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Racconti di Montalbano

scelti da Andrea Camilleri



Autore Andrea Camilleri
Prezzo € 13,00
Pagine 504
Data di pubblicazione 29 luglio 2008
Editore Mondadori
Collana Oscar Grandi Best Sellers
e-book € 6,99


Da "La prima indagine di Montalbano", dove Salvo Montalbano è un semplice vicecommissario che sogna di essere trasferito in un paese di mare, fino a "La finestra sul cortile", ultimo in ordine di tempo e sinora inedito in volume, un vero regalo di Camilleri ai suoi lettori: lungo diciannove racconti, scelti e ordinati personalmente dall'autore per questa antologia, si dipana la carriera di uno fra i più amati commissari d'Italia e la straordinaria amicizia fra lo scrittore e il suo personaggio.


Prefazione
di Andrea Camilleri

Ho scoperto che dover scegliere alcuni miei racconti con i quali formare una specie di antologia personale è impresa quasi disperante. M'era già capitato di curare un volume di scritti scelti di un grandissimo autore, ma lavorare sulla pelle degli altri è sempre più facile.
Il problema immediato che mi si è presentato è consistito nel fatto che il primo libro di racconti, Un mese con Montalbano, venne stampato da Mondadori nel mese di maggio del 1998, quando già erano apparsi ben quattro romanzi con Montalbano protagonista e il personaggio aveva perciò avuto tempo e modo di raggiungere una certa sua compiutezza.
In altre parole: in questi racconti, Montalbano compare come un personaggio già adulto, ben definito, e non mi viene quindi offerta la possibilità di scartare dei racconti dal disegno ancora debole e incerto. Sono tutti, da questo punto di vista, a parità di condizione.
C'è ancora da aggiungere che 27 dei 30 racconti che compongono quel primo volume erano stati scritti tutti per quell'occasione e che c'era un preciso ma sottinteso intento che li guidava.
L'intento era quello di comporre una serie di "ritratti" di personaggi siciliani e quindi non necessariamente i racconti dovevano incentrarsi su fatti di sangue, ma potevano riguardare anche indagini sulla memoria, su pseudo furti, su infedeltà coniugali, su piccole vendette, ecc. L'etichetta poliziesca mi serviva, insomma, da pretesto.
Seguii lo stesso criterio con i 20 racconti di Gli arancini di Montalbano, pubblicato nel settembre 1999: anche qui si trattava di occasioni, più o meno poliziesche, per narrare un personaggio, un ambiente, una situazione.
Le cose cambiarono in parte sostanzialmente, e direi anche visibilmente, col terzo volume, La paura di Montalbano, del maggio 2002, dove, mentre i tre racconti brevi continuavano a seguire la linea delle raccolte precedenti, i tre racconti lunghi invece non erano più un pretesto, ma si incentravano su vere e proprie indagini poliziesche, sia pure a volte sui generis (ma ciò è nella natura del commissario).
Il quarto e ultimo volume, La prima indagine di Montalbano, dell'aprile 2004, infine raccoglieva tre lunghe indagini nessuna delle quali però muoveva da fatti di sangue.
Queste linee-guida hanno reso ancora più difficile la scelta per una curiosa, almeno ai miei occhi, intercambiabilità tra racconto e racconto.
Inoltre devo confessare che nessuna, ma proprio nessuna, delle storie di Montalbano è stata scritta se non dietro una precisa suggestione, direi quasi una necessità. Lo scrivere tanto per scrivere non è affar mio. Direi che non ne sono capace. E questo, al momento della scelta, ha rappresentato un problema aggiunto.
Non c'è stata invece nessuna difficoltà dal punto di vista, come dire, affettivo. Molti scrittori sostengono di considerare le loro opere come se fossero dei figli. A me non succede. Faccio una netta distinzione, e tutta a favore dei primi, tra figli e libri. E poi, coi 59 racconti che compongono le 4 raccolte mondadoriane e senza contare i 13 romanzi, mi verrei a trovare nella condizione di battere un patriarca biblico!
Dopo averci girato tanto attorno, ho esaurito gli argomenti e quindi sono ormai costretto a entrare nelle sabbie mobili dei perché delle accettazioni e dei rifiuti.
Sarei tentato di glissare poco elegantemente sostenendo che, dato che si tratta di un'antologia strettamente personale, chi non è d'accordo con le mie scelte si faccia liberamente le sue, altrettanto personali, con buona pace di tutti. Ma sarebbe poco corretto.
Tre piccolissime premesse.
Intendo ribadire, perché m'è parso sia abbastanza chiaro nelle righe precedenti, che i racconti qui compresi non intendono essere né una élite né il meglio. Perché forse non lo sono. L'altra cosa che mi preme dire è che l'ordine di successione dei racconti da me dato a questa antologia non rispetta la cronologia delle date di edizione. Qui, per esempio, ho messo in testa un racconto che in realtà è uno tra gli ultimi scritti e stampati. La terza e ultima è che un libro è di necessità formato di un preciso numero di pagine oltre il quale si rischierebbe la non maneggevolezza. La mia antologia personale ideale avrebbe ancora compreso qualche altro racconto.
Allora, non facciamola lunga: ne ho scelti 18 + 1.
Quello aggiunto, La finestra sul cortile, il cui titolo vuole essere un omaggio al capolavoro di Hitchcock, viene per la prima volta stampato in volume. L'ho scritto nel 2007 per aiutare i giovani che facevano (e fanno) a Roma un benemerito giornale di quartiere, «Il Nasone di Prati». Lo pubblicarono a puntate nei primi dodici numeri. Il cortile è suppergiù quello della mia casa romana (i personaggi sono, naturalmente, di fantasia, ci mancherebbe!) e quindi è facile intuire che le ragioni che mi hanno spinto a includerlo sono puramente affettive.
E inoltre, essendo l'ultimo racconto di Montalbano da me scritto in ordine di tempo, mi pare che possa chiudere bene un volume che si apre con la prima indagine di Montalbano, quando ancora è un vicecommissario, non è fidanzato con Livia e sogna di essere trasfe­rito in un paese di mare come Vigata. La prima volta che Montalbano compare, nel romanzo La forma dell'acqua, del 1994, ha quarantaquattro anni, si trova da tempo a dirigere il commissariato di Vigata ed è fidanzatissimo con Livia.
Avanti che me lo domandassero i lettori, sono stato io a cominciare a chiedermelo: che faceva Montalbano prima di venire a Vigata? La risposta me la sono data con quelle pagine.
Insomma, quasi tutti i racconti qui raccolti tentano di rispondere a domande mie, a scommesse che avevo fatto con me stesso, a problemi narrativi che mi ero posto.
Non è mia intenzione specificare, racconto per racconto, le ragioni della scelta, ma, come il lettore avrà già ampiamente capito, due sono i filoni: quello che privilegia le situazioni non propriamente poliziesche e quello che, pur trattando una materia di stampo prettamente poliziesco, spesso e volentieri arriva a conclusioni che sottolineano l'umanità del commissario piuttosto che il suo rigore nel far rispettare la legge.
Uno di questi è, per esempio, Il compagno di viaggio, sul quale vorrei spendere qualche parola. Mi invitarono, mi pare nel 1997, gli organizzatori del "Noir in Festival" di Courmayeur, a scrivere un breve racconto che sarebbe stato letto nel corso di un incontro con uno scrittore francese di gialli il quale, a sua volta, avrebbe contraccambiato con la lettura di un suo racconto scritto per l'occasione. Bene, il mio racconto venne letto per primo. E io non capivo perché, nel corso della lettura, il francese mi guardasse sempre più stupito.
Poi venne la volta del suo racconto. E fui io a stupirmi profondamente. Perché i racconti erano sostanzialmente uguali: tutti e due si svolgevano all'interno di una cabina-letto a due posti, uno occupato da un commissario e l'altro da un assassino. I presenti all'incontro non volevano credere alla coincidenza, erano convinti che il francese e io ci fossimo messi d'accordo. Invece non ci eravamo mai visti o sentiti prima di allora. A un certo punto si alzò Ed McBain e spiegò a modo suo il mistero sostenendo che, essendo noi scrittori europei particolarmente attenti alla psicologia dei personaggi piuttosto che alloro agire, era inevitabile che finissimo col fare incontrare il poliziotto e l'assassino in un faccia a faccia dentro un ambiente ideale quale una soffocante cabina-letto.
Due parole infine per un racconto, Montalbano si rifiuta, che si conclude con una telefonata notturna del commissario a me, suo autore, nella quale mi comunica che si rifiuta di continuare l'indagine dentro la quale io l'ho cacciato. Era il tempo dei cosiddetti "cannibali" e la mia narrativa era schernita perché accusata di "buonismo", e così decisi di reagire. Ma quel racconto è, per me, ancora attualissimo, è una sorta di manifesto. Il rifiuto cioè di compiacersi, narrativamente, della violenza.
E questo è tutto. Buona lettura.



Last modified Thursday, November, 14, 2013