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La primavera dei movimenti



Se l'analisi demoscopica dei movimenti ci consegna lo stupefacente risultato che su 100 elettori del centro-destra ben il 24 per cento è favorevole ai movimenti spontanei nati dall'elettorato del centro-sinistra questo, a mio parere, è da accreditarsi alla natura stessa dei movimenti. Essi si presentano ai cittadini come uno spazio aperto che può essere praticato da tutti, quando e come lo si vuole, e quindi anche da elettori del centro-destra scontenti o disillusi da alcuni provvedimenti del governo Berlusconi, senza che per questo essi debbano necessariamente impegnarsi con un partito d'opposizione. Con e attraverso i movimenti è possibile a tutti fare un'opposizione tematica, mirata, non generica e allo stesso tempo fluida. Sono movimenti che, pur essendo in servizio permanente effettivo, si mobilitano e si manifestano quando necessita un'opposizione, come dire, di pronto intervento.

In un'intervista rilasciata nel 1975, Leonardo Sciascia a Enzo Biagi che gli chiede cosa sia il nuovo fascismo risponde: Qualche cosa che comincia, che si manifesta, con la fine della giustizia. Attualmente, da noi mi pare che che non ci sia. Come è noto Sciascia è fortemente critico nei riguardi della giustizia, eppure nitidamente avverte come il fascismo sia possibile solo attaccando e spazzando via, cioè corrompendo, adattando, snaturando l'idea di giustizia. Da quell'intervista sono passati ventisette anni. Possiamo ancora serenamente rispondere: “Attualmente, da noi mi pare che non ci sia?” Personalmente, avrei qualche difficoltà. Non vedo all'orizzonte il pericolo di un “nuovo fascismo”, ma di un regime difficile da essere definito se si fa ricorso a termini consueti e abusati, ma che certamente vuole appropriarsi, come fece quello fascista, della giustizia e dell'informazione. E lo fa giocando soprattutto sull'arretratezza culturale degli italiani: oggi Berlusconi raccoglie i frutti di vent'anni di semina attraverso le sue televisioni alla quali si è ben presto accodata la Rai. Parlo delle televisioni perché gli italiani non leggono nemmeno i giornali o, se li leggono, si fermano solo ai titoli che spesso dicono tutt'altra cosa di quanto l'articolo in realtà dica. Quindi a reagire a questo stato di cose sono i moderati che una volta erano moderati in quanto acculturati e che oggi, proprio perché continuano ad essere acculturati, restano pur sempre dei moderati, ma dei moderati indignati. Moralmente indignati. Radicalmente indignati.

Se noi ci troviamo al punto nel quale ci troviamo, ciò è dovuto a due fattori: la capacità illusionistica di Berlusconi e soci e la somma degli errori da noi (o che ci hanno fatto fare). Ora, dato che la politica non è psicoanalisi, la rimozione dell'errore in politica significa la possibilità di rifarlo tale e quale. L'errore non va rimosso, ma deve essere analizzato, discusso, approfondito spietatamente per capirne le cause e per fare in modo che quelle cause non tornino a crearsi. Dovremmo essere come quegli animali che non inciampano mai due volte nello stesso posto perché hanno immediatamente memorizzato la causa del primo e unico inciampo.

Non c'è dubbio alcuno che tra gli errori del recente passato svetta su tutti la Bicamerale che, pur nella sua breve vita, è riuscita a provocare dei danni soprattutto nel campo della giustizia grazie alle alzate d'ingegno di Marco Boato. Vorrei però aprire una parentesi in proposito, consistente in due domande: D'Alema, che della Bicamerale fu il promotore, è il solo responsabile? Dove stavano gli altri eminenti della sinistra? Chiusa la parentesi. Come possono i movimenti riparare in qualche modo ai danni? I movimenti non hanno altra arma in mano che quella del ricorso al referendum che è il sistema più a loro congeniale. Ma attenzione: dei referendum abrogativi in Italia si è talmente abusato fino al punto di far perdere loro ogni valore. Il rischio quindi è che non si raggiunga il quorum necessario. I movimenti dovrebbero prima di tutto rinverdire l'istituto del referendum, convincere della sua necessità e garantirne l'applicazione in caso di successo perché ormai in Italia i risultati dei referendum vengono puntualmente disattesi.

A violare le legge del 1957, che dichiarava ineleggibile chiunque avesse una rilevante concessione governativa, sono state quelle formazioni politiche (sinistra in testa) che hanno permesso a Berlusconi di candidarsi senza obbligarlo prima delle elezioni a risolvere il pesante conflitto d'interessi. Farlo dopo che era stato eletto diventava puntualmente si è verificato. Credo che al momento attuale l'unica strada percorribile dai movimenti (ma non so quanto dai partiti) sia, a parte il rifiuto totale della legge-beffa Frattini, quella di orientare l'opinione pubblica verso la soluzione più semplice e radicale e anche liberale (vedi Sartori): o si vende o non si fa politica. Non sono possibili compromessi, in questo campo ogni compromesso genera mostri. Berlusconi ha sempre usato la politica, prima quella craxiana poi quella sua stessa, per la difesa dei suoi interessi personali. Ha fondato un partito-azienda che ha fatto eleggere i suoi deputati, ha mandato i suoi avvocati, i suoi rappresentanti legali alla Camera e al Senato, ha stretto solide alleanze basate su tutto meno che su un qualsiasi ideale anche di seconda mano e ha ottenuto una stragrande maggioranza. Ora, a difendere i personali interessi, non è solo lui, ma la maggioranza del Parlamento e al Senato. E, questo sarebbe un paese normale, democratico?

E' inutile, è pura perdita di tempo che noi si stia a discutere del principio d'imparzialità p sulla differenza tra imparzialità ed equidistanza quando Berlusconi pubblicamente dichiara che due delle tre reti Mediaset da lui possedute non gli sono favorevoli. E' una tale assurdità che taglia via ogni possibilità di ragionamento. Nello stesso tempo, questa delirante affermazione mette in luce l'idea che egli ha dell'informazione. E' un'idea staraciana, l'ideale berlusconiano è l'amplificazione a livello nazionale di quel ridicolo minculpop casalingo rappresentato da Fede e dalla sua rete televisiva. E questo ideale ha buone possibilità di essere realizzato nell'immediato futuro con il nuovo assetto dato dalla maggioranza alla Rai. Le domande che allora io mi faccio sono: perché il centro-sinistra si è precipitato da Casini a proporre i nomi dei consiglieri di minoranza? Perché tanta fretta? Non sapevano Fassino e Rutelli che i due consiglieri da loro proposti erano destinati in realtà a fare da alibi alla maggioranza un aspetto di democrazia? Tanto valeva, a mio parere, non collaborare. In certi casi il collaborare può degenerare anche in oggettiva complicità. I movimenti dovrebbero far sì che i consiglieri di minoranza del consiglio di amministrazione della Rai si dimettano. Non offriamo stampelle. Che il disegno berlusconiano si mostri in tutta la sua interezza e che nella sua interezza venga combattuto senza zone d'ombra, senza che ci siano stati sia pur momentanei accomodamenti.

Ho già detto, e lo ripeto, che il referendum mi sembra essere l'istituto più proprio ai movimenti. Ho già detto, e lo ripeto, che il rischio del referendum è rappresentato dalla sua usura. Non si può pretendere che un cittadino, come hanno fatto i radicali, si rechi alle urne a votare una quantità ridicola di referendum oltretutto scritti in maniera poco comprensibile. Ad ogni modo, è chiaro che non debbono essere i partiti a promuovere i referendum, bensì i cittadini, cioè i movimenti. L'apporto dei partiti sarà bene accetto, ma viene dopo. Il punto di partenza per il referendum deve essere e deve restare trasversale. Il problema, a mio avviso, è quello di promuovere pochissimi, ma buonissimi referendum, una volta individuate le priorità e ottenuta su di esse una larghissima convergenza. Poi c'è anche la suddivisione dei compiti che si può ottenere con un serio scambio d'informazione: ad esempio, se sull'art.18 il referendum viene promosso dalle confederazioni sindacali è inutile che sia proposto dai movimenti. Mentre i referendum su giustizia e informazione appartengono alla sfera degli interessi dei movimenti ed è giusto che siano essi a proporli.

Queste riflessioni sui movimenti sono state sollecitate prima di due avvenimenti, l'omicidio Biagi da parte dei terroristi delle Brigate rosse e la grande manifestazione romana del 23 marzo indetto dalla Cgil, e questo spiega la loro formulazione. Alla manifestazione della Cgil hanno partecipato, tra gli altri, anche i no global che nelle ragioni di quella manifestazione riconoscevano alcune delle loro ragioni (contro il terrorismo, a favore della difesa dei diritti) con buona pace di quanti da Genova i poi, hanno tentato di demonizzarli. No global costituiscono un movimento che a pieno titolo è fratello maggiore dei nostri movimenti (maggiore per anzianità, estensione, interessi). E allora?

Non credo che i movimenti siano sorti in tutta Italia solamente per incalzare dirigenti di partito distratti, appannati o fuori fuoco. Anche perché moltissimi partecipanti dei movimenti non hanno un partito di riferimento e non tutti la pensano politicamente allo stesso modo. Credo che la loro aspirazione sia quella di “contare”, far sentire la propria voce, esserci, proprio perché la passerella-partito che serviva a molti cittadini per accedere alla politica è stata tirata su o si è troppo logorata o ha finito per portare in tutt'altra direzione. Io credo che non sia questo il momento più adatto per discutere del rapporto movimenti-partiti. Ne discuteremmo usando termini che hanno finito di logorarsi proprio il 23 marzo. Intanto c'è da neutralizzare la minaccia che questo governo rappresenta per le istituzioni e per i cittadini.

E' chiaro che i movimenti non possono e non devono avere leader, ma “operatori”, “organizzatori”, e adopero questi due termini nel senso di operatori culturali, organizzatori politici. Nessuno è autorizzato a riassumere in sé le aspirazioni o i desideri di tutti perché questo non è possibile data la variegata composizione di ogni movimento. Al massimo può essere, in certe particolari situazioni, primus inter pares” (ma se è proprio indispensabile).

C'è da fare un'aggiunta. I movimenti sono stati accusati di avere alzato troppo i toni dello scontro politico e si sono perciò resi, secondo alcuni rappresentanti politici di questo governo seguiti a ruota dal coro dei soliti giornalisti, colpevoli di avere soffiato sul fuoco di quell'estremismo che porta dritto dritto alle Brigate rosse. Alcuni intellettuali, alcuni scrittori (me compreso) sono stati accusati di essere seminatori di odio solo perché appassionatamente discutono dello stato presente del nostro paese. Ma a generare mostri come il terrorismo è il sonno della ragione, quello che fa straparlare. Come appunto straparlano alcuni ministri di questo governo secondo la spiegazione giustificativa fornita da loro presidente del Consiglio.

Andrea Camilleri - MicroMega n.2/2002 aprile-maggio





Last modified Wednesday, July, 13, 2011