Il
volume raccoglie i sei romanzi di Andrea Camilleri incentrati sulle indagini del
Commissario Montalbano editi al momento della sua pubblicazione: La forma
dell’acqua, Il cane di terracotta, Il ladro di merendine, La
voce del violino, La gita a Tindari e L’odore della notte. A
questi si aggiunge un’ampia antologia d'autore di racconti scelti da Un
mese con Montalbano, Gli arancini di Montalbano e La paura di
Montalbano.
L’introduzione è di Nino Borsellino; avvincentissima e ricchissima di
dettagli è la cronologia – firmata dallo scrittore Antonio Franchini – che
permetterà ai lettori vecchi e nuovi di Camilleri di scoprire che la sua vita
costituisce in realtà il primo dei suoi romanzi: gustosissimi ricordi di
scuola, ritratti di personaggi di Sicilia, rapporti e intrighi famigliari, la
scoperta del milieu culturale romano, la televisione, il teatro.
La curatela di Mauro Novelli indaga in particolar modo le caratteristiche della
lingua di Camilleri, raffinato impasto di italiano regionale siciliano e di
italiano nazionale che costituisce uno degli elementi di forte richiamo e delle
cause dell’affetto e della fedeltà dei moltissimi lettori.
Contenuti:
Camilleri gran tragediatore, introduzione di Nino Borsellino
L'isola delle voci, saggio di Mauro Novelli
Cronologia. Uno scrittore italiano nato in Sicilia, di Antonio Franchini
Nota all'edizione, di Mauro Novelli
Notizie sui testi, a cura di Mauro Novelli
Bibliografia, a cura di Mauro Novelli Camilleri
gran tragediatore
di Nino Borsellino
Nella primavera del '95 - ma non saprei dire esattamente in che mese e in che giorno, mentre ricordo che era di buon mattino -, un amico, col quale continuo a scambiare il piacere delle buone letture, mi telefonò con timbro euforico per comunicarmi che aveva tra le mani un romanzo meravigliosamente divertente e di sorprendente tessitura linguistica. Non esagero, disse proprio cosi, e a conferma me ne recitò con giusta cadenza teatrale alcune pagine. Erano tolte dal capitolo del Birraio di Preston che inscena un furioso dibattito sull'opera lirica tra i soci del circolo cittadino di Vigàta "Famiglia e progresso". Il nome dell'autore me lo feci ripetere più volte. Mi sentivo mortificato. Eravamo stati, Andrea Camilleri e io, colleghi di redazione dell'Enciclopedia dello spettacolo, avevo assistito a sue regie di teatro e insieme avevamo partecipato a convegni pirandelliani ad Agrigento, dove, in uno di quegli incontri, avevo avuto in dono da lui il suo primo romanzo, del 1978, Il corso delle cose, con dedica affettuosa. Come mai non avevo subito dato a quell'esordio l'importanza che pure meritava? Gli avevo, credo, attribuito un valore narrativo transitorio, quasi si trattasse di una messa informa romanzesca di una sua sceneggiatura televisiva, il genere che allora professionalmente più lo impegnava, mettendo a frutto la qualità fabulatoria che gli conoscevo in lingua mista, italiana e dialettale. Eppure con regolare cadenza erano apparsi dopo il '78 altri romanzi e libri di memoria storica che sarebbe stato un dovere mettere sul conto di un'intelligenza creativa e critica eccezionale: nel 1980 Un filo di fumo, che mi sembrò poi un capolavoro, nel 1984 La strage dimenticata, nel 1992 La stagione della caccia, nel 1993 La bolla di componenda, nel 1994 La forma dell'acqua, che apre il ciclo del commissario Montalbano.
Non cerco ora di giustificarmi della disattenzione e neppure di ostentare un mea culpa. Il lettore di professione, insomma il critico, finisce per essere più distratto del lettore comune. È più chiuso nei suoi settori di competenza oppure è condizionato da ragioni di poetica personale, se non di militanza ideologica più che culturale. Teoricamente dovrebbe rispondere a tutte le offerte letterarie che invece seleziona prima di riceverle, mentre lo scrittore adempie sempre al suo compito nel momento in cui consegna al pubblico la sua opera, e il pubblico diventa il suo primo adempiente interlocutore poiché asseconda il principio del piacere ovvero il suo istinto, dal quale la critica tende a difendersi. Il pubblico è insomma la società edonistica, prima che estetica, e del consumo; i critici, senza essere una comunità solidale, sono i depositari del valore, che però spesso essi devono modificare per pressione esterna, modificando i parametri del giudizio. E c'è anche un altro fattore: la diffidenza nei confronti del comico, che Vitaliano Brancati interpretava come paura della libertà, del suo esercizio civile, la paura tipica delle società repressive. Camilleri non ha remore come scrittore comico. Rischia perfino di provocare quei sentimenti di pudore che il riso, come il pianto, genera quando non gli diamo sfogo in segreto, tra le pareti di casa.
(estratto dall'Introduzione)
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Storie di Montalbano. 1994-2019