Questa è una storia vera. Quella del giovanissimo Andrea Camilleri, per tutti Nené.
E si svolge in un luogo magico, la casina di campagna di nonna Elvira, che profuma di zagara, di olio e di vino, di sarde salate e pane appena sfornato. È un mondo a parte, dove Nené si dimentica di essere il ragazzino gracile e solitario di città e dove tutto è possibile. Laggiù la voce di nonna Elvira colora e dà forma alle prime letture; i pomeriggi insieme a Rosalia - per Nené molto più della figlia di un mezzadro - hanno il sapore delle avventure inesauribili; le storie degli amici veri - Minico, lo zio magico, Pippo - sembrano rivelare il senso profondo della vita. Laggiù, custodite in un'agendina azzurra, prendono forma le storie che Nené non ha ancora condiviso con il mondo. Ma se laggiù la magarìa sembra confondere il confine tra sogno e realtà, ci pensa la Storia, con l'insensatezza del fascismo e delle sue leggi, a rompere l'incantesimo. Eppure una strada di salvezza esiste. E a Nené la sussurra il mare.
Per i cento anni dalla sua nascita, una storia che attraversa i romanzi e i ricordi di Camilleri, e che mescolandone luoghi e personaggi crea un ritratto indimenticabile per tutte le età, impreziosito dalle illustrazioni senza tempo di Alessandro Sanna.
Il giovanissimo Camilleri
Ho appuntamento con Nené nel pomeriggio, a Roma. L’indirizzo lo so, e anche l’orario: alle 15.30. Eppure alle 11 di mattina sono già lì.
Non giriamoci intorno: Nené è un bambino. Parlare con i bambini, ascoltare le loro storie, è la mia vita. E allora perché questa apprensione?
Perché quel bambino è Andrea Camilleri. Perché quel bambino quest’anno compie un secolo. E sì, io è lui che devo incontrare. Nell’anno in cui uno dei più grandi scrittori italiani degli ultimi cent’anni compie cent’anni, io devo scoprirlo bambino.
Mi piace indagare le infanzie “dei grandi”. Illudermi di trovare in quel luogo lontanissimo che non esiste più – la loro infanzia – gli indizi (le spiegazioni?) delle loro vite adulte, le radici profonde e misteriose di quelli che decenni dopo saranno i frutti più lucenti di un’esistenza.
Voglio provare a capire come ha imparato a scrivere – lui che avrebbe meritato il Nobel per la Letteratura – voglio tentare di scoprire come ha iniziato a leggere (lui che ha letto sempre, e tantissimo). Voglio provare a scoprire chi lo ha aperto alla fantasia (e qui sto già barando, l’espressione non è né mia né di Nené, è del Camilleri adulto che ricorda sé bambino).
Sarà un incontro “sulla carta”, è ovvio, perché dovrò invocarlo leggendole agende che scriveva da piccolo, i suoi temi, le sue prime poesie; proverò ad ascoltare quello che hanno da dirmi le sue foto di famiglia, quelle scattate a Porto Empedocle, nella casina di campagna a fine anni ’20 (del ’900).
A rendere tutto più paradossale un dettaglio: l’incontro tra me e il Nené bambino è stato organizzato dalle sue figlie. Figlie che non aveva quando era il Nené che interessa a me, figlie che ora mi svelano il mistero dell’infanzia di loro papà: Andrea Camilleri. È con Andreina, Elisabetta e Mariolina che ho appuntamento al Fondo Andrea Camilleri (a Roma, in via Corridoni) in quello che è un archivio minuzioso – vastissimo – di tutto quanto ha scritto. Nell’arco di una vita. Da quando ha iniziato a scrivere, piccolissimo, a quando per farlo doveva dettare, più che novantenne. Lettere – una valanga – poesie d’infanzia, temi, appunti, elenchi di libri letti (da bambino: uno al giorno! Da ragazzo: anche due!), appunti sul calendario («oggi si va a ballare»), dettagli di gioventù di un tempo che profumano di adolescenza di tutti i tempi («oggi, niente da segnalare»).
Leggo quanto posso, sono quasi tutti documenti inediti. Camilleri ha pubblicato oltre cento libri, la produzione di Nené è tutta inedita, che privilegio!
Una foto mi incanta. Nené – quanti anni avrà? Undici? – vestito da Pierrot. Per carnevale. Ha un’espressione tragicomica, da teatro. È questa foto che spiega tutto, che svela un destino? Non credo. Vado più indietro. Eccone un’altra: Nené nella casina di campagna di nonna Elvira, nella campagna di Porto Empedocle, gioca. Seduto su una macchinina di legno. La faccia di chi fa una cosa serissima. I capelli a scodella, le orecchie un poco a sventola. Mi pare non basti.
Si può andare ancora più indietro? Sì, si può. Nené con i compagni di classe. Nené è timido, spesso malaticcio, amante, però, dei giochi scalmanati. Adora i suoi compagni di classe, figli di contadini, carrettieri, muratori, pescatori. È da loro che impara la vita.
Lascio le foto, leggo le poesie. Scritte intorno ai dodici anni. A mano e quindi a macchina. Ed è proprio qui che accade, tra queste rime (alcune splendide) spunta un cartoncino azzurro. E senza dubbio è – chissà che ne direbbe Montalbano? – l’indizio che sigilla le due vite, quella del bimbo e quella dell’adulto, e che rende evidente a me il senso che ha, oggi, incontrare Nené.
Su quel cartoncino due parole scritte a matita. In corsivo. Una grafia prescolare, spontanea, urgente. Una linea unica di matita che non si solleva mai dal foglio, non ancora netta, anzi, incerta. La mano non sa bene quello che fa, si capisce, sta imparando a farlo, per bisogno, per gioco. Su quel cartoncino Nené ha scritto un nome, il suo: Andrea Camilleri. Per esteso. Con quella scrittura fragile di un bambino che su carta, per il tramite del nome, scopre la propria voce.
Mi pare che il senso dell’incontro sia tutto qui: incontrare un grande scrittore nell’istante in cui da piccolo, con una grafia tremula si accorge di esistere e chiede ascolto. E quando un bambino prende parola per dire che c’è, esiste, ha qualcosa da dire, ha un’identità, è un delitto far finta di niente. Soverchiarlo di questioni adulte. In quella voce c’è la radice di un’esistenza, un atto di riconoscimento. Un piccolo fiore di verità.
Incontrare Nené oggi è dire a una bambina o un bambino di qualsiasi parte del mondo: «Ciao, ora dimmi di te». Un atto umano di accoglienza, uno di quelli di cui è intessuta la vita intera di Andrea Camilleri.
Alessandro Barbaglia
L'articolo dell'Autore e le immagini riportate di seguito sono stati pubblicati su La Repubblica – Robinson del 8 giugno 2025
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