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Di questa terra facciamone un giardino

Tributo a Pino Veneziano



Autore a cura di Rocco Pollina e Umberto Leone
Prezzo E 15,00
Pagine p. 73 (con CD)
Data di pubblicazione 2009
Editore Coppola
Collana  


Con testi di Vincenzo Consolo, Gaetano Savatteri, Ascanio Celestini, Rocco Pollina, Gaspare Giglio, Enrico Stassi, Umberto Leone, Piero Nissim, Ignazio Buttitta, Pino Veneziano.

Le canzoni di Pino Veneziano sono interpretate da:
Peppe Barra, Roy Paci, Umberto Leone, Etta Scollo, Sud Sound System, Pippo Pollina, Enrico Stassi, Officina Zoè, Mondorchestra, Moni Ovadia, Gabriele Pampino, Clara Salvo e Matilde Politi, Michela Musolino.


Nel suo LP Lu patruni è suvecchiu, Pino Veneziano cantava:

Chistu vulemu.
Vulemu tuttu chiddu chifacemu!
Vulemu tuttu chiddu ch'è nostru!
Lu vostru?
Vi lu lassamu!
Tantu è nenti!


La canzone da cui sono tratti questi versi è "Soccu vonnu".
La traduzione italiana suona così:

Questo vogliamo.
Vogliamo tutto quello che facciamo!
Vogliamo tutto quello che è nostro!
Ciò che è vostro?
Ve lo lasciamo!
Tanto è niente!


Ci sentiamo di condividere queste parole insie­me a queste altre tratte dallo stesso LP e conte­nute nella canzone "Lu sicilianu":

Chista è 'na terra ca nni duna aranci
chista è 'na terra ca rmi duna vinu,
si nni po 'fari un beddu jardinu,
ma cca cu havi li guai si li chianci.


Anche di questi versi ve ne forniamo la traduzione italiana:

Questa è una terra che ci dà arance,
questa è una terra che ci dà vino,
se ne può fare un bel giardino,
ma qui chi ha i suoi guai se li piange.


Selinunte, offesa dal tentativo di cementificazione incombente, reclama il diritto a essere quel che è: un'oasi di pace e di cultura. Ma so­prattutto reclama di potere mantenere ciò che ha: il suo mare e la sua costa dove vengono a riprodursi le tartarughe marine, la pesca tradizionale delle sardine, la sua vegetazione, i suoi templi e le sue tradizioni agricole e marinare. Tutto il resto ve lo lasciamo, come diceva Pino, tanto è niente.
Crediamo che la voce di Selinunte potrebbe diventare coro se si unisse alle altre voci della Sicilia che ne difendono il territorio violato dalle mafie e dai palazzinari.
Per questo vi invitiamo a cantare con noi e con Pino Veneziano le sue canzoni, che vanno all'essenza delle cose.

Andrea Camilleri (e molti altri)


Mentre Buttitta e la stessa Balistreri cantavano una Sicilia e un'Italia del secondo dopoguerra, delle lotte contadine e dei sindacalisti uccisi dalla mafia, della seconda grande emigrazione nel centro Europa di masse di braccianti, Pino Veneziano can­tava l'atroce Italia dei roventi anni Settanta, del regime demo­cristiano, della corruzione e delle stragi perpetrate dai fascisti.
Vincenzo Consolo

La voce di Pino Veneziano fa affiorare l'incanto delle notti stel­late, la risacca del mare, le poche case affacciate sulla spiaggia, la forza selvaggia di una natura che prendeva il sopravvento per­fino sulle rovine antiche. Un mondo che non c'è più. Un mondo scomparso. La voce di Pino ci parla di quel mondo, di quel tempo. Ma non è una voce spenta. Non è una voce sopraffatta. Ci parla ancora. Ci canta ancora. Ci cunta ancora canzoni.
Gaetano Savatteri

La cosa che mi colpisce di Pino Veneziano è che è uno di quei cantanti-artisti della cultura orale che in altre nazioni, per esempio gli Stati Uniti d'America, sarebbero diventati oggetto di culto, un po' come Woody Guthrie o i padri del blues. Purtroppo in Italia si è perso questo legame con i nostri padri musicali della cultura orale.
Ascanio Celestini

Un cantastorie che fa politica, e la sublima con la poesia. Il suo discorso è semplice, popolare, ma convincente. E riesce a farsi capire dai braccianti, in maggioranza analfabeti e semianalfa­beti. Gli argomenti sono la verità cantata da popolano a popo­lano, senza inganni.
Ignazio Buttitta (dalla nota di copertina al disco di Pino Veneziano Lu patruni è suvecchiu)



Last modified Wednesday, July, 13, 2011