleri: Lei ha sì e no il tempo di pensare a cose
pratiche, concrete e più serie. Però le dico, per esempio,
sincerissimamente, che io ho avuto richieste di scrivere ancora di Montalbano
e ho risposto che posso scrivere dei racconti e sono stato sincero nel
dire questo. Posso scrivere dei racconti perché i racconti posso
collocarli nel tempo che credo. Mi spiego meglio: mentre i romanzi hanno
una loro cronologia e si sviluppano nel tempo, i racconti sono in realtà
aternporali. Possono essere accaduti in qualsiasi momento della vita di
Montalbano. Perché mi è nata questa difficoltà? La
difficoltà mi è nata dopo il G8, cioè a un personaggio
come il mio che è così dentro la realtà quotidiana,
i fatti del G8 non possono scorrergli sopra come acqua fresca. Quindi,
in qualche modo lui, Montalbano, deve fare una riflessione su questi fatti,
e perciò per la prima volta mi trovo con questo personaggio in una
situazione non dico di crisi, che è una parola grossa, ma a dover
riflettere molto su come si dovrà muovere in seguito.
Ho una casa in Toscana e alla fine dell'estate è arrivato il
nuovo maresciallo dei carabinieri di questo paese, qualcuno della mia famiglia
mi dice: ci sono due carabinieri che ti cercano. Ora, per quanto tu abbia
la coscienza pulita, per quanto non guidi la macchina e non hai neanche
problemi di questo tipo, il fatto che ci siano due carabinieri che ti cercano
suona sempre come un minimo di disagio: Oddio, che ho fatto? Invece, il
maresciallo dei carabinieri voleva semplicemente conoscermi. Poi capita
che ti dice, dato che io ho una casa assolutamente isolata, «qualsiasi
cosa di cui lei ha bisogno questo è il mio numero» e tu ti
senti protetto da possibile colpevole che ti eri creduto un istante prima.
Discorremmo e venne fuori che era estremamente critico nei riguardi del
comportamento dei suoi commilitoni durante il G8, estremamente critico.
Quindi, mi dissi, se è estremamente critico lui, figurati come può
esserlo il commissario Montalbano. Questo mi ha creato un problema vero
di scrittura e di evoluzione del personaggio.
E inoltre Montalbano comincia a non sentirsi più tanto a suo
agio nel mondo nel quale vive. Per esempio, lui che credeva di conoscere
i codici di comportamento del suo «territorio» ora sa che con
i nuovi mezzi di comunicazione il territorio tradizionalmente inteso non
esiste più. E per quanto riguarda il suo piccolo mondo, quello italiano
e siciliano di Vigàta, anche lì non ci si trova più
tanto bene per il prevalere di quella che io chiamo la «morale del
motorino». Cosa fa abitualmente nelle nostre strade un motorino?
Parcheggia sul marciapiede, cammina sul marciapiede, marcia controsenso,
passa con il rosso, fa lo slalom tra i passanti, fa lo slalom tra le macchine,
non rispetta nessuna delle regole. Questa è una morale che si comincia
a diffondere in Italia e francamente a Montalbano dà molto fastidio.
Investigare, immaginare forse...
Del Ponte: Devo dire che c'è una realtà che resta
ancora del tutto sconosciuta agli scrittori, la realtà di certe
inchieste, di certi risultati che magari non escono fuori neanche al processo,
perché il processo diventa solo il riassunto di tutta l'indagine.
Penso soprattutto alle inchieste che riguardano il riciclaggio di denaro,
perché a parte quegli stereotipi che troviamo in certi romanzi,
la realtà di quello che i riciclatori riescono a mettere in atto
è straordinaria. E supera davvero ogni fantasia. E ogni inchiesta
aggiunge un nuovo sviluppo. Io ho imparato talmente, sull'argomento, che
adesso sarei il miglior riciclatore del mondo se mi mettessi in proprio.
Perché sono incredibili le possibilità che ci sono, la fantasia
che i riciclatori mettono in atto, le conoscenze tecniche che sviluppano,
non parliamo poi nel settore che riguarda il riciclaggio di fondi che alimentano
il terrorismo, che io già allora chiamavo il «settore orientale».
Sette anni fa avevamo fatto un'inchiesta perché si diceva che c'era
un flusso di finanziamento del terrorismo in Egitto con una banca con sede
in Svizzera, e che però operava essenzialmente nei paesi orientali.
Io lì ho imparato cose che nemmeno avrei avuto la fantasia di pensare.
Ecco, questo è ancora un settore tutto da descrivere in qualche
romanzo.
Adesso lo si vede nelle inchieste che stanno conducendo dopo l'l1 settembre.
Si vede che è già una realtà. Cioè non è
perché siamo in Europa, negli Stati Uniti o in Afghanistan. Questa
globalizzazione c'è già stata a livello finanziario ed economico,
nelle operazioni di riciclaggio, ma in fondo non ce ne siamo mai veramente
occupati, anche perché ad un certo punto bisognava pure smettere
perché non si arrivava più a intravedere una fine, un risultato.
MicroMega: Ma non sarà anche perché l'unico modo
sarebbero misure davvero di trasparenza finanziaria, chiusura dei paradisi
off-shore, cose di questo genere? E che ci sono troppi interessi che non
vogliono neanche sentirne parlare?
Del Ponte: Sicuramente anche. E certe volte viene voglia anche
a me di scrivere, magari lo farò quando ne avrò il tempo,
perché sono cose davvero straordinarie
Abbiamo fatto una inchiesta finanziaria anche su Miloševic, però
in mezzo a infiniti problemi, perché intanto ci veniva contestato
che non era nostro diritto provare a bloccare conti bancari o comunque
finanziamento di cui Miloševic disponeva, che non rientrava nei nostri
compiti. Noi abbiamo capito che invece bisogna- va farlo, sono andata di
persona nei vari luoghi, ma anche per me è stato assai difficile
con le varie autorità locali. In Grecia, per esempio in Grecia la
situazione è ancora più complessa, e li seguire i flussi
non è facile, ma queste sono le inchieste più belle.
MicroMega: Con le nuove norme sul falso in bilancio vedrà
che anche l'Italia, potrà darle belle soddisfazioni.
Camilleri: I romanzi si dovrebbero scrivere dopo perché
intanto il problema del riciclaggio è serio e si deve tradurre in
provvedimenti concreti.
Del Ponte: Sono le più belle inchieste perché
sono inchieste che il magistrato fa veramente lui. Sviluppa veramente un'inchiesta
finanziaria. Voglio dire che non sono come le inchieste sui reati violenti,
che quello è compito della polizia. Invece un'inchiesta finanziaria...
Certo, anche li uno lavora con il team di esperti - poliziotti, finanzieri
eccetera - però, per tenere la barra sul reato, perché è
sempre facile uscire dal seminato, alla fin fine ci vuole sempre il magistrato,
ed è lì che ci sono le maggiori soddisfazioni, le migliori.
E poi si arriva a un risultato quando finalmente si blocca l'illecito,
dopo che lo si è rincorso in tutto il mondo, e così si scoprono
nuovi metodi.
Camilleri: So che alcuni magistrati italiani seguono dei corsi
sul riciclaggio del danaro per capirci qualcosa, se no un magistrato ignaro
finisce che non ci capisce più niente.
Montalbano, e l'amore?
Del Ponte: Comunque, per tornare a Montalbano, io come donna
non posso esimermi dalla questione sentimentale. Bisognerà risolverla
questa storia di Montalbano, perché lei l'ha portata avanti troppo
tempo tenendola in sospeso, adesso bisogna trovare una soluzione.
Camilleri: Lei cosa ne dice?
Del Ponte: Io direi be', dopo tutti questi romanzi siamo sempre
ancora lì.
Camilleri: Lei come la vorrebbe questa soluzione?
Del Ponte: Non lo so, però qualcosa dovrebbe succedere.
Camilleri: Ma ci sono tanti che la pensano in modo diverso.
Se dai una soluzione qualsiasi alla situazione sentimentale di Montalbano
molti lettori si risentirebbero. Per esempio, molte mie lettrici siciliane
mettono in discussione il fatto che Montalbano stia con una donna di Genova.
Già questo è messo in discussione.
Del Ponte: Ma io come donna vorrei sapere.
Camilleri: Signora, conceda al commissario un po' di paura.
Ha raggiunto i cinquant'anni e sposarsi a una c'erta età... E poi
tutti a chiederne come andrà a finire. Mah, io rispondo che la domanda
andrebbe formulata in altri termini: Volete chiedermi quando finirà
l'autore? Perché gli anni incalzano...
Magistrati e polizia
MicroMega: Sentendo il riferimento ai rapporti tra Maigret e
il giudice istnittore Comeliau, mi veniva in mente che un'altra delle riforme
che si vuole introdurre e della quale si parla poco, ma è quella
che giustamente i pubblici ministeri paventano di più, consiste
nell'abrogare il principio che in Italia funziona, non da sempre ma da
una quindicina di anni, e che è stato fondamentale per lo sviluppo
della giustizia in Italia, e cioè che nel corso delle indagini la
polizia dipenda dal magistrato. Tutte le funzioni di polizia giudiziaria
dipendono dal magistrato e ora si vuole introdurre una riforma per cui
la polizia invece viene sottratta ai magistrati, la polizia svolge l'indagine
per conto suo e dà al magistrato, al pm, il materiale solo quando
giudica di avere elementi tali da poter incriminare. In questo modo il
pm interverrebbe solo a cose fatte, senza nessun potere sulla polizia giudiziaria.
Questo secondo me è un tema cruciale.
Camilleri: Io posso rispondere per esperienza personale. In
Sicilia quando io ero giovane, se uno si doveva costituire o aveva problemi
con la giustizia andava dai carabinieri e non dalla polizia. La differenza
era data da questo fatto: si credeva che i carabinieri essendo dei militari
non ti facevano lo sgambetto che la polizia avrebbe potuto invece farti,
cioè a dire metterti in tasca una cosa, farti trovare con qualche
cosa che non ti apparteneva sostenendo che era tua... mentre i carabinieri
erano militari e non lo faceva- no per principio. E questa credenza è
durata a lungo. Si è persa nel momento nel quale c'è stato
un affiancamento o la presa in mano delle indagini da parte del magistrato.
Allora si è avuto più fiducia nel magistrato che praticamente
conduceva le indagini piuttosto che nel semplice poliziotto. Un ritorno
a quell'altro sistema sarebbe in realtà una perdita di fiducia nella
polizia.
Del Ponte: Uno degli elementi più importanti, secondo
la mia esperienza, è che il sistema di rendere il magistrato responsabile
della conduzione dell'inchiesta permette alla Corte di giudicare l'andamento
di tutto quello che è stato fatto, perché quando il pm va
in aula e ha la responsabilità dell'inchiesta, si sottopone lui
al giudizio della Corte su quello che è stato fatto. Quindi questo
è il famoso «fair trial», noi andiamo in aula e siamo
responsabili di quello che è stato fatto durante l'inchiesta. E
così la Corte potrà giudicare il nostro operato anche per
arrivare ad un giudizio pienamente consapevole. Invece, se la polizia fa
un'inchiesta in modo indipendente, non c'è nessuna responsabilità
giudiziale, c'è una responsabilità amministrativa, che è
cosa tutta diversa, perché l'amministrativo fa parte dell'apparato
statale. Tutto dipenderebbe dal ministero dell'Interno, cioè dal
governo. Cioè di quell'inchiesta a quel punto decide il governo
cosa fare e cosa no. Invece, quando è il magistrato a seguire e
dirigere l'inchiesta fin dall'inizio, è lui che può rispondere
di tutto quello che è stato fatto.
Camilleri: Io stesso ho sentito dei questori dire: Se non avevamo
questo peso del magistrato, a quest'ora quello io l'avrei fatto parlare
coi metodi miei. Quello che ho raccontato dei questori è assolutamente
autentico. Quello era tenuto dal fatto che su di lui c'era un magistrato
che ne sorvegliava il comportamento.
Del Ponte: Soprattutto nel nostro sistema dove l'inchiesta si
fa prima e poi si va in aula con il dossier.
MicroMega: Diciamo che è un elemento sia di garantismo
per l'imputato sia di garantismo per l'indipendenza del magistrato rispetto
agli altri poteri.
Del Ponte: E di efficienza anche, perché, torno a ripetere,
quel magistrato che va in aula, assume la responsabilità di quello
che è stato fatto. Per cui già dall'inizio dell'inchiesta
lui sente questa responsabilità, perché sa che sarà
lui a dover andare davanti ai giudici, e questo è importante anche
perché non ci siano sbavature o forzature.
'Teste parziali'
MicroMega: E invece, tornando alla storia della fantasia superata
dalla realtà, Camilleri non si sente frustrato con tutto quello
che succede in Italia?
Camilleri: Spesso. Ma non solo con quello che succede in Italia,
con quello che succede nel mondo. Mi pareva di essermi inventato
con La gíta a Tindari chissà che cosa, questa storia del
traffico di organi, e invece poi sui giornali ho letto addirittura che
c'era un prezzario stabilito. Non ci arrivi. Ma non ci arrivi non solo
nei gialli, non ci arrivi neppure nelle lettere che ho scritto per MícroMega,
quando ho creduto di fare dell'ironia e quindi scrivevo delle cose paradossali.
Invece è andata a finire che alcune delle leggi che mi ero inventato
sono state ventilate, non erano dei paradossi, sono diventati una realtà
e quindi anche come umorista sono un fallito da questo punto di vista.
Semmai, sono un cattivo redattore di cronaca, ma questo mi capita quotidianamente.
Vedi, per quanta fantasia si possa avere, uno lavora sempre su cose che
sono a misura della sua fantasia. Nel campo del male, poi, male con la
emme minuscola, nel campo dell'evasione della legge se si sapessero applicare
bene le scoperte scientifiche, i nuovi mezzi di comunicazione eccetera,
lì si potrebbe raggiungere il massimo. Una volta ho letto una biografia
di Luciano Liggio nella quale il biografo che aveva a lungo conversato
con lui diceva che si trattava di un uomo che aveva tanta intelligenza
che, se si fosse messo a fare, che so, il banchiere, avrebbe avuto una
statura mondiale. Purtroppo, invece, la sua intelligenza è stata
indirizzata ad altre cose.
MicroMega: Oppure faceva il banchiere come Sindona.
Camilleri: Questa storia di Sindona, scusatemi, ma mi ha sempre
fatto ridere. Perché io sono sempre dell'opinione che le persone
si giudicano negli ultimi giorni della loro vita. Perdonatemi, anche questo
può essere giudicato estremistico. Ma, quando tu hai tirato i remi
in barca e sai di non avere altre vie di uscita, è allora che ti
comporti come sei realmente. Sindona va a finire nel ridicolo che si fa
sparare a una gamba, si nasconde, e tutto questo riduce il personaggio
da una dimensione drammatica a una dimensione farsesca, proprio farsa tragica
se volete, ma farsa. Sindona era uno che lavorava con le protezioni politiche
e anche della mafia, e torniamo al discorso di prima, quello delle connessioni.
Si tratta di «teste parziali», come ho scritto in un romanzo.
Ho trovato dei perfetti imbecilli, bravissimi a giocare in Borsa, a fare
speculazioni, a fare soldi, ma erano perfetti imbecilli, sono teste parziali.
Cioè il cervello gli lavora bene solo se si apre lo sportellino
che riguarda il gioco in Borsa, lo sfruttamento della lira in non so che
cosa, e guadagnano miliardi. Se si chiude lo sportellino sono dei puri
ebeti. Ecco, Sindona apparteneva a questa categoria. Calvi no, Calvi è
un altro discorso. Sono degli esseri che non sai come definire. Guarda
Cuccia, con il suo passetto. Che andava a comprare il giornale, sempre
alla stessa ora, che quel giornale se lo metteva sempre allo stesso modo
tra le mani, la sua solitudine, il suo non rivolgere la parola a nessuno.
Ma, ha mai avuto uno sprazzo di fantasia nella sua vita al di fuori di
quello di far soldi?
Andrea Camilleri MicroMega n.1/2002
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