Catalogo della mostra tenutasi a Roma
Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro, dal novembre 2000 al 3 febbraio 2001
Con il testo di Andrea Camilleri dal titolo La poesia del bronzo
La statua di Santa Caterina da Siena nei pressi di Castel Sant’Angelo, quella di Pio XII in Vaticano, o quella del Cavallo all’entrata della Rai, e poi i busti di Quasimodo, Montanelli, Respighi: Francesco Messina, siciliano di nascita, francese per formazione, romano di adozione
ha "usurato le sue mani" (la definizione è stata evocata dal suo conterraneo siculo Andrea Camilleri) lavorando marmo e bronzo. Il prodotto del suo ‘travaglio’ popola il chiostro e le sale della Chiesa romana di San Salvatore in Lauro, dove il 29 novembre 2000 il Presidente della Camera dei Deputati, Luciano Violante, ha presentato un mostra delle opere dello scultore. Oltre ai volti noti suesposti, Messina ha "rubato alla Natura" sagome di cavalli in torsione, di fanciulli, di pugili atterrati e, consono alla priorità preliminare di uno scultore figurativo, ha plasmato la Donna (Beatrice, Paola Corregiari, Carla Fracci, Giuditta), priva tuttavia della certezza di essere ritratta. E' piuttosto la postura del corpo, l’assenza di sguardo (elemento assente in una scultura dove gli occhi sono scolpiti con le sole orbite) che risulta una caratteristica materiale, che in Messina sconfina in una categoria esistenziale. I suoi personaggi – donne, bimbi, uomini, nudi e vestiti, cavalli – mantengono caparbiamente un atteggiamento disincantato, in cui gli sguardi assenti proiettano all’interno delle loro anime lo spaesamento, il mistero laico della disperata consapevole Bellezza. Ecco perché le creazioni di Francesco Messina catturano il Dolore di vivere per poi esprimerlo con un’implosione in cui la figura appare assisa in una stordita contemplazione statica, quasi che il peso dell’universo intero scolpisse quelle forme, le quali sembrano avvertire il fardello dell’esperienza affastellato dietro i loro occhi. Come il "Marte" malinconicamente stanco dipinto da Diego Velazquez, più che l’intera statuaria di Auguste Rodin.
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