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Non sono i libri il problema della Sicilia

Il professore Mario Centorrino, economista e assessore regionale in Sicilia alla Formazione, ha dichiarato: «Non leggiamo più per un po’ Camilleri, Tomasi di Lampedusa o Sciascia perché sono una sorta di “sfiga” nei confronti della Sicilia. Ci vuole ottimismo». Mi permetto di intervenire essendo l’ultimo (in ogni senso) superstite dei tre chiamati in causa.
Per prima cosa, ringrazio il professore, anche da parte di Sciascia, so di poterlo fare, per non avere incluso nell'elenco degli ostraciz­zati il nome di Pirandello. Che evidentemente, ai suoi occhi, brilla di ottimi­smo. Ciò premesso, mi spiega Centorrino perché secondo lui saremmo una «sfiga» (ahi, professore, che parola poco accademi­ca!) per la Sicilia? Dal punto di vista econo­mico, che dovrebbe essere il suo, sa quale incremento al turismo hanno dato i libri di questi autori? Il professore non si riferisce a questo? No?
Forse allora allude al fatto che i tre auto­ri danno della Sicilia una visione che non può propriamente definirsi ottimistica? A me pare che l'ideologia, da Centorrino tirata in ballo, qua non c'entri proprio niente. C'en­trano le idee, le opinioni, i convincimenti che ogni autore ha liberamente maturato attra­verso il confronto con la realtà. E questa re­altà ha fatto quasi sempre pendere l'ago del­la bilancia non certamente verso un facile ottimismo. Non sono gli scrittori a portare «sfiga» alla Sicilia, professore. Ma tutti colo­ro che da sempre dicono di voler cambiare le cose perché le cose non cambino. Perso­nalmente, devo dichiarare di non credere al­lo sciocco ottimismo a tutti i costi. E di cre­dere invece nell'onestà dei propositi e nella silenziosa determinazione a realizzarli. E, per ultimo, vorrei suggerire al professore d'essere più cauto perché si comincia col chiedere di non leggere per un po' certi libri e poi si finisce col mandarli al rogo.

Andrea Camilleri

(Pubblicato su La Stampa, 14 febbraio 2010)


 
Last modified Wednesday, July, 13, 2011