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Lo chef consiglia



Immagine da l'Unità


Notizie di giornata al ristorante virtuale dello chef siciliano
Intervista di Saverio Lodato - l'Unità, 20/11/2008

Camilleri, un ristorante, l’Unità. Cerchiamo di capire...
Andrea Camilleri, cos’è questa storia che da domani lei aprirebbe un suo piccolo e personale ristorante all’interno delle pagine dell’Unità? È una leggenda metropolitana?
«No, non è una leggenda metropolitana. Sarà un ristorante virtuale, perché aprire oggi un ristorante, con i tempi che corrono, sarebbe da dissennati. Io, in questo ristorante, farò solo lo chef. Ho un socio segreto, di cui non faccio il nome: Saverio Lodato. È un ristorante molto particolare, perché serve una sola pietanza al giorno. Si tratta di una pietanza che potrebbe risultare indigesta se non venisse da noi trattata con particolari accorgimenti per renderla digeribile agli italiani».
La ringrazio per la fiducia accordatami, anche se avevo capito che lei preparava i piatti e a me restava l’incombenza di portarli in tavola. Ma è molto meglio così... Quello che però non ho ancora capito è che tipo di cucina intende proporre. Ormai la cucina regionale è destinata solo agli amatori. Sarà cucina internazionale la sua, sarà nouvelle cuisine, grandi abbuffate o piccole porzioni?
«Per un problema di digeribilità, serviremo sempre piccole porzioni, anche perché credo che una abbuffata di piatti simili porterebbe alla scomparsa dei clienti. Questo non significa che noi andremo a cercare i prodotti componenti il nostro piatto solo da quel mercato che si trova alla destra di casa mia, ma anche in quello che si trova alla sua sinistra. Perché i due mercati, in questo senso, sono fornitissimi : non hai che l’imbarazzo della scelta. Caro socio, vuole che le faccia un esempio?».
Dica, dica.
«Grazie. È un esempio che riguarda il passato. Mi era venuto in mente di intitolare una portata: La felicità di pagar le tasse. Avevo comperato gli ingredienti necessari al mercato che sta a sinistra. Non ha idea a quali spezie d’Oriente ho dovuto far ricorso per rendere appetibile e digeribile questa portata».
Possiamo svelare qualche altro titolo delle sue future creazioni?
«E allora le dico un piatto i cui ingredienti ho comperato nel mercato che sta a destra. Il nome della pietanza era: Impronte di bambini in salsa Rom. Per far digerire quello, non solo ho dovuto ancora una volta ricorrere alle spezie d’Oriente, ma ci ho dovuto mettere dentro, seguendo un consiglio che mi aveva dato Bossi, un po’ di acqua del Po che lui personalmente mi ha versato dalla sua boccetta».
Ma questo ristorante si rivolge davvero a tutti, o lei ha in mente un target particolare di clientela?
«No, no. Intendo rivolgermi a tutti, senza alcun nessun target particolare, anche se mi rendo conto che chi è debole di stomaco, o vegetariano, potrebbe incontrare qualche difficoltà ad avvicinarsi alla nostra tavola. Insomma: vuole essere e sarà un ristorante per stomaci forti».
Da meridionale par suo, i soffritti li farà con olio extra vergine d’oliva, o se del caso ricorrerà a qualche noce di burro, se non addirittura allo strutto che molti dicono dia più sapore a certe pietanze?
«Ricorrerò a tutto, perché, come ho già detto, si tratta di portate che ci vuole una bella faccia tosta a servire in tavola».
Devo dirglielo: sono preoccupato; un ristorante tenuto in piedi da uno chef, pur del suo calibro, e da un semplice compagno di avventura, mi consenta ma sinora non si era mai visto. Lei è convinto di avere la voglia e le idee per tirare su ogni giorno la saracinesca?
«Le do un motivo di preoccupazione in più. La saracinesca sarà tirata su con la maggiore frequenza possibile. Non è detto che bisogna già precisare i giorni di chiusura o di apertura. Sostanzialmente, dipenderà dalla merce fresca che troverò nei due mercati».
Lei mi sembra ottimista per natura, io lo sono un po’ meno. Sa che le dico? Che se qualcuno si accorgerà che al suo ristorante si mangia davvero troppo bene, si paga davvero troppo poco, e che la clientela andrà a moltiplicarsi, qualcuno avrà la brillante idea di mandarci i Nas. Così, tanto per gradire.
«Questo timore lo nutro anch’io. Però faccio presente agli eventuali ispettori dei Nas che il mio condimento è genuino, gli ingredienti freschi di giornata. Caso mai è già scaduta la merce che ho comperato...».
Può rivelare, con un giorno di anticipo, quale sarà il nome del ristorante?
«“Il cliente ha sempre torto”».
Senta,io la conosco ormai da diversi anni. Lei non è tipo da intraprendere un’impresa senza prima averci pensato cento volte. Ma domani, quando per l’ inaugurazione del locale non arriveranno né telecamere, né fotografi, né giornalisti, semmai qualche sparuto cliente, che conta di cucinare?
«A questi sparuti clienti presenterò, ovviamente, il piatto del giorno che si chiamerà: Cucù settete. Anzi, diciamo che glielo propongo sin da oggi come antipasto...».
Cominciamo male. Che significa «cucù settete»?
«Stia tranquillo. È un gioco che viene praticato dal nostro presidente del consiglio il quale, ricevendo la signora Angela Merkel, si nasconde dietro una colonna e fa: “cucù”. Credo che fra i nostri clienti la signora Merkel certamente non mancherà».
Che Dio ce la mandi buona. E ora, con tutto il rispetto, se ne torni in cucina perché il tempo stringe e, come si dice, chi ben comincia è solo alla metà dell’opera.


E il premier canticchia: «Tutto va ben, mia nobile marchesa»
21/11/2008

Andrea Camilleri, anche oggi le borse colano a picco in mezzo mondo. Guglielmo Epifani, segretario nazionale della Cgil, mette in guardia: «È in arrivo una valanga». Berlusconi è sereno: «L’Italia non sta reagendo male. Abbiamo un sistema di banca solido». Sembra il vecchio Krusciov che era solito dire che la Borsa un giorno scende e un giorno sale.... Che gliene pare?
Saverio Lodato

Epifani parla di valanga e Berlusconi canticchia: «tutto va ben, mia nobile marchesa». Probabilmente, Berlusconi è d’accordo con quel generale degli alpini che, nella guerra 14-18, incitava i suoi soldati al grido: «Siate la valanga che sale». Come è noto, urbi et orbi, Berlusconi è in grado di far sì che le leggi fisiche si adattino alle sue esigenze. Il fatto vero è che stavolta, Berlusconi o no, la valanga verrà giù sul serio. Lo chef oggi non se la sente di portare in tavola ai suoi clienti questa pietanza amara che avrebbe voluto intitolare “L’altalena”, riferendosi alle oscillazioni sismiche delle borse.
Lo chef, d’altra parte, ha capito che questo altalenare non riguarda solo gli speculatori,ma anche i piccoli risparmiatori. Quindi credo che i clienti che chiederanno questa pietanza oggi saranno tantissimi. Per scrupolo di coscienza lo chef deve avvertire che si tratta di un piatto francamente e veramente indigesto, quindi avevo pensato di servirlo con un contorno di cacio all'argintera. Il cacio all'argintera consiste in fettine di caciocavallo di Ragusa fritte con purissimo olio vergine d'oliva. E una volta indorate, abbondantemente innaffiate con aceto di vino doc, invecchiato di almeno trent'anni.
Il piatto vero e proprio lo chef si riserva di servirlo nel momento nel quale la valanga, con grande stupore di Berlusconi, minaccerà di travolgerci tutti. E speriamo che si tratti solo di... neve.
Andrea Camilleri


Riccardo Villari, ovvero la passione italica per la poltrona
22/11/2008

Camilleri ha visto? Si è arrampicato sull’albero,se ne è andato per li rami e adesso non vuole più scendere. Villari, dico, il nuovo presidente della commissione di vigilanza Rai non le ricorda Cosimo di Rondò, il barone rampante di Calvino, che per sfuggire ai parenti si arrocca per sempre fra le fronde? Tutti a dirgli «scendi, scendi, non fare così» - da Veltroni a Fini a Schifani a Berlusconi - ma lui niente. Escludendo che Villari, come Cosimo, concluda la sua vicenda volando via dall’albero appeso alla corda di una mongolfiera, questa ennesima storiella italica, come finirà?
Saverio Lodato

Prima della previsione, è necessaria la precisazione: Cosimo se ne sta per i fatti suoi, sui rami. Villari, invece, convoca la commissione, fa eleggere i vicepresidenti, e via di questo passo. Più che essere campato in aria, sta con i piedi per terra. Questo attaccamento alla poltrona ha in Italia precedenti storici: a cominciare da Mussolini per il quale la rivista «Il becco giallo» disegnò una vignetta rimasta famosa. Mussolini attaccato alla poltrona di presidente del consiglio che gridava a squarciagola: «Caschi il mondo non la mollo». Esempi più recenti riguardano la Rai, dove il fenomeno è diffuso: il presidente Baldassarre rimase imperterrito al suo posto con un solo consigliere di amministrazione. E mentre percorreva i corridoi, mormorava due eroici versi: «Io solo combatterò, procomberò sol io», di leopardiana memoria. I funzionari rispondevano in coro con altri due immortali versi: «Il pover’uomo, che se non se n’era accorto, andava combattendo ed era morto». In genere, i democristiani, quando sedevano su una poltrona, la cospargevano con un attaccatutto universale, per cui era difficilissimo farli alzare. Villari viene da quelle fila e con lui si può usare la stessa tecnica: fargli vedere una poltrona assai più remunerativa, che gli metta l’acquolina in bocca.
Andrea Camilleri


Un varietà a reti unificate. Così il Cavaliere scaccerà l’incubo della crisi
24/11/2008

Camilleri, Berlusconi ce l’ha con i TG RAI perché aprono immancabilmente con: «Crisi, crisi, crisi», mentre sarebbe più giusto, per lui, che aprissero al grido: «Vacche grasse, vacche grasse». E aggiunge, a leggere la cronaca del Corriere della Sera: «Come posso combattere così? Non riesco a far passare il mio messaggio». Osserva il cronista: «Il Cavaliere inviterà i cittadini a spendere - appena ieri ha detto: “consumate” - ma al tempo stesso dovrebbe invitarli a risparmiare... E così il Paese non comprende». Perché gli italiani non fanno uno sforzo?
Saverio Lodato

Berlusconi, però, potrebbe agevolarli cercando di veicolare in modo migliore il suo messaggio ottimista. Mi trovo in imbarazzo a suggerire un palinsesto ideale al grande comunicatore in evidente difficoltà. Ci provo lo stesso. Innanzitutto accogliere il suggerimento di Dell’Utri: sempre facce sorridenti; anche se si tratta di cataclismi o tsunami. E poiché i tre TG coprono più o meno le stesse fasce orarie, suggerisco che Berlusconi in persona, di primo mattino, canti il ritornello di quella famosa canzone anni Trenta di Rodolfo de Angelis: « Ma cos’è questa crisi?... Faccia agire un grande attore e vedrà... che la crisi passerà...». Subito dopo, prima dei TG d’ora di pranzo, dieci minuti di barzellette - a reti unificate - raccontate da lui medesimo. Quando si fa sera, montaggio di alcune brevi scene che più hanno divertito gli italiani: le corna al diplomatico straniero; l’inseguimento per baciare l’operaia russa; la proposta alla moglie di sostituire Cacciari; e via di questo passo. Infine, prima che gli italiani vadano a letto, almeno un’altra canzone, sempre cantata da lui, ma questa volta con Apicella. Sono sicuro che gli italiani non darebbero più alcun credito ai giornali che ripetono pappagallescamente: «Crisi, crisi, crisi».
Andrea Camilleri


Il desiderio segreto di Berlusconi: un clone di Emilio Fede in ogni Tv
25/11/2008

Camilleri, Berlusconi, è uscito - come si dice in Sicilia - al naturale: «la canzone quotidiana dell’opposizione è il pessimismo». Si intitola: «l’offesa del sottoscritto». Parole di sinistra, musiche Rai-Kabul. Uno di quei complotti da stroncare con editto bulgaro, quello che defenestrò Enzo Biagi: «C’è un passaparola fra i conduttori di sinistra per insultare, oltraggiare, offendere la mia persona». Il chiodo fisso del premier?
Saverio Lodato

Berlusconi, incalzando genericamente la Rai, in realtà intende rivolgersi alla terza rete, essendo noto a tutti che la seconda è di centro destra, mentre la prima dovrebbe essere al di sopra delle parti. Non credo che in giro ci siano altri conduttori di sinistra. Una soluzione sarebbe la clonazione di Emilio Fede e la sua distribuzione per ogni rete, anche le rimanenti di Mediaset. Insomma, una sorta di conduttore Dolly, come la pecora. Ma c’è il rischio che la clonazione non riesca e si danneggi il prototipo. Berlusconi è come uno dei protagonisti del «Quadro delle meraviglie», l’intermezzo teatrale di Cervantes. Tre imbroglioni - absit iniuria verbis - arrivano in un paesino trascinandosi dietro un’enorme cornice coperta da un telo. Al pubblico che immediatamente si raccoglie, spiegano che appena solleveranno il telo potranno assistere alla più grande battaglia di Alessandro Magno, ma anche a tanti altri episodi meravigliosi. A una condizione: che tutti i presenti siano figli legittimi. Quindi appena inizia lo spettacolo, e il quadro viene scoperto, tutti fanno alte espressioni di meraviglia, anche se non vedono nulla.
Morale della favola: gli italiani cominciano ad accorgersi che la cornice del quadro delle meraviglie che - secondo Berlusconi - dovrebbe essere la televisione, è desolantemente vuota. E anche a costo di dichiararsi figli illegittimi cominciano a protestare per l’inganno. Il tempo degli illusionisti è definitivamente tramontato.
Andrea Camilleri


Stiamo facendo il possibile perché il nostro mondo sia il peggiore possibile
26/11/2008

Camilleri, a Rimini, in quattro, prendono una tanica di benzina e danno fuoco al barbone che sta dormendo e ora è fra la vita e la morte. I buontemponi, fra i 19 e i 24 anni, lavoratori o studenti incensurati hanno confessato. Brani di conversazione (intercettati), quando ancora speravano di farla franca: «Che bella scaldata che gli abbiamo dato»; «Avessi visto come si dimenava, urlava, quante fiamme... Poi siamo dovuti scappare...». Parafrasando Leibniz, viviamo nel peggiore dei mondi possibili?
Saverio Lodato

Pietro Calabrese la settimana scorsa ha ricordato un barbone palermitano detto affettuosamente l'Uomo cane, voluto bene da un intero quartiere. Qui vorrei ricordare un altro Uomo cane, quello di Marsala che aiutava i bambini a fare i compiti di aritmetica e nel quale qualcuno volle individuare nientemeno che Ettore Majorana, lo scienziato scomparso nel nulla nel 1938. Il fatto è che, malgrado resistano oasi di solidarietà, il disprezzo verso il diverso si fa sempre più strada. Un amico, tornato dagli Stati Uniti, mi ha raccontato che non essendo riuscito a mangiare l'enorme bistecca che gli avevano servito, il cameriere gli portò i resti dentro un sacchetto. Appena fuori il mio amico vide un gruppo di barboni e si avvicinò per dar loro la carne, ma quelli rifiutarono visibilmente preoccupati. L'accompagnatore gli spiegò che spesso, ai barboni, veniva dato cibo avvelenato, così, per divertimento, come hanno fatto i giovani di Rimini. D'altra parte, proprio qualche giorno fa, mi sono capitati fra le mani I dialoghi con Leucò di Cesare Pavese, dove, fra l'altro, Tiresia si rivolge a Edipo dicendogli: «Perché dici ne abbiamo viste di peggio quando dovresti dire che il peggio deve ancora venire?». Non credo che siamo già al peggiore dei mondi possibili. Ma stiamo facendo il possibile per farlo diventare tale.
Andrea Camilleri


L’Ambrogino negato? Biagi non sarebbe gratificato da certi premi e certe giurie
27/11/2008

Camilleri, perché in Italia gli uomini illustri vengono strattonati anche da morti? «Gramsci morì con i sacramenti e chiese alle suore di poter baciare un’immagine di S.Teresa del Bambin Gesù»: parola dell’arcivescovo Luigi De Magistris. Gramsci morì 71 anni fa. «Della sua conversione - che in sé non sarebbe scandalo - non è mai stata trovata traccia», osserva Beppe Vacca, presidente dell’Istituto Gramsci. Il centrodestra a Milano vota contro l’assegnazione a Enzo Biagi dell’Ambrogino d’oro, massima onoreficenza cittadina. Da noi, è più semplice morire che riposare in pace?
Saverio Lodato

Credo non sia nemmeno facile morire, visti i casi Welby e Englaro; di conseguenza non ti lasciano in pace neanche da morto. Ricordo la civilissima definizione coniata per Marco Biagi, ammazzato dalle Br, dal ministro Scajola: «Era un rompicoglioni». C’è di peggio: alcuni non sono lasciati in pace nemmeno quando agonizzano. Attorno al letto di morte di grandi personalità non credenti, spesso si scatena una danza macabra fatta da suore e preti che agitano santini, aspersori, turiboli e stole. Così è stato per Benedetto Croce, per Concetto Marchesi, per Curzio Malaparte, per Renato Guttuso, e tanti altri. Nell’album delle figurine Panini dei convertiti dell’ultima ora si capisce perché la figurina Gramsci sia così ambita. È più rara del feroce Saladino dei tempi de i «4 Moschettieri», la trasmissione radiofonica di Nizza e Morbelli, quando la Perugina pensò di inserire in ciascuna confezione dei suoi dolciumi, le figurine legate alla trasmissione. Chi chiudeva l’album vinceva premi stratosferici. Ma di Saladino se ne trovarono pochissimi. Con Gramsci, ci riprovano a scadenze trentennali. Quanto all’Ambrogino negato a Biagi, si erano già rifiutati di assegnarlo a Camilla Cederna. Biagi ne sarà contento: ricevere certi premi, da certe giurie, non sempre è gratificante.
Andrea Camilleri


Il padre politico di Fini, le idi di Marzo e un immangiabile brodino
28/11/2008

Camilleri, Fini è preoccupato, invoca «democrazia» nel nuovo Pdl, si immerge nella lettura della storia romana, non gradisce che il premier abbia impiegato «dieci minuti» per sciogliere Forza Italia (lo stesso tempo che ci vuole a sciogliere in acqua un dado vegetale), ha scoperto - osserva Gianfranco Pasquino - «che Cesare non aveva un vice Cesare». Bossi bacchetta Fini: «Ha studiato male». Bonaiuti si schiera con Cesare: «Anche noi abbiamo varcato il Rubicone e poi Cesare semplificò il linguaggio: veni, vidi, vici». Siamo al «dado vegetale», o al «dado è tratto», quando Cesare, per davvero, varcò il Rubicone?
Saverio Lodato

Intanto consulterei il "Devoto-Oli" della lingua italiana. Alla voce cesarismo recita: "Sistema politico che esalta l'autorità di un monarca o genericamente di un capo supremo (dal latino Caesar)". Prima di parlare di brodini, se le cose stessero come dice Fini, ci troveremmo davanti all'annuncio di nuove Idi di Marzo. Però ci troviamo nel 2008 e i grandi personaggi dell'epoca romana si sono alquanto rimpiccioliti (nessuna allusione fisica) per cui oggi è difficile che qualcuno possa dirsi Cesare, Antonio, Bruto e Porzia. Semmai potremmo parlare di Piccolo Cesare - ricordate il film americano sui gangster? E che ruolo dovrebbe ricoprire Fini? Quello di Bruto? C'è un problema. Che Cesare, mentre Bruto lo infilza con il pugnale, pronuncia la famosa frase: "Anche tu Bruto, figlio mio". Politicamente parlando, i padri di Fini sono almeno due: Almirante e Berlusconi. E la parte di Antonio chi la sosterrebbe? Per Porzia, invece, non avremmo che l'imbarazzo della scelta. Lo dico da vecchio regista di teatro: temo che la tragedia rischi, con simili attori, di rivelarsi un'altra italica farsa. Ciò premesso, sia che il dado sia vegetale, sia che sia di carne, il brodo riuscirà certamente immangiabile.
Andrea Camilleri


L’oscuro mistero del premier scomparso proprio per la crisi
29/11/2008

Camilleri, per 24 ore, gli italiani sono rimasti privi del loro Cesare. Assente alla riunione dei ministri, scomparso fra Palazzo Chigi, Palazzo Grazioli, Palazzo Ferrajoli, braccato dai cronisti, Berlusconi, nella sera di venerdì, si è rifatto vivo a palazzo Grazioli, stupito dello stupore altrui: «Eccomi qua». Un'assenza abbagliante. Dove è stato Cesare? Nelle Mille e una notte si racconta di un principe che, non fidandosi dei collaboratori, di notte si travestiva da barbone e andava in città a verificare come i suoi sudditi fossero governati. Ma è credibile?
Saverio Lodato

No. Prima di tutto, in Italia nessuno si travestirebbe da barbone sapendo come i barboni vengono trattati. E Cesare, per sua stessa ammissione, la notte la trascorre tre ore a dormire e tre ore a fare l'amore. Se qualcuno crede di pigliarci in castagna, sostenendo che Berlusconi invece fa come la pubblicità del vecchio purgante Kinglax che faceva: «mentre voi dormite lui lavora » - perché la luce del suo studio di notte è sempre accesa - ricordo che questo era un vecchio trucco di Benito. Lasciava la luce accesa a Palazzo Venezia e si andava a infilare sotto il lenzuolo. Insomma: la notte i sudditi sono lontanissimi dai pensieri del nostro Cesare. La sua temporanea scomparsa ha coinciso - se non sbaglio – con un importante consiglio dei ministri sui problemi economici: Cesare ha detto che si è costantemente mantenuto in contatto telefonico. Ve lo ricordate cosa fece il ministro degli esteri Frattini? Dovendo barcamenarsi fra Russia e Stati Uniti, preferì restarsene in vacanza alle Seychelles e dichiarò che si era mantenuto in contatto telefonico; bellissimo alibi per poter dire: «Io c'ero ma non c'ero». Penso che Cesare abbia fatto come Frattini. Agli italiani, indignati per le elemosine elargite, potrà sempre dire: «Io c'ero, ma non c'ero, perché stavo ad Arcore a giocare con il mio nipotino».
Andrea Camilleri


Il rettore della Sapienza dopo le parole per Tremonti si unisca all’Onda
30/11/2008

Camilleri, gli universitari della Sapienza, facendo irruzione in aula magna, hanno interrotto l'inaugurazione dell'anno accademico. Il rettore Luigi Frati li ha definiti "fascisti", mentre loro lo definivano "buffone". Una brutta piega: un anno fa il contestatissimo invito al Papa affinché tenesse la "lectio magistralis". Giovedì, il rettore ha voluto escludere gli studenti dalla cerimonia; agli operatori tv che volevano aprire una finestra per questioni di luce ha detto: "qui il padrone sono io"; sui tagli di fondi: "una cazzata, alla Sapienza non ci sono tagli. Tremonti vada a rompere le palle da un'altra parte".
Saverio Lodato

Questi giovani, come è stato ampiamente dimostrato dalle loro manifestazioni negli ultimi tempi, non hanno nessun senso di opportunità né di "civile decoro". Pare che siano preoccupati per il loro avvenire, ma questa - secondo certi benpensanti - non è un ragion sufficiente per interrompere la sacralità del rito in ermellino dell'inaugurazione dell'anno accademico. Anche se il rettore non li aveva invitati, loro avrebbero dovuto partecipare in silenzio dopo essere entrati in punta di piedi, lasciandosi cullare dalle alate parole del Magnifico. Il quale, dopo avere ricordato che suo padre era stato "partigiano" ha definito i giovani che protestavano con la parola "fascisti". Forse il rettore non sa che se le colpe dei padri non possono ricadere sui figli, nemmeno possono ricadere gli eventuali meriti. Evidentemente il rettore non è un uomo di mare, anche se è abile a navigare in qualche altro elemento, e quindi ignora che senza la forza propulsiva dell'onda la barca non potrà mai muoversi. E' questo che vuole? Perché la sua frase: "Tremonti vada a rompere le palle da un'altra parte", allo stato attuale delle cose, ha valore solo se si unisce al coro dell' onda, diversamente non è altro che fumo negli occhi.
Andrea Camilleri


Con il boomerang Sky il conflitto d’interessi adesso esce dal sonno
2/12/2008

Camilleri, Berlusconi raddoppia l'Iva sul canone per le televisioni a pagamento delle quali Sky, da sola, rappresenta il 91%. Piccolo Cesare colpisce ancora. E il bello è che, dovendo spiegare il perché di questa mazzata a senso unico, dichiara che Sky sarebbe "amica" della sinistra. La decisione di tassare la concorrenza, colpendo quasi cinque milioni d'italiani che a quella tv si sono abbonati, pare che abbia persino un po' schifato gente cui non manca il pelo sullo stomaco, Bocchino, a esempio, il quale dichiara: «Siamo pronti a discuterne serenamente». Schifato sì, ma dialogante.
Saverio Lodato

Penso che questa sia la prima mossa veramente sbagliata del nostro Piccolo Cesare. Eminenti politologi, illustri politici, firme luminose del giornalismo, si sono affannati per anni a spiegarci perché il problema del conflitto d'interessi non fosse una argomento di rilevante interesse per gli italiani. E così gli italiani hanno finito per crederci e il problema è caduto in sonno, per usare un'espressione che il Piccolo Cesare e Cicchitto conoscono bene. Così il Piccolo Cesare ha potuto tranquillamente continuare a fare tutte le leggi ad personam che ha voluto. Ma questa volta la manovra pro domo sua - spacciata come sempre "nell'interesse degli italiani" - , può rivelarsi un boomerang: trasferisce infatti il problema del conflitto di interessi oltre i nostri confini, portandolo a conoscenza di un mondo dove le leggi non sono più quelle a suo uso e consumo. In altre parole, Piccolo Cesare, per la sua insaziabile ingordigia, rischia di far la fine dei pifferi di montagna che andarono per suonare e furono suonati. Quanto alla sua affermazione che Murdoch sia amico dei comunisti, contiene due errori in uno. Comunisti in circolazione non se ne vedono più da tempo, e Murdoch, semmai è stato amico di qualcuno, è stato amico suo».
Andrea Camilleri


Se la Chiesa non vuole «turbare» chi condanna i gay alla pena di morte
3/12/2008

Camilleri, «vade retro gay» sembra intimare il Vaticano che, in un rigurgito di caccia alle streghe, per bocca dell'arcivescovo Celestino Migliore, rappresentante della Santa Sede all’Onu, diffida dal depenalizzare l'omosessualità, come proposto da una mozione francese. E poiché in tanti chiedono l'inclusione dell'aborto fra i diritti universali, l'aborto viene liquidato come «barbarie moderna». La Bonino osserva che in 91 paesi l'omosessualità è un reato e in 9 c'è la pena di morte. Oppure carcere a vita, lapidazione, frustate. Contro questi paesi, dal Vaticano, neanche una parola.
Saverio Lodato

Sono strabiliato dall'abilità con la quale monsignor Migliore riesce ad arrampicarsi supra i mura lisci, come si dice dalle mie parti. Una volta questi ammirevoli esercizi di equilibrismo erano materia riservata ai gesuiti. Si vede che ora, avendo un pochino i gesuiti dirazzato, sono stati allenati nuovi acrobati. Affermando che il no vaticano alla legge per la depenalizzazione dell'omosessualità è dettato per «non mettere alla gogna» i paesi che la condannano, monsignor Migliore, implicitamente, ingrassa il nodo scorsoio che impiccherà i colpevoli di omosessualità. E questo sarebbe il rispetto per la vita in nome del quale la Chiesa si oppone a ogni legge su aborto, diritto alla morte, embrioni? Proprio l'altro giorno, Umberto Eco, ricordava come San Tommaso, nella sua «Summa», sosteneva che gli embrioni non andranno in Paradiso perché non hanno ancora un'anima. Ma il furore revisionista della Chiesa trascura anche i Padri della Chiesa. Siccome i paesi che condannano con la morte l'omosessualità sono per lo più islamici, vedo con terrore all'orizzonte una nuova Santa Alleanza, una nuova crociata cristiano-islamica - non sto alludendo al nuovo partito di Magdi Cristiano Allam - che disperderà i laici miscredenti cacciandoli in quell'inferno dal quale sono venuti.
Andrea Camilleri


Berlusconi, l’ultimo errore. L’Europa chiede di livellare non di alzare l’Iva
4/12/2008

Camilleri, da non crederci: in un giorno Piccolo Cesare perde tre punti di gradimento. Parafrasando una vecchia canzone di Caterina Caselli si potrebbe dire: «la tv ti fa male lo so...». 100 Canali Sky hanno aperto un impressionante fuoco di spot contro il governo. Corre voce che Piccolo Cesare ce l'abbia a morte con Ilaria D'Amico, icona Sky del calcio italiano; se la prende con Paolo Mieli, direttore del Corriere della Sera, e Giulio Anselmi, direttore della Stampa: «a casa». L'Unione europea fa sapere che stava per aprirsi una procedura d'infrazione per l'Italia. Piccolo Cesare: «figuraccia della sinistra». Ma l'Ue chiedeva il «livellamento», non «l'innalzamento» della tassa a Sky.
Saverio Lodato

Vogliamo dire che «chi di tv ferisce, di tv perisce»? Vanamente lui e i suoi s'affannano a giustificare il madornale passo falso come obbedienza a una richiesta europea che - come lei nota - parlava di livellamento, non di innalzamento. Vanamente proclamano che il provvedimento serve a racimolare soldi per fare elemosine agli italiani poveri. Il macroscopico conflitto di interessi non è occultabile. Spiegazioni, per questo errore, ce ne sarebbero almeno due. La prima è che Piccolo Cesare ha da un bel pezzo passato la settantina e un modo di dire siciliano avverte che: «passata la settantina, na minchiata ogni matina». Non sarebbe il caso di farsi revisionare dall'ex sindaco di Catania, il dottor Scapagnini, quello che sostiene d'averlo reso immortale? La seconda è che, forse, Piccolo Cesare riceve meno consigli dal suo fidato Letta, ormai troppo impegnato a mettere le pezze ai guasti da lui provocati, e quindi sempre più sta a sentire i consigliori, tipo Cicchitto. Stavolta pare che l'infelice suggerimento gli sia venuto addirittura da Tremonti che, si sussurra in giro, sia il suo delfino in pectore. Vuoi vedere che ci troviamo nei pressi di quelle Idi di marzo cui aveva fatto cenno Fini?
Andrea Camilleri


Nonostante le nuove leggi contro rom, romeni, migranti l’insicurezza è al Governo
5/12/2008

Camilleri: conflitto a fuoco fra polizia e quattro rapinatori vicino Frosinone, ammazzato uno del commando; gioielliere rapinato di 200 euro tenta di colpire un aggressore, quello gli spara e l’ammazza; in due danno l’assalto alle Poste per un bottino da mille euro: un carabiniere ne uccide uno; un giorno sì e l’altro pure qualche ubriaco alla guida tira sotto qualcuno. Stendiamo un velo sullo stillicidio quotidiano in Campania, dove la camorra, nonostante l’esercito, qualche settimana fa, gambizzava un gruppo di ragazzini. Con il centro destra gli italiani sono più sicuri?
Saverio Lodato

Uno dei punti vincenti della campagna elettorale del centro destra è stato la martellante propaganda sulla sicurezza. Votateci, dicevano, e l’Italia diventerà oasi di pace e tranquillità, paese di fiaba. Siccome gli italiani credono alle fiabe, li hanno votati. Subito, Berlusconi e i suoi, partendo dal principio che il cattivo è sempre l’altro, hanno fatto leggi antirom, antiromeni e antiextracomunitari. La percentuale dei reati è rimasta tale e quale. La spiegazione c’è: questi delitti non ci sono mai stati. Non sono che una macchinazione dei comunisti, e dei giornali e tv che controllano, per screditare la trionfante azione di questo governo. Con infinita ignobiltà, questi giornalisti raccolgono fatti di cronaca nera accaduti in paesi lontani e li spacciano per avvenuti nel nostro paese. Fanno, insomma, l’inverso di quello che si faceva ai tempi del Duce, quando gli assassini, gli adulteri, le rapine accadevano sempre «a Budapest». Ho appreso da fonte autorevole che malviventi extracomunitari, sovvenzionati dai comunisti, studiano la nostra lingua perché le vittime di una rapina possano testimoniare che si trattava di italiani. Io, a notte tarda, continuo a portare a passeggio il cane, anche se mi faccio accompagnare, ma solo per appoggiarmi al suo braccio, da un mio amico siciliano, un ex stalliere.
Andrea Camilleri


Come siamo combinati? Che giorni ci aspettano?
6/12/2008

Camilleri, ha sentito l’ultima di Sacconi: «C'è qualcosa di molto peggio della recessione: si chiama bancarotta di Stato, un’ipotesi attualmente improbabile, ma che non è impossibile. Non possiamo permetterci il rischio che vada deserta un'asta dei titoli di Stato: non ci sarebbe infatti liquidità per pagare pensioni e stipendi, sarebbe come l'Argentina»?
Per Scajola, grazie al risparmio energetico, nelle tasche degli italiani entreranno 3000 euro. Tremonti: «Ci vuole prudenza. Non possiamo fare i fenomeni». E' il proverbiale tridente d'attacco berlusconiano: il primo tira la palla a destra, il secondo a sinistra e il terzo per aria.
Saverio Lodato

Quando Piccolo Cesare si indigna con giornali e televisioni, perché inducono al pessimismo, mi viene in mente la celeberrima sequenza di Charlot che, senza accorgersene, danza sui pattini, a pochi centimetri dal baratro. «Siate ottimisti» esorta, ma lui può permetterselo con quella vagonata di miliardi di euro che ha, e con la prospettiva degli altri miliardi di euro che ancora guadagnerà. Sarà anche vero che i soldi non danno tutta la felicità, ma è indubbio che diano qualche aiutino.
Solo che la stragrande maggioranza degli italiani non ha i suoi forzieri ma, semmai, stipendi e pensioni da fame. Chiediamoci, allora, dopo le parole preoccupate di Tremonti e Sacconi: come sono combinati, in realtà, gli italiani? Che giorni ci aspettano? In questo duro inverno, dobbiamo comportarci come la cicala o la formica?
Temo, però, che sia troppo tardi anche per le formiche risparmiatrici.
Andrea Camilleri


Adesso ripulire il mercato dalle merci avariate e tenersi stretti i clienti
7/12/2008

Camilleri, oggi lei ha fatto la spesa per il nostro ristorante al mercato che sta «alla sinistra di casa sua». La capisco: i giornali riscoprono la questione morale perché, anche se a macchia di leopardo, non risparmia più neanche l’opposizione. Troppe città e regioni hanno ormai un trait d’union: comitati d’affari, di intrallazzi, che segnalano una pericolosa caduta di quella che un tempo si chiamava la “diversità” della sinistra. Si sa: gli editorialisti, eticamente di palato grossolano se c’entra la destra, si rivelano autentici gourmet se ci incappa la sinistra. Ma questa non è un’attenuante.
Saverio Lodato

Adesso che persino un lupo come Tremonti, provvisoriamente travestito da nonna di cappuccetto rosso, parla della necessità di una «finanza etica», capita che un ex direttore di questo giornale, definisca come «disgraziatissima» la teoria della diversità enunciata da Berlinguer e oggi lo fa sul quotidiano di proprietà di Piccolo Cesare. Molti sono stati negli ultimi tempi i segnali di insofferenza verso la tesi berlingueriana che, in sostanza, era solo un richiamo a quel rigore morale che un tempo era stata una delle caratteristiche primarie dei comunisti. Una volta i capimafia definivano i comunisti «persone con le quali non si poteva ragionare», nel senso che con loro non era possibile fare accordi. Poi qualcuno accettò di ragionare non solo con la mafia, e in questi giorni assistiamo all’ingigantirsi di una frana, tanto che la senatrice Finocchiaro ha dichiarato che non si può continuare «a far finta di niente». Sarebbe anche opportuno che i deputati di centro sinistra andassero a una scuola di comportamento. Ci sono errori di comportamento che non sono certo penalmente punibili, ma che producono un gigantesco guasto di immagine. Forza, dunque, cercate di ripulire il mercato dalle merci avariate, altrimenti i clienti andranno a rifornirsi altrove.
Andrea Camilleri


De Gasperi fu ostracizzato dal Vaticano. Questo governo è coraggioso solo con i poveri
9/12/2008

Camilleri,quando Cei chiama, picciotto risponde; il governo di Piccolo Cesare, intendo. I fondi alla scuola privata non si toccano. Altro che tagli. Una dichiarazione della Cei, alla notizia che in finanziaria era previsto il taglio di 120 milioni di euro alle scuole paritarie - «da questo governo non ci aspettavamo tagli, ma incrementi» - ed ecco che Vegas, sottosegretario al tesoro, corre ai ripari: «I vescovi possono dormire su quattro cuscini: i fondi verranno quasi totalmente ripristinati». Governo cuor di leone con barboni, rom, migranti, pensionati e poveri. Ma con «Oltretevere» non si scherza.
Saverio Lodato

Recare danno alle finanze d'Oltretevere è azzardato quanto toccare i fili dell'alta tensione. Si rischia di morire fulminati o impiccati sotto un ponte londinese. E Tremonti si è affrettato a eliminare il taglio. Peccato, perché questa volta il gioco sarebbe valsa la candela: monsignor Stenco, direttore Cei per l'educazione, aveva minacciato la discesa in piazza se la sua richiesta non fosse stata accolta. Ve l'immaginate un corteo di studenti delle paritarie capeggiato da vescovi con cartelli e striscioni e che urlano slogan in latino contro il governo? Non le vedete le forze dell'ordine che ripongono i manganelli e si inginocchiano devotamente? Capace che ci scappava anche uno scontro con «l'onda», come capitò a Piazza Navona. No, uno spettacolo così non andava perduto, avremmo potuto rimpinzare le nostre finanze con i turisti accorsi da tutto il mondo. Ma c'è qualche speranza: Tremonti ha solo passato il cerino alla Gelmini. Che farà di questi 120 milioni la nostra ministra? Li darà tutti alle paritarie, mentre la scuola pubblica cade a pezzi? Credo che questo governo non avrà il coraggio di De Gasperi, che per avere difeso la laicità dello Stato si trovò per sempre sbarrata la porta del Vaticano.
Andrea Camilleri


Gli effetti della povertà. In Usa via le armi, in Italia via i cani. C’è chi non se li può permettere
10/12/2008

Camilleri, una notizia da New York fa capire come stanno le cose meglio di cento discorsi. A Campton, a sud di Los Angeles, la polizia dal 2005 offre 100 dollari a chi consegna una delle sue tante armi. È un buono che può essere speso in alimentari o prodotti di elettronica. Se qualcuno restituisce un fucile, il compenso raddoppia. Accertato che le armi non sono state usate in maniera criminale, vengono distrutte. Quest’anno ne sono state restituite 965, bombe a mano incluse. Nel 2007, 387. Spiega lo sceriffo Byron Woods: «In questi giorni le persone non hanno soldi per mangiare». E nessuno chiede più prodotti di elettronica.
Saverio Lodato

Che sia aumentato quasi del triplo il numero di chi consegna allo sceriffo le armi perché siano distrutte, è una bella notizia. Che i cittadini le consegnino perché, con il compenso possano sfamarsi, è una cattiva notizia. Come dice lei, caro Lodato, è da piccoli segni come questo che si misura l’attuale stato del mondo. Anche da noi accadono cose simili. Mi è capitato di leggere su La Stampa un articolo sugli studi veterinari di Torino, sempre più vuoti perché le cure e i medicinali sono costosi. C’è di peggio. Sono diventati frequenti i casi di padroni di cani che li portano negli studi per farli sopprimere, anche se in ottima salute. Si giustificano asserendo che purtroppo non sono più in grado di mantenerli. Si trovano davanti a una drammatica scelta: la loro sopravvivenza o quella dell’animale al quale sono affezionati come a una persona amica. Lasciano il cane, pagano, e se ne vanno piangendo. Qualche veterinario confessa che, invece di ucciderli, i cani li affida a persone di buona volontà. Resta il fatto che l’impoverimento comporta per molti l’ulteriore privazione, l’ulteriore impoverimento, di quell’affetto, di quel conforto che gli animali di casa così spesso sanno darci.
Andrea Camilleri


Dal 1875 il Parlamento studia il fenomeno mafioso. Tutto si sa, nulla si fa
11/12/2008

Camilleri, si è insediata la nona commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso, presieduta da Pisanu, al quale il nostro piccolo ristorante fa tanti auguri di buon lavoro. La prima commissione fu istituita nel 1963, all'epoca della strage di Ciaculli. Quasi mezzo secolo fa. Che lei sappia, in altri paesi europei, esistono analoghe commissioni che "indagano" e “studiano” un fenomeno da tempo così immemorabile? C'è ancora molto da studiare? O si studia per evitare di affrontare il nodo mafia e politica che rende immortali le mafie di ogni risma?
Saverio Lodato

Lo studio della mafia è una antica e mai sopita passione del Parlamento italiano, alla stregua, che so, dell'egittologia o della civiltà maya. Già nel 1875 venne istituita una commissione per lo studio delle condizioni sociali ed economiche in Sicilia. Pudicamente, non si faceva mai il nome della mafia. Questo pudore insospettì due membri dell'opposizione, Franchetti e Sonnino, che si recarono in Sicilia per fare una loro controinchiesta. Quella governativa, i cui atti sono stati parzialmente pubblicati in due grossi volumi, risultano solo un notevole contributo allo studio del folklore. Invece il documento conclusivo dei due dell'opposizione conteneva notevoli proposte innovative per la lotta contro la mafia. Naturalmente non fu preso in considerazione.Nel 1963, fu approvata una seconda commissione d'inchiesta, i cui atti, in sintesi, sono stati stampati in tre grossi tomi. Leggendo le 4344 pagine di queste due commissioni, ho scoperto che moltissime domande e risposte del 1875 e del 1963 erano intercambiabili, in quanto sostanzialmente immutate. Insomma, nei quasi 100 anni fra le due inchieste, in Sicilia non è accaduto nulla di nuovo, il tempo si è fermato. Che vuole che le dica? Mi associo agli auguri alla nuova commissione di studiosi.
Andrea Camilleri


Rai, si comincia col “perbacco”. Si finisce col taglio del bacio di “Brokeback Mountain”
12/12/2008

Camilleri, piccoli censori crescono: una manina pruriginosa ha fatto scomparire un "bacio gay" nel film "I segreti di Brokeback Mountain" di Ang Lee, Leone d'Oro a Venezia, 3 Oscar, 4 Golden Globe, mandato in onda in seconda serata da Rai 2. I responsabili si appellano al quinto emendamento: il solito scaricabarile collettivo. Tempi duri per i gay. La sorte giudiziaria di "Ultimo tango a Parigi" di Bertolucci -e non c'entravano i gay- ci ridicolizzò in tutto il mondo. Lei ha lavorato in Rai per 30 anni: chissà quante gliene saranno capitate.
Saverio Lodato

Ma che bello! Stiamo tornando alla censura democristiana! In Rai sostengono che non si è trattato di un taglio ma di un disguido che cade a taglio -mi si perdoni il gioco di parole-, date le recenti posizioni antigay del Vaticano. Ai miei tempi imperversavano il ministro Gonella e un prelato che telefonavano quotidianamente per protestare contro le trasmissioni le più innocue. Non tutti ricordano che un conduttore Tg per dare notizia della abolizionedelle case chiuse parlò tre minuti senza che nessuno riuscisse a capire cosa era stato chiuso. Esclusa la parola «membro del governo». Togliere dalle commedie espressioni tipo: «sei venuto». Eliminare la parola «amante» e sostituirla con appassionato o cultore. Sostituire perdio con perbacco. Le racconto un episodio. C'era un varietà con Zizi Jeanmaire la quale sopra la calzamaglia indossava un maglione che le arrivava a mezza coscia. La telefonata del solito prelato ingiunse di allungarlo di almeno un dito. L'ordine fu immediatamente eseguito.Ma la settimana seguente il prelato ritelefonò: «Allungarla ancora di almeno due dita». «Perché?». «Perché la ballerina alza le braccia, e quando lo fa tutti guardano lì». Forse la Rai ritiene che da allora gli italiani non siano cresciuti.
Andrea Camilleri


Vuol cambiare la Costituzione da solo o con pochi amici. Non ci resta che la piazza
13/12/2008

Camilleri, Piccolo Cesare sputa il rospo: si prepara a far carne di porco della Costituzione: «Cambio la Costituzione da solo. Il mio governo è il Paradiso e con i marxisti leninisti non tratto». La sua ossessione è nota: lobotomizzare la magistratura, unico potere dello Stato che teme davvero, sebbene si sia già fatto tagliare su misura il vestitino del lodo Alfano. L’Italia rischia di diventare un’enclave dell’Asia conficcata nel sud dell’Europa. Sessant’anni fa ci sarebbe stata pur sempre la possibilità di «salire in montagna», oggi, ce lo dica, dove si va?
Saverio Lodato

La nostra Costituzione è il risultato dell’illuminato lavoro di un’Assemblea Costituente della quale fecero parte le migliori menti politiche di allora e i più ferrati costituzionalisti. Tanto per fare un esempio, i padri fondatori dibatterono a lungo sull’articolo 1, prima di costruire la frase definitiva: «La sovranità appartiene al popolo»: discussero tra «emana», «spetta», «risiede»,e scelsero «appartiene» non per il gusto di fare accademia, ma perché ogni verbo avrebbe avuto valenze politiche diverse. Ora Piccolo Cesare minaccia di rimettere mano alla Costituzione da solo. O peggio, aiutato da costituzionalisti come Alfano, Gasparri, o Calderoli, specialista in porcate. Già vedo la prima modifica: «L’Italia è una repubblica guidata a vita da un capo supremo chiamato Alto Conduttore. La sovranità appartiene al Popolo delle Libertà che la esercita dentro i limiti di volta in volta stabiliti dall’Alto Conduttore». Mi chiede che fare? Un padre della Chiesa sostiene che non ci si può opporre con le armi a un tiranno, se quel tiranno l’ha voluto il popolo per la sua ignavia. Credo che l’unica risposta sia la piazza, che qualche risultato l’ottiene. Veda quello che avviene alla legge Gelmini dopo le proteste dell’Onda. È sempre meglio di niente.
Andrea Camilleri


Piccolo Cesare di manica larga con gli evasori
14/12/2008

Camilleri, che fine ha fatto la lotta all'evasione fiscale? Non conosco la sua opinione su Prodi e Padoa Schioppa, però, nei pochi mesi di vita di quel governo, il tema fu affrontato, discusso, sviscerato. Ogni giorno i Tg davano notizia che la Guardia di finanza procedeva di scoperta in scoperta: bastava sollevare il sasso per trovarci sotto gli evasori. Piccolo Cesare, sull'argomento, non ha mai aperto bocca. Furbo di tre cotte!
Saverio Lodato

Siamo sinceri: Padoa Schioppa esagerò, quando disse agli italiani che pagare le tasse era una felicità. Ma Piccolo Cesare, che abitualmente si auto smentisce, sulle tasse è sempre stato di una coerenza ferrea. Vi ricordate quando, anche allora presidente del consiglio, dichiarò, davanti agli alti gradi della Guardia di finanza, che le tasse se sono esose non debbono essere pagate? Ora questo è il problema: che le tasse, in Italia, sono sempre esose. E anche il più onesto dei cittadini le paga a denti stretti. C'è un antico modo di dire siciliano che recita: "Morire e tasse, chiù tardu che si pò". Quindi e naturale che Piccolo Cesare verso gli evasori sia di manica larga. Anzi, colgo l'occasione per permettermi un consiglio: perché non depenalizza il reato di evasione fiscale, come ha già fatto per il falso in bilancio? Allora sì che la sua popolarità salirebbe alle stelle e nessuno potrebbe più smuoverlo dalla poltrona, più saldo in sella di Villari. D'altra parte, caro Lodato, è inutile chiudere le frontiere. I grandi evasori posseggono barche e aerei, conti in Paradisi fiscali, proprietà in isole assai remote. Loro vanno e vengono, come e quando vogliono, "e nui restemo qua, facce de...". E se vuole sapere di che facce si tratta, si vada a rileggere il verso in un sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli.
Andrea Camilleri


Gli Onorevoli pianisti negano le loro impronte, ma vogliono prenderle ai bimbi rom
16/12/2008

Camilleri, certi ministri ricordano quegli ubriachi alla guida di cui son piene le cronache, i quali, perdendo il controllo della loro macchina-ministero, travolgono intere categorie di poveri e ignari passanti. Prenda Brunetta. Prima si scagliò contro i fannulloni nella pubblica amministrazione. Poi ipotizzò i tornelli nei Tribunali, per marcare entrate e uscite dei magistrati, come fossero addetti al Supermercato Giustizia. Ora, le donne dovrebbero andare in pensione a 65 anni. E se il nostro piccolo ristorante iniziasse a raccogliere firme per istituire la prova del palloncino per certi politici?
Saverio Lodato

Non credo che la prova del palloncino sia sufficiente, perché la sbronza prima o poi passa, mentre qui ci troviamo di fronte a qualcosa di simile a una dissennatezza permanente. Una volta Piccolo Cesare propose una visita psichiatrica per tutti coloro che intraprendevano la carriera di magistrato. Ecco, un esame così andrebbe fatto a tutti i membri di questo governo ed anche ai parlamentari che lo sostengono. Ma non penso che la cosa potrebbe andare in porto. Questi politici sempre più si considerano intoccabili. Il loro motto è: «io pozzu fari e disfari e cuntu non aiu da dari». Guardi, caro Lodato, la faccenda dei pianisti alla Camera. È poco onorevole che un onorevole prema il pulsante per un collega assente, è come se un impiegato timbrasse il cartellino per un compagno di lavoro rimasto a casa. Una specie di truffa. E rischiano il licenziamento tutti e due, l'assente e il presente. Per far terminare questo sconcio alla Camera qualcuno ha pensato a un sistema di verifica con le impronte digitali. I leghisti sono subito insorti, offesi e sdegnati. Loro le impronte digitali vorrebbero farle prendere ai bambini rom, in attesa che il provvedimento sia esteso a tutti gli italiani: da Napoli in giù.
Andrea Camilleri


Il dispetto di Bush a Obama in cafonal style. O forse è fame di petrolio
17/12/2008

Camilleri, a Bush un giornalista iracheno tira le scarpe. Bush aveva detto: "La guerra continua". Non si rassegna all'idea di abbandonare la ribalta. Poi ha rifiutato di concedere anticipatamente a Obama l'appartamento del presidente, perché le figlie iniziassero l'anno scolastico: cafonal style.
Saverio Lodato

Questa faccenda ha il sapore di un litigio fra condomini, di una lite contro il vicino dispettoso. La Blair House è una dependance della Casa Bianca, composta da più palazzine dove alloggiano gli ospiti del presidente. «Voltala come vuoi, sempri è cucuzza», si dice dalle mie parti. La sostanza rimane quella: un dispetto, uno sgarbo. Che spiegazione si può dare per un simile atteggiamento? Mi sorge un sospetto: che sotto la Blair House ci sia del petrolio? Perché il presidente Bush ha dimostrato al mondo la sua predilezione per i giacimenti petroliferi. Appena gliene segnalano uno, in Afganistan o in Iraq, lui corre a impadronirsene. Forse, sfruttando sino all'ultimo il giacimento di Blair House si consola di non avere fatto in tempo ad agguantare quello iraniano.
Andrea Camilleri


La ferocia del ministro. Una pietanza amara e maleodorante
18/12/2008

Camilleri, ma che ferocia è contenuta nel cosiddetto «atto di indirizzo» del ministro Sacconi? Quanta ferocia c'è in questa decisione, spacciata per pietas cristiana, di imporre in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private, di disattendere la Cassazione che ha autorizzato l'interruzione del calvario di Eluana Englaro, la ragazza che da 17 anni è in coma vegetativo? E questa ferocia viene da un ministro che in tv appare raziocinante, pensoso sulle sorti del paese. Povera Eluana, poveri familiari.
Saverio Lodato

Lei oggi mi costringe a cucinare una pietanza così amara e maleodorante che nessun condimento, nessuna spezia, riuscirà a eliminarne il fetore. Il ministro Sacconi, con questo suo provvedimento, dimostra di essere un servitore di due padroni, come Arlecchino: uno è Berlusconi, l'altro risiede nell' Oltretevere. E come lui ce ne sono tanti, a cominciare da Tremonti che, al primo stormir di fronde vaticane, si è affrettato a ridare i 120 milioni alle scuole cattoliche. Quindi non contano le azioni di questi ministri, bensì i padroni che quelle azioni loro comandano. Lei parla di ferocia, a proposito di Sacconi. Vede, negli ultimissimi tempi, la Chiesa sta facendo passi da gigante. Solo che li fa all'indietro. Perciò è più che naturale che in questo risalire il corso della sua storia, si imbatta in quella estrema manifestazione di ferocia che fu l'Inquisizione. E viene tentata di farcene giungere almeno un'eco. Ma il ministro Sacconi, che intanto riceve il plauso del Vaticano, sostiene che l'interruzione dell'alimentazione sarebbe un’«azione illegale». Ma non è avallata dalla Cassazione? Cosa dobbiamo dedurne? Che la Cassazione promuova «atti illegali»? O che ciò che dice la Cassazione diventa illegale nel momento in cui contraddice la volontà di un altro Stato? Ahi, serva Italia!
Andrea Camilleri


Le strane storie delle galere siciliane. Dove c’è detenuto e detenuto
19/12/2008

Camilleri, da che mondo è mondo, e mi consta personalmente essendo finito vent'anni or sono nelle patrie galere con il collega Attilio Bolzoni, le prime cose che ti tolgono sono: orologio, cravatta, stringhe delle scarpe e cintura. È un trattamento che riguarda tutti i neo detenuti. Che a un mafioso del calibro di Gaetano Lo Presti, che aveva già scontato 27 anni di reclusione, sia stata lasciata la cintura con la quale si è impiccato nel carcere dei Pagliarelli, è stupefacente. È questo il «carcere duro» per i mafiosi?
Saverio Lodato

Dalla raccolta a cura di Antonino Uccello «Carcere e mafia nei canti popolari siciliani» traduco questi versi ottocenteschi: «il carcere di Sciacca è conosciuto / entri con la parola ed esci mutu. Da Sciacca a San Vito m'han portato / lì c'è l'inferno ancora più infuocato»: questo per dire della durezza delle carceri di una volta, dove ai mafiosi non venivano fatti sconti. Poi le carceri si sono ammorbidite. Per esempio, si è permesso ai detenuti la tazzulella di caffè mattutina, anche se a qualcuno, come il bandito Pisciotta, o il banchiere Sindona, depositari di troppi segreti, il caffè fu opportunamente condito col veleno. Come dice uno dei versi che ho citato, sono entrati con la parola e ne sono usciti per sempre muti. E ricordate le delegazioni di onorevoli a colloquio con Cutolo, gran capo camorrista ristretto in carcere, per ottenere la liberazione di Ciro Cirillo, alto esponente Dc? E che ve ne pare del bandito sardo Mesina che dal carcere di Asti fu mandato in licenza a Orgosolo per far da mediatore coi rapitori del piccolo Kassam? E vi sovviene delle due celle comunicanti, tipo suite, destinate a Luciano Liggio, una delle quali trasformata in studio di pittore e dove riceveva gli amici? Di fronte a tutto questo, caro Lodato, cosa vuole che sia la dimenticanza di una cintura? Bazzecole, quisquilie, pinzillacchere, avrebbe detto il grande Totò.
Andrea Camilleri


Le dimenticanze della Chiesa e il coraggio di Fini
20/12/2008

Camilleri, ammetterà che Fini è stato uomo di non poche giravolte: ricorda che voleva dare il voto agli immigrati, pur avendo dato, un anno prima, il suo nome alla Bossi-Fini? Ora pare che abbia fatto centro, lamentando l'ignavia (?) vaticana per le leggi razziali del '38. Magari bisognerebbe distinguere fra Pio XI, che protestò, e Pio XII, che si adeguò.
Saverio Lodato

È indubbio che Fini, abbia cominciato a maturare convincimenti ben lontani da quelli dei suoi esordi. Negli ultimi tempi ha fatto due dichiarazioni importanti. La prima è stata il riconoscimento della Resistenza come valore comune. Non è roba da poco. Infatti il ministro La Russa, in presenza del Capo dello Stato, in una manifestazione ufficiale, ha tentato di parlare un altro linguaggio. La seconda è questa sulle leggi razziali - sull'argomento si era già espresso in precedenza durante la visita in Israele -, che ha scatenato l'ira, se non di Dio, di chi lo rappresenta in terra. L'Osservatore Romano, l'ha tacciato di "meschino opportunismo politico". Resta il fatto che l'unica vera presa di posizione cattolica, all'epoca, fu quella di Padre Agostino Gemelli, presidente della pontificia commissione della scienza, il quali plaudì entusiasticamente alle leggi razziali sostenendo che gli ebrei se le erano meritate in quanto popolo "deicida". Non mi risulta che questa sua tesi sia stata mai smentita dalle alte gerarchie dell'Oltretevere. Certo, ci fu l'opposizione di Pio XI, subito sopita. E in seguito, privatamente, molti preti e prelati aiutarono gli ebrei; ma la condanna ufficiale non venne mai. Un'enciclica, forse, avrebbe potuto cambiare il drammatico corso degli eventi. Non ci fu. Caro Lodato, come dice la canzone? La verità ti fa male lo so...
Andrea Camilleri


Questione morale la ricetta è quella antica: via le pulci e i pidocchi
21/12/2008

Camilleri, quali regole nel Pd vista la buriana sulla questione morale? È scientificamente provato che non si dimette nessuno. Ognuno con ottime ragioni, giuste o sbagliate che siano. Tutti in nome della propria innocenza, sincera o bugiarda che sia. Nel vecchio Pci, trisavolo del Pd (Pci, Pds, Ds, Pd), era o radiazione con possibilità di rientrare,o espulsione: era il comunismo. Ma oggi come ci si tutela dal delinquente?
Saverio Lodato

Quando Togliatti cacciò due eretici, Cucchi e Magnani, disse l’Unità che nella criniera di un nobile cavallo da corsa si potevano annidare delle pulci. Restando a questa sprezzante definizione, a esser precisi Togliatti parlò di «pidocchi», si trattò, comunque sia, di pidocchi o pulci ideologiche. Oggi dalla criniera di quello che non è più un cavallo da corsa, ma un animale da bestiario medioevale, con cento facce e corpo multiforme - da noi si dice: mezzu scecco e mezzu liuni - le pulci saltano fuori a centinaia. Una razza voracissima, che un tempo si trovava solo nel pelame di gatti e cani che frugavano nella spazzatura. Cosa fare? Alcuni decenni fa, Roma ne fu invasa. Teatri e cinema, tribunali e chiese, furono chiusi per consentire alle ditte specializzate una bonifica integrale. Con la mia famiglia ci trasferiremmo in casa d'amici per due notti. È necessaria un'immediata e rigorosa, disinfestazione, senza lasciare il più piccolo angolo sporco, perché pidocchi o pulci che siano, si riproducono esponenzialmente. Altrimenti la fiorente criniera sarà come le vecchie pelli di nobili animali usate come scendiletto, ma così tarlata, mangiata dalle pulci, che non resta altro che buttarla via.
Andrea Camilleri


La gola profonda del Watergate e il lodo Alfano
23/12/2008

Camilleri, a 95 anni, e dopo abbondante colazione, è morto Mark Felt, ex numero 2 FBI, meglio conosciuto come la Gola Profonda del Watergate: fu lui a provocare le dimissioni - nel 1974 - del repubblicano Nixon, a capo degli Usa, per «spionaggio» a danno dei democratici. Felt fornì per due anni notizie riservate a Woodward e Bernstein, del Washington Post, per quello che fu lo scoop del ventesimo secolo. Agli americani, ingenui come al solito, non era venuto in testa di approvare il Lodo Nixon.
Saverio Lodato

Dopo il Watergate successero altri fatti che dimostrano, caro Lodato, come gli americani abbiano ancora leggi retrive, barbare. Pensi alla durissima condanna inflitta al capo della Enron o al più recente arresto del responsabile dell’equivalente della nostra Consob. Anche in Italia, patria del diritto, abbiamo vissuto un periodo d'oscurantismo medievale, culminato nelle atrocità di Mani Pulite, dove avvennero episodi da Inquisizione. In galera manager, politici,amministratori pubblici, colpevoli solo di volere incrementare lo sviluppo economico del nostro Paese. Poi, per fortuna, scese in campo Lui, il secondo uomo della provvidenza. Egli, miracolosamente, arrestò la pericolosa deriva giustizialista con una serie di leggi ad personam e con i lodo Schifani e Alfano, dimostrò la faziosità dei giudici italiani, condannò l'uso criminoso che veniva fatto dei grandi mezzi di comunicazione di massa. I due giornalisti che infamarono Nixon, costringendolo alle dimissioni, oggi, nel nostro felice Paese, non avrebbero spazio. Insomma, Lui restituì all'Italia quel primato nel diritto che aveva rischiato di perdere. E perciò vivamente consigliamo il presidente Obama, di mandare qui per uno stage il suo ministro della giustizia. Avrà molto da imparare dal collega Alfano».
Andrea Camilleri


Giuseppe e Maria? Se fossero migrati in Italia anche a loro avrebbero preso le impronte
24/12/2008

Camilleri, un'indimenticabile canzone di Bovio, Lacrime napulitane - cantata, fra gli altri, da Mina e Massimo Ranieri, dice: «Mia cara madre sta pe trasì Natale, e a sta luntano cchiù me sape amaro... come vurria sentì nu zampognaro!». Canto dell'emigrante, quando a emigrare erano gli italiani di tante generazioni. Oggi l'Italia è piena di africani, arabi, cinesi, filippini, cingalesi, pakistani, indiani, latino americani, con famiglie alle spalle, con spaventose storie di fame e guerra. Anche per loro «sta pe trasì Natale».
Saverio Lodato

Il primo Stato italiano a entrare in possesso di un vapore transatlantico fu il Regno di Napoli. La nave partiva da Palermo per New York zeppa d'emigranti. La partenza da Palermo fu decisa perché l'emigrazione, allora agli inizi, era più forte dalla Calabria e dalla Sicilia. Dopo l'Unità non ci fu regione esente dal fenomeno migratorio. Per dire come la storia della nostra emigrazione proceda parallela alla formazione dell'Italia, ne diventa parte integrante. Ci fu anche una santa degli emigranti, Sor Francesca Maria Cabrini. All’indomani del secondo conflitto mondiale, il flusso si intensificò soprattutto in direzione continentale. Delle braccia dei nostri emigranti, alcuni governi si servirono come merce di scambio: uomini contro carbone. Chi ricorda il disastro di Marcinelle, in Belgio, nel quale morirono 262 minatori italiani? Chi ricorda le condizioni di vita dei nostri emigranti negli Usa? Memoria corta: dimentichiamo facilmente ciò che siamo stati. Consideriamo gli extra comunitari come un pericolo e facciamo leggi obbrobriose per respingerli. Se Giuseppe e Maria si fossero imbarcati con altra povera gente per venire in Italia, Gesù avrebbe avuto pochissime probabilità di nascere, e ai suoi genitori sarebbero state prese le impronte digitali.
Andrea Camilleri


Tettamanzi e quel fondo per i poveri: ecco la Chiesa che amiamo, grazie
27/12/2008

Camilleri, durante la notte di Natale, a Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi ha annunciato la creazione di un Fondo-famiglia per chi è disoccupato. Lo stanziamento è di un milione di euro. La diocesi attingerà dall’otto per mille, dalle offerte, da scelte - ha precisato il cardinale - «di sobrietà della diocesi e mie personali». Se non si riducono i costi della politica, si riducono quelli della religione. La Chiesa degli atti concreti batte, almeno per due a zero, la Chiesa che pontifica.
Saverio Lodato

Certe iniziative di Tettamanzi non hanno incontrato il favore di una delle parti politiche al governo. A Milano ci sono state proteste pubbliche contro il cardinale. Avanti di questo passo e sarà tacciato di comunismo. Fra l’altro sembra che una parte del milione di euro, per i più poveri senza distinzione (orrore!) sul colore della pelle, provenga dalle tasche del cardinale che certamente non è iscritto alla Confindustria. Una vera provocazione! Nemmeno i centri sociali erano arrivati a tanto. Che intende suggerire, subdolamente, il cardinale? Che anche Piccolo Cesare segua l’esempio e si spogli, lui sì, di qualche miliardo per darlo ai più poveri? No, Lui l’elemosina preferisce farla con le nostre tasche. Comunque, ancora una volta, certi Pastori, in occasione delle grosse crisi, sanno mostrare il vero volto della Chiesa. Nel 43, quando la guerra si fece più crudele, il vescovo di Agrigento mandò a casa i seminaristi e trasformò in ospedale il seminario. Poi vendette tutto quello che aveva e istituì mense popolari. Nel dopoguerra, difese i contadini che occupavano le terre. Gli agrari lo fecero sparare. Gravemente ferito si ristabilì, ma volle restare al suo posto. Questa è la Chiesa che amiamo. Grazie cardinale Tettamanzi.
Andrea Camilleri


Pane e una sarda in quattro. C’è crisi, ma “Lui” pensa solo a riformare la giustizia
28/12/2008

Camilleri, gli italiani che mascalzoni! Ma come? Berlusconi non aveva detto altro: «Consumate, consumate, qualcosa resterà». E loro? Fanno crollare i consumi natalizi del venti per cento! Si può governare un Paese così? Ricorda cosa diceva De Gaulle dei francesi? Che era difficile governare un paese con più di 600 tipi di formaggi. Forse c'è impresa ancor più titanica: governare un Paese dove la gente non può più permettersi il formaggio.
Saverio Lodato

Seguendo gli incitamenti di Piccolo Cesare, con quei quaranta euro di elemosina, i consumi natalizi sarebbero dovuti salire alle stelle. Invece sono andati giù. Significa che quei quaranta euro gli italiani se li sono messi sotto il mattone, assieme agli altri cospicui risparmi. Ci penserà Tremonti a far loro pagare caro questo basso tradimento all'economia. Lei, caro Lodato, dice che gli italiani non hanno più i soldi per comprarsi il formaggio. Una volta i poverissimi braccianti siciliani si nutrivano «di pane e tumazzo». Cioè pane e cacio. Ma se non avevano i soldi per il tumazzo si mettevano in società in quattro e compravano un uovo sodo o una sarda. Venuta, diciamo così, la pausa pranzo, si sedevano in circolo, ognuno tagliava una grossa fetta del proprio pane, si infilava l'uovo societario in bocca, lo ritirava fuori intero e lo passava all'altro. Pane e sapore d'uovo. La sarda, invece, veniva legata in cima a una canna e le si dava una leccatina. Solo alla fine, con l'ultima fetta di pane, l'uovo poteva essere intaccato con i denti. Pensa che questi accorgimenti possano tornare utili? Comunque gli italiani esultino: nell'agenda di Piccolo Cesare le prossime riforme riguardano giustizia e intercettazioni. Lui affronta i grandi problemi personali, non si occupa di qualche etto di cacio in più.
Andrea Camilleri


Immigrati, nel governo scatta lo stato di calamità mentale
30/12/2008

Camilleri, all’indomani di Natale, a Lampedusa, ne sono sbarcati 1500 in un colpo solo. Vacanze rovinate per Maroni, per Frattini, per il sindaco Maraventano. Il primo è intervenuto sul secondo per chiedergli di intervenire su Gheddafi e, per rendere noto il suo intervento, è intervenuto su Berlusconi. La Maraventano, a sua volta, è intervenuta per chiedere «lo stato di calamità per le Pelagie». Roba forte. Potenza degli extracomunitari: a migliaia intervenivano con Prodi, a migliaia intervengono con Berlusconi. Gli hanno preso le impronte, li hanno legati al guinzaglio. Ma loro niente: intervengono imperterriti!
Saverio Lodato

Pare che Frattini sia intervenuto sull’ambasciatore libico in Italia che è intervenuto su Gheddafi il quale ha detto che interverrà a gennaio collaborando agli interventi di pattugliamento con la marina italiana. Non penso che sul colonnello si possa intervenire oltre, primo perché pare che Piccolo Cesare sia largamente in ritardo sugli interventi promessi ai libici, secondo perché il colonnello è intervenuto con qualche soldino nella traballante economia italiana. Se questa non fosse una tragedia, ci sarebbe da ridere sull’intervento del sindaco di Lampedusa che ha chiesto allo Stato lo stato di calamità naturale. In che potrebbe consistere l’intervento di Bertolaso? Nell’intervento dei Canadair per cospargere Lampedusa di insetticidi, come per un’invasione di cavallette? O operando un drastico intervento che contempli l’evacuazione dei lampedusani verso la più sicura terra di Padania? E se di fronte alla scelta fra siciliani ed extracomunitari i padani intervenissero a favore di questi ultimi? In conclusione, credo che di fronte a certi interventi, sia necessario l’intervento di qualche bravo psichiatra: è di stato di calamità mentale che si tratta!
Andrea Camilleri


La cucina a modo mio: ricette piccanti e chi ci sta ci sta
31/12/2008

Camilleri, fine del 2008. Possiamo dire di avere vinto una scommessa: il nostro ristorante è rimasto aperto e sta avendo un piccolo successo, fatta eccezione per qualche mattacchione de «Il Giornale» che non solo considera indigeste le nostre pietanze, ma, ancor più indigesta, gli risulta la figura dello chef. Quanto era bravo lei, Camilleri, quando scriveva in lingua di Vigata, senza entrare nell'agone politico. Si è pentito d'essersi fatto prendere dal demone dell'italiano che non ci sta?
Saverio Lodato

È risaputo che la cucina di un ristorante non può essere gradita a tutti. Questo l'avevamo messo in conto, caro Lodato. Quelli che non apprezzano le nostre portate, mi fanno tornare in mente una feroce vignetta ottocentesca di Paul Gavarni: in un ristorante di gran lusso, un signore elegantissimo urla sdegnato al cameriere d'aver trovato un capello nel piatto che gli impedisce di gustare la sua pietanza preferita. Il suo piatto contiene cacca fumante, chiarissimamente disegnata. Altri sostengono che il nostro ristorante è infrequentabile perché lo chef, a causa dell'età avanzata, sbaglia i dosaggi dei condimenti rendendo troppo piccanti le pietanze. Anche se sono di bocca facile, pronti a ingoiare tutto, il loro palato si infiamma e li spinge alla protesta. Altri ricordano un tempo nel quale lo stesso chef mandava in tavola portate di cucina regionale gradite a tutti. Quelle portate, però, avevano un retrogusto amaro che ne costituiva la specialità. Solo pochi lo sentivano e lo apprezzavano, tutti gli altri facevano finta di non accorgersene. Con l'età, e visti i tempi che corrono, lo chef aprendo questo nuovo ristorante, ha semplicemente deciso di non far più niente per accattivarsi la clientela. Cucina a modo suo, e chi non gradisce è liberissimo di accomodarsi altrove.
Andrea Camilleri


C’è Guantanamo. Ma Piccolo Cesare ha proclamato Bush tra i più grandi della storia
2/1/2009

Camilleri, ha sentito Bush: «Il mio più grande rimpianto è il fallimento dell'intelligence sull'Iraq. Molti si sono giocati la reputazione dicendo che le armi di distruzione di massa erano un valido motivo per rimuovere Saddam»? Oltre quattromila soldati Usa sono già morti, quaranta, cinquanta mila - mala cifra esatta non viene rivelata - i feriti, e molti di essi mutilati, centinaia di migliaia le vittime irachene. E ai nostri sfegatati tifosi della guerra in casa altrui, non scappa neanche una lacrimuccia?
Saverio Lodato

Bush prima aveva affermato di aver commesso l'errore di dichiarare finita la guerra mentre stava per cominciare. Ora afferma di avere sbagliato, credendo ai dati falsi dei servizi segreti sulle armi di Saddam, capo di uno «stato canaglia». Già: la sua era una «guerra santa», ispirata da Dio, in nome del Bene contro il Male. Ma i servizi Usa erano agli ordini di Satana? Ragazzi, in che mani siamo stati! Ricordate i giorni di terrore che questo signore, che oggi si finge credulone, fece passare agli americani e al mondo? Ricordate l'incubo antrace? Se uno, senza accorgersene, lasciava cadere un pizzico di bicarbonato, venivano sgombrati grattacieli da cento piani. Non passava giorno che non fossero arrestati innocui arabi scambiati per terroristi; accadde anche in Italia. Molti i diritti civili abrogati, e il Paese simbolo della libertà diventò il Paese della libertà condizionata. Da ridere a crepapelle, se non fosse stata immane tragedia, indelebile vergogna. La tragedia non solo dei 4000 americani caduti, ma direi, soprattutto, delle centinaia dimigliaia di vittime irachene. Vergogna per la degradazione dell'essere umano con la tortura, praticata ad Abu Graib, a Guantanamo, altrove. Piccolo Cesare ha proclamato Bush uno dei più grandi presidenti Usa, altro che lacrimucce.
Andrea Camilleri


L’infinita emergenza umanitaria
4/1/2009

Camilleri, ci dà una definizione di emergenza umanitaria? Quando diventa tale? In base a quali criteri la si valuta? Numerico statistici, o, appunto, umanitari? Le dieci piaghe d'Egitto, descritte nell'Esodo, rappresentarono la prima emergenza umanitaria della storia: l'invasione di cavallette, rane, zanzare e mosconi; grandine e tenebre, o moria degli armenti; analogamente all'ulcera sugli uomini o alla morte dei primogeniti; a non parlare dell'acqua che si tramutò in sangue. Tutto ciò che sta al di sotto del terribile limite biblico, non lo si può definire emergenza umanitaria? E' così?
Saverio Lodato

Credo che da tempo ci troviamo ben oltre il limite di quella soglia biblica che lei ricorda e che pareva il livello massimo raggiungibile dall'orrore. Sono dell'opinione che a farci perdere, nel decennio 1935-1945, secoli di civiltà faticosamente conquistata, siano stati due episodi della nostra storia. Mi riferisco all'Olocausto e al lancio della atomica su Hiroshima. Badi bene che non faccio il conteggio dei morti, che pure avrebbe un significato, ma mi riferisco al fatto che da allora, anche se ne provammo orrore e sdegno, fummo tutti predisposti all'accettazione della ragione del più forte. Per una motivazione spaventosa che permette al perseguitato di ieri di diventare il carnefice di oggi, più spietato dei suoi stessi carnefici di un tempo. Da allora la emergenza umanitaria è diventata quotidiana, basta pensare ai massacri del Vietnam, della Cambogia, dell' Iraq, del Darfur, della Palestina, in Africa, per rendersi conto di come la forza della ragionesia diventata rapidamente la ragione della forza. E poiché tutti siamo in questa logica disumana, credo che l'emergenza finirà con lo scomparire. E di questo passo non ci sarà più nessuno in grado di intendere il significato dell' aggettivo umanitario.
Andrea Camilleri


Un esempio di parole autentiche? Quelle di Napolitano il 31 dicembre
6/1/2009

Camilleri, in una bella antologia di articoli di Montanelli ("La mia eredità sono io", Bur), trovo ciò che scrisse per l'arresto di Mussolini, 25 luglio 43: "Le opinioni stanno uscendo di sottoterra, sono un poco abbagliate dal gran sole dopo tanti anni di buio, sono timide e incerte, si esprimono per linguaggi convenzionali, sanno di chiuso. Ma ci sono. Ma vivono. Ma i loro polmoni si espandono. La gente parla. E'... una caldaia che si decomprime, in quest'Italia che stava morendo di silenzio o di false parole che sono peggio del silenzio". Il ventennio era al capolinea. Per carità: il nostro, che non è... un regime, non durerà vent'anni. Ma in Italia, oggi, le opinioni hanno la tosse.
Saverio Lodato

La differenza fra ciò che accadde allora e quello che accade oggi è abissale, caro Lodato. Mussolini fu arrestato dopo un ventennio di potere assoluto, mentre, fino ad ora, non c'è stato nessuno arresto, e la cosa é più improbabile dopo che per tre legislature non si è fatto altro che produrre leggi per evitare l'arresto. L'arresto di chi, mi domanderà. Faccia un po' lei, le rispondo io. Sono dell'idea che sarà difficile, passata la nottata, far rispuntare opinioni senza la tosse, come dice lei. Gli italiani sono diventati marinai, alla Angelo Musco. Un giorno il grande comico siciliano fu convocato da Mussolini e si presentò senza la camicia nera. Mussolini: "Voi siete fascista?". E Musco: "Io marinaro sono". "Che vuol dire?" "Che oriento sempre la vela in direzione del vento favorevole". Poi, perché le false parole hanno preso il sopravvento su quelle autentiche, come la moneta cattiva scaccia quella buona. Ci vorrà molto per ritrovare parole di verità e usare solo quelle. Vuole un esempio di parole autentiche? Quelle del presidente Napolitano nel suo saluto di fine anno agli italiani.
Andrea Camilleri


Quante vittime miete la burocrazia? I «burosauri» resistono a tutto
7/1/2009

Camilleri, un signore, cui le B. R. uccisero il padre, si è rovinata la vita a far decine di ricorsi: gli chiedevano un risarcimento milionario a favore dei familiari delle vittime Br; c'è il paziente al quale perdono il rene; l'inquilino con obbligo di mantenimento dei venti cani che l'inquilino precedente ha lasciato a casa sua; l'impiegato che firmò una raccomandata, la ditta fallì, e a lui fu chiesta una multa milionaria spettante alla ditta. È «Assurdo Italia» (Baldini Castoldi Dalai), il libro in cui Andrea Vianello raccoglie i casi di «Mi manda Raitre». Quante vittime miete, nel nostro Paese, la burocrazia?
Saverio Lodato

Di che si meraviglia? Potrei farle una lista interminabile delle efferatezze burocratiche di cui conosco le vittime. Un mio parente fu condannato per mafia cinque anni prima che nascesse. Ci vollero due anni per chiarire l'equivoco e perdette fra l'altro la possibilità di accedere a un concorso che l'avrebbe sistemato definitivamente. A un altro mio amico, che ritirava la pensione, fu intimato di esibire il certificato di esistenza in vita. Invano mostrò carta di identità e passaporto, invano il figlio, che lo accompagnava, testimoniò per lui. Non ci fu verso. Che Guevara, nominato ministro a Cuba, mosse guerra alla burocrazia. Va da sé che vinsero “i burosauri”, come li chiamava un commediografo, Silvano Ambrogi. Il “Che” scrisse un saggio nel quale sostenne che la cosiddetta “pratica”, una volta istruita, vive un’indistruttibile vita propria, al di fuori del cittadino che ne è l'oggetto e del burocrate che la segue. Augusto Frassineti, raccontò di un direttore generale di un ministero che, morto d'infarto alle 9 del mattino sul posto di lavoro, continuò a firmare carte sino alla pausa pranzo. Lei non ci crede, vero? Io sì, la burocrazia è capace di questo e altro.
Andrea Camilleri


Amo i vignettisti, più persuasivi di un articolo di fondo
8/1/2009

Camilleri, e diamola la parola ai vignettisti. Ellekappa: «Il premier annuncia che stampa e opposizione devono andare a casa. Glielo impone l'Europa?». Massimo Bucchi: «Penso che mi servirà una cassaforte per il pane». Giannelli: «Il governo Paradiso: Angiolino! Basta con questa giustizia Di Pietro. E quelli del P.D. mandali tutti all'Inferno!» Ellekappa: «La riforma della giustizia è già bipartisan. Programma di Gelli, spot di Berlusconi». Bucchi: «L'importante è dire alla gente semplice cose semplici. Così resta semplice». A me sembrano editoriali di lusso.
Saverio Lodato

La prima cosa che guardo nei quotidiani sono le vignette. Sono un condensato di pensiero, con una forza di impatto e un'essenzialità che me le fanno di gran lunga preferire alla satira in Tv. Alcune vignette sono rimaste nella storia politica. Ne ricordo una di tanti anni fa, sul Candido, che ancora mi fa ridere. Guareschi ne produceva una a settimana, sotto il titolo «Obbedienza cieca, pronta e assoluta», e intendeva sfottere la fede che i comunisti nutrivano per "L' Unità". La vignetta mostrava una certa quantità di comunisti, tutti maschi, dislocati lungo una spalletta del Tevere. Tristissimi e desolati, in mano tenevano forbici e coltelli. Da lontano arrivava un "compagno" che gridava: "contrordine, compagni!". La frase de "L' Unità" conteneva un errore di stampa e andava letta così: "i compagni devono scaglionarsi lungo le rive del Tevere". L'equivoco era tutto in quel verbo: "scaglionarsi"... Amo i vignettisti, più persuasivi di un articolo di fondo o di politica. Quasi sempre colpiscono nel segno. Ultimo ad arrabbiarsi, in ordine di tempo, è stato Piccolo Cesare che si è scagliato contro il "Corriere della Sera" non tanto per l'articolo di fondo quanto per la vignetta di Giannelli. Lunga vita ai vignettisti.
Andrea Camilleri


Villari come il generale Armando Diaz dirama il suo bollettino
9/1/2009

Camilleri, gli slogan del vecchio mondo son roba da museo, ma qualcosa, ancora, si può fare. Ricorda Giuseppe Di Vittorio, segretario CGIL, di Cerignola, che di fronte a un'enorme sfilata di braccianti disse: "Giù il cappello padroni! Passa l'esercito del lavoro"? Oggi lo slogan può essere rinfrescato così: "Giù il cappello padroni! Passa l'esercito delle poltrone". Giù il cappello, allora, di fronte a Cosimo di Rondò, il barone rampante, Rosario Villari: il presidente della vigilanza Rai che non scende dall'albero. Non solo è riuscito a mangiare il panettone, ma anche cotechino e lenticchie. Chapeau, appunto.
Saverio Lodato

Oggi quello slogan di Di Vittorio dovrebbe subire qualche leggera modifica tipo: «Padroni, sull'attenti e allineati, passa l'esercito dei cassintegrati», oppure «Padroni, levatevi i calzari, passa l'esercito dei precari». Quelli che hanno ancora un lavoro stabile in Italia, non sono più un esercito, riuscendo, sì e no, a formare due o tre divisioni. Al contrario, quello delle poltrone è un esercito speciale sempre sul piede di guerra e che obbedisce a regole proprie: il poltronista rimane vita natural durante in servizio permanente effettivo, non si congeda mai, non piglia una licenza, considera la sua poltrona come una trincea da difendere, a ogni costo. Perché, malgrado si verifichi in Italia il miracolo costante della moltiplicazione delle poltrone, esse non bastano mai a coprire l'enorme richiesta, e molti devono accontentarsi di sgabelli e strapuntini. Di questo esercito il comandante indiscusso è il senatore Villari. E come il generale Armando Diaz, può ora diramare il suo bollettino della vittoria, dove è orgogliosamente detto che il nemico, ormai in rotta, si allontana sconfitto dalla poltrona che aveva tentato di sottrargli.
Andrea Camilleri


Il mondo sottosopra! Il Nord che chiede aiuto al Sud
10/1/2009

Camilleri, il sale! Non quello della marcia di Ghandi verso il mare, ma quello di Porto Empedocle, del suo paese, di quella Sicilia sempre data per spacciata, fanalino di coda delle statistiche nazionali. Una nave con 7600 tonnellate di salgemma di Porto Empedocle, ha attraccato nel porto di Genova. Serve a far sciogliere il ghiaccio meneghino, quello che ha messo in ginocchio Milano e offerto l'occasione al sindaco Letizia Moratti di sfoggiare un bel colbacco. A Milano non fa freddo, rassicurava Marotta. Ma a Milano manca il sale.
Saverio Lodato

Ci sono stato dentro la miniera di salgemma, vicino al mio paese. Si arriva al fondo dell'abisso in macchina, percorrendo una strada sotterranea che ruota attorno a un gigantesco pilastro di sale. All'ingegnere che mi faceva da guida domandai cosa fossero certe strisce scure, ininterrotte, distanziate fra loro di un metro circa, che correvano parallele lungo le pareti. Mi spiegò che erano il segno degli strati di sale che nel corso dei secoli si erano sovrapposte. Arrivati alla profondità massima, mi accorsi che quelle linee erano verticali: domandai il perché. Lui mi rispose che era l'effetto di un antichissimo sisma che aveva letteralmente rivoltato la terra. Un po' insomma come è accaduto con la nave carica di sale, che dal mio paese è salpata per rifornire il Nord. Un vero e proprio terremoto! Il mondo sottosopra! Il Nord che chiede aiuto al povero Sud. E i leghisti, come la prenderanno? Obbrobrio supremo, pare che in quella miniera lavorino alcuni extracomunitari! Nei panni di Bossi, piuttosto che posare i piedi su un sale più contaminato di un deposito di scorie atomiche, resterei chiuso in casa fino a primavera. Che bella cosa sarebbe! Di questo, Milano penso che ce ne sarebbe grata più del sale.
Andrea Camilleri


Bondi, anima bella, spieghi a suo figlio cosa avviene, e perché, ai bambini di Gaza
11/1/2009

Camilleri, per Santo Stefano il ministro Sandro Bondi è rimasto scioccato dalla strage dell'uomo vestito da Babbo Natale; da qui una convinta intemerata contro i Tg nostrali, rei di mandare in onda la non stop dell'orrore. Oscurare, oscurare! A suo figlio -ha precisato- non aveva saputo spiegare come Babbo Natale potesse fare cose simili. Ora il caso vuole che le immagini dei bambini palestinesi di Gaza non facciano altro che accrescere il suo imbarazzo e il suo disappunto. Che si fa? Oscuriamo tutto, ci facciamo una pennichella sopra e non ci pensiamo più?
Saverio Lodato

Per favore, Bondi non me lo tocchi. È un'anima bella, un poeta, autore di una pregevole raccolta dal titolo «Fra le tue braccia». Gliene do un esempio con una poesia dedicata a Marcello Dell'Utri: «Velata verità Segreto stupore Sguardo leggero insondabili orizzonti». Egli compone poesie che sono come i numeri addizionali, quelli per cui, invertendo l'ordine dei fattori, il prodotto non cambia. Puoi leggerle dall'ultimo verso, dal terzo, e il senso è sempre lo stesso. Ci provi, caro Lodato, non è mirabile? Credendo ancora a Babbo Natale, Berlusconi e Dell'Utri, e sensibile com'è, Bondi è sconvolto da certe cose che è costretto a vedere. Non da tutte, per sua fortuna, altrimenti non potrebbe né mettere piede in consiglio dei ministri, né assistere all'attività quotidiana dell'uomo che lo folgorò sulla via di Arcore. La Tv, per Bondi, dovrebbe dare solo notizie rallegranti: il gatto che suona il pianoforte, Berlusconi e la Gelmini che inaugurano l'asilo infantile, il signore che trova il portafogli e lo restituisce... Via quelle brutte immagini di bambini straziati dalle bombe e dalla fame. Come potrebbe spiegarle a suo figlio appartenendo lui stesso a un governo che non alza un dito per far cessare quegli orrori?
Andrea Camilleri


E se Brunetta tornasse alla sua gioventù, quando vendeva gondolette?
13/1/2009

Camilleri, per Carlo Podda, segretario Fp della Cgil, è un ex megalomane diventato «paranoico». Per Linda Lanzillotta, ministro ombra del Pd per la Fp, dovrebbe essere lui a «vergognarsi». Si riferiscono a Renato Brunetta, il ministro che vorrebbe mettere alla gogna intere categorie di statali perché «si vergognano di dire ai figli il mestiere che fanno» e che dichiara la Cgil il «nemico peggiore». E se gli statali si vergognassero di spiegare ai figli che Brunetta è il loro ministro? Visto che Brunetta non ottiene mai risultati, potremmo definirlo un ipercinetico afinalizzato?
Saverio Lodato

La prima volta che mi capitò di sentire Brunetta, fu al Maurizio Costanzo show. Mancavano due o tre giorni al G8 di Genova e Costanzo manifestò preoccupazione per quello che sarebbe potuto accadere. Allora Brunetta saltò su come un misirizzi ed esclamò: «che vuole che facciano quattro ragazzotti dei centri sociali?». Che uomo politico lungimirante! Pare, secondo alcuni sondaggi, che il suo essere un ipercinetico afinalizzato piaccia agli italiani. Da vero discepolo di Piccolo Cesare, riesce a spacciare l’acqua fresca come un geniale toccasana da lui inventato. E avendo un altissimo concetto di sé, non perde occasione per dichiarare di essere un Nobel mancato. Si dice di sinistra, e perciò la Cgil, noto sindacato di destra, è la sua bestia nera. È uomo di fantasia sbrigliata, solo così si può giustificare la sua affermazione che gli impiegati statali si vergognano a dirsi tali. Di che dovrebbero vergognarsi? Di lavorare? Non sa il signor ministro, sedicente socialista, che l’uomo si vergogna profondamente quando è privato del lavoro e non quando ce l’ha? Brunetta ha raccontato che da ragazzo aiutava il padre a vendere gondolette di plastica ai turisti. Non lo tenta il ritorno ai tempi belli della giovinezza?
Andrea Camilleri


È anche possibile che Belzebù vada in Paradiso
14/1/2009

Camilleri, per i suoi primi 90 anni (li festeggia oggi) -e ci mettiamo a turno per auguri calorosi-, Andreotti, in un'intervista, si dice certo che volerà in Paradiso, con i segretucci che ammette di portare con sé. Sciascia, a proposito di Buscetta, scrisse che, però, neanche i segreti di Bontate erano "piume". Visti i tempi, il Padre Eterno ha modificato i criteri d'ingresso in Paradiso, non essendo più ostativo né il fardello di segretucci, né una condanna per mafia in prescrizione. Quindi anche Buscetta e Bontate in Paradiso. E Caselli dove finirà? Urge riforma ultraterrena: Inferno, Purgatorio e Paradiso per togati. San Pietro sa che i due non potrebbero convivere neanche in Paradiso.
Saverio Lodato

Il pensiero del senatore è un po' più complesso: suppone che andrà in Paradiso non perché lo meriti, ma per la bontà infinita di Dio. E confida che il Tribunale divino prescriverà i suoi peccati più grossi, un po' come fece il Tribunale di Palermo. Ma non credo che il suo viaggio verso l'aldilà sarà facile. Intanto, all'imbarco, dovrà pagare un alto sovrapprezzo per eccesso di bagaglio. Troppi i segretucci che si porterà dietro. In quanto alla convivenza Caselli-Andreotti in Paradiso, il primo non creerà problemi perché, da sincero cristiano com'è, si inchinerà subito alla volontà divina. Qualche mugugno verrà dal senatore, che dichiara di essere posseduto "da una rabbia incontrollabile" verso i suoi giudici terreni. Ma lo sa, caro Lodato, cosa diceva Papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini? Che quando qualcuno entrerà in Paradiso si meraviglierà di non trovarvi chi si aspettava e di vederci, invece, chi non avrebbe mai pensato che potesse essere lì. Quindi è anche possibile che Belzebù vada in Paradiso.
Andrea Camilleri


I nipotini di Salò che permeano di razzismo l’Italia e le sue leggi
15/1/2009

Camilleri, le prove di disgelo fra Msi e Pci iniziarono con la presenza di Almirante ai funerali di Berlinguer, ricambiata, quattro anni dopo, da quella di Natta a quelli di Almirante. Molti fiumi di sangue li dividevano. Ci sono ancora comunisti e fascisti? Pare di no. Ma brutte notizie sì: deputati Pdl vogliono che gli eredi dei repubblichini abbiano croce d’onore e vitalizio. Vero è che oggi pretendere di tassare di 50 euro gli emigrati sta alle leggi razziali fasciste o ai gulag staliniani, come i Sopranos stanno alla mafia, non per questo i fascistelli vanno sottovalutati.
Saverio Lodato

Nel 1945, dopo la Liberazione, lessi un articolo di Herbert Mattews, corrispondente da Roma del New York Times. S’intitolava «Non lo avete ucciso» e avvertiva che l’esecuzione di Mussolini e la sconfitta di Salò non significavano la fine del fascismo, ma che anzi esso avrebbe continuato ad esistere assai a lungo, ora camuffato, ora trasformato: si era troppo profondamente radicato nel nostro modo di pensare e di agire. Mi sembrò esagerato, ma le occasioni per dargli ragione si moltiplicarono. Vede, caro Lodato, oggi non mi preoccupano tanto i rigurgiti fascisti esteriori,come la proposta della pensione ai familiari dei repubblichini, o l’intitolazione dell’aeroporto di Comiso a un generale fascista, quanto, piuttosto, il comportamento fascista di chi non pensa di esserlo. Mi spiego meglio. La proposta di far pagare 50 euro agli immigrati, fatta dai leghisti che non si dicono fascisti, nel suo profondo razzismo è, in realtà, una proposta fascista. L’idea di prendere le impronte ai bambini Rom è fascismo. È fascismo che il governo siluri un prefetto perché non è d’accordo con il sindaco di Roma che, fra l’altro, usa portare al collo una croce celtica. E l’elenco purtroppo potrebbe continuare.
Andrea Camilleri


Se un homeless va ai domiciliari, almeno si scelga la panchina
16/1/2009

Camilleri, viviamo in un Paese di fantasia. A Torino un giudice condanna un barbone con precedenti penali agli arresti domiciliari e gli impone un preciso tratto di marciapiede come dimora. La storia si complica: quel tratto di marciapiede non offre tettoie o ripari di alcun tipo, il condannato rischia l’assideramento. Lui chiede di spostarsi di qualche metro, sotto i portici. La polizia vorrebbe trovare una soluzione, ma il giudice è irremovibile. Niente da fare. Ok, Tangentopoli, Mafiopoli, Sanitopoli, Calciopoli, Velinopoli; ma questa è Pagliacciopoli.
Saverio Lodato

Ho letto di un tale che, scarcerato per trascorrere il resto della pena agli arresti domiciliari, quando si presenta a casa i familiari non lo fanno entrare, non vogliono più avere a che fare con lui. Il disgraziato avverte la polizia d’essersi trasferito nella panchina del giardinetto di fronte. Il magistrato, ragionevolmente, non si oppone. Bisognerebbe che i giudici, prima di legiferare, si informassero sulle condizioni casalinghe del domiciliando: talvolta la detenzione in casa risulta essere più dura della pena in cella. Si ricorda di quell’altro che, dopo una settimana di domiciliari, si ripresentò alle porte del carcere supplicando di essere rimesso dentro? In quei sette giorni, spiegò, la vita gli era stata resa un inferno da suocera e moglie alleate. Per tornare al caso segnalato da lei, che devo dirle? Si possono dare i domiciliari a chi non ha domicilio? Quel giudice farebbe meglio a trovare una dimora al barbone, magari pagandogli di tasca sua la stanza in un alberghetto, e poi applicare il provvedimento. Al mio paese si dice che «spissu la justizia è fatta a manicu di mola», cioè contorta, distorta, di andazzo variabile.
Andrea Camilleri


Alitalia indemoniata e l’esorcista. E forse Satana ci ha messo lo zampino
17/1/2009

Camilleri, per l’esorcista Padre Gabriele Amorth, sulfuree diavolerie spiegherebbero questi tempi catastrofici: «dietro questa gravissima crisi c’è lo zampino di Satana: quando accadono divisioni e confusione, il grande tentatore è sempre presente, se la ride e i dissesti economici influiscono sulla vita personale. Ciò che vuole Satana... La crisi Alitalia ha qualcosa di funestamente satanico». Un governo satanico dell’economia, mondiale e parallelo. Lei ha persino scritto un libro in proposito: «Il diavolo» (Donzelli), controcanto a quello di Jacques Cazotte. Conobbe Bacab, il diavolaccio, e i suoi familiari avevano miniere di zolfo. Ci dica.
Saverio Lodato

Davvero non sa che dietro ogni catastrofe, vera o metaforica, c’è sempre Satana? Non sa che decine di americani l’11 settembre testimoniarono d’aver visto il fumo delle torri gemelle comporsi nel volto di Satana ghignante? D’altra parte, il denaro è stato definito «lo sterco del demonio», quindi è più che probabile che Satana si metta a giocare con i suoi rifiuti organici, da noi chiamati alta finanza. Ma le parole che l’illustre esorcista dedica all’affare Alitalia, non mi convincono: mi sembra che Satana abbia messo in atto una strategia tortuosa che non è da lui. Gli bastava far cadere tre aerei di fila per raggiungere lo scopo. E c’è il rischio che gli ex amministratori delegati, chiamati a rispondere del fallimento, scarichino la colpa su Satana. Se prevalesse questa linea difensiva, molti manager disonesti e bancarottieri fraudolenti sarebbero assolti con il solo obbligo di sottoporsi agli esorcismi di padre Amorth. E quanti sarebbero i processi di competenza vaticana? Un dubbio atroce: se la frase sull’Alitalia a padre Amorth l’avesse suggerita Satana in persona, a sua insaputa? Forse occorre un esorcista per l’esorcista.
Andrea Camilleri


Da clown mediocri nasce solo un senso di profonda malinconia
18/1/2009

Camilleri, da ragazzo Berlusconi raccontava barzellette e cantava canzonette sulle navi, accompagnato, al pianoforte, da Confalonieri. Anche Bossi, lasciato dalla moglie quando lei scoprì che non era medico sebbene ogni mattina le dicesse: "Vado in ospedale", da giovane cantava con il nome di copertura "Donato". Maroni, per hobby, suona il sassofono. Altro tipo di spettacolo i calendari della Carfagna, la ministra ex starlette. Brunetta, da piccolo, vendeva gondolette. Come spiega allora che la grande tradizione del circo italiano non sia mai riuscita ad esprimere suoi rappresentanti al vertice delle istituzioni?
Saverio Lodato

La risposta è semplice, caro Lodato: il circo è una cosa serissima. Ogni artista che si esibisce sulla pista di un circo, sia trapezista o domatore, contorsionista o equilibrista, ha alle spalle una preparazione di scuole severe e diuturno allenamento. L'arte circense esige dedizione assoluta, volontà di ferro. Le pare che una persona così possa mettersi a fare politica come la si intende oggi in Italia? Forse fino a una trentina d'anni fa sarebbe potuto accadere, ma allora vigeva una netta distinzione fra il politico e il clown. E non prenda la palla al balzo per dirmi che un sedicente uomo politico che racconta barzellette, canta canzonette, fa le corna nelle fotografie, gioca a cucù con una prima ministra, non abbia in fondo qualcosa di clownesco. Vede, caro Lodato, da grandi clown possono nascere o Chaplin o Beckett. Da clown mediocri nasce solo un senso di profonda malinconia. Se proprio vogliamo trovare gli ispiratori di questi politici non li troveremo certo nel circo, ma negli avanspettacoli felliniani di una volta, quelli che precedevano il film, con il "comico", circondato da ballerine sfiorite, a raccontare scipite storielle che non facevano ridere nessuno.
Andrea Camilleri


Se Berlusconi sventola i bambini di Gaza come quelli cinesi o russi
20/1/2009

Camilleri, sul Corriere della Sera, a proposito di Gaza, il professor Panebianco scrive: «Dal punto di vista strettamente militare la disparità delle forze fra l’esercito israeliano e Hamas era massima. Hamas ha avuto quindi a disposizione, in questa guerra, una carta e l’ha giocata sino in fondo: le vittime civili». Le nostre forze – e lei concorderà - non ci consentono di avventurarci in questioni così complesse, ma la frase del professore certo è strana assai. Per carità, tacciano i Cattivi Maestri; ma non sarebbe utile che anche gli Ottimi Professori d’Alta Quota non abusassero troppo degli allievi?
Saverio Lodato

A quanto m’è parso di capire, l’illustre politologo Panebianco sostiene la tesi che Hamas abbia sfruttato i suoi 1300 morti civili come arma di pressione sull’opinione pubblica internazionale. L’esimio pensatore non tiene conto che Hamas non possiede né televisioni, né giornali, né aerei, né elicotteri, né missili; solo razzi un pochino più pericolosi di quelli che a Napoli si sparano a Capodanno. Allora chi è stato a diffondere le notizie sul massacro dei civili? C’è una sola risposta: sono state organizzazioni spacciatamente filo palestinesi, come l’Onu, la Croce Rossa, e i network di tutto il mondo. Non è stato da meno dell’eminente studioso di politica, il nostro Piccolo Cesare che l’altro giorno, dalla Sardegna, dopo avere inanellato alcune bestialità sui nuraghi, dopo aver definito astrologa l’astrofisica Margherita Hack, ha concluso la sua brillante performance sostenendo che i morti bambini a Gaza sono stati tanti, perché quelli di Hamas se ne sono serviti come scudi umani. Meno male che non ha detto che se li sono mangiati come hanno fatto, secondo lui, i comunisti russi o li hanno usati per concimare la terra come, sempre secondo lui, hanno fatto i comunisti cinesi.
Andrea Camilleri


Silvio come Maria Antonietta. Per chi è costretto alla social card è una beffa
21/1/2009

Camilleri, no, questa volta la carta non canta. E Tremonti, lo si può ben dire, gioca a carte scoperte, scopertissime. Un terzo delle 500mila social card vale zero. Gente che sviene alle casse dei supermercati, che avvampa di vergogna, liti e ricoveri in ospedale. Gli sfortunati gabbati sono inferociti, i giornali ne riferiscono come di una notizia di colore, gli opinionisti economici a domanda rispondono; se ne chiacchiera, insomma. Carte scoperte. Carte truccate. Gioco delle tre carte. È la finanza fantastica e creativa di un ministro la cui faccia paciosa, con adeguato corredo di campanellini, potrebbe star benissimo in un bel mazzo di carte; truccate anche quelle.
Saverio Lodato

Poco prima che scoppiasse la rivoluzione francese, la regina Maria Antonietta, vedendo una massa di popolani che manifestavano davanti alla reggia, ne domandò la ragione a un cortigiano. «Non hanno pane», fu la risposta. E la regina: «Perché non mangiano brioches?». Era le mille miglia distante dal capire che il popolo era affamato. L’altro giorno, in Tv, ho visto Piccolo Cesare che andava a far compere in lussuosi negozi romani e l’aneddoto mi è tornato in mente. Piccolo Cesare incita gli italiani a spendere e ne dà l’esempio. Solo che lui è stramiliardario e può permetterselo, milioni d’italiani invece no. Questa esibizione mi è parsa un’irrisione, soprattutto per quei centomila che, ricevuta la «social card», sono andati al supermercato per fare la spesa e l’hanno dovuta restituire, vergognandosi, perché la tessera alla cassa non risultava coperta. Insomma è stato come se Piccolo Cesare e il suo ministro Tremonti avessero elargito ai poveri assegni a vuoto. Subissato dalle proteste, Tremonti ha detto che non si polemizza sui poveri. D’accordissimo, ma nemmeno si prendano in giro.
Andrea Camilleri


Nessuna retorica da Obama ma il linguaggio rivoluzionario della verità
22/1/2009

Camilleri, ci vuole così poco per amare l'America. «Che ve ne sembra dell'America?» si intitolava un racconto di Saroyan, quando era in voga il mito della libertà. Oggi, per amarla, ci vuole molto meno. Ci vuole il Presidente n.44, Obama, convinto che «la grandezza della nostra nazione non cade dal cielo, va conquistata»; consapevole «che una nazione non può prosperare a lungo se favorisce solo i ricchi»; rivolto ai «cinici che non capiscono che gli è crollato il terreno sotto i piedi»; fermo con i terroristi «ai quali siamo pronti a dare la mano se abbasseranno il pugno». Il coraggio di dire «parole senza tempo», «cose vecchie»; ma «cose vere».
Saverio Lodato

Tra i personaggi italiani che commentavano in tv il discorso del neo presidente Usa, mi ha colpito un noto giornalista il quale sosteneva che le parole di Obama si potevano riassumere così: «niente scuse, siamo americani». A me era parso il contrario. Soprattutto m'era sembrato che avesse chiesto scusa per gli errori dell'amministrazione Bush in politica interna: il gravissimo vulnus arrecato alla Costituzione in nome della difesa dal terrorismo; il terremoto finanziario, l'impoverimento economico, l'aumento della disoccupazione e della povertà. E, in politica estera, frasi come «il rispetto reciproco con i paesi arabi», e quella rivolta ai terroristi «pronti a darvi la mano se abbasserete il pugno», Bush non le avrebbe mai pronunciate. Un altro commentatore ha rilevato che quel discorso non conteneva frasi storiche. A me, anche questa volta, è parso il contrario. Non c'erano quelle belle frasi tornite e retoriche che tanto piacciono agli italiani, ma in compenso c'era l'asciuttezza, la concretezza della verità. E la verità, forse qualcuno se l'è scordato, in questo nostro paese annebbiato dalla menzogna, è sempre rivoluzionaria.
Andrea Camilleri


Così trattiamo i senza casa e gli immigrati. Gli italiani non sono più “brava gente”
23/1/2009

Camilleri, ora che i due schieramenti vogliono occuparsi di giustizia, andrebbe proposta l’istituzione di un nuovo reato: il barbonicidio. Solo a Milano, negli ultimi 18 giorni, ne hanno trovati stecchiti sei. Li chiamano: «I morti per l’inverno». Quando iniziarono a rovesciarsi le prime imbarcazioni d’immigrati, i giornali titolavano: «Tragedia del mare». Una volta, quando un mafioso era interrogato per un delitto, immancabilmente rispondeva: «Il morto deve essere andato incontro a una pallottola». «Toda verdad es relativa depende del cristal con el che se mire», dice un adagio ispanico... Però, in Italia, si esagera.
Saverio Lodato

Il barbonicidio, come lo chiama lei, sia quello operato dal freddo, ma soprattutto dovuto all’indifferenza delle amministrazioni comunali, sia quello messo in atto da giovinastri che per svago ogni tanto ne ammazzano qualcuno, o gli danno fuoco, è un fenomeno recente che dimostra a quale livello di inciviltà stiamo arrivando. Il barbone non è più considerato un essere umano, ma qualcosa di mezzo fra un cane randagio e un cumulo di stracci. E spendiamo qualche parola sulla cosiddetta accoglienza che gli extracomunitari ricevono in Italia nel caso riescano a stabilirvisi? Bene che vada, il ghetto dei centri di raccolta. E come la mettiamo con l’aumento dei pirati della strada che ammazzano non barboni o extracomunitari, ma persone come me e come lei? La verità è che in Italia si va perdendo il rispetto per la vita degli altri. È un gravissimo depauperamento del senso di umanità che una volta si esprimeva con la solidarietà. Fortunatamente, c’è ancora chi resiste e non abdica dalla dignità di uomo, né da quella sua né da quella degli altri. Ma non sarebbe ora di piantarla con quel luogo comune che recitava: «italiani, brava gente?».
Andrea Camilleri


Le promesse dei politici. Chi guarda al passato e non a cosa fare in futuro
24/1/2009

Camilleri, per quelle curiose coincidenze che non significano nulla ma che avrebbero deliziato Borges, tutti e due hanno cognomi che iniziano con la O. Obama e Olmert. Obama dice: "entro il 2009 chiuderò Guantanamo." E aggiunge: "basta con la tortura". Quanto era scesa in basso l'America se oggi é costretta a mettere al bando la tortura per decreto presidenziale? Olmert pare voglia indagare sul bombardamento al fosforo a Gaza. Ma un gabinetto di guerra, di un paese nato e cresciuto a pane e guerra, deve indagare per sapere se il fosforo fu usato? Usa - Israele: la sfida comincia ora. Sbaglio?
Saverio Lodato

Non capisco quale affinità o disaffinità lei trovi in due cognomi che cominciano con la stessa lettera, anche se potrebbe essere un raffinato gioco letterario alla Borges. La M di Mussolini era come quella di Matteotti, la S di Stalin era gemella di quella di Solzenicyn e, mi consenta, la B di Berlusconi è uguale a quella di Bin Laden. E le faccio presente, caro Lodato, che la sua L è identica a quella di un tal Lo Piccolo... Ciò premesso: Obama, cosciente che il suo paese ha per un certo periodo ignorato i diritti civili e l'habeas corpus, vi ha posto rimedio mosso da un impulso morale prima che politico. Olmert, poverino, dicendosi all'oscuro che il suo esercito aveva impiegato armi proibite, promette un'inchiesta. La differenza abissale è questa: uno agisce in modo che non accadano più episodi simili, l'altro promette di indagare su un passato che ha provocato più di 1300 morti, ma non fa nessuna azione che riguardi il futuro. E dato che parliamo di promesse, Olmert in seguito alle gravissime accuse di corruzione non aveva promesso di dimettersi entro l'anno scorso? Oppure il sublime esempio del nostro, si fa per dire, presidente Villari, ha infiammato anche quelle sponde?
Andrea Camilleri


Propaganda e xenofobia non fermano gli stupri. Né lo spot sull’esercito
25/1/2009

Camilleri, una donna è stuprata «da uomini con accento nordafricano». Una donna «da uomini con accento dell’ Est». Una ragazza «da un italiano di 22 anni, senza precedenti, con un lavoro». Vuol mettere la differenza fra l’esser violentata dallo straniero senza permesso di soggiorno o dall’italiano con i documenti a posto? Alle prefiche di destra, che durante il governo Prodi piangevano a tassametro per ogni episodio di violenza, sembrava tutto facile. Ora un Maroni incoturnito annuncia: «La Fase 2». Quale? Accendere la luce nei quartieri immersi nel buio? Non serve l’esercito, ci vuole l’Enel.
Saverio Lodato

Che gli stupratori parlino con l’accento dell’est o quello nordafricano è un fatto usato come arma dalla propaganda dei leghisti. Arma che però finisce con il colpire soprattutto coloro che, da Berlusconi ad Alemanno, sulla promessa di sicurezza hanno fondato gran parte della loro fortuna elettorale. Ora l’ineffabile ministro Maroni annunzia che il problema si può risolvere con il prolungamento della presenza dell’esercito nelle città. Altra aria fritta, perché si è già visto che l’esercito non serve a nulla. Solo fumo negli occhi per impedire agli italiani di vedere che i drastici tagli alle forze dell’ordine impediscono loro il controllo del territorio. E il fracasso del tam tam si attenua non appena si scopre che è stato un italiano a commettere lo stupro. Allora la faccenda viene presentata un po’ come l’eccezione che conferma la regola. Il problema non lo si risolve con gesti di facciata: occorrono provvedimenti severi, concreti che non ubbidiscono a regole dettate dall’emozione o dalla xenofobia. È bene che Alemanno, sindaco di Roma, ricordi un vecchio detto che può parafrasarsi così: «chi di stupro ferisce, di stupro perisce».
Andrea Camilleri


Nell’anno del turista si arrabbiano gli abitanti di Lampedusa
27/1/2009

Camilleri, una cosa ancora non ci riesce bene: il passo dell’oca. Dalle robuste mani di Maroni scappano 1300 immigrati. Grandioso! Il N.1 del Viminale vuole un altro centro a Lampedusa; irrita il sindaco che dice: «gli taglierò acqua e fogne»; si auto infligge una magra figura avendo detto che il 15 gennaio sarebbero partite le pattuglie italo-libiche e che il 2009 sarebbe stato «l’anno del turista». Il paese solidarizza con i 1300 in fuga. Chi sono? Detenuti all’ora d’aria? Evasi? Comparse di Cinecittà? Battaglioni di stupratori? Ingombrante millepiedi umano? O le avanguardie di un mondo affamato?
Saverio Lodato

Mi consenta di contestare il verbo «scappare»: in quel Cpa si può entrare e uscire a piacimento, l’ospite, se lo desidera, può andare a farsi una birretta o uno scopone con gli amici nel bar più vicino. L’ha detto Piccolo Cesare che, in precedenza, non scordiamolo, definì villeggiatura il confino al quale venivano condannati gli antifascisti. Non c’è stata nessuna fuga, si è trattato di un’allegra gita per prendere una boccata d’aria dato che dentro al centro si sta un po’ strettini. Infatti sono in 1300 in una struttura progettata per 350. Tutto il resto, disumane condizioni di vita, servizi igienici traboccanti liquame, mancanza di medicinali, è invenzione della solita sinistra. Lì si respira sempre aria buona e c’è un mare impagabile. Piccolo Cesare starebbe meditando di rinunziare all’acquisto di una grandiosa villa umbra - la quindicesima - per trasferirsi nel centro di Lampedusa. In quanto al ministro Maroni un solo consiglio: poiché dovrà recarsi in Libia, non si attenti a sorvolare Lampedusa, ma faccia la rotta Gibilterra-periplo dell’Africa-Canale di Suez, stando il più possibile alla larga dell’isola. Pare che gli indigeni siano un pochino inferociti.
Andrea Camilleri


Ogni volta che apre bocca offende qualcuno. E giù risate e barzellette
28/1/2009

Camilleri, Berlusconi impazza, minaccia sfaceli sulla giustizia, diffida gli alleati dal non mettersi di traverso, annuncia il «più grande scandalo della Repubblica». In vista delle elezioni di Sardegna infanga Soru, costretto a querelarlo, agli studenti manifesta tutto il suo livore contro l’Unità, se la prende con Tremonti, che invece di lavorare pensa alla successione. Affronta Olocausto e stupri a suon di battute e barzellette. Poi si corregge: son solo «complimenti». Per l’opposizione il compito non è facile. Ma qualcosa l’opposizione dovrà pur farla?
Saverio Lodato

A me l’opposizione pare pericolosamente lenta, a spegnere tutte le girandole di balle che Berlusconi accende. Berlusconi è quello che un tempo, a Milano, veniva chiamato il ballista, uno che le sparava grosse per puro divertimento. Solo che Berlusconi le spara mirando al tornaconto personale. Come fa col caso Genchi, accusato di avere fatto 350 mila intercettazioni mentre si tratta di tabulati, vale a dire le registrazioni cartacee del traffico fra diversi utenti. Genchi sa da quale numero è stato chiamato un altro numero ma sconosce il contenuto della telefonata. E questo sarebbe il più grande scandalo della Repubblica? E allora l’immane, gigantesco suo conflitto di interessi a che ordine di grandezza appartiene? E c’è un'altra cosa preoccupante alla quale l’opposizione dovrebbe reagire con forza. Berlusconi non apre più bocca senza offendere qualcuno. In un solo comizio sardo ha offeso Soru, le donne, gli immigrati, l’esercito, l’opposizione. Se glielo fanno notare, dice che si tratta di umorismo mal capito perché lui, davanti al disastro nel quale sprofonda il nostro paese, ride. Una risata in tutto simile a quella di una animale che vive nel deserto, si nutre di cadaveri e che vi ha sempre fatto venire i brividi.
Andrea Camilleri


Dal G8 a Rete 4 a Eluana. Com’è difficile che lo Stato rispetti le sue leggi
29/1/2009

Camilleri, ma che Stato è quello italiano? Sia pur condannato, si rifiuta di risarcire (2 milioni di euro da suddividere fra 142 persone) i ragazzi torturati a Bolzaneto, nella speranza che la sentenza d’appello ribalti il giudizio sui fatti di Genova. I giovani pestati a sangue si accontentassero delle «sentite scuse» dello Stato ma, come si usa dire fra pessimi pagatori, «non c’è trippa per gatti». La riforma della giustizia dovrebbe includere un semplice articolo: «Anche lo Stato, come i comuni cittadini, è tenuto a pagare i suoi debiti».
Saverio Lodato

Lo Stato la pensa secondo un vecchio detto delle mie parti: «pagari e moriri chiù tardu che si pò». È infatti frequente il caso che lo Stato si decida a pagare una pensione trent’anni dopo che l’avente diritto si è reso defunto, per dirla con Gadda. E c’è da considerare che fra coloro che dovevano essere indennizzati ci sono alcuni stranieri che così saranno in grado di capire cosa si intenda da noi con l’espressione «cornuti e mazziati». Ma ha notato, caro Lodato, come sempre più spesso le sentenze dei tribunali sono disattese? Da anni la Cassazione ha spedito Emilio Fede sul satellite con l’obbligo di restituire la frequenza al legittimo proprietario. Fede se ne sta ancora lì. Un’altra sentenza ha ordinato che a Eluana fosse interrotta l’alimentazione, ma Sacconi e uno sciame di cardinali si sono messi di traverso. C’è stata una sentenza del Tar milanese, anch’essa favorevole a Eluana, ma Formigoni non intende applicarla. E l’oggetto del contendere – perché continuano a chiamarla col nome e cognome, visto come la trattano? - sta lì, privata d’ogni volontà, ad aspettare che finisca l’ignobile tenzone. A questo punto, caro Lodato, invece di riformare la giustizia a misura di Berlusconi non sarebbe più spiccio abolirla per decreto legge?
Andrea Camilleri


Solo in Italia è concesso a uno più volte inquisito di fare la riforma della giustizia
30/1/2009

Camilleri, la frase, nella sua infelicità, è nota: «a lei, presidente Napolitano, che dovrebbe essere arbitro, possiamo dire che a volte il suo giudizio ci appare poco da arbitro e poco da terzo? Il silenzio uccide, il silenzio è un comportamento mafioso». Di Pietro dà fuoco alle polveri e scatena una valanga di reazioni negative e una durissima nota del Quirinale. Ironia della sorte, lei si era rivolto a Di Pietro invitandolo, per le europee, a sostenere una lista degli onesti. Se l’ avesse saputo prima, l’avrebbe scelto come interlocutore? Sente tradita la sua fiducia?
Saverio Lodato

Una premessa non doverosa, ma sinceramente sentita: le parole di Di Pietro mi appaiono inaccettabili e totalmente fuori posto; e, soprattutto, aggettivare come mafioso un comportamento del Capo dello Stato attiene alla sfera delle futuristiche parole in libertà, più che alla politica. Dico però, con altrettanta sincerità, che la preoccupazione di Di Pietro sulla riforma della giustizia che Berlusconi intende perpetrare è più che fondata. Di Pietro è stato un irruente protagonista di Mani Pulite che rimane magistrato in aeternum e che teme lo stravolgimento della giustizia. Solo in Italia è possibile che sia concesso a un individuo, più volte inquisito e con cause pendenti alle quali si è sottratto con leggi ad personam, di varare una riforma della giustizia. Non è solo Di Pietro ad averne paura, dovremmo averla tutti. Occorre che ogni passo che Berlusconi fa in questa materia sia attentamente monitorato e vagliato per il bene comune. Lei mi chiede se la mia proposta l’avrei fatta anche dopo le sue inaccettabili parole su Napolitano. Non le sembra che le due cose siano completamente diverse? E comunque, perché non si trova in Italia la stessa indignazione verso chi afferma che col tricolore ci si pulisce il sedere?
Andrea Camilleri


Intelligente ma ladrone. Sotto il semaforo la trappola delle multe
31/1/2009

Camilleri, c’è un nuovo pubblico ufficiale: il Semaforo Ladrone. Ma questa volta, non c’entra Roma Ladrona. Con buona pace di Borghezio e Cota, Calderoli e Maroni, c’entra il Nord Ladrone. Parafrasando Renato Zero: «il semaforo no non l’avevo considerato...». È stato arrestato l’inventore del «semaforo intelligente», indagati 108 fra funzionari di polizia municipale, amministratori di 80 comuni del Nord e privati, tutti taglieggiatori di automobilisti per 130 milioni di euro. Il Semaforo era truccato, come certe bilance: migliaia i ricorsi degli automobilisti inferociti. Il Nord Ladrone restituirà il mal tolto? Mmm...
Saverio Lodato

Credo risalga ai primi tempi dopo l’Unità d’Italia che alcune amministrazioni assunsero nei riguardi dei cittadini un atteggiamento bushano ante litteram, vale a dire la fregatura preventiva. Mi spiego: partendo dall’idea che il neonato popolo italiano non avrebbe avuto il senso d’appartenenza a una comunità nazionale, con conseguente evasione fiscale, l’amministrazione statale elaborò autentiche trappole a danno del contribuente. Sono passati quasi 150 anni e l’atteggiamento non è molto cambiato: si è esteso a regioni, province e comuni. I quali ultimi, con l’abolizione dell’Ici, voluta da Piccolo Cesare solo per acquistare popolarità, sono stati privati di una cospicua entrata e tentano di recuperare come possono. Ricorda la pioggia di divieti e di multe per i trasgressori che imperversò l’estate scorsa? Vietato mangiare un panino in pubblico. Vietato fare castelli di sabbia. Vietato camminare con gli zoccoli... In sostituzione dei semafori ingannatori troveranno altri espedienti. Ne propongo uno io: tassare chi va in giro senza orologio, perché così usufruisce gratis dell’orologio del Municipio. Quanto al rimborso, forse, ne godranno i nipoti.
Andrea Camilleri


Obama e il governo italiano la favola della formica che vuol uccidere l’elefante
1/2/2009

Camilleri, i nostri politici che danno lezioni, voti, pagelle, consigli, bacchettatine o bonari buffetti a Obama, ricordano le mosche fastidiose che viaggiano gratis nella giungla stando sul groppone dell’elefante. Dal suo insediamento, il presidente «abbronzato» (versione Berlusconi), o «caffellatte» (versione Cossiga), ha capovolto la filosofia del mercato delle auto; ha rilasciato la prima intervista ad Al Arabya, parlando al mondo arabo che lo ricambia con valanga di messaggi: «Che Allah ti benedica»; si rivolge lealmente al russo Medved che riattiva, dopo la gelata con Bush, il «telefono rosso» (e russo); sul lavoro stabilisce la parità uomo-donna. E l’Italia che fa? L’Italia critica gli Usa, con gran dignità.
Saverio Lodato

Un aspetto della mediocrità è la supponenza. In una discussione politica fra mediocri la frase più usata comincia con «se fossi io» prosegue, a seconda dei casi: il ministro delle finanze, il presidente del consiglio, il Capo dello Stato, il Papa. Il mediocre ha sempre la ricetta in tasca. C’è la storiella antichissima di un calzolaio che fa notare a un artista, che ha appena scolpito una statua, che non ha eseguito a regola d’arte le scarpe. Lo scultore le rifà. A questo punto il calzolaio critica la forma del naso. Ma lo scultore: «scarparo non ti spingere oltre». Dato che lei cita la mosca in groppa all’elefante, gliene racconto un’altra. Una formica sfida a duello mortale un elefante, incitata dai suoi tifosi. La formica sale faticosamente sul bestione, e arriva sotto la sua gola. Dai suoi fan parte un coro: «strozzalo, strozzalo». I politici italiani che danno consiglio a Obama su come governare gli Usa e condurre la politica estera - incapaci come sono di governare il loro piccolo paese – si dimostrano privi del senso delle proporzioni, oltre che del ridicolo.
Andrea Camilleri


I lavoratori inglesi dovrebbero prendersela con i loro governanti
3/2/2009

Camilleri, facile dire che chi di razzismo ferisce di razzismo perisce: a farne le spese sono i lavoratori, e non i governanti italiani che se ne stanno rimpannucciati, e al calduccio, fra vitalizi e auto blu e stuoli di portaborse. In Inghilterra, un centinaio di italiani sono agli arresti – diciamo - occupazionali. Si teme per l’incolumità e la polizia li guarda a vista. I lavoratori inglesi non sentono ragioni: gli italiani venuti a costruire la raffineria di Lindsey, dopo che la siracusana Irem ha vinto una gara, tolgono loro il pane di bocca. I leghisti non potrebbero portare alle due maestranze un po’ d’acqua del Po e invitarle a un brindisi comune?
Saverio Lodato

Mi scuserà se, in questa faccenda, non ci faccio entrare né Lega né leghisti. I nostri lavoratori non sono arrivati lì da clandestini, ma in seguito a regolari accordi con le competenti autorità di quel paese. E quindi i lavoratori inglesi dovrebbero prendersela con i loro governanti e non minacciare i compagni italiani. Ancora: se invece di operai altamente qualificati fossero arrivati netturbini o pulitori di fogne non ci sarebbero state proteste. Questi lavori, come accade anche da noi,non risvegliano appetiti. L’aspetto inquietante, come giustamente nota lei, è il rigurgito razzista. Ho sentito, da un rappresentante degli operai inglesi, queste testuali parole: “non capisco come si possa volere un lavoro straniero mal fatto”. Dal che si capisce che per lui ogni lavoro fatto dagli stranieri è pregiudizialmente mal fatto. Sarebbe più accettabile sostenere che la coperta diventa ogni giorno più corta e ognuno difende lo scarso lavoro come può. E se noi reagissimo allo stesso modo con gli operai inglesi che verranno a installare un rigassificatore a Priolo (Siracusa)? Non sarebbe come fare: ciao, ciao, al mercato unico europeo?
Andrea Camilleri


Razzismo e crisi di valori. Ma l’esempio viene dall’alto di governo e Lega
4/2/2009

Camilleri, siamo un popolo di tontoloni. C’è una crisi di valori tanto estesa e profonda che per dei minorenni è naturale concludere la serata iniziata a vodka e coca, con l’«emozione forte» di bruciare un indiano. Fatti del genere ne accadono tanti e noi stessi, in questo piccolo ristorante, ce ne siamo occupati. Perché tontoloni? Perché poi viene la Gelmini, con i voti in condotta, le telecamere, gli sms ai genitori se il figlio marina la scuola, il grembiulino come divisa del bravo bambino, e sembra una di quelle stelline che su Rai Uno ti danno la buona notte puntandoti il dito diritto nell’occhio.
Saverio Lodato

Il ministro Maroni ha precisato che l’episodio dell’indiano bruciato vivo non è da ascriversi al razzismo ma al degrado morale. «Girala come vuoi sempri è cucuzza», si dice dalle mie parti. Qui si tratta di degrado morale associato al razzismo. Avrebbero dato fuoco a un loro concittadino? Certamente no. La loro criminale ignobiltà si è sfogata su un essere umano considerato di infima serie. È inutile nascondersi dietro un dito: l’esempio viene dall’alto. Gente che ha capeggiato attacchi a baraccopoli extracomunitarie o costretto migranti a salvarsi gettandosi nelle acque gelide del Po, siede nel parlamento europeo e in quello italiano. In che modo indecente e inumano il leghista Maroni concepisca il trattamento dei migranti che sbarcano a Lampedusa lo si è visto e lo si continua a vedere. Ha letto l’intervista dell’ex ministro Pdl Pisanu? Ne riporto una frase: «l’immigrazione non si affronta ascoltando le voci delle osterie padane. C’è un clima di intolleranza e la responsabilità leghista non va nascosta».Ma Berlusconi non ci sente, troppo occupato dalla riforma pro domo sua della giustizia. Domani leggeremo sulla Padania che Pisanu è un comunista. E la Gelmini gli darà 5 in condotta.
Andrea Camilleri


Eluana, il Vaticano vuol staccare allo Stato laico la spina. Ora, però, si taccia
5/2/2009

Camilleri, pare che Eluana stia partendo per il lungo viaggio. Beppino Englaro, il padre: «Cali il silenzio». Le faccio questa domanda perché non voglio che rimanga solo il gracchiare di corvi, di polemisti funerari, di causidici delle morti altrui. Il Vaticano: «È antiumanesimo» (Giordano Bruno, però, non era in stato vegetativo). Sacconi: «Valuteremo». Bruno Vespa: «Eluana morirà di fame e sete». Coraggioso e documentato, il professor Ignazio Marino, che spesso, a Porta a Porta, è riuscito a fare impallidire Vespa.
Saverio Lodato

Mi ero ripromesso, caro Lodato, di non parlare più di Eluana e manterrò il punto. Ma una considerazione s’impone su quello che è stato il comportamento del Vaticano, non della Chiesa, in questa tristissima storia. Già da qualche tempo, anzi, diciamolo apertamente, con l’elezione di Papa Ratzinger, gli interventi d’oltretevere su alcune ipotesi di leggi della Repubblica si erano fatti talmenti pressanti da bloccare, nei fatti, l’iter delle leggi non gradite. Un solo esempio: i «Dico». La pressione del Vaticano agisce a tenaglia: da una parte i vescovi e i cardinali che tuonano dai pulpiti, dall’altra quei politici cattolici che premettono la loro fede alla ragione politica. Sta volta si è approfittato di un caso che ha commosso l’Italia per cercare di staccare la spina, è il caso di dirlo, alla laicità del nostro Stato. Il quale si è espresso attraverso la Cassazione e attraverso le parole del presidente Napolitano che ha dichiarato non trattarsi di eutanasia. Continuare a usare il termine assassinio ora costituisce una pura e semplice offesa. E in quanto al ministro Sacconi e a Vespa consiglio loro di ascoltare la cristianissima esortazione del cardinale Tettamanzi: pregare in silenzio per tutti.
Andrea Camilleri


Cucina chiusa a Lucca. Né kebab né pizza né pasta con sarde e sartu
6/2/2009

Camilleri, cucina centralistica o cucina federale? Il consiglio comunale di Lucca, a maggioranza centro destra, ha emesso un’ordinanza che mette al bando i ristoranti di «etnie diverse». De profundis per il cous-cous, il curry, il kebab, la soia, gli involtini primavera, forse per lo stoccafisso delle isole Lofoten, di sicuro per il peperoncino messicano e il sushi, eccetera. Si sa dove si comincia... Lei, che è di «etnia diversa», e titolare di ristorante, non spende una parola a favore di spaghetti con le sarde, finocchietto di montagna, polpettine di tonno, pasta alla glassa, crastagneddu, milinciani a tutto dentro e muffulette?
Saverio Lodato

A Lucca non solo hanno messo al bando le cucine etniche ma, a quanto pare, ai ristoratori del centro storico si fa obbligo di servire solo piatti lucchesi. Chi va a Lucca sappia che non troverà né pizza napoletana né pasta alla norma siciliana. E se tanto mi dà tanto, è chiaro che il divieto sia da intendere esteso, implicitamente, anche alla cucina di paesi come la Francia o la Grecia. Mi corre l’obbligo di porre alcune domande al sindaco di Lucca: ha controllato se i cuochi del centro storico sono lucchesi da almeno sette generazioni? Perché, e lo lasci dire da uno chef come me, è la mano del cuoco a fare la pietanza. Una mano, di sangue, metti piemontese, non avrà mai il tocco giusto per un piatto lucchese. E se puta caso a un lucchese non piace la cucina della sua città? Gli vien tolta la cittadinanza? Sono sicuro che sorgeranno ristoranti clandestini e carissimi dove lucchesi, con barba finta per non farsi riconoscere, andranno a rimpinzarsi di sartu di riso, pasta con le sarde, soppressata e caciocavallo. Uno dei pochi piaceri che ancora ci restava era quello di godere di una buona pietanza senza distinzioni etniche. Ma a Lucca la pensano diversamente.
Andrea Camilleri


La crociata su Eluana è repellente. Prova suprema per la laicità dello Stato
7/2/2009

Camilleri, l’aggettivo «raccapricciante», adoperato dal capo dello Stato Giorgio Napolitano, a proposito dell’indiano dato alle fiamme, non ha molti sinonimi. Uno, però, esiste: «repellente». Come definire il decreto ad personam di Berlusconi, autentica sfida al Colle, e su una vicenda tanto privata e delicata? Come definire le parole di Gianfranco Rotondi: «Su Eluana decide Berlusconi»? O l’invio da o parte di Maurizio Sacconi di ispettori presso la clinica “La quiete”? O le auspicate indagini della Procura di Udine su amici e parenti di Eluana? O le fiaccolate oscurantiste sotto la clinica di Udine?
Saverio Lodato

Si è scatenata una di quelle tipiche crociate italiche fatte di novene, fiaccolate, veglie, anatemi. Persino un improbabile decreto del governo, che il capo dello Stato Napolitano si è visto costretto a bocciare. Caro Lodato, scommettiamo che leggeremo che la statua della madonnina di vattelappesca si è messa a piangere lacrime di sangue? Sempre più mi confermo che la laicità del nostro Stato è messa di fronte a una prova suprema. Se lo Stato dovesse abiurare, come Galileo, tanto vale richiudere Porta Pia, estendere le mura vaticane fino a comprendere Montecitorio e il Senato, e prendere atto che l’Unità d’Italia non è riuscita a festeggiare i suoi 150 anni. Comunque vada a finire questa penosa storia, il nostro Paese, già ampiamente in crisi istituzionale, ne uscirà ancora più disastrato. Berlusconi ha tentato fino all’ultimo di fermare tutto con un decreto contra personam, più che ad personam. Ma egli non poteva demordere, perché fare la parte del trombettiere del settimo cavalleggeri, quelli che nei film western arrivano all’ultimo minuto per salvare la carovana dai pellerossa, gli piaceva proprio tanto. Questa volta la ciambella gli è riuscita proprio male.
Andrea Camilleri


Se Berlusconi riforma le leggi, il “segreto affanno” lo obbliga al lifting
8/2/2009

Camilleri, un piccolo indovinello. Chi scrisse: «È vero che talvolta occorre cambiare qualche legge. Ma il caso è raro, e quando avviene, bisogna ritoccarle con mano tremante; con tanta solennità e con tante precauzioni che il popolo debba concluderne che le leggi sono veramente sante; e soprattutto con tanta chiarezza che nessuno possa dire di non averle capite». Un autentico girotondino, quel diavolo di Montesquieu! «Mano tremante»: da noi, quando si affronta il tema di leggi e giustizia, siamo a un mix di minacce, annuncio d’Apocalisse, vigilia dell’anno mille.
Saverio Lodato

Ma lei oggi ha intenzione di babbiare? Come le viene in mente di citare Montesquieu con i tempi che corrono? Vedo che lei vuole bassamente insinuare qualcosa. Ma chi le dice che Piccolo Cesare, dato l’altissimo senso dello Stato che lo possiede, non tremi, non sudi, non esiti, prima di decidersi a rivoltare come un calzino una vecchia legge o a farne una ad personam o contra personam? Lei lo ignora, ma Piccolo Cesare vive ore di angoscia, passa notti insonni, interrogandosi peggio che Amleto: «la cambio o non la cambio?». E in questo grande travaglio interiore si dissuga tutto, come direbbe Pirandello. Per fortuna vegliano con lui il ministro Alfano e l’onorevole Ghedini, sempre pronti a rincuorarlo. E se infine si risolve a cambiare una legge è perché è forte del fatto di non avere mai nessun interesse personale, ma di agire sempre e comunque per il bene supremo del Popolo. Se lo ricorda Metastasio? «Se a ciascun l’interno affanno si leggesse in fronte scritto quanti mai, che invidia fanno ci farebbero pietà». Orgoglioso com’è, Piccolo Cesare, al quale l’affanno si legge in volto, non vuole la pietà di nessuno. Per questo è costretto a ricorrere a interventi di plastica facciale.
Andrea Camilleri


I dettami della Chiesa, i sedicenti cattolici e il loro tornaconto
10/2/2009

Camilleri, in Italia la vita è sacra, il fine settimana è magico. Certi onorevoli crociati, prima di dedicarsi all’ultima battaglia nella speranza che Eluana possa avere figli, come spera Berlusconi al quale risulta che ha un ciclo mestruale regolare, sono tornati al loro collegio. Si è distinto Maurizio Sacconi, ormai scultura vivente e parlante del travaglio dell’uomo contemporaneo: “Le mie scelte sono laiche. Ma oggi sono un credente. Venerdì è stato il giorno più bello: è finito il nichilismo del ‘68”. Venerdì: perché sabato scattava il weekend.
Saverio Lodato

Sacconi, folgorato sulla via di Udine, come tutti i neo convertiti e diventato un defensor fidei che manco ai tempi belli dell’Inquisizione. In consiglio dei ministri, ha tirato fuori il ciclo mestruale, trovando esultante cassa di risonanza in Berlusconi. Chiedo ai cattolici veri, non ai sepolcri imbiancati, se a loro sarebbe mai venuto in mente di associare una ragazza, in coma da 17 anni, al suo ciclo. Per farlo, ci vogliono menti subumane e perciò prive d’ogni rispetto per la dignità dell’uomo. Ora Sacconi ha chiamato i carabinieri perché andassero a cercare il pelo nell’uovo nella clinica. Sacconi spera di vincere la sua crociata combattendo a cavallo di un cavillo. Ma perché, caro Lodato, la cosiddetta difesa della vita umana la si combatte solo a Udine e non anche a Lampedusa, dove dieci immigrati hanno tentato un suicidio collettivo? Né Berlusconi, né Sacconi, di fronte all’eventualità che altri tentativi di darsi la morte possano avvenire, hanno battuto ciglio. Il fatto è che ci sono politici sedicenti cattolici che seguono i dettami della Chiesa solo se ci trovano un tornaconto politico o personale, altrimenti vai con divorzi, amanti, ruberie e chi più ne ha più ne metta. E la vita è sacra solo nei giorni feriali.
Andrea Camilleri


Macché pietas. Per Mediaset prima viene la pubblicità e dunque il “Grande fratello”
11/2/2009

Camilleri, non so se ha seguito la tragedia di Udine o si è gustato il Grande Fratello. Non so se ha assistito al j’accuse di Quagliariello: «È stata ammazzata». O al Gasparri tarantolato contro il capo dello Stato. O se stava chiosando il Cicchitto-pensiero. Magari ha preferito Vespa che scaricava immagini d’archivio a riprova che tutti passano, son passati e passeranno (da porta a porta). O si sciroppava Fede? Enrico Mentana si è dimesso da direttore editoriale di Canale 5 perché, pur di lasciar posto al Grande Fratello, Matrix è stata stoppata. E la notizia, fino a notte fonda, è stata nascosta.
Saverio Lodato

Appena ho appreso con commozione della morte di Eluana, ho fatto zapping illudendomi che il centro destra sarebbe stato consono alla gravità del momento. Ho dovuto disilludermi, ascoltando l’ignobile accusa di tal Quagliariello, e subito dopo lo straparlante e irresponsabile Gasparri che, non contento di avanzare dubbi sulle modalità della morte di Eluana, ha continuato a scagliarsi contro il capo dello Stato. Ma la notizia in un certo senso più inattesa sono state le dimissioni di Mentana, il quale aveva chiesto di andare in prima serata con una puntata di Matrix dedicata a Eluana, al posto del Grande Fratello. Gli è stato risposto che il palinsesto era sacro e intoccabile. Hanno prevalso gli affari - ha detto Mentana - e questo dimostra ancora come per Berlusconi, padrone di Mediaset anche se finge di non esserlo, gli affari vengono prima di tutto, prima della sbandierata pietas per Eluana. Qui c’era in ballo la pubblicità e coi soldi non si scherza. Berlusconi mi ricorda quei killer dei film americani che, prima di uccidere un tale, gli dicono: «niente di personale, sono solo affari». Ma c’è una grossa differenza: Berlusconi non sta ammazzando un tale, ma l’Italia intera.
Andrea Camilleri


Il testamento biologico del governo: come friggere le triglie senza olio né gas
12/2/2009

Camilleri, quando aprimmo il ristorante ci demmo una regola: stare dalla parte del cliente. All’indomani della triste conclusione della vita di Eluana, si andrà all’approvazione di una legge. Sono terrorizzato che ne venga fuori l’ennesimo, indigeribile porcellum, e questa volta persino in materia di vita e morte. Sarebbe troppo. Un sommesso consiglio all’opposizione: non firmare alcunché prima di dare un’occhiata alla pioggia di testamenti biologici che si stanno riversando in queste ore sui più importanti siti Internet: «Io sottoscritto... nato a… residente a… se dovessi restar vittima di… chiedo di non esser sottoposto…». Crudo, ma vero.
Saverio Lodato

Quello che mi rivela, caro Lodato, significa che moltissimi italiani, visto e considerato come si è comportato il governo nel caso Englaro, e che il testamento biologico, se tanto mi dà tanto, si rivelerà una berlusconata, mettono le mani avanti e scrivono nero su bianco la loro volontà. Spontaneamente, a futura memoria. Aprono l’ombrello perché sono sicuri che è in arrivo non la pioggia, ma il temporale. Credo che facciano benissimo a cautelarsi. Si usa dire che il buon tempo si veda dal mattino e il mattino del testamento biologico è quella leggina, approvata in Senato, in base alla quale vien fatto obbligo ai medici di non interrompere l’idratazione e la nutrizione. Come se il governo e il parlamento dicessero al cittadino: faremo una legge in base alla quale ti potrai mangiare le triglie come vorrai, fritte o alla livornese, ma sappi che non potrai disporre né dell’olio perché te l’abbiamo già sequestrato, né del gas perché te l’abbiamo già tagliato. Insomma, ci sono tutti i presupposti perché la legge sul testamento biologico si riveli un’altra presa in giro, un’altra porcata, un’altra truffa, un’altra bidonata, la chiami come vuole lei.
Andrea Camilleri


Telecomando e registratore le armi della setta segreta degli «Adoratori di Gasparri»
13/2/2009

Camilleri, come adopera il telecomando? Le spiego. Se appare Gasparri, alla sua faccia sovrappongo il Televideo. Cicchitto, lo gusto dal vivo e in voce, trovandolo così più armonico, più completo. Piccolo Cesare gode del privilegio che io stacchi tutti i telefoni, per evitare disturbi di sottofondo. Di Calderoli, apprezzandone il faccione, lo registro, e via con un bel fermo immagine, senza voce. Cota e Bocchino, Quagliariello e Bricolo, i veri debuttanti, non solo li registro, li archivio. Mio figlio, un giorno, forse li vedrà. Lei come si regola?
Saverio Lodato

Mi consenta, ma lei fa un uso un tantino schizofrenico del telecomando. Visto l’elenco dei personaggi, e il diverso comportamento che mette in opera per ciascuno di loro, perché non si sintonizza sulla famiglia Addams e buona notte? Ma devo confessarle che io appartengo a una sorta di setta segreta, denominata «Gli adoratori di Gasparri» e dato che le epifanie televisive dell’eminente uomo politico avvengono più volte in una stessa giornata, e su canali diversi, a ogni singolo membro della setta spetta il controllo di una rete con il registratore acceso. Il sabato sera ci riuniamo, spegniamo i cellulari, e vediamo tutte le registrazioni della settimana mantenendo un religioso silenzio e una difficile serietà. Qualcuno ogni tanto viene colto da leggeri malori ma è un prezzo minimo rispetto all’arricchimento culturale che ne ricaviamo. Come è noto, Gasparri può spaziare indifferentemente dalla crisi del parmigiano reggiano allo sviluppo della produzione di lacci di scarpe in Ecuador, dalla politica estera della Tanzania all’uso delle lingue ugro finniche. Però, subito dopo la visione, distruggiamo tutto il materiale registrato. Non vogliamo lasciare ai posteri nessun’immagine dell’infelice tempo nel quale abbiamo vissuto. Ce ne vergogniamo un pochino.
Andrea Camilleri


Intercettazioni, se Berlusconi si butta dalla torre c’è già chi è pronto ad acchiapparlo
14/2/2009

Camilleri, ricorda quel tale che a Bologna si lancia dalla Torre Garisenda? Mentre minaccia il suicidio sotto si raduna una gran folla che lo invita a ripensarci. Lui si butta. Ma resta illeso e i curiosi: «Cos’è successo?». E lui: «Lo chiedete a me che arrivo adesso»? Il fatterello mi è tornato in mente assistendo, a Ballarò, alla performance di Angelino Alfano, il ministro della giustizia, il felice e sorridente cascatore dalle nuvole. Il Csm boccia la legge sulle intercettazioni perché «pregiudica le indagini». Consiglio al ministro: lanciarsi dalla torre è umano, perseverare è diabolico…
Saverio Lodato

Credo siano pochi gli italiani che non abbiano capito che il gran putiferio scatenato da Berlusconi sul caso Englaro era una sorta di prova generale di rifiuto d’obbedienza a una sentenza della Cassazione. Ora, anche se il Csm boccia la legge sulle intercettazioni, cosa vuole si preoccupi il ministro Alfano, noto alle cronache per avere dichiarato che Eluana è morta di sentenza? Quello del Csm non è che un parere e Berlusconi ne farà lo stesso uso che il suo amico alleato Bossi fa del tricolore. Già l’onorevole Ghedini ha protestato definendo il parere del Csm «un’interferenza da Stato bolscevico». E Berlusconi potrà sempre buttarla in politica. Dato che il presidente del Csm è il presidente della repubblica si metterà a strillare che ancora una volta Napolitano gli si è messo di traverso per impedirgli di governare come vorrebbe, secondo la logica della difesa a tutti i costi dei suoi interessi affaristici e politici. Stia tranquillo, caro Lodato, continueranno a gettarsi dalla torre non una, ma cento volte. Sanno che sotto c’è un nutrito gruppo di pompieri volontari fatto di giornalisti, opinionisti, anime belle, pronti col telo ad impedire che vadano a sfracellarsi sul selciato.
Andrea Camilleri


Non si può intercettare. Ma è legittimo fare pubblicità al telefono
15/2/2009

Camilleri, so che parlare di telefoni con lei, che ci ha pure fatto un libro, è un invito a nozze. Ma dimmi che uso fai del telefono degli altri e ti dirò chi sei. La legge sulle intercettazioni, con buona pace di Alfano, il ministro felice e sorridente, farà respirare l’Italia della Malavita. Ma è ancor più strano che sia giustificata con la “difesa della privacy”. Questo non è lo stesso governo che autorizza l’accattonaggio telefonico di ditte, imbroglioni, venditori di padelle, furbetti d’ogni risma, tornati a godere di licenza di squillo? Perché dobbiamo sopportare oltre i delinquenti, anche i rompi coglioni?
Saverio Lodato

A stare al Corriere della Sera, il Csm non ha lesinato aggettivi sul disegno di legge per le intercettazioni: “pericoloso, irrazionale, problematico, distonico, incongruo, incoerente, eccentrico”. La legge “non è condivisibile” soprattutto perché potrebbe condurre ad impedire o ostacolare le indagini su reati che comportano maggiore allarme sociale. Piccolo Cesare e il suo portaborse Alfano sostengono invece che la legge è stata fatta per proteggere la privacy. Tutto sarebbe più chiaro se modificassero la frase così: “per proteggere la privacy di alcuni cittadini”. Fra i quali, in primo luogo Berlusconi, e, a seguire, violentatori, spacciatori, omicidi, rapinatori, truffatori, estorsori, corruttori, pedopornografi, e persino sequestratori di persona a scopo di riscatto o pedofilia. Invece, con decreto approvato del Senato, è stata data via libera agli spot pubblicitari telefonici. Il cittadino è raggiungibile da questa gran camurria anche se si è fatto cancellare dagli elenchi. Il garante della privacy, che nel 2005 bloccò lo sconcio, ora denuncia la vanificazione e la mortificazione del suo lavoro. Ma non lo sa che prima di tutto vengono gli affari?
Andrea Camilleri


Mastella non segue il Pdl ma il suo tornaconto. È voltagabbanismo politico
17/2/2009

Camilleri, questa volta Clemente Mastella va di là. In futuro, si vedrà. Il posto di parlamentare europeo glielo ha promesso Berlusconi, ma guai a dire che è il risarcimento per aver provocato la caduta di Prodi perché lui definisce “farabutto” chi lo ipotizza. Dicevo che questa volta Mastella va di là poiché, da sempre, come è noto, una volta è andato di qua e una volta è andato di là. Mastella è una di quelle creature politiche, rare in natura, che sono bipartisan sin dalla culla. Un po’ come il doppio zero alla roulette: c'è il rosso, c'è il nero, e c'è Mastella. Meglio vada di là, perché, dovendosi preparare a tornare di qua, i sorci verdi li vedranno di là.
Saverio Lodato

Lei, caro Lodato, se lo ricorda il film: "A volte ritornano"? I morti, forse, talvolta, ma i nostri politici stia tranquillo: ritornano sempre e comunque, immarcescibili, per usare l’espressione della bonanima Benito. Le loro eclissi, se accadono, sono brevissime. Poi trovano il modo di tornare, si fa per dire, a brillare. Mastella è il re assoluto di questi zombi, da anni caracolla da uno schieramento all’altro, certe volte da solo, certe volte seguito da tre o quattro deputati di ventura che un giornalista, una volta, definì le truppe mastellate. Mercenari della politica, in altre parole. Mastella andrebbe seriamente studiato come fenomeno di voltagabbanismo italiano, con l’occhio più rivolto al particulare che al bene generale. La domanda spontanea è: dato che in Mastella si può riporre la stessa fiducia che in un giocatore delle tre carte, perché continuano a eleggerlo? Non c’è che una risposta: è uomo buono per tutte le stagioni. Però, caro Lodato, ci dobbiamo correggere. Lui non va né qua né là. Non è mai andato con Casini, con Prodi o Berlusconi. È sempre andato e continuerà ad andare solo con il suo particolare tornaconto.
Andrea Camilleri


Il testamento biologico fuoco amico sulla proposta di referendum
18/2/2009

Camilleri, uno dei pochi che avevano combattuto a testa bassa contro la Vandea degli onorevoli crociati della vita in salamoia era il professor Ignazio Marino, chirurgo di fama mondiale e responsabile Pd della sanità al Senato. A Porta a Porta era stato l'unico, come direbbero i penalisti, a parlare secondo scienza e coscienza in un parterre che andava a juboxe. Apro il giornale e leggo che... (cantava Celentano), gli hanno dato il ben servito. Lo sostituisce una signora medico che ha dichiarato che avrebbe votato la legge del centro destra se fosse giunta in votazione! Bene, bene.
Saverio Lodato

Sostituire un'autorità come Ignazio Marino alla commissione sanità, con una deputata che aveva già dichiarato la sua disponibilità a votare la legge del piè veloce Silvio su Eluana, dimostra che il Pd a parte la gran voglia di autolesionismo che lo divora - vedi anche il risultato sardo - non ha tenuto in nessun conto la reazione negativa che la sostituzione avrebbe avuto, e ha avuto, presso i suoi sostenitori. C'è di peggio. Marino ha detto che, ove la legge sul testamento biologico venisse approvata così come si profila, sarebbe necessario un referendum abrogativo. Marino è stato subito sottoposto a un robusto tiro incrociato di fuoco amico. La Binetti ha detto che la sola proposta «denota una spinta in senso eutanasico». E ha minacciato di abbandonare il partito. Franco Marini ha dichiarato trattarsi di fantasia di scienziato. E Renzo Lusetti: «il referendum è fuori da ogni logica». E c'è chi si è spinto a chiedere le dimissioni immediate da presidente di commissione d'inchiesta sul sistema sanitario. A Rutelli, che ha fatto lo spiritoso sul referendum in assenza della legge, si può rispondere che Marino aveva visto il cosiddetto buon giorno dal cosiddetto mattino.
Andrea Camilleri


Stupri, i tagli di Tremonti hanno spanato la vite giusta e le auto della polizia
19/2/2009

Camilleri, continuando a stringere, la vite si spana, perde la filettatura. E con tutto il rispetto, verrebbe da dire che Maroni, annunciando, di fronte alla miriade di stupri, il settimo o quattordicesimo o ventiduesimo giro di vite, è il primo ministro degli interni della repubblica, letteralmente spanato. Autodefinendosi “cattivo”, vuole indurre la vite a più miti consigli, ma le leggi della meccanica quelle sono. Come si fa il «giro di vite» quando 650 auto di polizia, a Roma, Napoli, Palermo, sono in garage perché non ci sono i soldi per aggiustarle?
Saverio Lodato

Mi pare di ricordare che una statistica rilevava che il 40 per cento degli stupri è da attribuire a stranieri, extracomunitari e no, mentre il 60 per cento è dovuto a italiani. Ma guarda caso,si mettono in evidenza solo gli stupri commessi da rom e rumeni. Di quel 60 per cento di stupratori nazionali, cifra grossa assai, pudicamente se ne dà notizia quel tanto che basta. Per stare al suo esempio, ogni vite ha la sua calibratura. Mandare nelle città trentamila militari o costituire ronde in ogni dove, significa agitare una vite troppo grossa che, vista da vicino, si rivela di cartone. La vite giusta sarebbe quella delle forze dell'ordine. L'anno scorso è apparso un comunicato su questo giornale - al quale mai gli altri quotidiani e tv hanno dato rilievo - di tutti i sindacati di polizia, guardie carcerarie, forestali e Cocer dei carabinieri. Si informavano i cittadini dei guasti che i tagli voluti da Tremonti avrebbero comportato per la loro sicurezza. Con il taglio, fra l'altro, di quarantamila unità e l'inevitabile fermo del parco macchine. Il che è puntualmente è avvenuto. Ora, visto che la vite giusta il ministro Maroni ha collaborato con Tremonti a renderla inservibile, non gli resta altro che spacciare aria fritta.
Andrea Camilleri


Il giallo del quinto quarto. Chi è il mandante del Dracula romeno?
20/2/2009

Camilleri, un Dracula rumeno di 31 anni, ubriaco, violenta, vicino Pavia, una signora di 83 anni, cieca. Della clamorosa notizia si parla - stranissimamente - assai poco. Si può anche parafrasare Cecco Angiolieri: s’i fosse rumeno arderei lo mondo… Ma tutto ha un limite. I Dracula rumeni, nell’immaginario italiota, sono diventati l’incarnazione del quinto quarto - noi abbiamo un ristorante e sappiamo cos’è - dell’orco, del lupo mannaro, del satanasso. Questa storia non sarebbe una magnifica tigre da cavalcare sulla sicurezza? Qualche Dracula potrebbe agire su commissione? Lei di gialli ne ha scritti, si eserciti.
Saverio Lodato

La domanda è difficile e inquietante. Lei parte dalla constatazione che fra gli stupratori nell’Unione europea la percentuale di rumeni è tanto stranamente alta da aver fatto nascere nell’immaginario italiota la convinzione rumeno uguale stupro. Sorge spontanea una domanda: poiché è da ritenere che i rumeni non emigrino solo in Italia, essi, negli altri paesi, come si comportano? E se i rumeni, in Francia o in Germania, non indossano le sembianze di Dracula, vogliamo domandarcene il perché? Se invece anche lì fanno il Dracula, quali provvedimenti hanno preso quei governi? Comunque non mi pare che in quei paesi il fenomeno sia così allarmante come da noi. Perché? A questo punto, caro Lodato, lei avanza un dubbio, diciamo letterario, basandosi sulla nota regola che un solo indizio è solo un indizio, che due sono una coincidenza, ma tre rappresentano una prova. Può avere ragione, ma non mi sento di seguirla su questa strada per un motivo semplicissimo: un piano così richiede un’intelligenza fuor del comune e lei, fra quelli che sospetta, ne vede almeno uno dotato di intelligenza superiore alla media?
Andrea Camilleri


Chiedono scusa per poter offendere di nuovo. Come l’irresponsabile Gasparri
21/2/2009

Camilleri, è il tempo delle scuse, del chiedo scusa, del mi scusi. Hanno chiesto scusa gli israeliani per aver colato a picco qualche scuola di troppo. Ha chiesto scusa Gasparri. Ha chiesto scusa Quagliariello; non si riferiva a nessuno quando ha detto: «Eluana è stata ammazzata». Feltri invitava Mentana a chieder scusa se teneva a Matrix. Chiede scusa il papà dello stupratore, l’automobilista ubriaco che ha fatto strage. Scuse spontanee. Scuse sollecitate. Scuse barattate. Scuse processuali. Scuse di Stato. Scusate se è poco.
Saverio Lodato

Un mio lontano parente, gran donnaiolo, trasgrediva i comandamenti che vietano i piaceri della carne. Cattolico praticante la domenica si confessava e si comunicava. Ma uscendo di Chiesa immancabilmente diceva: «Scancellamu e accuminciamu da capu». Me l’ha fatto tornare in mente tutto il gran scusarsi degli ultimi tempi. Al suo elenco, caro Lodato, sarebbero da fare molte aggiunte, dalle scuse di Tremonti per la bidonata della social card a quelle del Papa al popolo ebreo. Da noi le scuse non significano il proposito di non ripetere l’errore o l’offesa, ma tutt’altro. Tradotta dal politichese, l’espressione «mi scuso» significa «aspetta che riprendo fiato e torno a insultarti». Esemplare il senatore Gasparri che ha chiesto sì scusa, aggiungendo però che credeva di non avere offeso nessuno. Vale a dire che non si era nemmeno reso conto di avere straparlato. Ed è tornato ad offendere. Il presidente Fini, dello stesso partito, e che quindi lo conosce bene, l’ha definito un «irresponsabile». Nel Devoto-Oli, alla voce irresponsabile: «contrassegnato da una patologica incapacità di controllarsi». E uno così continua a fare il capogruppo al Senato? Di altro segno le scuse di Walter Veltroni, seguite da coerenti e sofferte dimissioni. Rara avis, avrebbero detto i latini.
Andrea Camilleri


Ciò che ha pesato sul governo Prodi pesi anche su Berlusconi
23/2/2009

Camilleri, che titoli avrebbero fatto i Tg, all’epoca di Prodi, se gli immigrati avessero incendiato il centro di Lampedusa. Come avrebbe tintinnato la croce celtica di Alemanno alla raffica di stupri, rumeni e caserecci, che toglie il sonno alle italiane. Sono buffi gli osservatori tv che rilevano quanti minuti al chilo vengono dati al premier e quanti al leader di opposizione. Perché non spiegano come mai fatti identici, se non peggio, oggi precipitano in quarta fila? E’ la stampa italiana, bellezza. Ricorda il ”caso Girolimoni”?
Saverio Lodato

Il caso Girolimoni rientra nel guinnes delle toppate poliziesco-giornalistiche italiane. Un poveraccio, nel 1927, fu accusato a torto di avere ucciso a Roma alcune bambine. La stampa si accanì, facendone un mostro, il suo nome diventò sinonimo di crudeltà estrema. Quando fu scagionato, il rumore attorno a lui non cessò e Mussolini intervenne per mettere a tacere ogni cosa. Damiano Damiani ne fece un film “Girolimoni, il mostro di Roma” interpretato da Nino Manfredi. Nella disgrazia, Girolimoni ebbe una sola fortuna: ancora non c’era la tv. Se l’immagina come ci avrebbe sguazzato Bruno Vespa? E ricorda, a Roma, quel padre accusato d’avere violentato la figlia di pochi mesi e sbattuto in galera e in prima pagina? Risultò che la piccola non era stata violentata, ma era gravemente ammalata, tanto che poco dopo morì. C’è poi un’aggravante tutta italiana: fare titoli che affermano una cosa antitetica a quella scritta nell’articolo, e si sa che, fra i pochi che leggono i giornali, un’alta percentuale si ferma ai titoli. A scanso d’equivoci: non si intende minimamente invocare restrizioni alla stampa. Ma solo invitarla a una doverosa correttezza. E correttezza vorrebbe che ciò che ha pesato tanto sul governo Prodi pesasse altrettanto sul governo Berlusconi.
Andrea Camilleri


Prezzolini e quel fragile elastico che la crisi potrebbe ora spezzare
24/2/2009

Camilleri, da «Ideario» di Giuseppe Prezzolini, conservatore tutto d'un pezzo, né barricadero, né girotondino, di mezzo secolo fa (1958): «Gli italiani se la cavano abbastanza bene nella confusione di modi e mode, e mostrano di essere gli eredi di una loro tradizione di sveltezza e accomodamento che li ha resi famosi come un popolo dei più elastici... mi domando... quanto potrà durare una situazione che mi sembra già arrivata alla tensione». Nel 1960: «Ho ammirazione per il popolo italiano... lieto di crescere sotto un non leggero strato di letame politico e burocratico». Profetico? O sottovalutò l'elasticità?
Saverio Lodato

Spendiamo qualche parola su Giuseppe Prezzolini, critico, giornalista, saggista, con il merito di avere diretto per 17 anni la rivista «La Voce» che assai influì sulla cultura italiana nei primi decenni del novecento. Poi, insegnò negli Usa. Tornò in Italia nel dopoguerra, morì nel 1982. Conservatore nazionalista, reazionario, uomo di destra, ebbe caute simpatie per il fascismo e i regimi totalitari. Il «letame» al quale si riferisce è quello degli anni intorno ai 60. Difficile dargli torto. Lo stesso letame che, qualche decennio dopo, i magistrati milanesi avrebbero tentato di spazzare via. I magistrati, non la maggioranza degli italioti, che nel letame si crogiolava. È stato sempre per un intervento esterno che si è spezzato l'elastico che altrimenti si sarebbe allungato all'infinito. Come era capitato col fascismo, quando ad allungare l'elastico, sino al punto di rottura, era stata la guerra. Sotto l'attuale, non leggero strato di letame, la maggioranza italiota pare, ancora, trovarsi benissimo e intenzionata a volerci restare per anni. Ma la crisi finanziaria ed economica che scuote il mondo forse, a breve, la costringerà a emergere e prendere una boccata d'aria buona.
Andrea Camilleri


Il Pd ha un nuovo timoniere. Cali in mare una barchetta per chi si ammutina
25/2/2009

Camilleri, il PD ricomincia l'avventura, si affida a Dario Franceschini, senza primarie, ma con elezioni plebiscitarie in Assemblea costituente, con tantissimi sì, qualche no e ni. Come dicono gli inglesi, la bontà del budino si vede tre giorni dopo averlo assaggiato, ma qui, che di politica si tratta, i tre giorni del budino sono da intendersi in maniera più estensiva. Ma al Pd non sono più concessi tempi sesquipedali. Le propongo un gioco: che metterebbe dentro l'Arca di Noé di questo Pd al bivio: riprendere il largo o insabbiarsi come una nobile balena a fine corsa?
Saverio Lodato

Caro Lodato, ma come mi posso permettere di dare consigli al neo segretario di un partito al quale tra l'altro non appartengo, anche se mi sta molto a cuore? Se è per fare un gioco però, pur non avendo voglia di giocare, dati i tempi bui che viviamo e che vivremo, allora le rispondo così: non penso sia il caso di gremire ancora di più l'Arca, già fin troppo affollata, ma semmai quello di sfoltire. Soprattutto il ponte di comando. Perché, oltre al timoniere, sopra quel ponte mi sembra che ci stiano troppi che non hanno nessun diritto di starci. E suggeriscono rotte diverse, manovre azzardate, cambio di vele al minimo mutar di vento. Ma così la barca non va, rischia di andare ad arenarsi o sbattere contro gli scogli. Il comandante di una nave, un tempo, era detto «capitano dopo Dio». Il suo volere non poteva mai essere discusso, ogni proposito contrario era tacciabile di ammutinamento. Il trattamento riservato agli ammutinati era quello di metterli dentro una barchetta e abbandonarli in mare. Allora, sempre in metafora: l'emendamento della «nostromo» Finocchiaro sul testamento biologico non é stato votato da alcuni componenti della sua ciurma. Vogliono fare una «nave senza nocchiero in gran tempesta».
Andrea Camilleri


Franceschini e Tarsitano partigiani della democrazia e della Costituzione
26/2/2009

Camilleri, in ricordo di Fausto Tarsitano, avvocato gentiluomo, Pino Zupo, l’ allievo e collega di tante battaglie processuali, ha riferito la definizione che di Tarsitano diede un altro avvocato: «era un palombaro delle carte». Palombaro delle carte, come dovrebbe essere un avvocato, come dovrebbero esserlo tutti. La definizione riecheggia la scelta di Dario Franceschini di giurare sulla Costituzione. Come dovrebbero fare tutti i politici. Gettar l’ancora della Costituzione, allora, è autentico gesto da «palombari della democrazia».
Saverio Lodato

Innanzitutto, la ringrazio per aver ricordato Fausto Tarsitano, eccezionale figura d’uomo e di avvocato. Che Franceschini abbia sentito la necessità di giurare sulla Costituzione è un gesto che è piaciuto molto. Tanto che Berlusconi si è affrettato a proclamare che anche lui aveva giurato sulla Costituzione. C’è però una piccola differenza. Per il presidente del consiglio e i suoi ministri quel giuramento è d’obbligo, mentre per il segretario di un partito non lo è. Quella di Franceschini è stata una scelta spontanea e più che un giuramento è apparsa come una dichiarazione di fedeltà e di difesa della Costituzione. Una volta, oltreoceano, i testimoni, in processo, giuravano sulla Bibbia, ciò non toglieva la presenza di una gran quantità di spergiuri. Da noi molti politici hanno giurato sulla Costituzione, ma per tanti di loro si è trattato solo di un gesto formale, come avrebbero dimostrato i loro atti e discorsi. Berlusconi dice che la nostra Carta è da riformare perché ispirata dalla sinistra filosovietica. In realtà vuole scassinarla per modificarla ai suoi fini, usando l’inceppato grimaldello dell’anticomunismo. Franceschini è di un’altra razza: figlio di un partigiano, sa di che lacrime grondino e di che sangue quelle pagine. Meritano perciò rispetto assoluto.
Andrea Camilleri


Da De Gasperi a Berlusconi in 100 anni di storia. Certo sembriamo pigmei
27/2/2009

Camilleri, quando scrivemmo «La linea della palma» (Bur), lei mi raccontò di un eminente biologo che era stato suo ospite, anni or sono, della trasmissione Rai «Arti e Scienze». Lo scienziato, parlando dell’evoluzione, spiegò, durante il programma, che i cavalli, una volta, in origine nani, erano evoluti sino alla grandezza odierna. Ma che bastava un niente, disse lui, una disattenzione, una pausa, perché tornassero nani. E lei, in quel libro intervista, adoperò quella metafora a proposito degli italiani sotto il regime berlusconiano. Quel nonnulla è già accaduto?
Saverio Lodato

Sento un certo allarme nella sua domanda, caro Lodato. Non vorrei ricordare male, sono passati tanti anni, ma quel professore mi pare che dicesse come l’eventuale regressione alla nanità dei cavalli sarebbe stata resa possibile oltre che da un «nonnulla» anche dal fatto che la crescita del cavallo era avvenuta linearmente, senza intoppi. E che quindi, proprio per questa linearità, il percorso inverso sarebbe stato più veloce. Ora lei crede che il cammino di crescita degli italiani sia stato altrettanto lineare? Se consideriamo tutto quello che è accaduto in Italia nel secolo scorso, la strada appare più accidentata di una trazzera terremotata. Dalla democrazia siamo passati alla ventennale dittatura fascista; dopo la Resistenza siamo caduti sotto i governi della Dc e dei suoi alleati; da quest’ultimi a Berlusconi. Cento anni di storia che sono tutti un passo avanti e due indietro. Che siderale distanza intercorre tra la nobiltà, la dignità, la fermezza del discorso di De Gasperi ai vincitori dell’immediato dopoguerra e il discorso di Berlusconi al parlamento europeo, quello del «kapò», per intenderci. No, caro Lodato, non si preoccupi. Non c’è la possibilità di tornare nani. Ma pigmei, questo sì.
Andrea Camilleri


Berlusconi, il ridicolo e l’Ammazzasette
28/2/2009

Camilleri, i dizionari vanno aggiornati: il berlusconismo li ha fatti invecchiare. Dal Tommaseo allo Zingarelli, dal Devoto-Oli al D’Anna al De Mauro, riportano tutti la definizione di “Ammazzasette”: “che ammazza, ossia uccide sette persone in un colpo, e quindi bravaccio, smargiasso, trombone, spaccamontagne, ciarlatano, ballista, millantatore…”. Berlusconi si vanta di avere fatto fuori fra gli otto e i nove leader dell’opposizione. Berlusconi, ambisce al titolo di «Ammazzaotto», «Ammazzanove», parole che, però, sui dizionari non ci sono.
Saverio Lodato

La figura dell’Ammazzasette è stata sempre estremamente comica. Capostipite ne è il plautino Miles Gloriosus, soldato vanaglorioso che finisce cornuto e mazziato. Da lui discendono “i Capitani” della commedia dell’Arte, dai nomi che fanno tremare: “Capitan Spavento”, “Matamoro”, “Fracassa”, “Terremoto”, “Sbranaleoni”. Coraggiosi a parole, son sempre pronti a darsela a gambe. Non assurgeranno alla dignità di maschera, come Pantaleone o il Dottore, rimarranno macchiette. Come lo sono nella vita. Invece “i Capitani”, che in realtà sono re, che si incontrano nell’ “Orlando Furioso”, come Gradasso o Rodomonte, sono guerrieri coraggiosi destinati, dai e dai, a morire in duello. Gradasso per mano di Orlando, Rodomonte viene prima battuto da una donna e poi ferito a morte da Ruggero: “Bestemmiando fuggì l’alma sdegnosa Che fu sì altiera al mondo e sì orgogliosa”. Però Berlusconi è un personaggio della vita reale. E a mio avviso non è solo un ridicolo Ammazzasette. Si ricorda, caro Lodato, di Francesco Ferrucci a Gavignana? Giaceva a terra gravemente ferito e un tal Maramaldo ne approfittò per vibrargli l’ultimo colpo. “Tu uccidi un uomo morto”, gli disse Ferrucci. Non le sembra che Berlusconi spesso agisca, oltre che da Ammazzasette, anche da Maramaldo?
Andrea Camilleri


Quando i giornali sono la mosca al naso dei politici...
1/3/2009

Camilleri, a me non piacciono i politici che avendo da ridire su una cronaca che li riguarda vanno in conferenza stampa brandendo il giornale incriminato. Esistono rettifiche, lettere aperte, precisazioni, forme civili e previste, nella carta stampata, per raggiungere lo scopo. In questi quindici anni si era visto solo Berlusconi brandire quotidiani o emettere editti bulgari. Che simili teatrini facciano scuola fra le fila dell’opposizione è un brutto segno. Mi riferisco a Rutelli che agitando l’Unità ha sparato a zero contro uno di quei rarissimi giornali che scrive quello che gli pare.
Saverio Lodato

Non piacciono nemmeno a me, caro Lodato. Ma devo constatare con lei che il costume, anzi il malcostume, si va diffondendo dalla maggioranza all’opposizione. Ci sono tre spiegazioni possibili. La prima è che i toni quotidiani dello scontro politico, quasi sempre violenti e sopra le righe, abbiano gravemente alterato l’equilibrio nervoso di chi a quello scontro partecipa. Spesso i politici cadono nel ridicolo perché si sentono saltare la mosca al naso quando non c’è l’ombra di una mosca nelle vicinanze. La seconda è che talvolta un articolo di giornale, magari involontariamente, va a sfiorare qualche dolente radice nascosta o un segreto proposito da tenere celato. Allora, apriti cielo! L’unica difesa possibile del politico è quella di aprire un formidabile fuoco di sbarramento che impedisca di procedere oltre su quella strada. La terza è la più semplice: che il giornalista abbia detto una cosa giusta ma che in quel momento non andava detta. Il nostro giornale, poi, ha il brutto vizio della verità. Un vizio che in tempi come questi può costare caro perché chi oggi dice la verità rischia di essere “spiacente a Dio e a li nimici sui”. Però, nel caso specifico, è sempre meglio perdere il pelo che il vizio.
Andrea Camilleri


La ronda all'epoca di Rembrandt: droghieri funzionari, commercianti...
3/3/2009

Rondando rondando che male ti fò? Sembra questo il ritornello stupito dei cavalieri dell’Apocalisse, i Maroni, i Calderoli, i Cota, che hanno consegnato le città a branchi di bandoleri stanchi con la voglia di menar le mani. Neanche il fascismo abdicò al suo diritto dovere di controllare l’Italia. Ora invece a mezzanotte andrà la ronda del potere… e non sarà al passo del tango delle capinere…Vedremo le facce dei rondisti quando inizieranno a razzolare. Che faranno? Faranno da cintura di castità attorno alle coppiette che si danno appuntamento nei parchi.
Saverio Lodato

A proposito di ronde. Ha presente il celebre dipinto “La ronda di notte” di Rembrandt? Uno storico dell’arte, Simon Schama, ha dato un nome e un cognome a tutti i presenti nel dipinto. Erano commercianti, droghieri, piccoli funzionari o nulla facenti o con qualche piccola condanna. Sedici di loro pagarono fior di gulden per esservi raffigurati in improbabili pose marziali. Ma fra tanta marzialità, Rembrandt sembra strizzarci l’occhio. Ora con un elmo troppo largo che trasforma il rondista in un clown, ora con l’incongrua presenza d’una bambina che tiene stretto un pollo, ora con un luogotenente tanto leccato che pare un indossatore dell’epoca. Peccato che George Grosz non ci sia più, sarebbe stato il ritrattista ideale dei nostri rondisti. Sono indignato da questa idea delle ronde che dimostra quanto Berlusconi sia Bossi-dipendente: nasce da persone che non hanno nessun senso dello Stato e che con questo progetto ne minano ulteriormente l’autorità. Lo Stato deve rafforzare le forze dell’ordine, anziché operare tagli dissennati che impediscono loro di agire. Leggo anche che queste ronde potrebbero essere sovvenzionate da privati. E a quando il felice avvento dei cosiddetti “Signori della guerra” con i loro eserciti personali?
Andrea Camilleri


Le mille balle di Berlusconi, unico premier eletto sulla sfiducia
5/3/2009

Camilleri, parola di Obama: «Entro il 31 agosto 2010 la missione in Iraq finirà». Parole inequivocabili! Tommaso Buscetta, qualche mese prima di morire, mi disse: «Quando gli americani guardano gli uomini politici in tv sanno che se il politico dice di voler fare una cosa farà il possibile, ma se dice il contrario vuol dire che non la farà. Da noi, no: l’italiano sa che il politico dice proprio il contrario di quello che pensa». La sostanza delle cose non gli sfuggiva.
Saverio Lodato

Anche se mi porta l’autorevole avallo di Buscetta, lei, caro Lodato, non mi dice niente di nuovo. Tutti i politici degli altri paesi, e quindi non solo americani, sanno che se non mantengono le promesse o non vengono rieletti o sono costretti alle dimissioni. A volte si dimettono preventivamente: veda per esempio il ministro delle finanze tedesco che ha rassegnato le dimissioni perché, a 65 anni, sentiva di non avere più l’energia per affrontare i problemi della grande crisi attuale. Non solo: ma arrivano anche a precisare, come ha fatto Obama, mese, giorno, e a momenti il minuto, in cui manterranno l’impegno. Nel nostro perenne Carnevale, le cose vanno diversamente. Berlusconi è dal primo governo del 1994 che promette mari e monti agli italiani: non è mai riuscito a mantenere neanche il dieci per cento delle sue promesse. E non ha mai dato la colpa dei suoi fallimenti a se stesso, ma ha sempre invocato giustificazioni indipendenti dalla sua volontà: i freni posti dagli alleati, gli effetti dell’11 settembre, lo tsunami… Il fatto è che l’Italia è un paese inverso. Mentre i politici stranieri sono eletti sulla fiducia, Berlusconi è eletto sulla sfiducia. Gli italiani sanno benissimo che non manterrà le promesse, che racconta solo balle mirabolanti, eppure continuano ad illudersi. Avranno, purtroppo, un risveglio tristissimo.
Andrea Camilleri


L’olio di ricino? Molti giornalisti già lo ingoiano da soli
6/3/2009

Camilleri, leggo su Wikipedia, alla voce “olio di ricino”: “Durante la dittatura fascista l’olio di ricino fu uno degli strumenti di tortura impiegati dalla Camicie nere... I dissidenti e gli oppositori presi di mira venivano obbligati a ingerirne grandi quantità, provocando gravi sofferenze gastroenteriche, diarrea e disidratazione che potevano condurre le vittime alla morte. Il mezzo di tortura fu ideato da Gabriele D’Annunzio, durante l’occupazione di Fiume”. Ce lo vede Gasparri con l’imbuto in mano che fa trangugiare olio di ricino ai giornalisti non allineati? E sente nell’aria odore di olio di ricino?
Saverio Lodato

L’olio di ricino era un purgante in uso almeno sino agli anni trenta e credo sia stato il purgante ufficiale durante la guerra 15-18. Da piccolo mi è stato propinato in minime dosi da mia madre, che poi passò al calomelano, una specie di cioccolatino amarissimo, altrimenti detto «il bel nero». Il sapore dell’olio di ricino era abominevole, quasi quanto quello dell’olio di fegato di merluzzo. Il ricino aveva effetti immediati e dirompenti. Apprendo da lei che il primo a farne un uso, diciamo così improprio, è stato D’Annunzio a Fiume. Può darsi, perché D’Annunzio la grande guerra l’aveva combattuta. Va ricordato che al fascismo il Vate nazionale fece un altro regalo, quell’incomprensibile “eja, eja, alalà” che costituiva il saluto al duce. Gli squadristi usavano l’olio di ricino contro avversari isolati e inermi, in genere di età avanzata, per dileggiarli e umiliarli: splendido esempio di assoluta vigliaccheria. Lei mi chiede se ce lo vedo Maurizio Gasparri con in mano l’imbuto e il bottiglione d’olio di ricino. Le rispondo che non ce lo vedo, perché non ce n’è più bisogno: sono talmente tanti i giornalisti che l’olio di ricino lo ingoiano di loro spontanea volontà! Per i rari dissenzienti non serve sprecarlo.
Andrea Camilleri


La nostalgia canaglia dei colonnelli di Fini successore di Almirante
8/3/2009

Camilleri, a Giorgio Almirante, negli ultimi anni, i panni di Almirante vennero stretti. Almeno a credere a Daniele Protti, direttore dell’Europeo, che svela un’intervista “off limits” (1980) al capo del Msi. L’uomo politico, che in anni duri fu bollato a sinistra come «fucilatore di italiani»: «Non voglio morire da fascista. Sto lavorando per individuare chi dovrà prendere le redini del Msi dopo di me…Non fascista, non nostalgico. Che creda, come me… in questa Costituzione». Ambiva a una seconda vita (politica). Per Gasparri occorrerebbero reincarnazioni indù, quelle che durano millenni, per intenderci.
Saverio Lodato

L’intervista del giornalista Protti, sia pure pubblicata trent’anni dopo, tutto sommato sembra offrire un’ottima pezza d’appoggio a Fini. Il successore che Almirante cercava, quando ne disegnò a Protti le caratteristiche, è il ritratto sputato di Fini. Ma vede, caro Lodato, a quanto hanno riferito alcuni giornali, sembra che Almirante non faccia più parte del Pantheon di An. Perché la verità è che molti tra gli ex colonnelli di Fini, una volta immobilizzato il loro capo in quel mausoleo che è la presidenza della Camera, si sono sentiti liberi di ridarsi sulla pelle una bella passata di colore nero. Il loro essere nostalgici trapela ad ogni occasione. Sono nostalgici dell’uomo forte, e diventano succubi di un simulacro di uomo forte come Berlusconi. Sono nostalgici del razzismo e, non potendosela più prendere con gli ebrei, perseguitano rom ed extracomunitari. In quanto a Gasparri… perché suppone che fra migliaia d’anni possa rinascere cambiato? Le vorrei ricordare un modo di dire delle mie parti: «cu nasci tunnu nun po’ muriri quatrato». Chi nasce tondo non può morire quadrato. No, Gasparri resterà, in vita e in morte, sempre tondo. Con la D, Lodato, mi raccomando…
Andrea Camilleri


Ingratitudine e volubilità. Il taxista romano e i difetti degli italiani
9/3/2009

Camilleri, ai funerali di Luigi Petroselli, sindaco di Roma(1981), fu cospicua la rappresentanza dei taxisti. Lo consideravano: «uno di loro». La settimana scorsa mi è capitato di salire su una ventina di taxi e tutti ce l’avevano con Veltroni per aver concesso 2500 licenze. Possibile che non mi sia capitato neanche uno di quelli freschi di licenza? Il taxista romano è come il vaso di Plotino, le cui verità teologiche sgorgano per emanazione del sentito dire dei clienti? O è lui il gran regista del chiacchiericcio qualunquista? Va bene il fine corsa, un po’ meno la fine della gratitudine.
Saverio Lodato

Grazie per l’occasione di ricordare Luigi Petroselli, uno dei grandi sindaci di Roma, amato e stimato da tutti, non solo dai taxisti, che per lui facevano un’eccezione. Almeno a Roma,i taxisti hanno due particolarità: si lamentano con il cliente per il traffico, cosa comprensibile, ma se il cliente ha altro per la testa e glielo fa capire, si vendicano accendendo la radio ad alto volume. Poi criticano sempre il sindaco che in quel momento è in carica, a qualsiasi partito appartenga. E dal sindaco passano a mettere in discussione il presidente del consiglio, il capo dello Stato, l’Europa, l’America, il mondo. Anch’io li ho sentiti infurentiti contro Veltroni, e infatti sono stati fra i grandi elettori di Alemanno. Ora cominciano a essere delusi anche da lui. Non credo si tratti di riconoscenza o irriconoscenza, penso, piuttosto, che in essi si condensi la quintessenza delle caratteristiche italiane, come la volubilità delle opinioni, sostanziale qualunquismo, non celato razzismo, perenne supponenza. Ci sono le eccezioni, naturalmente. Ma se uno straniero mi chiedesse chi scegliere nel campionario per fare un ritratto dell’italiano, fra i primi indicherei un taxista romano.
Andrea Camilleri


Lo stupro vale meno se a governare è Berlusconi. Come nell’era Minculpop
10/3/2009

Camilleri, facciamoci i complimenti da soli: ricorda che definimmo buffi gli osservatori tv che non ci spiegano perché all’epoca di Prodi la «nera» veniva sbattuta in prima pagina e oggi - invece - molto meno (23 febbraio)? Ecco la risposta: durante i due anni di Prodi il peso della «nera» raddoppiò, oggi è dimezzato. Zampa (Pd): «ce ne siamo accorti a spese degli italiani». Caselli: «mali ingigantiti». E i diretti interessati? Cantano come usignoli. Mimun (Tg5): «Un’idea che lascia il tempo che trova». Mazza (Tg2): «imputare ai tg il fallimento delle elezioni non è accettabile». Giordano (ex Studio Aperto): «Impiegando la nera in chiave politica si fa un pessimo servizio». Ma davvero?
Saverio Lodato

Niente di nuovo sotto il sole, caro Lodato. Durante il fascismo, gli ordini che il Minculpop inviava ai direttori di giornali erano severissimi: vietavano di riportare fatti di cronaca nera come furti, rapine, omicidi. L’Italia fascista doveva sembrare il migliore dei paesi possibili. Persino i nostri commediografi, se volevano raccontare un adulterio o un omicidio, li ambientavano all’estero. Si vede che qualche traccia di Minculpop si è trasmessa nel Dna di molti giornalisti di oggi. Durante il governo Prodi hanno talmente enfatizzato i reati contro la sicurezza che la sconcia campagna è rimasta nella nostra memoria, anche se siamo un popolo di smemorati. Ora che gli stupri si moltiplicano e l’insicurezza dilaga, gli stessi giornalisti non possono fare altro che mettere la sordina alle loro trombe. Per favorire coloro che, da Berlusconi ad Alemanno, ci avevano promesso un’Italia da bere, come la Milano di una volta. E per giustificare la loro supina acquiescenza, a questi giornalisti non resta che l’arrampicarsi sugli specchi. Che, come ognun sa, è tentativo che non riesce mai.
Andrea Camilleri


Silvio D’Amico, il circo dello Spot Hospital e la sindrome da talk show
11/3/2009

Camilleri, i talk show trattano temi differenti, ma si affidano allo stesso circo di ospiti che con la liana saltano da un canale all’altro. Con il risultato buffo che, se si parla di Padre Pio, l’ospite rivela che un giorno lo intravide da qualche parte; se il tema è la pedofilia, rivela d’esser stato molestato a dodici anni dallo zio; se il conduttore consiglia “mobbing”, la medesima persona dice la sua sui “difficili” inizi di carriera; ricorda che si svegliò dal coma con note di Bach; del fratellastro che gli rubò l’eredità; di quando si ritrovò con lo squalo a tu per tu. Benvenuti a Spot Hospital.
Saverio Lodato

Il fenomeno di cui parla, caro Lodato, è quello del protagonismo a tutti i costi. Protagonismo che la tv esalta oltre ogni misura. Nel secolo scorso, con l’avvento del cinema e poi della tv, la nostra epoca fu detta «l’epoca dell’immagine». L’attuale è «l’epoca dello spettacolo». Omicidi, guerre, stupri, politica, crisi economica, borsa tutto fa brodo per fare spettacolo. E nel talk show, il partecipante deve per forza proporsi come attore protagonista. Così racconterà, per seguire il suo esempio, come, violentato a dieci anni da un negro a quindici fu travolto da un pirata della strada, come rimase in coma per tre anni e a diciotto fu risvegliato dall’apparizione di padre Pio. Se il conduttore lo lascia ancora parlare, racconterà che la moglie albanese è scappata con un rumeno portandosi via il figlioletto. Quando ero allievo regista all’Accademia nazionale di arte drammatica, il presidente Silvio D’Amico, grande critico teatrale, ci spiegava che l’attore voleva sempre mettersi al centro dell’attenzione generale. E concludeva: «se un attore partecipasse a un funerale , vorrebbe essere lui il morto». I degenti del Talk Hospital la pensano allo stesso modo.
Andrea Camilleri


Se questore e prefetto scelgono le ronde alla sagra del peperone
12/3/2009

Camilleri, che a Treviso il questore e il prefetto assistano ai corsi per ronde di tal Remo Sernagiotto, capogruppo F.I. alla Regione Veneto, dimostra che siamo al proverbiale “liberi tutti”. C’è imbarazzo ai vertici delle forze dell’ordine. Ora la tesi di qualcuno è che i funzionari siano caduti in un trappolone propagandistico di quelli di F.I., ma, anche se così fosse, non ci farebbero una gran bella figura. Che un sol Sernagiotto sia riuscito a mettere nel sacco il fior fiore delle nostre polizie fa cascare le braccia.
Saverio Lodato

Il questore e il prefetto di Treviso, intervenuti a Crocetta del Montello all’inaugurazione della scuola per i «volontari della sicurezza», meglio noti come rondisti, non sono da biasimare, ma da elogiare. I sindacati di polizia che hanno protestato sono in errore. Il Questore e il Prefetto hanno dimostrato di avere l’occhio lungo. Sono certi che il ministro Maroni, nel suo tentativo di dare uno status legale alle ronde, renderà obbligatoria la presenza delle autorità ad ogni cerimonia di queste nuove quadrate legioni. Anzi. Pare che sogni di vederle sfilare il 2 giugno per la Festa della Repubblica. Credo che i rondisti porteranno incremento più che alla sicurezza, all’attività delle osterie e dei bar notturni. I primi risultati non sono certo incoraggianti, se la polizia ha dovuto scortare i rondisti a Napoli e a Milano. Perciò non è vero che non servono a niente: servono a impegnare inutilmente le scarse e malpagate forze dell’ordine costrette a far da balia agli eroici volontari. Il forza italiota Sernagiotto, organizzatore del corso educativo, sostiene che era dovere del Prefetto e del Questore presenziare alla manifestazione. E si domanda: «dove altro sarebbero dovuti andare? Alla sagra del peperone?». Sì, sarebbe stato infinitamente meglio.
Andrea Camilleri


Perché votare? Basta fare anghingò. Aspettando il Ponte con la Sardegna
13/3/2009

Camilleri, ora Berlusconi vuole che a votare in Parlamento siano solo i capigruppo, non più i singoli onorevoli. Se passa la proposta – ma Fini è disgustato – a giocare sarebbero in tre, e senza neanche il morto: quello del Pdl, quello dell’opposizione, e il capo ronde. Ceausescu e Kim il Sung, Bokassa o Stalin, Saddam o Benito, ebbero ritratti nei luoghi pubblici, statue a grandezza naturale, persino sontuosi mausolei, ma la boiata che tante chiorbe, per dirla alla toscana, si fondessero in una chiorba sola, non venne loro in mente.
Saverio Lodato

Penso che quest’ultima alzata d’ingegno di Berlusconi nasca dal fatto che i deputati del Pdl non sono altro che degli yes man, e si sente autorizzato a credere che tali siano anche i parlamentari degli altri partiti, ma, ragionandoci sopra con mente scevra da pregiudizi, la proposta di Piccolo Cesare promette sviluppi positivi. Se a votare in Parlamento saranno solo i capigruppo, perché non si abolisce il gruppo e resta solo il capo votante? Che bisogno c’è di fare eleggere centinaia e centinaia fra deputati e senatori? Le leggi verrebbero votate in un’oretta scarsa. In caso di parità, lo stallo si potrebbe risolvere con un giro di anghingò. E perché chiamare gli italiani al voto? Basterà che le segreterie politiche comunichino il nome del loro candidato capogruppo agli iscritti e ai simpatizzanti, i quali potranno dare, o no, il loro consenso attraverso sms, e mail, telefonate. E non ci sarebbe più necessità di palazzi come quelli del Senato e della Camera; i capigruppo potrebbero riunirsi nel bar qui vicino. I palazzi si potrebbero vendere per farne alberghi di lusso. Pensate che risparmio e che guadagno! Basterebbero a finanziare non solo il ponte sullo Stretto, ma anche quello con la Sardegna che, prima o poi, Berlusconi certamente proporrà.
Andrea Camilleri


Blazer o doppiopetto? Torte in faccia: è la moda all’epoca della crisi
14/3/2009

Camilleri, disoccupati, cassintegrati, precari sul lastrico, barboni, morti di fame che siano, che possono fare al tempo della crisi? Carlo Rossella ha idee brillanti come diamanti: «I tempi sono cambiati. A Miami comprerò solo qualche camicia. È il momento di abbandonare lo spreco: meno cashmere e più lana, meno pantaloni di sartoria e più jeans, no al doppiopetto in grisaglia, sì al blazer». Lei non ha nostalgia del mondo del varietà, quando si tiravano le torte in faccia?
Saverio Lodato

Non capisco la sua ironia, caro Lodato. Non sa che i barboni indossano abiti da straccioni appositamente confezionati dai grandi stilisti? E che le stoffe di questi abiti costano un patrimonio? Altro che cashmere e grisaglia! Sono quelle stesse stoffe, preziosissime e rare, con le quali Karzai, ha presente?, si fa fare i vestiti. E non sa che ci sono regolari sfilate di moda, a ogni mutar di stagione? Sotto i ponti o nelle baraccopoli? E certamente è anche all’oscuro della nuova linea per cassintegrati che Dolce e Gabbana si apprestano a lanciare sul mercato. Carissimo amico, le confesso che sono molto sgomento per l’assoluta superficialità che Piccolo Cesare e i suoi accoliti dimostrano di fronte alla reale portata di questa crisi. Lasciamo perdere Piccolo Cesare, che ha gli occhi accecati dai suoi miliardi, ma gli altri come fanno a essere così in malafede? Lei cita le torte in faccia. Ma le torte in faccia erano gag che facevano ridere. Questi ci tirano in faccia oggetti contundenti, pietre e bulloni che fanno male. E che suscitano anche molta rabbia. Costoro non vivono più nella realtà quotidiana, ma dentro quella realtà virtuale che Piccolo Cesare ha creato per se e per i suoi. Davanti alla fame, alla povertà, al disagio economico, non c’è però virtualità che tenga.
Andrea Camilleri


Niente inciuci. Così Franceschini ribatte colpo su colpo a Berlusconi
15/3/2009

Camilleri, de profundis per l’inciucio. Chissà cosa combinerebbe Berlusconi se dovesse vincere le europee. È il concetto espresso da Dario Franceschini che ha definito «clerico fascista» Berlusconi, il quale lo aveva definito «catto comunista». Franceschini ci fa correre un brivido gelido lungo la schiena, visto ciò che dice, dichiara, propone, progetta, congettura, almanacca, fa, trama, dispone, ordina, smentisce, Berlusconi, che ancora non ha vinto. Ma Franceschini ha il merito, quasi rivoluzionario, di non cedere alla tentazione dell’inciucio. Tante uova di Colombo sono state scoperte quasi per caso. che ne pensa?
Saverio Lodato

Penso che Franceschini stia mettendo a fuoco il giusto modo di fare opposizione. Da un lato fa proposte concrete che mettono il governo in imbarazzo, come l’assegno ai disoccupati, reperendo la copertura necessaria con una dura lotta all’evasione fiscale. Il no del governo è stato stupefacente: sarebbe un incentivo per i licenziamenti. Come dire: non diamo soldi alla sanità se no le malattie aumentano. Dall’altro Franceschini reagisce colpo su colpo alle ingiurie di Piccolo Cesare, non gliene lascia passare una. Dato che Piccolo Cesare parla a ruota libera, è bene che le risposte che gli vengono date sottolineino il suo sproloquiare. Franceschini trema all’idea di quello che farà Berlusconi se stravincerà le europee. E c’è da esserne seriamente preoccupati. Il suo delirio di onnipotenza è ormai pericolosamente vicino all’incontrollabilità. Metterà mano alla Costituzione, ai poteri del capo dello Stato, del Parlamento, del Csm, travolgerà giustizia, libertà d’informazione, ogni cosa che possa dargli il minimo fastidio. La sua pericolosa ambizione non ha né freni né limiti. Piccolo Cesare, quello vero, ai suoi tempi non era chiamato il Nemico Pubblico n.1?
Andrea Camilleri


Troppo Viagra al nord. E la Lega cade nel delirio d’impotenza
17/3/2009

Camilleri, doccia scozzese sulle virili popolazioni padane. L’Homo Nordicus va avanti a Viagra con dosi triple rispetto all’Homo Mezzogiornus. La scoperta è di Davide Caparini, parlamentare Lega Nord che ha il merito di aver divulgato la tutt’altro che lieta novella: «Dal 1998 al 2005 a Brescia sono state consumate dalle 3 alle 4 mila pillole di Viagra ogni mille persone. A Potenza, il consumo è stato di 991 per lo stesso numero di persone». Insomma: il trinomio lavorare, pagare e tacere, rischia di fare mestamente rinfoderare lo spadone del Barbarossa. Il celodurismo logora chi non ce l’ha.
Saverio Lodato

La giustificazione che l’onorevole Caparini fornisce per spiegare l’ingente consumo di Viagra al Nord, addirittura il triplo che al Sud, non ci convince. Egli sostiene che il fenomeno delle defaillances, o più volgarmente del far cilecca, è dovuto al fatto che la gente del Nord ormai è usurata dall’aver dovuto sempre lavorare, pagare e tacere. E per questo ora deve ricorrere all’aiutino. Dalla geniale intuizione di Caparini consegue, a rigor di logica, che la gente del Sud può dedicarsi allegramente al sesso, diciamo così naturale, perché non lavora, non paga le tasse e se ne sta tutto il giorno al bar. La solita visione aberrante e offensiva che i leghisti hanno dei meridionali. E per far raddrizzare i loro cervelli non c’è Viagra che tenga. Comunque: quantum mutatus ab illo è il padano! Bossi nei comizi proclamava il celodurismo e sottolineava le sua parole con un allusivo gesto del braccio. Ora, per bocca di un onorevole, confessano di consumare quintali di Viagra per mantenersi all’altezza del loro passato. E quando, con la terribile crisi che avanza, non avranno più i soldi per comprarlo, come se la caveranno? Nell’eventualità, suggerirei di fare un viaggetto tonificante al Sud.
Andrea Camilleri


E se, grazie al delirio edilizio il «cummenda meneghino» tornasse costruttore?
18/3/2009

Camilleri, da una cronaca su Berlusconi a Cernobbio: «Si agita sulla sedia. Si sistema la cravatta. Si tocca il naso… E, mai visto prima, prende appunti prima di intervenire. “Si è stufato” confida un sodale… Un po’ si sente la nostalgia dichiarata per il mestiere dell’imprenditore fare il paio con i lamenti per lo stato in cui versa la pubblica amministrazione: “utilizzo i soldi pubblici come se fossero miei. Scrivo gli appunti sul retro bianco di fogli già usati”». Non riesce più a sentirsi imprenditore fra imprenditori, politico fra politici. Un bel problema.
Saverio Lodato

La fenomenologia di Silvio Berlusconi, rubando a Umberto Eco il titolo di un suo scritto dedicato a Mike Bongiorno, è quella tipica del cumenda meneghino, elevata all’infinito. Il cumenda, dal quale molti comici hanno ricavato macchiette esilaranti, è quello del «ghe pensi mi», quello che crede che se non ci fosse lui a pensare a tutto, non solo Milano, ma l’Italia intera andrebbe in malora. Spesso e volentieri il cumenda si atteggia a vittima delle circostanze che lo costringono a un attivismo frenetico. Se stesse per lui, passerebbe le giornate in ozio, nella villetta in Brianza, salvatore della patria suo malgrado. A Cernobbio, fra le altre amenità, ha dichiarato che, per far procedere le cose con sveltezza, è costretto ad amministrare i soldi dello Stato come fossero i suoi. Il che è totalmente falso. Perché mentre i suoi soldi si moltiplicano a dismisura, le casse dello Stato dimagriscono a vista d’occhio. Se Berlusconi sente prepotente la nostalgia di quando faceva il costruttore, perché non torna a farlo ora che la prossima legge sul delirio edilizio gli consentirà altri guadagni da Paperon dei Paperoni? E non presenta subito una bella lettera di dimissioni? Ci guadagnerebbe lui e ci guadagnerebbero tutti gli italiani.
Andrea Camilleri


Cani inferociti per la crisi. Altro che ronde meglio l'accalappiacani
19/3/2009

Camilleri, un bambino di 10 anni è dilaniato dai morsi di un branco di cani inferociti e lo stesso commando (di cani n.d.r.) sfigura una turista tedesca di 24 anni. Accade a Marina di Modica, nel ragusano, dove è in atto un’invasione di cani randagi. La Procura ha dato ordine di abbattere le belve che le cronache descrivono «di piccola taglia, ma molto aggressive». Perché i cani, che sanno essere tranquillissimi, danno simili segni di nervosismo? Non si diceva fossero i gatti a sentire l’arrivo del tempo o dei terremoti?
Saverio Lodato

A scorrere i quotidiani, pare che il randagismo sia un fenomeno solo siciliano. Un mese fa, un mio amico, mentre a Roma percorreva una pista ciclabile, si è visto circondare da un branco di randagi minacciosi e ringhianti. Ha pensato bene di starsene immobile e il branco, dopo un po’, si è allontanato. Il numero dei randagi è destinato ad aumentare perché sempre più i loro padroni se ne sbarazzeranno per via della crisi. Mantenerli costa troppo. Una volta il cane era il migliore amico dell’uomo e grande protettore dei bambini. Perché sta mutando carattere? Mi sbaglierò, ma credo che la risposta sia semplice: perché noi stiamo mutando carattere. Siamo diventati aggressivi, non perdiamo occasione per litigare, reagire con violenza, insultare, offendere. Insomma, se fossimo cani, morderemmo. Lei, caro Lodato, suppone che i cani sentano avvicinarsi il terremoto, cioè la crisi. Penso che non sia lontano dalla verità. È possibile che questi animali captino il nervosismo, il disagio, la preoccupazione che c’è nell’aria, e, perché no? il contenuto di certi Tg, e ne vengano contagiati. Che fare? Leggo che in oltre 1600 comuni italiani non c’è un servizio per la cattura dei randagi. E se al posto delle ronde assumessimo un po’ di accalappiacani, non sarebbero più utili alla comunità?
Andrea Camilleri


Le affermazioni del Papa e quel che avviene nella società globale
20/3/2009

Camilleri, che impressione le fa che il Papa abbia scelto l’Africa, flagellata dall’Aids, per un durissimo affondo contro l’uso dei profilattici? La tesi: “E’ una tragedia che non si può superare con la distribuzione di preservativi, che anzi aumentano i problemi”, occorre “soffrire con i sofferenti”. La Francia esprime “la più viva inquietudine”. La Germania: “i preservativi salvano la vita”. La UE: “sono essenziali”. La Spagna invierà in Africa un milione di profilattici. E l’Italia? Non pervenuta.
Saverio Lodato

Nel 2010 si compiranno i 150 anni di vita della nazione italiana. E siccome è facile prevedere che il capo del governo sarà ancora Berlusconi, presumo che dalle celebrazioni saranno esclusi, per decreto legge, tutti gli episodi che possano dar fastidio al Vaticano. A cominciare dalla breccia di Porta Pia. Verranno in compenso esaltati i patti lateranensi voluti da Mussolini che, tra l’altro, ebbe il merito delle leggi razziali contro il popolo deicida per la cui redenzione questo Papa ha ripristinato una speciale preghiera. E lei pretende che, mentre stiamo ancora qua a discutere se uno abbia il diritto di morire come gli aggrada, l’Italia dica la sua sui preservativi? Se questo governo dovesse pronunciarsi, non farebbe che allinearsi alle parole del Papa. Il quale finge di non sapere che il novanta per cento dei buoni cattolici europei usa il preservativo: però al riguardo chiude un occhio. Per gli altri è diverso. Serve a salvare milioni di persone dall’Aids? Non importa. Serve a limitare la crescita delle bocche da sfamare? Non importa. Importano solo le affermazioni dottrinali lontanissime ormai da qualsiasi contatto con la realtà. Ma le centinaia di migliaia di confessori, sparsi nel mondo, perché non dicono al Papa come stanno le cose? Oppure gliele dicono ma lui fa finta di niente?
Andrea Camilleri


Berlusconi i colonnelli o i tonni di An
21/3/2009

Camilleri, il copione vuole che nel congresso di scioglimento di AN, l’“Ultimo dei Mohicani” sarà sconfitto. L’indiano è Fini. E la Storia è più atroce degli uomini che pretendono di farla, scriverla, interpretarla. Scherzando, si può parafrasare Lino Banfi: “In Italia un dittatore è poco, due sono troppi”. In “Una tigre in redazione” (Marsilio), sono raccolte le corrispondenze di Emilio Salgari, quando Buffalo Bill venne in Italia con seguito di indiani e cowboy (1890). Fra un secolo, chi farà parte del circo? E dove saremo?
Saverio Lodato

Dove saremo non ha nessuna importanza. Né mi sento di fare pronostici, se fra cento anni esisterà ancora il circo Barnum della politica come è intesa oggi o saranno tempi più seri. Noto che Berlusconi non interverrà al congresso di An. Dicono che lo farà per cortesia, per lasciare il palcoscenico tutto a Fini. Non credo sia così: sotto quello che vorrebbe apparire come un commosso rito d’addio si svolgerà una lotta senza quartiere fra Fini e i suoi colonnelli e tra i colonnelli fra loro. La presenza di Berlusconi acuirebbe le faide. Non tutti i colonnelli di Fini, a cominciare dall’ineffabile Gasparri, condividono le sue esternazioni, sentendosi ormai più vicini a Berlusconi che a lui. Inoltre il partito unico comporterà un sensibile dimagrimento delle poltrone in dotazione ai due partiti satelliti di FI, la quale farà la parte del leone. È inevitabile una notte dei lunghi coltelli. Ha mai assistito a una mattanza, caro Lodato? Quando la rete, detta “camera della morte”, comincia a essere tirata in superficie, le decine e decine di tonni che vi sono intrappolati prendono a contendersi il poco spazio acquatico rimasto fino a quasi uccidersi fra loro. Solo in quel momento il rais, nel caso specifico Berlusconi, ordina di arpionare.
Andrea Camilleri


Lode alla scarpa ribelle e rivoluzionaria da Krushov all'Onda
22/3/2009

Camilleri, tutto iniziò a Baghdad, quando un audace giornalista iracheno, Montazer al-Zaidi, scagliò non una, ma tutte e due le scarpe, contro Bush. L’autore del gestaccio dovrà scontare tre anni di prigione, ma nella Storia è entrato con tutte e due le scarpe. Grazie a lui, nel mondo, la scarpa è diventata il simbolo di una democrazia – diciamo così - calzaturiera. Simboli analoghi: la stampella di Enrico Toti, o Brenno, capo dei Galli, che dà inizio al sacco di Roma non prima di aver tirato la barba a un anziano senatore. Si va a manifestare, l’Onda lo ha già fatto, con la scarpa in mano. O tempora, o mores! Ce la scrive un’ode alla scarpa?
Saverio Lodato

La storia della scarpa come simbolo di protesta iniziò, se non vado errato, con Nikita allora numero 1 dell’Urss che se la tolse durante una drammatica seduta dell’Onu e cominciò a sbatterla furiosamente sul banco. Prosegue, sempre con Bush, quando il presidente degli Usa ordinò che le bare dei soldati morti in Iraq fossero sepolte quasi in modo clandestino per far credere agli americani che la guerra procedeva trionfalmente. Allora le madri e le mogli dei caduti allinearono per terra, lungo un marciapiede una fila interminabile di scarpe militari. E proprio in questi giorni gli studenti dell’Università di Roma hanno reagito alle cariche della polizia con un nutrito lancio di scarpe. Le quali, secondo il delirio mentale del ministro Brunetta, sarebbero le pericolosissime armi chimiche dei guerriglieri. Credo che gettare la scarpa contro qualcuno, in segno di protesta, sia sostitutivo di un altro gesto che le circostanze impediscono di fare, e cioè di prendere a calci nel sedere quel qualcuno. Resto con Lei, caro Lodato, in fiduciosa attesa del poeta che giustamente, prima o poi, canterà le lodi della scarpa come monumento alla ribellione.
Andrea Camilleri


Montalbano è allibito: le «mele marce» di Genova e i precedenti di Bolzaneto
24/3/2009

Camilleri, alle notizie di Genova, Montalbano sarà rimasto di sasso: scoperta una banda di 25 poliziotti dedita a cocaina, bische clandestine, festini con prostitute. Agghiaccianti le telefonate fra i Rambo di cartapesta: «Voglio fare una rissa della Madonna, finisce che ammazzo tutti»; «Sei dei tanti che consumano droga, sei nella norma». Di un neofita, un veterano dice: «Non vorrei che finisse lì, e poi ci tocca buttarlo nella spazzatura». Della storia i giornali hanno parlato un giorno solo. In fondo, sono italiani come noi.
Saverio Lodato

Montalbano, caro Lodato, è allibito e nauseato. E vorrebbe rivolgere qualche domanda a chi di ragione. La prima è per il Questore di Genova che ha dichiarato, a stare al Corriere della Sera, che si tratta di «poche mele marce». Sappiamo che è consuetudine delle Questure il ridurre sempre a un terzo i partecipanti a una manifestazione a esse non gradita. A logica di Questura, dunque, i poliziotti dovrebbero essere molti di più che 25. Ma anche restando a questo numero, non pare al signor Questore che 25 mele marce siano un po’ troppe? Ne basta una sola in un cesto per infettare tutte le altre. Il contadino lo sa e si affretta a gettarle via. Come mai alla Questura di Genova nessuno si è accorto di quello che stava succedendo? E pare che uno degli arrestati avesse subito una condanna a 3 anni e 2 mesi per avere massacrato a Bolzaneto la mano di un no global. Lo stesso agente, nel 2007, era stato indagato perché accusato di avere violentato con alcuni suoi colleghi tre prostitute straniere proprio nei locali della Questura genovese. Ecco le altre domande: come mai un tipo simile ha potuto continuare a vestire la divisa della polizia? Anche allo spirito di corpo c’è un limite, passato il quale, lo spirito di corpo diventa complicità.
Andrea Camilleri


Nel Pdl il brodo di coltura del fascismo redivivo. Resta il bisogno di antifascismo
25/3/2009

Camilleri, cosa fatta, mi riferisco allo scioglimento di An, capo ha. E il capo, dentro il prossimo Pdl, non sarà Fini, ma Berlusconi. Un peccato, visto che Fini, con il suo no al partito della destra, all’umiliazione del Parlamento, al culto della personalità, al partito unico, ha mostrato quasi la statura di un picco himalajano, rispetto a quella, collinare, degli ex colonnelli. Con un Gasparri al di sotto del livello del mare: «Siamo il partito della legge e dell’ordine». Però, si apre un problema inquietante. Secondo molti, ormai: no fascismo; quindi: no antifascismo. Adelante, Pedro, con juicio, diceva Manzoni.
Saverio Lodato

I colonnelli di Fini, che si trasferiscono, armi e bagagli, nel Pdl, sanno che nel partito di Berlusconi, quello del predellino, troveranno terreno di coltura per i loro mai morti bacilli fascisti. Riabbracceranno l’indomito camerata Ciarrapico, che ha lodato Berlusconi per aver sempre disertato le commemorazioni del 25 aprile. E vedono in Berlusconi, una sorta di sbiadito Salazar, quello che veniva chiamato «redentor do Portugal». Non siamo a Franco, e meno che mai a Mussolini, ma si accontentano. Lei, caro Lodato, afferma che Fini, rispetto ai suoi colonnelli, svetta come una cima dell’Everest. È vero, ma questa situazione oggettiva creerà una barriera fra lui e i maggiorenti del Pdl. Fini, ormai, consulta un altro vocabolario. Il mio e il suo. Un vocabolario che Berlusconi non solo non adopera - ne ha uno personale - ma che anzi disprezza perché contiene parole come antifascismo e resistenza. Avrà Fini la forza politica per riuscire a strappare a Berlusconi un suo spazio di manovra? Non credo, ma glielo auguro. Quanto al problema che la inquieta: il fascismo, anche quello nostalgico, è vivo e operante fra le fila del Pdl, e di antifascismo ci sarà ancora bisogno.
Andrea Camilleri


Studenti guerriglieri perché non eletti? E lei, sior Brunetta da chi è stato eletto?
26/3/2009

Camilleri, occupiamoci della stessa persona (eccezion fatta per Berlusconi) non più di due volte al mese. Prenda Brunetta: inventa il tornello per i magistrati, si scatena contro i fannulloni, vuole le donne in pensione a 65 anni, definisce «guerriglieri» gli studenti in rivolta, ora inventa le «faccine». È un gagà che passeggia per la piazza del paese facendo di tutto per non passare inosservato. È diventato macchiettistico, anche i bambini gli ridono dietro, ma è l’unico a non saperlo.
Saverio Lodato

Nella corte di Piccolo Cesare, il ministro Brunetta ha il ruolo del fool, cioè l’ometto che faceva ridere il re e i cortigiani con le sue battute insensate. La differenza sta nel fatto che Brunetta non fa ridere solo la corte, ma tutti gli italiani ancora dotati di un pizzico di ragione. E appena uno lo vede, immancabilmente, gli torna alla memoria quella canzonetta che faceva: «ma Pippo, Pippo non lo sa che quando passa ride tutta la città». Con tutto quel che segue, compreso il saltellare come un pollo. Perché Brunetta saltella da un canale all’altro, sempre affamato di notorietà. È, come diceva il poeta Guido Gozzano, uno «che tra clangor di buccine s’esalta / che sale cerretano alla ribalta / per far di sé favoleggiare altrui». E pur di dire la sua in ogni occasione gli capita quasi sempre di straparlare. Come l’aver definito guerriglieri gli studenti dell’Onda. Il sindacato dei funzionari di polizia gli ha fatto notare la pericolosità delle sue parole. Allora ha fatto marcia indietro, definendo gli studenti quattro ragazzotti che non sono neanche presenti negli organismi rappresentativi. Cioè che non sono stati eletti. Di grazia, sior Brunetta eccellentissimo, a lei chi l’ha eletto? Lei ha avuto un solo elettore: Piccolo Cesare. Non sarebbe stato il caso di sorvolare su questo argomento?
Andrea Camilleri


Su Aids e preservativo il Vaticano riconoscerà i suoi errori. Nel 4018, forse
27/3/2009

Camilleri, mi ha colpito l’espressione dura del cardinal Angelo Bagnasco, presidente Cei, quando ha scandito: “non accetteremo che il Papa venga irriso o offeso”. Mi ha colpito il giudizio di Paola Concia (Pd): «Berlusconi sta facendo il chierichetto del Pontefice. Speriamo che questa messa finisca presto... È da necrofili chiedere di non usare il preservativo che evita contagi e morti». Mi ha colpito la vignetta di Ellekappa: «… Altro che Papa re, questo è un Papa premier». Mi ha colpito l’affondo di Luciana Litizzetto, da Fabio Fazio. Ma è niente a confronto di quanto mi abbiano colpito, insieme a milioni di persone, le recenti posizioni del Papa.
Saverio Lodato

Lei, caro Lodato, ha ragione d’esser turbato alle dure parole del cardinale Bagnasco. Si vogliono allargare l’infallibilità e l’autorità papali sino ad ora ristrette all’ambito teologico, in campi non di sua pertinenza. E siccome viviamo in Italia, è facile prevedere che tutto quello che farà e dirà la Cei in appoggio alla volontà del Papa si tramuterà in aspra diatriba politica. E capace che, da parte di Berlusconi, ci scapperà qualche decreto legge che colmerà di gioia il cuore dei porporati. Fortunatamente le parole di Bagnasco sono state rintuzzate dal ministero degli esteri francese. Certo che il Papa è liberissimo di dire come la pensa, ma gli altri sono ancora più liberi di dire che non sono d’accordo. E se la Cei considera offesa o ingiuria il dissenso, si ponga una domanda. Come mai questo Papa suscita tante reazioni negative nel mondo? Sono così sicuri che a sbagliare sono sempre gli altri? Caro Lodato, vorrei rassicurarla. Vede, piuttosto poi che prima, la Chiesa i suoi errori sa riconoscerli. Ci mette un po’ di tempo, prenda Galileo, ma alla fine ci arriva. Scommettiamo che nel 4018 il preservativo sarà consentito?
Andrea Camilleri


Biotestamento, una vergogna. Sarà il grimaldello per scassinare altre libertà
28/3/2009

Camilleri, ha visto come è andata al Senato? Tanto tuonò che piovve. Testamento biologico bye bye. E Berlusconi può concedersi anche il lusso di bistrattare i parlamentari che stanno lì solo «a far numero», insomma «panza e presenza». Fra poco, le cronache parlamentari diventeranno assai più snelle: «Il numero 1 ha votato a favore della legge proposta da lui medesimo». Fine della seduta. Prosit!
Saverio Lodato

A quanto mi è parso di capire dai resoconti giornalistici, la legge che si è votata sul testamento biologico è risultata essere ancora più dura e infame di quanto si pensasse. L’intransigenza invocata il giorno avanti dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei, è stata messa in atto da Berlusconi e dai suoi, con l’esclusione di ogni possibilità di discussione e di mediazione. Senza la più lontana preoccupazione di salvare un minimo di laicità dello Stato. Ho ancora la libertà di dire che è stata scritta una pagina vergognosa della nostra storia? Ho sostenuto altrove, e qui lo ripeto, che questa legge verrà usata come un grimaldello per scassinare altre nostre libertà fondamentali, altre regole del vivere civile. Infatti, malgrado questo felice risultato, che apre a Berlusconi l’onore degli altari, egli non ha esitato ha dichiararsi insoddisfatto. Piccolo Cesare avverte le regole della democrazia come fastidiose remore che gli impediscono di fare ciò che gli torna personalmente utile. Considera i deputati come semplicissimi numeri. Fini gli ha ricordato che le regole vanno rispettate da tutti, a cominciare dal premier. Piccolo Cesare ha replicato, al solito, che le sue parole sono state travisate. È vero. Ciò che in realtà voleva dire, si trova già scritto nei libri di storia e le parole sono queste: «Farò di quest’aula sorda e bigia un bivacco per i miei manipoli».
Andrea Camilleri


Le più belle storie d’amore del Novecento le hanno scritte comunisti
29/3/2009

Camilleri, il comunista che scrive storie d’amore è una mosca bianca o, visti i tempi, è prevedibile la nascita di un nuovo autentico filone? Glielo chiedo perché è appena uscito “Ricordi di Rosa e di come la storia ne attraversò la vita” (Navarra editore) che è, ma non solo, una struggente storia d’amore. A scriverlo è Gianni Parisi, palermitano, che negli anni 70, mentre alla guida del Pci c’era Enrico Berlinguer, fu segretario della Federazione di Palermo e poi segretario regionale del PCI; per tre volte parlamentare siciliano. Fra i tanti che lo conoscono, non è stata poca la sorpresa.
Saverio Lodato

Mi scusi, caro Lodato, ma non ho ancora letto il libro di Gianni Parisi e non appartengo alla categoria di persone che dissertano su un libro senza averlo letto, o avendo appena dato un’occhiata al risvolto di copertina. Però mi meraviglio che Lei si meravigli del fatto che un comunista abbia scritto una struggente storia d’amore. Forse Lei continua a credere, seguendo l’alto insegnamento berlusconiano, che i comunisti erano, e sono - perché a Dio piacendo ancora qualcuno ce n’è -, quegli esseri feroci, crudeli, disumani, che a pranzo e a cena si nutrivano di bambini? O vuole semplicemente prendermi in giro? Comunque le dirò che le più belle poesie d’amore di tutta la letteratura del novecento, le hanno scritte tre comunisti, due dei quali hanno patito l’esilio e la galera per le loro idee: Nazim Hikmet, Pablo Neruda e Paul Eluard. E in quanto ai romanzi, le dirò che non tutti nella stessa Urss seguivano i dettami del realismo socialista. Guardi, tanto per fare un esempio, “Il dottor Zivago”. Non è un romanzo d’amore? In patria, Pasternak venne duramente attaccato, la circolazione del suo libro non fu consentita, ma, checché se ne dica, il romanzo non può essere spacciato per anticomunista. Come la mettiamo?
Andrea Camilleri


Se il rumeno innocente si ritrova da Vespa, vittima sacrificata alla sicurezza
31/3/2009

Camilleri, la terza camera del Parlamento, “Porta a Porta”, potrebbe specializzarsi anche in Collocamento, Agenzia matrimoniale, Agenzia immobiliare. L’altra settimana Vespa ha fatto appello agli italiani affinché il cosiddetto «pugile» rumeno sia ripagato dell’ingiustizia patita. E lavoro, casa e famiglia, sono il sogno di tanti. Questa volta lo «scoop» non consisteva nella presenza del solito colpevole sedicente innocente, ma di un colpevole risultato autentico innocente. Potenza del Dna: ha imposto la sua legge anche su Porta a Porta. E se Vespa è costretto a invitare un innocente, gli vuole trovare moglie, casa e lavoro. Vespa, infatti, si commuove sinceramente. Quanto al rumeno ci è sembrato che si sentisse preso dai turchi.
Saverio Lodato

Volevo seguire Porta a Porta, ma non ce l’ho fatta e ho cambiato canale. Mi aveva molto turbato il comportamento del cosiddetto «Pugile»: non capiva niente di quello che veniva detto e la sua testa si voltava ansiosamente dall’uno all’altro degli ospiti per tentare di capire, dalle loro espressioni, quello che dicevano. Era pigliato dai turchi, come dice Lei, caro Lodato. Smarrito e angosciato. E ne aveva tutte le ragioni. Incolpato di stupro, scagionato dal Dna, tenuto in carcere perché indiziato di altro stupro, scagionato una seconda volta, dal carcere portato sotto i riflettori di fronte a milioni di persone. Avrà pensato che l’Italia è strana. Non sa, il poveraccio, che i rumeni sono le vittime sacrificali alla tanto sbandierata sicurezza, occupano il posto che fu degli albanesi. E di tutti i rumeni si fa un fascio, senza allusioni ad Alemanno. Penso al disagio, alla paura, alla rabbia della stragrande maggioranza dei rumeni onesti, che si vedono accomunati a delinquenti comuni. Ecco, questo ho letto l’altra sera sul volto di Karol Ractz, detto faccia di pugile.
Andrea Camilleri


Gran venditore quel Silvio. In una luccicante scatola ci rifila un discorso scaduto
1/4/2009

Camilleri, è forte l’Italia! Dopo 14 anni, Berlusconi è costretto a fondare il nuovo partito nuovo e presentarlo come fosse sempre verde. Un politologo stupisce, perché la Thatcher e Kohl, dopo avere rivoltato i loro paesi, furono pensionati. Già. Forse la spiegazione è che, da noi, la «novità promessa» non arriva mai, e Berlusconi, ogni quinquennio, deve far la cerimonia del varo della nuova arca, con nuove madrine, nuovi padrini. Uno spot tv di acqua minerale mostra «lo zio», «la zia», «il parroco», «il nipotino» e «la nonna», ormai ottuagenari, ma con faccia da ragazzini. I registi sembrano quelli che hanno allestito il congresso Pdl alla Fiera di Roma.
Saverio Lodato

Caro Lodato, ma lei ha trovato un motivo di novità nel congresso Pdl? Berlusconi, strepitoso venditore, non ha fatto altro che mettere in una diversa, sfavillante confezione, un prodotto scaduto, con la certezza che nuovi sprovveduti clienti si lasceranno incantare e l’acquisteranno fiduciosi. Non si è divertito alla sfilata dei Caldoro, Rotondi, De Gregorio, Mussolini, Baccini, Bonardi, Bonocore, che chiudevano le loro piccole bancarelle per confluire nell’iper mercato berlusconiano? E dato che mi parla di vecchiaia, devo ricordarle che Scapagnini afferma d’aver reso immortale Berlusconi dandogli a bere - parole sue - la stessa pozione che bevono i centenari abitanti a sud di Urumpi, fra il deserto di Taklamakhan e il Gobi. Parola di sciamano, sotto mentite spoglie di dottore in medicina. Premesso che Berlusconi avrebbe il dovere morale di regalare un sorso del decotto miracoloso almeno al fedelissimo Bondi, che sembra tenere l’anima coi denti, può darsi che l’intruglio mantenga l’aspetto giovanile, ma blocchi lo sviluppo cerebrale? Se no come spiega che Berlusconi ha rifatto sostanzialmente lo stesso discorso di 14 anni fa?
Andrea Camilleri


Povero Silvio. Ignora la pregiudiziale antilogorrea di Mussolini
2/4/2009

Camilleri, il 19 Aprile 1919, Mussolini concede un’intervista al “Giornale d’Italia”. Domanda: «avete pregiudiziali?». Mussolini: «No. Le pregiudiziali sono maglie di ferro o di stagnola. Non abbiamo la pregiudiziale repubblicana o quella monarchica; non abbiamo la pregiudiziale cattolica, socialista o antisocialista. Siamo problemisti, attualisti, realizzatori». In Piazza San Sepolcro, a Milano, erano già sorti i Fasci di combattimento, anticipatori del Partito Nazionale Fascista. Il fascismo nasceva con «parole nuove».
Saverio Lodato

Mi pare di capire che Lei trova una qualche affinità tra la politica del «realizzare» e quella del «fare» di Berlusconi. È naturale che chi vuole «rinnovare l’Italia», senza un solido retroterra di idee, finisce con il dire le stesse cose di un altro. All’epoca, nemmeno Mussolini sapeva cosa era il fascismo, glielo spiegò Giovanni Gentile anni dopo. Ma vedo altre coincidenze. I Fasci di combattimento nacquero in una stanzetta di Piazza San Sepolcro, gli apostoli di F.I. si radunavano in un sottoscala milanese, come ricorda Dell’Utri che racconta quelle riunioni prestando ai convenuti atteggiamenti da congiurati carbonari. Mussolini creò i quadrumviri della rivoluzione, Berlusconi ha messo su un triumvirato. Ma le vere affinità sono la comune insofferenza verso le regole democratiche, l’accentramento di tutti i poteri in una sola persona, la riduzione dei cittadini a sudditi acclamanti. C’è una differenza, però. Nel «covo» di Piazza San Sepolcro, Mussolini teneva in evidenza una scritta che, su per giù, recitava così: «chi dice con 10 parole ciò che può essere detto con una, è individuo capace di qualsiasi bassezza». Parole che mal s’accordano con la logorrea di Berlusconi e dei vari Gasparri, Brunetta, Bonaiuti e compagnia bella.
Andrea Camilleri


Se non ora, quando? Domani tutti al Circo Massimo
3/4/2009

Camilleri, domani, in centinaia di migliaia andranno al Circo Massimo, su invito di Guglielmo Epifani e della Cgil. Saranno un milione o di più? Lo capiranno solo i fortunati presenti. I Tg faranno riprese raso terra, non superando il ginocchio dei manifestanti. Vedute aeree e dirette tv, per questo governo, sono un lusso. La Questura, con il bilancino d’ordinanza, ridurrà le cifre di tre quarti. Seguiranno Sacconi, Brunetta, Quagliarello: ecco i «fannulloni». Consiglio agli italiani? Andate al Circo Massimo a 4 a 4, se volete che almeno uno di voi sia registrato dal pallottoliere di Palazzo Chigi.
Saverio Lodato

Non ho alcun dubbio che questa volta questure e Tg opereranno non la solita diminuzione del numero dei partecipanti, ma passeranno direttamente alla decimazione. Bisognerà dimostrare, a tutti i costi, che solo pochi pazzi possono dichiararsi scontenti di tutto quello che il governo Berlusconi sta facendo contro la crisi. Tremonti, infastidito, replica dicendo: «Abbiamo già dato». Ma chi ricorda più le elemosine prenatalizie e di pochi spiccioli? E mentre i soldi per le banche si trovano, non si trovano per i disoccupati che crescono esponenzialmente, per gli ammortizzatori sociali, per intervenire sulle famiglie in povertà. Il nostro paese rischia una catastrofe, e lorsignori fan finta di niente e insultano chi non accetta il loro demenziale ottimismo. Per il comico Brunetta i manifestanti, naturalmente, non saranno che mascalzoni venuti a Roma per una gitarella. E Sacconi è troppo occupato a pensare a come farli morire cattolicamente, piuttosto che a come farli sopravvivere. Ci sono i benpensanti che dicono che una manifestazione così ora non è opportuna. E se non ora, quando? Mi associo con tutto il cuore al suo invito, caro Lodato: domani tutti al circo Massimo.
Andrea Camilleri


Al futuro, alla speranza alla solidarietà, ai diritti. I quattro «sì» della Cgil
4/4/2009

Camilleri, cercheranno di non darlo a intendere, ma oggi, per il governo, il mal di pancia è forte. Come vede, al circo Massimo, sono venuti a valanghe. Se qualcuno voleva sostenere la tesi dell’“isolamento” di Guglielmo Epifani e della Cgil, avrà da cospargersi il capo di cenere. La mobilitazione coincide anche con l’interessante iniziativa Cei che si è fatta garante con le banche per prestiti – in totale 300 milioni- a quelle famiglie che rischiano di andare sul lastrico. Qualcosa di simile l’aveva fatta il cardinale di Milano, Dionigi Tettamanzi. Solo per Berlusconi e la sua band è tempo di bonaccia.
Saverio Lodato

Berlusconi e soci da tempo tentano di convincere gli italiani che la Cgil dice sempre NO, che si è blindata in una posizione di preconcetto rifiuto di ogni “innovazione” proposta dal governo. E la mettono a confronto con altri sindacati che si dimostrano più che disponibili. Si tratta di pura e semplice opera di diffamazione. Oggi gli italiani, telegiornali permettendo, hanno modo di vedere come, al romano Circo Massimo, la Cgil stia gridando, per bocca di centinaia di migliaia di persone, un grandissimo SÌ alla speranza nel futuro malgrado le enormi difficoltà della crisi ignorata dal governo; un grandissimo SÌ al diritto per tutti a una vita compiuta nella dignità del lavoro; un grandissimo SÌ a una rinnovata società civile; un grandissimo SÌ alla solidarietà… Cade a proposito il bell’esempio della Cei che, seguendo l’iniziativa del cardinale Tettamanzi, da Lei ricordata, si è messa d’accordo con alcune banche per aiutare i meno abbienti. Concretamente, non a chiacchiere come usa fare questo governo. Ma Berlusconi e soci sentiranno il grido che prorompe da una piazza che rappresenta, essa sì, l’Italia? Oppure confermeranno il detto che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire?
Andrea Camilleri


A suggellare la vittoria della Cgil la bava alla bocca di quelli del governo
5/4/2009

Camilleri, e diciamoglielo a Brunetta: tiè! Ci sente Brunetta? La linea è disturbata? Come? Ah, non le piace il presepe... Eccoli i fannulloni e le impiegate che fanno shopping… L’Italia che rema contro. L’Italia cattocomunista, i “signorno” agli ordini di Guglielmo Epifani. Brunetta, si tenga su. Son tanti, eh?… Povero Berlusconi. Poveri Sacconi, Quagliariello, Bricolo, Maroni, Cota, La Russa, Bocchino, Lupi, Gasparri, Bonaiuti, Dell’Utri, Bondi. E povero Capezzone. L’Italia si è rispecchiata in tv. E ha capito quanto è forte.
Saverio Lodato

Sentendo le reazioni alla manifestazione Cgil di alcuni personaggi da Lei citati, caro Lodato, cascano le braccia. Dimostrano nel migliore dei casi, una totale, sferica, incapacità di capire la situazione italiana. Nel peggiore, un atteggiamento volgare e sprezzante verso milioni di lavoratori e pensionati. Le dico con tutta sincerità che ho provato sgomento di fronte alla dichiarazione di Gasparri che ha definito una «carnevalata» la manifestazione e di Brunetta che l’ha definita una «piacevole scampagnata». Quest’ultimo, in particolare, non deve avere solo la linea telefonica disturbata ma anche qualche altra cosa di più personale. Poi ci sono quelli che hanno voluto vedere nella partecipazione di Dario Franceschini, e di molti esponenti Pd, una deriva a sinistra e di ciò si sono scandalizzati. Proprio loro che stanno mandando il Paese, non in deriva, verso lo sfascio, ma governandovi dritto il timone. Sa che penso? Che la riuscita di una manifestazione sia da misurarsi più che sul numero dei presenti dalla rabbiosità degli insulti degli avversari. Stavolta hanno avuto la bava alla bocca e questo è buon segno. Una domanda: quanti saranno stati gli iscritti Cisl e Uil che hanno rimpianto di non essere stati accanto ai loro compagni al Circo Massimo?
Andrea Camilleri


Se a Napoli si denuncia una mamma perché nera. Così si uccide la solidarietà
7/4/2009

Camilleri, la mamma partorisce, ma è nera (Costa d’Avorio), e non ha i documenti a posto. I medici fanno la spiata. In corsia, arrivano i poliziotti e se la portano in commissariato. Accade a Napoli, al Fatebenefratelli, retto da “religiosi”, dove ora il primario spiega che “così fan tutti”. Il ministro dell’interno Roberto Maroni, il castigamatti degli extra comunitari, il “cattivo” che continua a contare barconi che affondano e cadaveri che galleggiano, tuona: «C’è volontà di fare piena luce sull’accaduto». Niente da chiarire, signor Maroni, è tutto chiaro. Anche troppo. Si rilassi.
Saverio Lodato

Tre cose colpiscono in questo squallido episodio: la solerzia con la quale in un ospedale si applica una norma vergognosa, e perciò ampiamente contestata, prima che essa sia approvata; che la brutta faccenda accade a Napoli, fino a qualche tempo fa esempio di tolleranza e civile convivenza; l’ipocrisia senza limiti del ministro Maroni dello stesso partito di coloro che questa norma patrocinano e difendono. Il ministro, lo stesso che voleva le impronte dei bambini Rom, adducendo motivazioni umanitarie, ha dichiarato, come Lei opportunamente ricorda, che manderà un’ispezione. A ispezionare cosa? Che la delazione sia stata fatta a regola d’arte? La verità è che Berlusconi e alleati stanno pericolosamente cambiando alcuni elementi del carattere italiano, primo fra tutti la solidarietà. Con le loro leggi, mettono in difficoltà burocratico amministrative i pescatori che salvano vite umane in mare, costringono i medici a denunciare i pazienti extracomunitari non in regola, obbligano i medici a torturare i moribondi… L’ospedale napoletano è sotto la protezione della Madonna del Buon Consiglio. Ah! Se l’avessero ascoltata la Madre di Gesù, che, in quanto a partorire in condizioni disagiate, sì che se ne intende!
Andrea Camilleri


Manifestazione della Cgil. La creatività del premier e quella dei pappagalli
8/4/2009

Quando gli avvocati attaccavano i pentiti, perché ripetevano pappagallescamente Buscetta, mi raccontarono che, in un paese siciliano del dopoguerra, un macellaio dormiva insieme a moglie e dieci figli. Alle estremità del letto i genitori, nel mezzo i figli. Spenta la luce, il padre si lamentava del solito cliente che non aveva pagato e concludeva: «Tizio è un gran cornuto». Il primo figlio: «È un gran cornuto», e così via, sino alla madre. E la famiglia si addormentava. Ora che anche Sacconi ha detto che alla manifestazione CGIL «erano meno di centomila», tutta la famiglia azzurra può prendere sonno: «questi della Cgil sono tutti gran cornuti». E beatamente sognare Lui, come lo chiama Fiorello nel suo show su Sky.
Saverio Lodato

Per gli esponenti Pdl c’era l’ordine di fare variazioni su due sole parole, carnevalata e flop. Abilissimi nel negare l’evidenza, i vari clown del circo berlusconiano sono comparsi in tutte le reti tv per ripetere pappagallescamente che la manifestazione era stata una pagliacciata, una gita, un fallimento. A Berlusconi era riservata la creatività. E si è esibito con quel «il tavolo glielo tiro in testa» che dimostra la sua statura di statista che le altre nazioni ci invidiano. Quindi, caro Lodato, rispetto al macellaio un progresso c’è. Quelli della Cgil non sono solo cornuti, ma anche brutti, sporchi e cattivi. Un presidente del consiglio usava dire che un sigaro e una croce di cavaliere non si negano a nessuno. Capisco che un’apparizione tv non si può negare nemmeno a Gasparri, ma perché, dovendo tutti dire la stessa cosa, non formano un bel coretto? Disposto su tre file, come nelle foto di gruppo, e diretti da Lui, come lo chiama Fiorello? Io non me la sento di chiamarlo così, perché mi ricorda il titolo di un libro molto osè di Moravia. E chi vuole capire capisce.
Andrea Camilleri


Se entra in sciopero l’indiscreto gioiello, quel Lui di moraviana memoria
9/4/2009

Camilleri, sono arrivate molte lettere di lettori che chiedono chiarimenti sulla rubrica di ieri in cui, parlando di Berlusconi - che Lei e Fiorello definite: «Lui» - lei Camilleri, tira in ballo un racconto osè di Alberto Moravia. Ricorderà che avevo obbiettato che la pietanza rischiava di essere destinata solo a pochi amatori, e che il grande pubblico non l’avrebbe accettata subito. Non mi sbagliavo. Adesso, di grazia, visto che nel ristorante siamo in due, può spiegare a tutti chi era il Lui di moraviana memoria?
Saverio Lodato

Stia attento a quello che dice. È Fiorello che chiama Lui Berlusconi. Io invece ho scritto che non mi permettevo di chiamarlo così, a causa di un romanzo di Moravia. Ora Lei se ne esce con la storia che alcuni nostri clienti avrebbero scritto per avere delucidazioni. Penso sia tutta una sua invenzione perché Lei ha voglia di stanarmi, di espormi al rischio. E va bene, ecco di cosa si tratta. Nel 1971 Moravia pubblicò un tragicomico romanzo, intitolato «Io e Lui», che aveva come protagonista un intellettuale, Rico, verso il quale madre natura era stata generosa fornendolo, oltre che di un buon cervello, anche e soprattutto di un organo considerevole e sempre affamato, che Rico chiama Lui. Lui, come se non bastasse, è anche dotato di parola. Un po’ come accade nei «gioielli indiscreti» di Diderot dove a parlare sono invece le parti femminili. Quindi il romanzo è la lotta che Rico conduce contro Lui temendo che, se piglia il sopravvento, distrugga le sue capacità creative. Dopo varie peripezie, per ottenere la regia di un film, Rico è costretto a ricorrere ai buoni uffici di Lui per sedurre la moglie del produttore. Ma Lui, sul più bello, gli gioca un brutto scherzo rifiutandosi, diciamo così, di collaborare, perché pretende di essere venerato addirittura come un Dio. Ha capito adesso, caro Lodato, perché a Lui non lo chiamerò mai Lui?
Andrea Camilleri


Foggia, apartheid all’italiana. E la farsa può diventare tragedia
10/4/2009

Camilleri, il buon Carlo Marx capì che la storia si ripete: prima sotto forma di tragedia, poi sotto forma di farsa. A Foggia, un sindaco Pd minimizza sull’esistenza di autobus per “bianchi” e autobus per “extracomunitari”. È la farsa. Il precedente drammatico, è del 1 dicembre 1955, quando Rosa Louise Mc Cauley, cittadina nera di Montgomery (Alabama), si rifiutò di cedere il suo posto a un bianco. E diventò il simbolo dei neri d’America. Il 13 novembre 1956 la Corte suprema americana proibì la segregazione razziale. Rosa è morta a 92 anni, nel 2005: «quel giorno non ero stanca - dichiarò - ero stanca di arrendermi».
Saverio Lodato

L’impulso verso la discriminazione non è innato, tanto che i bambini delle elementari non fanno distinzione fra i compagni, neri o gialli che siano. Cominciano a capire quando i bambini non bianchi vengono relegati tutti in fondo alla classe. Insomma, la discriminazione è sempre in qualche modo inculcata. E per ciò può essere corretta. Basta vedere i vecchi film americani, dove la discriminazione non era solo contro i neri ma contro ebrei, portoricani, eccetera. Nel caso di Foggia non credo che si possano cercare spiegazioni per avere creato autobus differenziati per bianchi e neri, se non in questa ventata di preoccupante razzismo che sta colpendo l’Italia, degradandola ancor più di quanto non lo sia già. Ma temo che da noi non ci siano quegli anticorpi che in un primo tempo portarono gli Usa alle sentenze antidiscriminazione e poi, addirittura, a un presidente di colore. Lei, caro Lodato, cita Marx. Ma quando, come accade in Italia, dalla farsa si passa alla farsa e poi alla comica finale, allorché, inevitabilmente, la storia si ripresenterà sotto forma di tragedia, e già se ne avvertono i sintomi, allora sono convinto che sarà assai dura per tutti noi.
Andrea Camilleri


Berlusconi punta al Ponte sullo Stretto. In una zona sismica
11/4/2009

Camilleri, il berluscone é la una nuova unità di misura tutta italiana. Alla notizia del terremoto, Berlusconi: “il sisma non ha precedenti in questo duemila”. Non le dico i Tg: chi diceva che era il più grave degli ultimi mille anni, chi degli ultimi duemila, chi dall’anno mille a oggi… Berlusconi non permette neanche alla forza della natura di batterlo sul tempo o in effetti speciali. Se affonda un barcone: “peggio del Titanic”, se viene scoperta una casa d’appuntamenti: “peggio di Sodoma”, se manifestano: “peggio dei comunisti”, esempi , si capisce.
Saverio Lodato

Sono perfettamente d’accordo con Lei, caro Lodato, nell’adozione del berluscone come unità di misura almeno in Italia, in attesa che sia al più presto esportato nell’U.E. Il berluscone è assai più lungo del classico metro, diciamo non meno di un chilometro. Perché tutto quello che accade nei periodi nei quali, ahinoi, Berlusconi, si fa per dire, governa il nostro paese, deve essere proporzionato alla visione che egli ha di se stesso. Da noi non si scopriranno vecchietti centenari ma millenari, il record del salto con l’asta sarà di 22 metri e 47, insomma il guinness dei primati sarà tutto nostro, ma moltiplicato per mille o diecimila e i terremoti non si sottrarranno alla regola. Ma l’enfasi di Berlusconi, a proposito dell’immane tragedia dell’Aquila, è studiata: tende a far dimenticare agli italiani il terremoto di Messina di poco più di 100 anni fa. E c’è una precisa ragione. A Messina dovrà sorgere uno dei due enormi piloni del ponte sullo stretto, cioè a dire in una zona sismica per eccellenza. Sul ponte Berlusconi continua a puntare anche in momenti di crisi come questo. E allora perché ricordare che a Messina e a Reggio ci furono più di 150mila vittime? Forse perché il berluscone ancora non c’era…
Andrea Camilleri


I rischi che tutto il Paese corre con questo terremoto
12/4/2009

Camilleri, ci voleva Giorgio Napolitano per diradare la melassa dell’efficientismo, ricordare che la tragedia rimanda a responsabilità anche umane, rifuggire dai fotografi. Notte del 15 gennaio 1968, terremoto del Belice: 370 i morti. Leonardo Sciascia scrisse su “L’Ora”: “E al presidente della Repubblica che oggi è qui sentiamo di dover dire che egli rappresenta un paese tremendo. Dilacerato da contrasti e ingiustizie che sotto quiete apparenze non sono meno gravi di quelli che in altri paesi del mondo sanguinosamente si dispiegano. E’ che la Sicilia è stanca, che muore ogni giorno anche senza l’aiuto delle calamità naturali.” I terremoti non cambiano e in Italia continuano a trovare terreno fertile.
Saverio Lodato

Il terremoto del Belice, come Lei ha ricordato, successe nel gennaio 1968. Le sensibilissime antenne di Sciascia captarono le sotterranee vibrazioni di un altro terremoto che di lì a poco si sarebbe scatenato: quello dei movimenti del ’68. La differenza, fra allora e oggi, è data dal fatto che non solo non esistono più gli Sciascia, i Moravia, i Pasolini, e se esistessero non sarebbero ascoltati, ma che gli odierni politici e i sedicenti giornalisti, anche se con tessera dell’ordine, si servono di questo terremoto per coprire gli inquietanti segnali di un altro devastante sisma. Che la cig sia aumentata del 925 per cento, rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, è un segnale che dovrebbe sconvolgere i nostri governanti, invece stanno lì a litigare sulle ronde. E se qualcuno domanda cosa stiano facendo rispondono spacciando fragili castelli di sabbia come solidi provvedimenti. Nel terremoto del Belice, Sciascia avvertì che la Sicilia poteva restarne travolta. Nel terremoto dell’Aquila è l’Italia intera a correre il rischio. Solo che tutti fanno finta di non accorgersene.
Andrea Camilleri


Com’è fashion sfilare in Abruzzo. Unico assente è Maroni, per le ronde
14/4/2009

Camilleri, mi ha colpito, in questi giorni di Tv Terremoto, il cappello, nero e molto chic, di un’inviata di Rai1. Un modello che si ispira a quello degli alpini, senza penna, però. Scelto con raziocinio estetico. Mi ha colpito il casco, da terremotato fra terremotati, di Berlusconi che per ogni location calza un copricapo acconcio. Tutti hanno il medesimo casco, ma si vede subito che con Lui è anche una collezione che si sta arricchendo. Mi ha colpito il colore delle tende: un bellissimo blu cobalto. Nel Belice e in Irpinia, ho il ricordo di tende da guerra, verde militare. Insomma, questo è il primo terremoto davvero fashion, molto chic.
Saverio Lodato

Ovvero, come si trasforma un’immane tragedia in passerella elettorale. A L’Aquila è andato mezzo governo, portando grande fastidio ai soccorritori per l’imponente corteo di segretari, portaborse, portavoci e uomini di scorta che i ministri si trascinano dietro. L’unico a non esserci andato subito è proprio chi aveva il dovere di andarci per primo, il ministro dell’interno, Maroni. Non perché gli abruzzesi non facciano parte della Padania, ma perché arrabbiato con Berlusconi che gli avrebbe mandato in vacca le ronde. Essendo una passerella, ognuno sfila con il look che ritiene più appropriato. Berlusconi non poteva perdere l’occasione di mostrarsi con un diverso copricapo, dopo essere apparso con uno sfavillante cappello di capostazione. E neanche quella di fare qualche gaffe da padrone delle ferriere: «andate tutti al mare, paghiamo noi!». Che dirle, caro Lodato? Lei ha notato il blu cobalto delle tende, io no. Non guardo più le immagini delle rovine e degli attentati trasmesse dai Tg. Ho paura, veramente, di veder comparire un intrattenitore da villaggio vacanze che dica: «allegria!» e inizi a presentare uno show.
Andrea Camilleri


Ponte di Messina, rischi e riserve. Meglio, forse ricostruire l'Abruzzo
15/4/2009

Camilleri, si tenga forte: Berlusconi non ha tutti i torti! I terremoti non sono prevedibili, li prevedi di qua, e poi ti arrivano di là. Ma il terremoto è come un pregiudicato. Se ha già colpito da qualche parte, ha la fedina penale macchiata e, in quanto tale, va guardato a vista. Mi spiego: a Messina, con 150 mila morti nel 1905, l’idea di campare per aria un ponte la trovo irresponsabile, se non ingegneristicamente criminale. Ecco perché, dopo il sisma d’Abruzzo, Berlusconi rischia di apparire un criminale: se si ostinasse, gli farebbe difetto la buona fede. Via, e subito, da Messina!
Saverio Lodato

Caro Lodato, Lei tocca un mio punto dolente. E dico subito che sono d’accordo con il suo perentorio grido «via da Messina»; ma con riserva. E per non essere accusato di contraddizione, chiarirò come la penso. Con il cuore dico di sì al ponte, soprattutto perché penso che la Sicilia, e il Sud in genere, ne trarrebbero gran vantaggio. Fino ad ora, i detrattori hanno portato argomenti come: «sarebbe lo stesso che finanziare la mafia»; «servirebbe solo a unire due deserti». E allora? Ci arrendiamo a priori alla mafia? E in quanto ai deserti, ricorro alla stessa metafora: non possono rifiorire se innaffiati regolarmente? E poi, con il ponte, la sicilitudine, il senso di separatezza, il piangersi addosso, avrebbero meno alibi. La ragione, però, mi porta a dubitare del mio sì ideale. Vorrei che prima di costruire il ponte, tutti i geologi della terra, dico tutti, dessero la loro assicurazione che lì si può costruire senza rischio. Altrimenti, niente. Vuol dire che il ponte non si farà mai. Infine: non l’ho mai ritenuta, e continuo a non ritenerla, un’opera prioritaria. Ci sono altre necessità impellenti, a cominciare dalla ricostruzione dell’Abruzzo, prima di erigere il monumento al Faraone Silvio.
Andrea Camilleri


Terremoto, inquietante dire che i giudici non devono occuparsi del passato
16/4/2009

Camilleri, il procuratore de L’Aquila, Alfredo Rossini, annuncia che se si è costruito con sabbia di mare, ci saranno gli arresti. Silvio Berlusconi, cresciuto a calcina, compasso e cazzuola, sembra più urbanisticamente corretto: «la magistratura farà le sue indagini, ma non concentriamoci sempre sul passato».E ha spalancato le sue ville ai terremotati, che però nicchiano, imbarazzati. Un consiglio: provi a rivolgere l’invito solo a quei palazzinari che hanno lucrato su acciaio e cemento. Offra loro, nelle sue ville, una sorta di ospitalità diplomatica. Poi commissioni al ministro della giustizia, Angelino Alfano, il Lodo necessario alla bisogna. Allora sì!
Saverio Lodato

Una premessa: non risponderò più sul binomio Berlusconi-terremoto. Le confesso, caro Lodato, che non ne posso più dell’accoppiata! A tutto c’è un limite. E trovo inutile che sia Lei che io, ogni tanto, ci lasciamo andare a dar consigli a Berlusconi, noi, che ai suoi occhi siamo come due formiche davanti a un elefante. Comunque, il commento di Berlusconi sull’eventuale iniziativa dei magistrati, mi pare inquietante. Dice che l’inchiesta sulle case di finto cemento armato deve fare il suo corso, ma aggiunge che non bisogna sempre concentrarsi sul passato. Che significa? La Procura non può fare altro che indagare sulle case che sono state mal costruite nei decenni trascorsi. O vuole che indaghi sul futuro e cioè sulle case che saranno ricostruite? Non è una maga con la palla di vetro e non è compito suo. È compito che spetta agli innumerevoli controllori che in passato non hanno fatto il loro dovere e che in futuro dovrebbero agire con onestà e correttezza. Ma chi sarà a suggerire onestà e correttezza? Berlusconi e i suoi? È meglio augurarsi che in futuro non accadano più terremoti che scoprano gli altarini.
Andrea Camilleri


Rai, tra mandanti e picciotti. La cacciata di Vauro è solo un avvertimento
17/4/2009

Camilleri, Lei concluse una rubrica con l’augurio: «lunga vita ai vignettisti». Vauro sospeso dalla Rai per una vignetta; Santoro a Canossa con tanto di trasmissione «riparatrice», l’autodafé da inquisizione mediatica. Quando il boss chiama, questa è la verità, picciotto risponde. E i picciotti in giro non scarseggiano. Ogni giorno la Rai dovrebbe fare una trasmissione «riparatrice» perché manda in onda, in ogni edizione di ogni Tg, mandante e picciotti. Anche ai tempi di Enzo Biagi, c’erano mandante e picciotti. Sappiamo come finì.
Saverio Lodato

La scusa per l’ostracismo ai giornalisti scomodi è quella che la Rai è un servizio pubblico che certe cose non può permettersele. Ora si sa benissimo che il nuovo direttore generale ha avuto il gradimento di Berlusconi e che i direttori dei Tg sono stati nominati dallo stesso Berlusconi in un incontro privato a casa sua. Ne è venuto fuori che il capo del governo e proprietario di Mediaset controlla, attraverso i suoi uomini, due reti su tre del servizio che, ancora fintamente, chiamano pubblico. Sono sicuro che un giorno moriranno sopraffatti dalla loro stessa ipocrisia. E naturalmente, perché Berlusconi, l’Unto del Signore, si crede in possesso della verità come un ayatollah terrorista, non può tollerare la minima critica al suo operato. Ed ecco il diktat, prontamente eseguito, contro Vauro. Si apprestano a prendere provvedimenti anche contro Milena Gabanelli. Insomma, la parola d’ordine è: soffocare tutte le voci non allineate ai voleri del boss. La cacciata di Vauro è un avvertimento: il colpirne uno per educarne cento, di brigatistica memoria. Lei dice che è di stampo mafioso? Andrebbe chiesto, con il tavolino a tre piedi, all’ex stalliere condannato all’ergastolo per tre omicidi, che a lungo soggiornò ad Arcore e che Berlusconi definì un eroe.
Andrea Camilleri


Dai chierici traditori agli intellettuali anoressici Con nobili eccezioni
18/4/2009

Camilleri, Dacia Maraini ha scritto un articolo denso di passione civile raccontando la cronaca del Paese addormentato; dove dormono i politici,dormono i giornalisti, dormono persino gli scrittori. Ha preso spunto dalla domanda di un ragazzo quindicenne sulla privatizzazione dell’acqua e citato il romanzo «Fontamara» di Ignazio Silone. Ormai siamo invece circondati da abatini abbacinati dal pensiero unico e con il sangue agli occhi se uno scrittore apre bocca in politica. Non solo: vengono messi in discussione persino giornalisti e vignettisti come dimostra il caso Vauro-Santoro.
Saverio Lodato

Cominciò nel 1927, il filosofo francese Julien Benda, con il suo famosissimo «Il tradimento dei chierici», a scagliarsi contro l’arte individualista e riservata a pochi. Nel dopoguerra, Sartre e altri scrittori e saggisti proclamarono, per l’intellettuale, il dovere assoluto dell’impegno politico e sociale. Nel ’68, si sostenne che tutto era politico, vita e creazione artistica. E ci fu un po’ di indigestione, inevitabile dopo una abbuffata. Ma, dall’indigestione, la quasi totalità dei nostri intellettuali è passata all’anoressia. Che non abbiano animo di partecipare al dibattito politico è in parte comprensibile viste le miserevoli condizioni e il bassissimo profilo della nostra scena politica. Non vogliono sporcarsi le mani, anche se hanno luminosi esempi di scrittori, da Tabucchi alla stessa Maraini, ma potrei fare altri nomi, che questa paura non l’hanno mai avuta e continuano a non averla. Ma la cosa grave, e la Maraini ha ragione a parlare di sonno, è che essi rimangono assenti anche davanti a problemi che li riguardano come semplici esseri umani. Visto che la casa sta andando a fuoco, non pensate sia nostro dovere dare una mano per spegnere le fiamme?
Andrea Camilleri


Rai, se il buongiorno si vede dal mattino preparate i parapioggia
19/4/2009

Camilleri, l’italiana più importante del secolo ha compiuto un secolo di vita e fa paura al centro destra. Rita Levi Montalcini, scienziata e premio Nobel, rischiava di essere censurata da Mauro Masi, neo direttore generale Rai, che non la voleva da Fazio il 26 aprile: non può essere invitata perché “è una senatrice”. Il giornalista Loris Mazzetti ha avvertito Articolo 21 e lo stop è rientrato. Il cavallo che Caligola nominò senatore si chiamava “Incitatus”. E quanti sono gli “Incitatus” ai quali la Rai non fa mancare la biada di microfono e telecamera? Per un minimo di par condicio, fra cavalli e premi Nobel, almeno ogni cento “Incitatus”, Masi si conceda il lusso di invitare una Rita Levi Montalcini!
Saverio Lodato

Il buongiorno si vede dal mattino, e il mattino della nuova dirigenza Rai promette una giornata da cappotto e parapioggia. I primi atti sono stati censori e intimidatori: la richiesta di una puntata “riparatrice” a Santoro; l’espulsione di Vauro con un gelminiano 5 in condotta; la richiesta, rientrata, di non far partecipare a una puntata di Fazio il premio Nobel Rita Levi Montalcini, per i suoi cento anni. La scusa era che, essendo la Montalcini anche una senatrice, la sua presenza avrebbe alterato i delicati equilibri della par condicio che, però, non vengono alterati dall’ossessiva presenza di Berlusconi in ogni Tg pubblico e privato. «Lo riprendiamo in quanto presidente del consiglio» si difendono i direttori Tg. E che così si fa un’indiretta ma redditizia campagna elettorale. «A me la morte non fa paura», ha dichiarato la Montalcini. È vero: sono i vivi a fare paura, soprattutto se appartengono a quel grande allevamento di cavalli berlusconiano da dove vengono scelti, sì, gli «Incitatus» senatori, ma anche ministri, onorevoli, manager, direttori generali.
Andrea Camilleri


Gli americani hanno coraggio, e Obama. A noi resta solo Berlusconi
21/4/2009

Camilleri, al Circo Massimo, Epifani aveva criticato l’adagio siciliano: “Munnu è e munnu sarà”, espressione di fatalismo gattopardesco. Ora Obama tende la mano a Cuba, riconoscendo agli esuli che da quasi 50 anni vivono in Usa la possibilità di viaggiare da e per L’Avana e le rimesse bancarie. L’embargo sta diventando un ferro vecchio. E Obama ha stretto la mano a Chavez. Con lui si profila la figura di un nuovo uomo politico. Se questa storia fosse un romanzo, il titolo sarebbe: “L’Uomo che faceva la sua parte”. Obama fa la prima mossa. Tocca ai destinatari delle sue aperture rispondere se “munnu è e munnu sarà”, o contribuire a cambiarlo radicalmente.
Saverio Lodato

Le critiche a Obama, sia negli Usa che in Europa, hanno ripreso a fioccare. La primavera di Obama fa venire l’allergia a tutti coloro che si riconoscevano in Bush. La cui politica estera ha prodotto centinaia di migliaia di morti in Iraq e Afghanistan e la cui politica economica ha prodotto milioni di poveri in tutto il mondo. Se le critiche a Obama sono cominciate quando tese la mano all’Iran, l’apertura a Cuba e all’America latina, non potrà che moltiplicarle. Verranno soprattutto da chi, come il nostro ineffabile Berlusconi, ha basato le sue fortune sull’agitare la bandiera di un ipotetico pericolo comunista. E molti governanti, per ciò che riguarda le misure anticrisi, pur dichiarandosi d’accordo con Obama, si guarderanno bene dal seguirlo. E infatti negli Usa già si segnalano i primi, se pur deboli, segni di una ripresa, mentre in Italia siamo ancora nello sprofondo. Che dirle, caro Lodato? Gli americani hanno avuto molto coraggio ad eleggere Obama e il loro coraggio comincia ad essere ampiamente ripagato. Noi invece abbiamo supinamente rieletto Berlusconi e stiamo ricevendo, per ciò, quello che merita la nostra ignavia.
Andrea Camilleri


Una crudele turpitudine giocare sulla pelle dei migranti della Pinar
22/4/2009

Camilleri, diavolo di un Maroni! Li ha cucinati a bagnomaria per quattro giorni. Li ha disidratati q.b., provocando loro qualche piccola colica, qualche dissenteria e qualche reumatismo dovuto a scomode posture. Piccoli (?) disturbi. Ma i 140 disgraziati della nave turca ora sanno che in Italia si fa sul serio. Ovvio: Maroni è un caposcuola e ci tiene - e se ne vanta - alle esibizioni muscolari. Ora, rinfoderati i muscoli d’ordinanza, accolta la nave dei derelitti, si prepara, insieme a Frattini, al redde rationem con Malta. La sceneggiata continua. Ma in punta di diritto, si capisce.
Saverio Lodato

Giocare sulla pelle di 140 migranti è, comunque la si voglia definire, una crudele turpitudine. Per fortuna la cieca ostinazione, umanamente indefinibile, del «feroce Saladino» Maroni e compagni, ha ceduto di fronte alle ragioni, non certo umanitarie, ma politiche, di Frattini. E quegli esseri disidratati, ustionati, affamati, alcuni dei quali avevano bevuto acqua di mare, sono sbarcati in Sicilia. I primi soccorsi li avevano già ricevuti da un elicottero della guardia costiera che aveva anche calato sulla nave quattro medici. Uno spreco inutile, secondo il leghista Roberto Cota perché, sono parole sue durante il tira e molla con Malta, «a bordo della nave non c’è nessuna emergenza sanitaria». Ma chi lo aveva informato? Ha dichiarato l’inviato della radio tedesca Karl Hoffman: «la puzza di umano è inevitabile, ma nonostante l’evidente sofferenza, ho visto compostezza e dignità». L’onorevole Cota ha mai provato a stare mesi senza lavarsi e senza cambiare un capo di biancheria? Ci provi, ma stando esposto prima al sole della Libia e poi del Mediterraneo e bevendo per qualche giorno acqua di mare. Vedremo, se dopo avrà la stessa compostezza e dignità dimostrate da questi migranti.
Andrea Camilleri


Tremonti, l’indovino che guarda la crisi con gli occhiali rosa
23/4/2009

Camilleri, non è che portano jella? La Borsa, zitta zitta, tomo tomo, come diceva Totò, non faceva altro che chiudere in rialzo, quand’ecco, elefante in una cristalleria, irrompere Tremonti: «la crisi delle borse è passata». E la Marcegaglia ha fatto da eco. L’indomani, la Borsa: meno 4. Da un corsivo di Fortebraccio, al secolo Mario Melloni: «Una volta, alla commissione esteri della Camera, presieduta (cose da pazzi) dall’on. Cariglia, lo stesso Cariglia se ne uscì a dire: “Io vorrei consigliare all’Unione Sovietica…” Tutti i deputati presenti… si soffiarono il naso ma non per un’improvvisa costipazione, no, era che ridevano». Della serie: chi ci governa e dirige abbia il senso della misura!
Saverio Lodato

Quanto sarebbe meglio per loro se fosse jella, caro Lodato! Perché lo jettatore il potere che si porta addosso l’ha avuto come dono, si fa per dire, di natura. È un incolpevole, così l’hanno visto Pirandello, Eduardo e Totò. Invece, lorsignori, come il chiamava il grande e indimenticabile Fortebraccio, sono colpevoli di una tale presuntuosa ignoranza che li porta a sbagliare tutte le previsioni. E meno affidabili di quelli che fanno le previsioni del tempo, che almeno si basano su dati scientifici. Come si fa a sostenere che il peggio è passato se tutti gli addetti ai lavori degli altri paesi, dicono che fino al 2010 non vedremo la fine del tunnel? Se viene chiesto il raddoppio della C.i.g.? Se l’esportazione è crollata? E la produzione industriale è ancora ferma nel mondo? Tremonti ha definito sprezzantemente “indovini” quelli che la vedono nera. Perché lui, invece, è costretto a fare l’indovino che la vede rosa. L’ordine di Piccolo Cesare è l’ottimismo. E Tremonti si adegua, anche se sembra quel ministro di Saddam che negava la presenza dei carri armati Usa parcheggiati a due passi da lui.
Andrea Camilleri


Mezzo con il 25 Aprile e mezzo con i terremotati. La furbizia del premier
24/4/2009

Camilleri, domani, 25 aprile, Silvio Berlusconi sfoggerà il cappello del partigiano. L’uomo è così e in fondo non c’è niente di male a sottolineare un anniversario o un avvenimento, una catastrofe o un luogo esotico, con un copricapo che faccia da richiamo. Di modo che incontrandolo, tutti sappiano, dal suo cappello, che giorno è e dove si trovano; come gli abitanti di Konigsberg che regolavano gli orologi sulle uscite di casa di Immanuel Kant, proverbiale per la sua puntualità. Infine, va detto che non possiamo pretendere che il nostro premier sia antifascista sino alle suole delle scarpe: ci va già bene che domani, dalla sua collezione, scelga il cappello del partigiano!
Saverio Lodato

Dalla sua discesa in campo, quanti cappelli abbiamo visto in testa a Berlusconi a nascondere una calvizie poi miracolosamente sparita? Ma più si cambiano cappelli e più si perde identità. Tanto per fare un esempio, Tommaso Campanella, che sui cappelli aveva dissertato, venne identificato attraverso il cappellaccio nero che non si toglieva mai. Sherlock Holmes, nella nostra memoria, è indissolubilmente legato al suo cappello da cacciatore, come lo è il Bogart di “Casablanca” al Borsalino floscio e alla sigaretta all’angolo della bocca. Ma se l’abito non fa il monaco, meno che mai lo fa un cappello. E infatti l’astuto Silvio, che mai prima aveva celebrato il 25 aprile, quest’anno sarà sì presente, ma ad Onna. Scelta furbastra, a perfetta norma di personaggio: mezzo Berlusconi è con i terremotati, l’altro mezzo è lì per il 25 aprile. Così tutti restano gabbati e contenti, amici e avversari; da La Russa, contrario alla presenza del capo del governo , a Franceschini, che aveva commentato: “meglio tardi che mai”. Morale: non basta cambiare cappello se il cervello che gli sta sotto rumina gli stessi oscuri pensieri.
Andrea Camilleri


Con la tesi della festa di parte rinnegano i loro caduti. Per fortuna c'è Napolitano
25/4/2009

Camilleri, la Resistenza è davvero a miccia lunga se tutti, 60 anni dopo, convinti e no, parlano della Liberazione come festa di «tutta la nazione». Il capo dello Stato, Giorgio Napolitano: «I partigiani, piaccia o non piaccia, furono determinanti per ridare libertà all’Italia». Evitiamo, quindi, di cadere nell’errore di chi pensa che Berlusconi, che oggi ci sarà, sia stato indeciso sino all’ultimo fra il fare una promessa o il lanciare una minaccia. Berlusconi ne ha fatta di strada: una volta voleva andare a far visita ad Alcide Cervi, il papà dei sette fratelli giustiziati dai fascisti, che però era morto da tempo. Berlusconi lo seppe molto dopo.
Saverio Lodato

Riconoscere che la ricorrenza della Liberazione sia festa di tutti gli italiani, è un gesto che giunge tardivo. Me lo lasci dire, caro Lodato. Per anni abbiamo ascoltato la scusa di coloro che disertavano: è una festa comunista. Vorrei dire agli smemorati e a chi non sa, che a dirigere l’insurrezione era il Cln con rappresentanti di tutti i partiti: dal comunista al monarchico; dal socialista al democristiano; dall’azionista al liberale; e alla cui testa, a Milano, c’era il generale Cadorna che rappresentava anche le migliaia di soldati e ufficiali che combattevano il nazifascismo, senza bandiera di partito. L’Italia tutta si riconosceva nel Cln. Con la tesi della festa di parte, hanno rinnegato i loro stessi caduti nella lotta partigiana. Questo 25 aprile segna un’altra data importante. Mi riferisco al discorso del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che ha ricordato come Resistenza e Costituzione siano indissolubilmente legate e detto parole chiarissime contro chi vorrebbe metter mano alla Carta per adeguarla ai suoi interessi. Questa festa della Liberazione segna, grazie a Napolitano, un’altra liberazione: quella dagli equivoci.
Andrea Camilleri


Gli entusiasti collaboratori dei nazisti sempre concordi nel perseguitare gli ebrei
26/4/2009

Camilleri, facile dire che con un poco di zucchero la pillola va giù la pillola… Per Silvio Berlusconi, Resistenza, 25 aprile, Costituzione, non sono il frutto di un movimento di popolo che ci liberò dal nazifascismo. Ma solo la faccia di una medaglia. L’altra faccia, e lo ha detto ieri dopo aver reso omaggio all’Altare della Patria, è rappresentata dai repubblichini di Salò: «Coloro che credendosi nel giusto hanno combattuto per una causa che era persa». Una causa «persa», non una causa «sbagliata». Le parole sono pietre, diceva Carlo Levi.
Saverio Lodato

Berlusconi, con il 25 aprile, ci sta come i cavoli a merenda, ha scritto Michele Serra. E continua a darne prova con la frase da Lei citata, caro Lodato. Combattere per una causa che si sa persa, può anche essere sacrosanto, come ci ha spesso dimostrato la Storia. Combattere per una causa non solo sbagliata, ma che va contro i principi dell’umanità, è comunque disonorante. Cade a taglio un articolo di “Repubblica” che recensisce uno studio di Monica Fioravanzo la quale, documenti alla mano, racconta che, durante il periodo repubblichino, Mussolini e i suoi non furono semplici marionette azionate dai nazisti, come spesso si è voluto far credere; esecutori d’ordini privi di volontà propria. Al contrario, essi ebbero posizioni non allineate sui dettagli, e mai si dimostrarono «feriti» o «languenti», secondo la definizione di La Russa e soci, ma entusiasti e fedeli collaboratori. Tedeschi e repubblichini si trovarono sempre d’accordo, senza se e senza ma, su un punto preciso: l’implacabile persecuzione contro gli ebrei. Basta questa concordia da carnefici a qualificare la repubblica di Salò. Pietà è una parola, assoluzione un’altra.
Andrea Camilleri


Io non credo alle aperture del premier
28/4/2009

Camilleri, sarà mossa mediatica. Sarà il bicchiere di cicuta che va trangugiato pur di restare in sella in vista della candidatura a capo dello Stato. Sarà una delle dichiarazioni di quel milione di dichiarazioni che ha smentito il giorno dopo prendendosela con giornalisti e telegiornali che l’avevano travisato. Ma se le parole del 25 aprile sono pietre, lo sono anche quelle dell’indomani. E il 26 aprile, Silvio Berlusconi ha annunciato solennemente: “il disegno di legge sull’equiparazione di partigiani e repubblichini di Salò” sarà ritirato.
Saverio Lodato

Ma Lei davvero intende cascarci come stanno facendo in tanti del centrosinistra? Lei crede che Berlusconi bloccherà davvero il disegno di legge che equipara partigiani e repubblichini? Guardi che ha esordito dicendo che lui della faccenda non sapeva nulla e quando dice che non sa niente di una cosa viene a dire che sa benissimo tutto. Esordì così anche per la Englaro e andò a finire come sappiamo. Equiparare i repubblichini ai partigiani non è concedere una pensioncina a degli ultraottantenni, come sostiene il furbo Storace, ma significa l’implicito riconoscimento giuridico di Salò. Questa è una legge che Berlusconi farà ritirare nella forma attuale, ma che di sicuro riproporrà in modo diverso alla prima occasione, magari infilandola fra una norma per la coltivazione del ficodindia e una per l’incremento per la fabbricazione dei lacci per scarpe. Farà come per la legge salva manager che metterebbe in sicurezza personaggi come quelli della Tyssen: nessuno la vuole, tutti proclamano che sarebbe una vergogna, Tremonti ha addirittura minacciato le dimissioni, eppure, com’è, come non è , un abile manina, ultima quella del ministro Sacconi, la fa ricomparire dove uno meno se l’aspetta. Questi, più che politici, sono maestri nel gioco delle tre carte.
Andrea Camilleri


Le due Italie. Lo sciocco vitalismo dell'una. E l'altra più nascosta, e preoccupata
29/4/2009

Camilleri, 1978, Leonardo Sciascia scrive a Anna Maria Ortese: «Cos’è questo Paese? Un Paese, sembra, senza verità; un Paese che non ha bisogno di scrittori, che non ha bisogno di intellettuali. Disperato. Pieno di odio. E nella disperazione e nell’odio propriamente spensierato, di un’insensata, sciocca vitalità». Ma questo Paese, per Sciascia, non escludeva l’altro: «come nascosto, come clandestino, un Paese serio, pensoso, preoccupato, spaventato». 30 anni dopo, il Paese pieno di odio si è incarognito. Tanto da aver reso l’altro Paese, serio e pensoso, non solo clandestino, ma al limite della legge. Scrivere, serve ancora a qualcosa?
Saverio Lodato

La frase di Sciascia da Lei citata, caro Lodato, è la cartella clinica di un Paese profondamente ammalato. Sciascia aveva il dono della chiarezza e della sintesi, e i punti chiave della sua diagnosi sono due: «un paese senza verità» e «insensata, sciocca vitalità». Siamo nel 1978, ma queste parole sono applicabili tanto al 1935 quanto al 2009. Si potrebbero riferire sia alla mancanza di verità e al vitalismo ginnico dell’era fascista, sia alla menzogna sistematica e al fervore ottimistico dell’era berlusconiana. Il nostro Paese non ha mai voluto guarire, con le cure indispensabili, e anzi, fra un medico severo e uno spacciatore da fiera di toccasana, ha sempre preferito il secondo. L’altro paese, quello preoccupato e che dice di esserlo, è emarginato dal carnevale imperante. Fra qualche anno, le persone serie saranno costrette per decreto ad andare in giro agitando una campanella come erano obbligati a fare i lebbrosi. Berlusconi ha detto che il pessimismo non porta lontano. Temo, invece, che il suo insensato ottimismo ci condurrà a un medioevo prossimo futuro. Quanto all’utilità dello scrivere… non so se non serva più, ma, mi dica Lei, che altro fare.
Andrea Camilleri


Il cumenda dei cumenda da Colpo Grosso alle liste europee
30/4/2009

Camilleri, Fini prende le distanze dalla scelta di Silvio Berlusconi di rimpolpare le liste Pdl per le europee con letterine e letteronze. Ma molti non sanno che Berlusconi fu l’autore principale di «Colpo grosso», con le celebri ragazze Cin Cin che, su Italia 7, mostravano seno e lato B. Sarà anche per questo che centri di bellezza, centri massaggi e palestre, stanno diventando le nuove sezioni del Pdl che, più che partito leggero o pesante, sembra ispirarsi a un modello di partito adamitico. E qualche politologo proporrà un partito delle «ragazze coccodè», le altrettanto celebri ragazze di Renzo Arbore, per fare vera opposizione in Italia.
Saverio Lodato

Era antica tradizione meneghina quella del cumenda che, dopo essersi sbracciato ad applaudire le girls che sfilavano in passerella con la Osiris o con Macario, ne eleggeva una a compagna di notti o, più raramente, di vita. Ma mai il cumenda si sarebbe sognato di farla partecipare ai suoi affari. Una cosa è il letto, un’altra i danè. La mutazione è avvenuta col cumenda dei cumenda, ossia il nostro cavaliere che pensa di utilizzare queste bellezze, ora provenienti dalle tv, a scopo elettorale. Si fosse limitato a farle comparire sui cartelloni, poco male. Il grave è che le mandi nel Parlamento, nostrano o europeo che sia, dopo un breve, ma indispensabile, corso di educazione politica, in modo che queste creature sappiano almeno distinguere il presidente del Senato da un vigile urbano. E questo conferma quale altissimo concetto Berlusconi abbia delle istituzioni e del Parlamento. D’altra parte, i finiani che protestano sono quanto mai patetici: non hanno ancora capito chi è il padrone del vapore. Comunque, caro Lodato, è meglio pescare onorevoli nei sottoboschi tv che nei grandi vivai mafiosi, camorristi e piduisti.
Andrea Camilleri


Quel collier regalato un aperto disprezzo verso l'assoluta povertà
1/5/2009

Camilleri, il papà di Emanuela ha minacciato di darsi fuoco se Berlusconi non gli avesse messo la figlia in lista. Noemi, per la festa dei suoi 18 anni, si è ritrovata in casa Berlusconi che le ha regalato un “collier d’oro e diamanti”. Cirino Pomicino non ha trovato il posto in lista. Clemente Mastella, l’onorevole a data di scadenza illimitata, trova sempre quello che cerca. Silvio sarà anche “papi”, come lo apostrofa Noemi. Ma “papi” sembra avere figlie e figliastre, figli e figliastri. Un po’ quello che gli rimprovera Veronica, sua moglie.
Saverio Lodato

L’aspetto più ridicolo di questa ridicola storia delle veline candidate che sta facendo il giro del mondo, è la smentita di Berlusconi. Si tratta, ha detto, di una bufala della stampa comunista. E i suoi lettori se la sono bevuta, dato che nessuno dei giornalisti presenti ha ribadito che tutta la faccenda invece era nata da una posizione fortemente polemica della fondazione FareFuturo di ispirazione finiana. Ha ammesso, invece, di avere partecipato alla festa per i 18 anni di Noemi, alla quale ha fatto un regaluccio piuttosto costoso . E’ quest’ultimo episodio che inquieta. Alle veline siamo abituati. Si tratta di un passo falso per due motivi: costituisce un’implicita ammissione di vecchiaia, dato che più si invecchia e più si è attirati dalla, diciamo così, freschezza giovanile. E con il regalo del collier, dimostra un aperto disprezzo verso l’assoluta povertà nella quale versa una famiglia italiana su tre. Non è un gesto da presidente del consiglio, ma da odioso miliardario alla Paperone. E in quanto al signore che ha tentato di darsi fuoco, spero che nessuno lo segua. Se tutti quelli che sono stati ingannati da Berlusconi facessero lo stesso, l’Italia si trasformerebbe in un immenso rogo. Non è meglio “bruciare” lui non votandolo?
Andrea Camilleri


Quella norma voluta dagli imprenditori siciliani e annullata da Alfano
3/5/2009

Camilleri, i Maroni e i Mantovano, che vorrebbero far la voce grossa con i mafiosi pretendendo l’obbligo per l’imprenditore di denunciare le estorsioni del racket, hanno il candore dei boy scouts. Ispirano quasi tenerezza perché poi è arrivato il ministro della giustizia, Angelino Alfano, che ha detto papale papale che di un simile obbligo non se ne parla proprio. E la norma che imponeva all’imprenditore di informare la giustizia, è stata colpita e affondata. Maroni si accontenti se i medici denunciano i clandestini. Che i mafiosi, invece, votano e tornano sempre utili.
Saverio Lodato

Nella cancellazione della norma che avrebbe dovuto costringere gli imprenditori di appalti pubblici a denunciare le eventuali estorsioni mafiose, c’è un retroscena. La norma venne inserita da Maroni e da Mantovano su insistente richiesta di Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, e di Cristina Coppola, dell’antiracket campano: Lo Bello era riuscito, già dall’anno scorso, a far sì che gli imprenditori siciliani che non denunciavano il pizzo venissero espulsi dalla Confindustria. Posizione inedita, coraggiosa e rischiosa, che stava cominciando a dare buoni risultati. Quindi la cancellazione voluta da Alfano, che si è consultato con chi di dovere a palazzo Chigi, in realtà serve a vanificare il coraggioso atteggiamento degli imprenditori siciliani onesti e segna un bel punto a favore della mafia. D’accordo con lei, caro Lodato, che la norma avrebbe irritato mafia e camorra che si sarebbero vendicate dirottando altrove la loro riserva di voto. Ma non si tratta solo di voto. Ci sono il ponte sullo stretto, la ricostruzione dell’ Abruzzo, la fiera di Milano…Torte grandiose e succulente che fanno gola ai mafiosi, agli amici dei mafiosi, agli amici degli amici dei mafiosi. Diamo loro un aiutino, via!
Andrea Camilleri


Signora Veronica vittima del torvo rancore di Piccolo Cesare
5/5/2009

Camilleri, pioggia di fango in arrivo. Camerieri, schiavi e schiavetti dell’informazione daranno il meglio: come si permette la «signora Veronica» di dire che non può stare con un marito, il “papi nazionale”, perché «frequenta le minorenni»? E poiché un divorzio si porta dietro una scia di contenziosi, al fango seguirà la valanga di «lodi» in materia di diritto di famiglia: il primo a far capolino è stato l’avvocato Ghedini; il resto del circo sta già affilando gli argomenti in difesa di “papi”. Bruno Vespa se ne occuperà con un “Porta a porta” a base di Dna?
Saverio Lodato

Due considerazioni, fra le tante che la signora Veronica fa sulle ragioni che l’hanno costretta a chiedere il divorzio, vanno oltre la vicenda familiare. «Mi domando in che paese viviamo» - si chiede - e «come sia possibile accettare un metodo politico come quello che si è cercato di utilizzare per la composizione delle liste elettorali». Cara signora Veronica, molti di noi ci chiediamo da tempo in che paese stiamo vivendo, e non solo per la formazione delle liste elettorali. Un vecchio detto si domanda se sia più imbecille Carnevale o chi gli va appresso. Dalle sue parole, comincia a trapelare una risposta. Oltretutto credo che Lei stia sperimentando sulla sua pelle il torvo rancore di Piccolo Cesare, uso ad aizzare contro le sue vittime i suoi indecenti giornalisti, i suoi ringhianti adoratori, i suoi boia, i suoi deliranti servi. E tutto l’esercito di coloro che lo votano ad occhi chiusi, non sai più se colpevoli o infelici. Lei afferma di avere pregato invano i sedicenti amici di suo marito di stargli vicino «come si farebbe con un persona che non sta bene». Perché Le è venuto in mente questo paragone? Sarebbe importante per tutti noi sapere come la pensa sulle reali condizioni del futuro Imperatore d’Italia.
Andrea Camilleri


I trentini sono schivi e saggi. E se annettessimo l’Italia a Trento?
6/5/2009

Camilleri, Trento non è più Italia. Avevamo fatto tanto per riannetterla allo stivale. Fatica sprecata. A Trento, infatti, i sondaggi con i quali «papi» si attribuisce un televisivo 75 per cento, evaporano. 64,4 al centro sinistra, 20,6 al Pdl: voti usciti dall’urna, non dal televisore. Difficile dire se simile tendenza evidenzi gli umori carsici del Paese. Certo è che questo voto ha l’aria di assomigliare al cigolio che si avverte nei film gialli, quando la suspense raggiunge l’acme. E con il cigolio, il regista vuole che lo spettatore non sia colto impreparato.
Saverio Lodato

Il risultato di Trento è stato, prima ancora che una schiacciante vittoria del centro sinistra, una gran brutta sberla per il Pdl che scivola al terzo posto tra i partiti in lizza. E i soliti venditori di fumo, Capezzone, Gasparri, Cicchitto e compagnia, se ne sono stati zitti; né hanno tentato di minimizzare la sconfitta, sostenendo che si trattava di amministrative senza importanza. Corrono brutti tempi per gli spacciatori quotidiani del Pdl, costretti a un quaresimale silenzio, vuoi per l’imbarazzante secondo divorzio di «papi» Berlusconi, vuoi per questo risultato elettorale. I trentini sono schivi, saggi e con i piedi per terra. Sanno benissimo che al di là dei fuochi di artificio berlusconiani, c’è una realtà che ogni giorno diventa più dura e difficile. Ragionano con la loro testa e capiscono che le cortine fumogene non riusciranno a nascondere gli effetti concreti sull’economia reale delle previsioni europee a meno di quattro, 4 per cento di Pil, e a più 113 per cento di debito pubblico. E che se non ci si da da fare, almeno localmente, con una buona amministrazione, si rischia grosso. Nel 1915-18 facemmo una guerra per l’annessione di Trento all’Italia. Che si può fare oggi perché l’Italia tutta sia annessa a Trento?
Andrea Camilleri


I peccatucci di papi la berlusconite e la damnatio memoriae
7/5/2009

Camilleri, minchia! Scusi per l’incipit, ma martedì, essendo in vena di fioretti laici, ho letto “Il Giornale”, per vedere come trattavano la pratica Trento: 15 righe in basso, a pagina 12! Ora Lei capisce il mio incipit. In compenso, c’era un articolone su Franceschini; un editoriale, molto nervosetto, di Mario Giordano, il direttore, al quale pare si stia parlando troppo dei peccatucci veniali di «papi»; una perla, a pagina 19, che, da sola, valeva l’acquisto: «Se uccidi la moglie… hai diritto a uno sconto di pena», con la foto di Marcello Mastroianni in «Divorzio all’italiana». Sembrava un suggerimento subliminale…
Saverio Lodato

La foto del film «Divorzio all’italiana», se non è un suggerimento subliminale è un lapsus freudiano che rivela un pio desiderio. Credo che siano in tanti, tra i seguaci di Berlusconi, ad augurarsi la cancellazione dalla memoria degli italiani della signora Veronica, come accadde alla signora Ariosto, teste chiave del processo Previti. Qualcuno se ne ricorda ancora? La sera del 5 maggio, in contemporanea o quasi, Berlusconi a «Porta a porta», Cicchitto su «La 7» e Bondi a «Ballarò», hanno iniziato la damnatio memoriae della signora Veronica, in modo coordinato e massiccio. Parola d’ordine: è caduta in un diabolico tranello della sinistra. Ma per Berlusconi, oltre che un’ingenua, facile a essere sobillata, è anche bugiarda, essendo del tutto falso il fatto della sua non partecipazione ai compleanni dei figli. Vuol sapere, caro Lodato, come penso che finirà? La signora Veronica verrà sommersa dall’indignazione popolare e il consenso a Berlusconi salirà oltre i limiti bulgari. La berlusconite, mio caro amico, è un’infezione mortale incurabile, che porterà alla rovina l’Italia tutta. Come già accaduto con un altro capo di governo, Benito Mussolini.
Andrea Camilleri


Telefonate compromettenti o no, questo tragico carnevale rischia di durare a lungo
8/5/2009

Camilleri, che intendeva Silvio Berlusconi quando dichiarò «se escono certe mie telefonate lascio l’Italia»? Che intendeva quando profetizzò: «sta per uscire uno scandalo che sarà il più grande della storia della repubblica»? È rimasto in Italia e di «certe telefonate» non si è saputo più nulla. Se «papi» ha chiesto alla signora Lia Giovanazzi Beltrami, assessore a Trento, se «poteva palparla»; se in Campidoglio ha detto: «Amo le finlandesi, ma oltre i 18 anni»; se sua moglie Veronica, cadendo nella trappola rossa, dice che non può stare con un marito che frequenta minorenni, ma che mai ci sarà stato in quelle telefonate, tanto da mettere in conto l’espatrio?
Saverio Lodato

Caro Lodato, non è elegante autocitarsi, ma devo ricordare i versi di una mia poesia «incivile» dedicata a Berlusconi: «ha più scheletri nell’armadio lui/ che la Cripta dei cappuccini a Palermo». Perciò Lei capisce come sia difficile intuire a cosa si riferiva quando dichiarava che avrebbe lasciato l’Italia se certe sue telefonate venivano rese note. Dal punto di vista economico, possiede un impero variamente ramificato, e altrettanto può dirsi per il suo impero, forse più ramificato dell’altro, composto di vallette, veline e starlette. Di sicuro si sarà trattato di telefonate molto compromettenti, indirizzate all’uno o all’altro impero. Oltre non possiamo spingerci. Ma basta e avanza quello che fa e dice alla luce del sole, a esempio la richiesta di palpamento a un’attonita signora, per dimostrare a tutti che i suoi freni inibitori avrebbero urgente necessità di revisione. Dopo la bufera che si è abbattuta su di lui, è apparso sorridente, come se niente fosse, facile alle battute facili, e dimentico degli inviti alla sobrietà che gli sono giunti da più parti. Questo tragico carnevale italiano è destinato a durare a lungo.
Andrea Camilleri


Il premier Berlusconi e l’introvabile titolo di futuri libri di testo
9/5/2009

Camilleri, siamo l’unico paese al mondo con un premier vietato ai minori, da mandare a notte fonda, quando, su certi canali, iniziano le programmazioni hard. «Papi» sta inaugurando un nuovo filone di commedia all’italiana, si fa per dire. E saranno titoli da cassetta: «Il premier e il gran debutto delle diciottenni»; «Il premier che voleva palpare alle cerimonie ufficiali»; «Il premier e le ministre alla scuola di partito»; «Il premier e le notti bianche finlandesi»; «Le fanciulle sulle ginocchia del premier»; «Indovina chi viene a cena? Papi».
Saverio Lodato

C’è chi è passato alla storia per avere cambiato il suo paese, chi per avere promosso trattati internazionali fondamentali, chi per essersi prodigato per il benessere mondiale. In genere, questi celebrati personaggi sono, al contrario, detestati dagli studenti costretti a subirsi le innumerevoli pagine che i libri di storia dedicano loro. Non sarà così per gli studenti che, metti nel 2050, si imbatteranno nel grande statista italiano del quale è superfluo fare il nome. Si divertiranno un mondo. Naturalmente mi riferisco agli universitari, perché, come dice Lei caro Lodato, a quelli inferiori di anni 18 ne sarà proibita la lettura. Insomma, anche dopo la sua scomparsa, il nostro statista avrà ampi consensi. Specialmente se il libro di testo avrà un corredo di illustrazioni che riportano le immagini, al naturale, di alcune fra le sue più procaci collaboratrici politiche. Però, suppongo, che i film che ne celebreranno le gesta, alla stregua di un Napoleone o di un Lincoln, non avranno i titoli che Lei suggerisce. Quei titoli sono sulla scia, non della commedia all’italiana, ma dei film di quart’ordine con Alvaro Vitali nella parte di Pierino. E qui invece ne siamo distantissimi, ci troviamo a un livello assai più basso, quale però non so immaginare.
Andrea Camilleri


Se il forbito Rossella difende la mignottocrazia
10/5/2009

Camilleri, «la sinistra pensi agli amorazzi suoi» ammonisce Carlo Rossella in un’intervista a «Il Giornale» che inizia così: «Proclamiamo lo stato di emergenza sulla gnocca». E la giornalista, che trascrive, lancia un gridolino: «Carlo Rossella, proprio lei che è maestro di eleganza…». Lui, tetragono: «Voglio una commissione d’inchiesta sulle belle donne amanti dei politici». Insomma, una prosa politica paragonabile a quella de «La rivoluzione liberale» di Gobetti; dei Discorsi alla Costituente di Togliatti; delle «Lettere sul concordato» di De Gasperi.
Saverio Lodato

Non c’è niente da fare, hai voglia ad atteggiarti a magister elegantiarum, a giramondo raffinato, ad attempato ganimede, basta grattare un po’ la superficie ed ecco venire fuori il background, per usare una lingua cara a Rossella, impastato di volgarità e pecoreccio. Il nostro giornalista emerito, parcheggiato da Berlusconi come presidente della “Medusa”, adopera, per difendere il suo datore di lavoro, la tecnica battezzata da Umberto Eco come lo «sputtanamento globale». Vogliamo anche parlare degli amorazzi della sinistra? si domanda polemicamente Rossella. Come a dire: anche voi non siete esempi di virtù. È la stessa tecnica difensiva usata da Craxi in Parlamento al tempo di Mani Pulite. Ladri noi, ma ladri tutti. Solo che c’è una piccola differenza che Rossella finge di non cogliere. Un deputato che si porta a letto due ragazze e sniffa con loro, fa danno a se stesso, alla sua famiglia, al suo partito. Ma un presidente del consiglio è un’altra cosa: se dà scandalo, esso non solo investe lui, la famiglia e il partito, ma soprattutto la nazione che rappresenta. Non mi pare differenza da poco. E il fatto che un’ex forzaitaliota arrabbiato definisca il regime berlusconiano una «mignottocrazia» qualcosa dovrà pur significare.
Andrea Camilleri


Berlusconi ha gettato la maschera e si è pontidizzato
12/5/2009

Camilleri, l’Italia non applica più l’articolo 5 del regolamento del penitenziario di Alcatraz: «Avete diritto a vitto, alloggio, indumenti e assistenza. Tutto il resto consideratelo un privilegio». E ricaccia i Bongo Bongo, direbbe Bossi, nei lager dai quali scappano. Posti in tram solo per «milanesi». Il ghigno di Maroni. Noemi al Times: «Berlusconi lo chiamo papi, ma non è il mio papà». I finlandesi: Berlusconi non è mai stato in visita ufficiale nel nostro paese. Lui dice il contrario. Ed esulta: «Ho il 75 per cento». Vero è che per noi: «il fine giustifica i mezzi» e che è sempre arduo far capire agli stranieri chi sono gli italiani. Ma di questo passo, sarà arduo spiegare l’Italia agli italiani.
Saverio Lodato

Ma che bisogno c’è di spiegare l’Italia agli italiani? Quelli che hanno votato e votano Berlusconi, sanno benissimo cos’è l’Italia. E se la godono alla grande, fra un’evasione fiscale e l’altra, un falso in bilancio e l’altro, un condono e l’altro, un rigurgito razziale e l’altro, un papi e l’altro. Parlo di quelli che l’hanno votato sapendo ciò che facevano, non dei poveracci illusi. La minoranza lo sa anch’essa e soffre la sua diversità. D’altra parte ha ragione Lei, caro Lodato. Come spiegare ai non milanesi l’incommensurabile imbecillità della proposta dei posti in tram riservati ai meneghini? Come si fa a spiegare quanta disumana crudeltà ci sia dietro l’intercettazione e la deportazione in Libia degli extracomunitari? Berlusconi ha gettato la maschera schierandosi coi leghisti, tanto che Calderoli ha affermato che Berlusconi è stato “ pontidatizzato”. Infatti non vuole un’Italia multietnica, il che dimostra quanto egli sempre più si allontani dalla realtà. Mentre noi, costretti tra ignominia e stupidità, questa orrenda realtà italiana la dobbiamo ogni giorno vedere e patire».
Andrea Camilleri


Delinquenti, dentisti e Pm. Così Berlusconi offende la memoria di suo padre
13/5/2009

Camilleri, per molto tempo avevamo pensato che Silvio Berlusconi sfuggisse alla regola, simile agli dei di cui parla Sallustio: «Ogni dio è imperituro e ingenerato». Invece anche lui ebbe un papà, non un papi, che è altro tipo di parentela. Dal quale papà, come tutti noi, ricevette perle di saggezza e scampoli di educazione. Berlusconi, un po’ di tempo fa: «Papà mi insegnò che se vuoi far male al prossimo o fai il delinquente, o il dentista o il Pm». Forse, il papà si era fermato ai «delinquenti». E il bambino prodigio ci ha messo del suo.
Saverio Lodato

Se di mamma ce n’è una sola, anche di padre dovrebbe, almeno in teoria, essercene uno solo. Quindi Berlusconi parla di quello stesso padre che l’avrebbe, in tenera età, condotto in un cimitero di guerra americano per fargli giurare eterna amicizia agli Usa difensori della libertà. Sembra una scena da libro Cuore, ma passi. Però che il padre gli abbia detto la frase che Lei, caro Lodato, riporta, mi suona falso. Come del resto anche Lei sospetta. A quell’epoca i Pm non esistevano, si chiamavano giudici istruttori. E non erano né le toghe rosse, né i Torquemada, né i malati di mente che Berlusconi descrive ai suoi affascinati elettori. Quelli semmai vennero dopo, quando misero gli occhi su alcuni affarucci non tanto limpidi del cavaliere, ma allora il papà del nostro Silvietto mi pare che non ci fosse più. Con questa battutaccia, Berlusconi ha offeso, a parte Pm e dentisti che non fanno più male, la memoriadi suo padre. Perché o quella frase non fu detta, o se lo fu significa che anche suo padre aveva avuto da temere dalla giustizia. No, sono sicuro che si tratta di una bugia. E mi permetta di lasciar perdere Sallustio e citare Marziale:«Non sei un mentitore abituale, sei la Menzogna stessa fatta persona».
Andrea Camilleri


L'ultimo encomio di Libero dopo l'inchinite cronica all'imperatore Silvio
14/5/2009

Camilleri, a leggere di certi addii strazianti, ci sovviene il titolo di un indimenticabile film di Ettore Scola: C’eravamo tanto amati… Si allunga la lista dei caduti dalle grazie dell’unto del signore: Enrico Mentana, Paolo Guzzanti, Mike Bongiorno, Fiorello… Solidarietà ai quattro che cominciano una nuova vita. Ci mancherebbe! Ma se scrivessero un libro di memorie, magari con lo stesso identico titolo: «Quei miei anni con Silvio»? Ne sapremmo delle belle!
Saverio Lodato

Non sono sicuro che ne vedremmo delle belle. Il 12 maggio Libero ha iniziato la pubblicazione del primo di sedici fascicoli che illustreranno «Vita, conquiste, battaglie e passioni di un uomo politico unico al mondo». Inutile dire che si tratta di Berlusconi. L’agiografo sarà Renato Farina, l’indimenticabile Betulla, che vanta «comuni amicizie, letture, ideali» con Berlusconi e sostiene di non avere avuto bisogno del teleobbiettivo per accostarsi «alla vita privata del cavaliere». Anzi, lui a Berlusconi l’ha sempre visto così da vicino da radiografarlo. Di fronte a tale palpitante testimonianza, cosa vuole che valgano le rivelazioni di un Mentana o di un Guzzanti? D’altra parte, sempre in questo fascicolo, Feltri afferma che il 99% dei libri su Berlusconi è fatto di «boiate pazzesche, capolavori da dissenteria cervicale, più noiose della corazzata Potemkin», mentre il restante1% soffre di «inchinite» che sarebbe l’infiammazione della schiena dovuta alla postura da mandarino dinanzi all’Imperatore». E per dimostrare come lui sia vergin di servo encomio, in copertina mette una grande foto di Berlusconi, sorridente padre di famiglia fra due sue figlie. E un’altra, più piccola, che lo mostra nell’abitino della prima comunione. Come è vero che uno vede la pagliuzza nell’occhio altrui e non la trave nel proprio.
Andrea Camilleri


Il cavaliere dell'emotività popolare, arcimiliardario dai molti vizi e poche virtù
15/5/2009

Camilleri, Noemi e i barconi dei disperati pare non abbiano fatto buona pubblicità al governo. L’ultimo sondaggio Repubblica, dimostrerebbe che c’è ancora un po’ di sale nella zucca degli italiani: Berlusconi perde 3 punti in un mese, insieme a Maroni, il ministro degli interni già caporonda. Qualcosa si è rotto dopo la megasintonia con gli italiani provocata dalle scosse d’Abruzzo. Insomma: quando la terra trema, Berlusconi sale alle stelle. Quando la terra si stabilizza, Berlusconi scende. E l’opposizione sarebbe in leggera rimonta. Fosse vero, il voto degli italiani sarebbe più materia di sismografi che di sondaggi.
Saverio Lodato

Come le Tv che fanno audience quando mostrano immagini di cataclismi e disastri, così Berlusconi sale di punti nel gradimento allorché si fa riprendere in occasioni che colpiscono emotivamente gli italiani. Quando cominciarono ad arrivare in Italia gli albanesi coi gommoni, si precipitò non mi ricordo più dove, e offrì ospitalità a intere famiglie. E la sua popolarità fece un gran balzo in avanti. Ma quelli sono tempi lontani, preistorici, risalgono a quando non era succube della Lega e prima che si spargesse la leggenda che gli albanesi erano tutti delinquenti. Come oggi accade per i rumeni e gli extracomunitari. Da allora non ha perso un’occasione per cavalcare l’emotività popolare, dall’emergenza sbarchi alla sicurezza, dal caso Englaro al terremoto. I poveri aquilani, la cui terra continua a tremare, saranno, grazie a Berlusconi, sottoposti ad altri terremoti come l’annunziato G8. Ma quando egli appare per quello che è, un arcimiliardario con molti vizi e nessuna virtù, allora gli italiani, come svegliandosi da un sogno, tendono a ridimensionarlo. Ma caro Lodato, possiamo augurarci un terremoto o un’inondazione per fare alzare il gradimento di Berlusconi?
Andrea Camilleri


Noemi, papi e il signor Nessuno che ha in tasca un numero di telefono
16/5/2009

Camilleri, perché non affida a Montalbano il «caso di papi e Noemi»? Urge un commissario vero, non poveri questurini perduti nella ragnatela delle carte. Da quando è iniziata la storia, è iniziato il magone Elio Letizia. Chi era costui? Forse Montalbano si sarebbe concentrato anche sulla signora Anna Palumbo, mamma di Noemi, per capire se ha un suo ruolo, uno peso specifico, uno spessore, insomma una stoffa, in tutto l’affaire. Ma la storia della signora non la ricostruisce nessuno. Boh.
Saverio Lodato

Montalbano, per principio, non vuole mai occuparsi di fatti di cronaca, nera o rosa che sia. E non farebbe un’eccezione nemmeno in questo caso dove, come lei nota, il vero mistero non è quello dei rapporti fra papi e Noemi, ma quello dell’amicizia di vecchia data fra il signor Letizia e Berlusconi. Il quale, su questo punto, ha fornito versioni contrastanti. Prima ha detto che si trattava dell’autista di Craxi. Poi, smentito da Bobo Craxi, ha a sua volta smentito. Smentirsi é una vecchia abitudine del Nostro. Poi ha fatto circolare la voce che Letizia era stato un esponente del PSI napoletano. Anche qui sono fioccate le smentite, ma Berlusconi sta volta ha taciuto. Fatto sta che questo signor Nessuno ha in tasca il numero privato del premier e può permettersi di chiamarlo quando vuole, discutendo addirittura con lui di alcune candidature campane. Letizia stesso, interrogato dai giornalisti, ha risposto d’averlo conosciuto allo stesso modo col quale di solito si conoscono le persone. E qui Montalbano appizzerebbe le orecchie. Perché, se fossimo in Sicilia, questa sarebbe la risposta tipica di un mafioso. Ma lungi da me ogni insinuazione. In quanto alla signora Letizia, che dirle? Forse, se fosse stata un tantinello più giovane, di sicuro Berlusconi l’avrebbe candidata da qualche parte.
Andrea Camilleri


Il mistero Bertolaso, adesso fa anche il portavoce del Papa
17/5/2009

Camilleri, non pensa che questo Guido Bertolaso si futtiu a testa? Contrariato perché il clero locale, con qualche larvata critica, stava rovinando la fiction sul terremoto più bello del mondo, ha rimbrottato il vescovo dell’Aquila. Al Papa in visita, ha dato uno strappo in macchina, come fosse un tecnico di Maranello che fa provare una Ferrari al visitatore illustre. Va bene che ha forte identità di vedute – almeno così dicono – con il cardinal Camillo Ruini e Gianni Letta; che è Uomo Emergenza, a capo della Protezione civile e responsabile grandi eventi; che vanta una dichiarazione dei redditi milionaria. Va bene tutto, ma il troppo stroppia.
Saverio Lodato

Bertolaso ai miei occhi rappresenta un enigma vivente. Come fa a tenere testa a tutte le cariche che ha e che sono tutte assai impegnative? Le ore del giorno sono 24 e qualche oretta di riposo se la dovrà pur pigliare. Dove trova il tempo di occuparsi di tutto quello di cui si deve occupare? Non tutti sono come Berlusconi che prima di incontrare Mubarak si trastulla in un night o che fa un salto alla festa di Noemi prima di andare a controllare il termovalorizzatore di Acerra. A meno che Berlusconi, ogni tanto, non gli faccia tirare un sorsetto dalla fiaschetta dove tiene l’elisir magico del dottor Scapagnini. Altrimenti si sbarella e si finisce per rimbrottare il vescovo dell’Aquila il quale ha obbedito rimbrottando a sua volta i parroci. E a proposito della visita del Papa c’è di peggio. L’ho visto durante una trasmissione tv. Qualcuno rivolge una domanda al Papa il quale esita un istante prima di rispondere. E Bertolaso, che gli si trova accanto, gli toglie le parole dalla bocca rispondendo lui. Lei dice che il troppo stroppia. Infatti la domanda spontanea è: ma Bertolaso chi si crede di essere? Il Papa?
Andrea Camilleri


Le domande su Papi. E intanto del pil a meno 5,9 ci dimentichiamo
19/5/2009

Camilleri, da noi il “cherchez la femme” è diventato un “cherchez le chauffeur” (nei panni di Elio Letizia). Il mitico giornalismo anglosassone stava cambiando direzione, con il Times che faceva dire ad Anna Palumbo: «Spero che Berlusconi possa fare per mia figlia ciò che non ha potuto fare per me». Poiché la signora, in altra intervista, ha ricordato quando Noemi fu concepita («la notte fra il 2 e il 3 agosto. Nove mesi dopo: una bimba bellissima di 3 chili e 250 grammi»), sembrava fatta. Ma il Times ora dice che la sua fonte è un giornalista italiano, che si sono capiti male, e si scusa. Tutto il giornalismo è paese, ma è pur vero che questo è un caso “a prova di giornalismo”.
Saverio Lodato

La frase, ispirata alla Sibilla cumana, che la signora avrebbe detto al Times era piuttosto ambigua. Nel ’90 lei, già sposata, era una sorta di velina in una tv napoletana. Può darsi che Berlusconi, ancora non sceso in campo, e tutto preso dal suo impero mediatico, le fece intravedere un radioso futuro a Mediaset, non mantenendo poi la promessa? Che quindi la signora nutrisse la speranza che almeno sua figlia non fosse buggerata, come spesso accade a quelli cui Berlusconi promette qualcosa? La signora ha dichiarato di ricordare la notte in cui Noemi fu concepita. E poiché, fino a oggi, l’Arcangelo, quello di “Annunciazione, Annunciazione!”, non è stato ancora tirato in ballo, vuol dire che ebbe la necessità di una collaborazione maschile. È proprio l’identità del collaboratore accertato che fa nascere molte illazioni. Perché la signora ha un ricordo così netto? Si trattò di qualcosa di eccezionale? La ritrattazione del Times aggiunge domande a domande. Che fanno dimenticare agli italiani che il Pil è calato a meno 5,9; che i nostri salari sono i più bassi d’Europa.
Andrea Camilleri


E meno male che ci rimangono i vignettisti
20/5/2009

Camilleri, non perdiamo d’occhio i vignettisti. Vincino, disegna uno spiritato La Russa che ordina ai cannonieri: «Dopo l’Onu, sparate sulla Croce Rossa»; Bucchi, un distinto signore che dice: «Quasi quasi mi faccio dare la Ku Klux Kard»; Giannelli, sullo scudetto Inter: «Ultimi per i salari. Ma con il più bel calcio del mondo». L’Italia questa é. E al Mussolini, che a proposito di Antonio Gramsci ordinò: «Impedite a quel cervello di pensare», Berlusconi potrebbe fare il verso: «Impedite a quelle matite di disegnare»...
Saverio Lodato

Come Lei saprà siamo stati classificati fra gli ultimi paesi al mondo per l’informazione. I berlusconiani dicono che è una balla, in quanto in Italia l’informazione è libera. Ma non tengono conto che il dato negativo per l’Italia non riguarda la libertà, ma la qualità dell’informazione. Essendo Berlusconi proprietario di tre reti private, e con il controllo di due su tre reti Rai, possedendo giornali e riviste, è chiaro che buona parte dell’informazione viene da lui direttamente o indirettamente condizionata. Leggere, per credere, la lettera di Mentana a Confalonieri e inclusa nel suo recente libro. E dato che molti altri giornalisti che, diciamo così, non sono sul libro paga della casa, ma tengono famiglia, accade che, spesso e volentieri, essi adottino un atteggiamento soft verso il premier, a scanso di vedersi scagliare contro micidiali fulmini bulgari. Da questa generale pecoronaggine - definizione berlusconiana del giornalismo italiano - , si salvano splendidamente i vignettisti. Si salvano e ci salvano. Bisogna essere loro grati perché, con le risate liberatorie che ci regalano, ci risparmiano da attacchi di bile e mal di fegato. «Una mela al giorno leva il medico di torno», si usava dire. Oggi, per levarci il medico di torno, basta una buona vignetta al giorno.
Andrea Camilleri


Una giustizia ad uso e consumo di una sola persona
21/5/2009

Camilleri, dicono i giudici di Milano che l’avvocato David Mills «mentì per salvare Berlusconi». Dice Franceschini: «Berlusconi rinunci al lodo Alfano». Dice l’avvocato Ghedini: «Non lo farà». Dice La Russa: «Evitare la giustizia a orologeria». Dice Cicchitto: «Speculazione». Dice Berlusconi: «Riferirò in Parlamento». Dice il “Sole 24Ore” che la famiglia dello chauffeur Letizia possiede 16 appartamenti. L’affare s’ingrossa. Campa cavallo.
Saverio Lodato

È divertente la reazione dei famuli berlusconiani alla pubblicazione delle motivazioni della sentenza Mills. La Russa, distraendosi per un attimo dalla sua guerra personale contro l’Onu e la signora Laura Boldrini, colpevole di portare lo stesso cognome di un leggendario capo partigiano e di essere omonima di una simpatizzante di Rifondazione, rimprovera i giudici per aver reso note le motivazioni prima delle elezioni. Si accorge solo ora il poveretto - la sentenza è del febbraio di quest’anno - che la condanna di Mills implicava la condanna indiretta, anche se taciuta, di Berlusconi. Cicchitto invita addirittura il suo capo a non presentarsi in Parlamento. Siamod’accordo. In Parlamento, Berlusconi non farebbe che ripetere la solita litania: toghe rosse, giustizia a orologeria, uso politico della giustizia eccetera, eccetera. Ma il vero e unico provvedimento a orologeria è stato il vergognoso Lodo Alfano. A Berlusconi, qualsiasi tipo di giustizia non andrà mai bene perché ne vuole una a suo uso e consumo personale. E contro i magistrati adopera le stesse precise parole di Totò Riina. Ora, nelle sue dichiarazioni dall’Aquila, ha difeso anche la figlia dello chauffeur multiproprietario, secondo il “Sole 24Ore.” Facendo così una gran confusione fra pubblico e privato. Che le ripetute scosse di terremoto abbiano un qualche effetto sul suo cervello?
Andrea Camilleri


Il fattore verde che sta dominando dentro la maggioranza
22/5/2009

Camilleri, l’opposizione ha una responsabilità che non è mai stata evidenziata. L’aver permesso, a un branco di mattacchioni, di andare in tv pavesati di verde. Si parla tanto di doppio Stato. Di chi sono al servizio i Bossi, i Maroni, i Cota, i Calderoli, i Borghezio, con cravatta verde, fazzoletto verde al collo, fazzoletto verde per il naso, distintivo verde, sciarpa verde? Riunirsi in consorteria, con tanto di colore distintivo, non è un po’ eccessivo? Ci sono analoghi precedenti al mondo? Non lo so, ma non credo.
Saverio Lodato

Caro Lodato, non solo la sinistra ha sdoganato questi energumeni ossessionati dal verde, ma ha un pochino inciuciato con loro ai tempi in cui essi trattavano Berlusconi peggio di un extracomunitario e lo definivano “un mafioso”. Ma porti un po’ di pazienza, prima o poi, anche queste camicie colorate di verde si stingeranno e si consumeranno, come è già accaduto per le loro consorelle nere, brune, rosse, azzurre. Però, intanto, fanno danni. Mi rendo conto che il verde è contagioso quanto la febbre suina. I sintomi immediatamente evidenti sono: stupidità, supponenza, insofferenza, arroganza. Guardi il povero La Russa che ne è stato in questi giorni contagiato. Guardi Berlusconi che ha ricevuto un fazzoletto verde ad honorem. Guardi Gasparri nel quale la mai dimenticata fiamma, una volta tricolore, ora ha assunto colorazioni verdi. E a proposito di tricolore, come fa Fini a dire che gli extracomunitari devono rispettare la nostra bandiera, se il suo alleato Bossi, con la medesima, ci si pulisce il sedere? Bastano loro, in Parlamento e Senato, a dimostrare a quale infimo livello sia giunta la politica nel nostro Paese. E c’è il rischio che, con la crisi che galoppa, saremo tutti ridotti al verde. E così i leghisti diranno di avere trionfato.
Andrea Camilleri


Tutti quelli che contestano Berlusconi vengono identificati, come mai?
23/5/2009

Camilleri, qualche giorno fa, dalle parti di fontana di Trevi, due cittadini che si sono trovati davanti Berlusconi, gli hanno fatto un liscibus e sono stati bloccati dai poliziotti. In Abruzzo spira venticello di contestazioni. Agli stati generali delle costruzioni, è esplosa la protesta contro il ministro Sacconi. Quel folletto di Paolini è riuscito a farsi mandare in diretta dal Tg1 mentre gridava: "Berlusconi coglione". Iniziò così, all'epoca di Bettino Craxi Imperatore, quella che poi sarebbe diventata la "Sindrome del Raphael".
Saverio Lodato

Caro Lodato, innanzitutto vorrei sapere da qualcuno competente perché chi contesta Berlusconi viene subito identificato, come si usa dire, dalla polizia. Se un cittadino non insulta l'Imperatore, ma semplicemente lo invita a non tornare all' Aquila o ad occuparsi della crisi, perché viene fermato e subito dopo rilasciato? Non si é più liberi di manifestare un'opinione? O anche un piccolo dissenso rappresenta delitto di lesa maestà? Nell'ultimo periodo del suo governo, Prodi fu sistematicamente contestato da gruppi ben organizzati e facilmente riconoscibili. Perché la polizia non usava identificarli? Comunque, quali che possano essere gli esiti concreti di queste ancora troppo sparute forme di dissenso, un fatto è certo. Qualcosa è successo che ha incrinato il rapporto, sino a ieri felice, di Berlusconi con la "gente", come lui ama dire. E che anche Sacconi sia stato oggetto di dissenso significa che il serpeggiante malumore investe anche i membri del governo a cu piglia piglia, come si dice dalle mie parti. Lei parla della "Sindrome del Raphael; per carità, non lo metta in guardia. Se accadrà, dovrebbe provare la stessa sorpresa che si dipinse sulla faccia di Craxi. Perché nel frattempo Lei, caro Lodato, non comincia a raccogliere monetine?
Andrea Camilleri


L'antico «Mangano» del Messico, santificato nel suo Paese
24/5/2009

Camilleri, da Repubblica online: «Jesus Malverde è conosciuto in Messico come “il narcosanto” e, in occasione del centesimo anniversario della sua presunta esecuzione, la cittadina di Culiacan, stato di Sinaloa, ha organizzato una processione di devoti. Malverde, secondo il folklore locale, è un Robin Hood messicano dedito al narcotraffico, ma generoso con i bisognosi». O una specie di Vittorio Mangano messicano. Scommettiamo che qualche buontempone Pdl, in Parlamento, proporrà Mangano “Santo subito”, con anniversario e processione?
Saverio Lodato

Vuole fare il furbo? Sappia che non accetto di scommettere quando sono sicuro al novanta per cento di perdere. Mi permetta una digressione. Il Messico è un paese di fascino raro. Da giovane mi sono nutrito delle imprese di Pancho Villa e altri rivoluzionari, leggendo i libri di John Reed e Martin Luis Guzmàn e vedendo qualche immagine del visionario Que viva Mexico! di Ejzenstejn. Ora non è impensabile che il culto per qualche narcotrafficante si diffonda da lì in tutto il mondo, come è accaduto per la febbre suina. Che, fra parentesi, alla fine si è rivelata poco più che un’influenza stagionale. Del resto, se Lei segue Televideo si accorgerà come la media settimanale di arresti per spaccio di droga oscilli fra le trecento e le trecentocinquanta unità. Il che dimostra come il culto messicano abbia moltissimi adepti anche da noi, dato che ogni pusher ha come minimo una decina di affezionati clienti. I quali clienti allignano anche fra i politici, e non solo di secondo piano. Pensa davvero che sarà qualche burlone a proporre la santificazione di un Mangano? Non credo che la proposta, quando arriverà, sarà fatta da un burlone. Si ricordi che Berlusconi l’ha già proclamato eroe. E non certo per scherzare.
Andrea Camilleri


L’ars amatoria plateale e i pruriti condominiali
26/5/2009

Camilleri, a Licata, dopo mesi di insonnia, un condominio è insorto contro marito e moglie troppo rumorosi nell’espletamento dell’ars amatoria. Sono intervenuti i carabinieri, ma niente arresti o denunce. Gli inquilini si sono anche lamentati perché, in un’occasione, era stato praticato un rapporto orale a finestre spalancate e altri condomini, dirimpettai, non sapevano dove guardare. Si è trovato un accordo: «Maggiore riservatezza da parte di tutti durante i loro amplessi». Amore, taci, il condominio t’ascolta…
Saverio Lodato

A Torino capitò un fatto simile, ma con risvolti opposti. Una giovane coppia usava riprendersi con una telecamera mentre faceva l’amore per poi rivedersi in azione. Quando però nel condominio fu installata un’antenna centrale, una sera, non so per quale diavolerie di interferenze, tutto il caseggiato poté assistere a una loro performance. Alcuni cambiarono canale, altri restarono a godersi il programma. Nessuno protestò. La coppia lo seppe dalla portinaia e fine delle trasmissioni. In Sicilia, un nobile fu abbandonato dalla moglie che, lasciato il castello dove viveva col marito, si trasferì in un appartamento poco distante. Il nobile, per ripicca, si prese per amante una giovane molto bella. E ogni volta che seco lei giacea, per dirla alla Boccaccio, saliva nella torretta, dotata di una grossa campana, e vigorosamente la suonava, svegliando moglie e l’intero paese. Anche qui nessuno protestò. Mi domando: premesso che una campana fa di certo più rumore di una coppia in azione, come è possibile che in tutto il condominio licatese, prima di fare succedere il viririrì, il quarantotto, con intervento dei carabinieri, nessuno abbia avuto il buon senso di dire alla coppia di fare più piano? O di chiudere le finestre? Questa storia non me la conta giusta.
Andrea Camilleri


Ma il berlusconismo come si combatte senza denunciarlo?
27/5/2009

Camilleri, è nato prima il berlusconismo o l’antiberlusconismo? Indovinello non peregrino: l’antiberlusconismo giova o nuoce all’opposizione? Questione spinosa. C’è chi dice che se non ci fosse il berlusconismo non si darebbe, in natura, l’antiberlusconismo. E chi obbietta che, dando fiato alle trombe, Berlusconi vincerà all’infinito. Il conflitto d’interessi? Anticaglie. Le frequentazioni piduiste? Idem. Lo stalliere di Arcore? Eroe di Stato. Palpeggiamenti e show internazionali? Papi e Noemi? Non è di gossip che é lastricata la via dell’ opposizione. Ma sì, teniamocelo!
Saverio Lodato

L’antifascismo è nato come reazione al fascismo. Non è sostenibile che l’antifascismo esistesse in natura prima che Mussolini concepisse il fascismo. E l’opposizione al fascismo giovò al regime? O non servì a far capire al mondo cos’era, in realtà, la dittatura fascista? Gramsci e Gobetti, i fratelli Rosselli e Matteotti, avrebbero rafforzato il fascismo? È chiaro che Berlusconi non è Mussolini, ma è pur sempre un pericolo, più o meno strisciante per la democrazia. Molti soloni della politica hanno sostenuto che demonizzando Berlusconi si fa il suo gioco. E com’è che non si fa il suo gioco? Glissando sul conflitto di interessi che inquina l’Italia? Ignorando le vergognose leggi ad personam? Fingendo di non vedere lo scempio della legalità e dell’informazione? Credo al contrario che sia il tacere a fare il suo gioco. Berlusconi agisce, e lo dimostra in ogni occasione, come un padrone assoluto. Non solo tiene le riunioni per nominare i dirigenti Rai a casa sua, ma ha l’impudenza di dirlo pubblicamente. Tanto, può fare quello che vuole. È come un pachiderma che procede implacabile. E i non demonizzatori, con i loro colpi di spillo, che fastidio pensano di dargli?
Andrea Camilleri


Il settanta per cento a cui Lui piace. E l'altro trenta
28/5/2009

Camilleri, gli istituti di sondaggi ci informano che agli italiani Berlusconi piace così com’è, almeno così pare. L’abbiamo capito. Ma perché, di grazia, non vengono almeno formulate domande più frizzanti? Ad esempio. Lei preferisce il Berlusconi che, grazie al lodo Alfano, si salva dal processo Mills? O il Berlusconi papi? O che proclama eroe Vittorio Mangano? O l’aspirante palpeggiatore? O il barzellettista in mondovisione? O quello contestato a San Siro? A noi resterebbe la chance di rispondere: «non so».
Saverio Lodato

Vorrei prima di tutto rampognarla. Lei afferma che, stando ai sondaggi, Berlusconi piace agli italiani così come é. Sino a prova contraria, io sono un italiano -e se vuole posso dimostrarglielo passaporto alla mano-, al quale Berlusconi non piace né così com’è, né come è stato, né come sarà. Non sarebbe più corretto dire che Berlusconi piace al settanta per cento degli italiani e al trenta per cento no? Oppure a questa minoranza deve essere tolta la cittadinanza italiana solo perché non gradisce Berlusconi? E con quel settanta per cento mi sono adeguato al sogno berlusconiano. Mi pare di capire che lei, nei sondaggi, vorrebbe quesiti mirati. Ma il risultato sostanzialmente non cambierebbe. Dalle mie parti si usa dire: «Votala comu vò, sempre è cucuzza». Girala quanto vuoi sempre zucca rimane. L’altro giorno leggevo che quando Tony Blair si vide davanti il cavaliere con la bandana sussurrò alla moglie: «Tienimelo lontano, non mi fare fotografare con lui, altrimenti in Inghilterra mi linciano». Invece quel settanta per cento di italiani spasima per essere ritratto con lui. E tramandare ai nipoti il momento magico. Lo sa? Lo stesso avevano fatto i fascisti fanatici di Mussolini. Solo che quelle foto, poi, furono bruciate di nascosto dai nipoti.
Andrea Camilleri


Il fidanzato e la prima volta di Noemi alle urne il 6 giugno
29/5/2009

Camilleri, i fatti privati di un premier non devono entrare negli affari pubblici di una nazione. Il Corriere della Sera scopre che a Noemi non piace il fidanzato. Si sfoga con le amiche: «Per lasciarlo devo aspettare il 6 giugno per le elezioni… ma non ci voglio stare insieme sino al 6 giugno». Quella data gliela impone Palazzo Chigi? Lei, però, opta per un «semestre bianco» sentimentale e manifesta forte senso delle istituzioni. E di «voto di castità» ha parlato ieri Concita De Gregorio. L’esercizio della democrazia si è fatto complicato.
Saverio Lodato

È dal giorno della sua discesa in campo, per usare una bellicosa espressione che gli è cara, che Berlusconi mischia i suoi fatti privati nella politica! Nei comizi, nelle tv, sui giornali ci ha parlato del padre, della madre, della zia monaca, dei figli, della seconda moglie, della sua attività di palazzinaro, delle sue malattie, della persecuzione della giustizia… Se mi consente, altra espressione che gli è cara, è lui che non dovrebbe intromettersi nelle nostre famiglie inviandoci riviste patinate che illustrano la sua vita privata di figlio, sposo e padre. Lui ci ha dato il diritto di interessarci ai fatti suoi. Se ora gli vengono rivolte domande su fatti «privati», cortesemente risponda. Essendo il premier, quei fatti non sono più soltanto suoi, ma di tutti noi. In quanto al 6 giugno, data entro la quale Noemi dichiara che lascerà il fidanzato, le faccio notare che Lei fa ipotesi errate. La ragione della data, per me, è questa: avendo compiuto 18 anni, Noemi il 6 giugno andrà a votare per la prima volta. E voterà certo per papi. E il voto assumerà per lei una valenza simbolica. Sarà quasi uno sposalizio mistico-elettorale. Un fidanzato attorno, data la sacralità dell’avvenimento, da quel momento in poi sarebbe una stonatura.
Andrea Camilleri


Figaro qua, Figaro là, ma il Cavaliere è di casa solo a 'Porta a Porta'
30/5/2009

Camilleri, anche i più sfegatati detrattori del premier in una cosa dovrebbero essere d’accordo con lui: ci sarà un tempo per parlare. Berlusconi, per riferire come stanno le cose, dove dovrebbe andare? In un tribunale penale? Al tribunale della Sacra Rota, per divorziare? Nel confessionale più vicino, per qualche peccatuccio di pensiero? A Porta a Porta, da Vespa che l’aspetta con la scrivania? In Parlamento, dove l’opposizione l’aspetta col mattarello? Quando il barometro segna tempesta, meglio che stia chiuso nei suoi palazzi dove gli armadi son pieni di maschere e ceroni, cappelli e bandane.
Saverio Lodato

Caro Lodato, lei mi presenta un Berlusconi che zampetta da un tribunale al Parlamento, da un confessionale a Porta a Porta, che mi ricorda il famoso “Figaro qua, Figaro là”, ma anche il Gastone di Petrolini, ricercato nel parlare, ricercato nel vestire. E ricercato dalla Questura. Ma sono pie illusioni quelle di chi l’invita a sospendere il lodo Alfano. Ma se il lodo Alfano se l’è fatto tagliare su misura, giusto in tempo per indossarlo al processo Mills, che sapeva benissimo che si sarebbe risolto a suo sfavore! Berlusconi ha una straordinaria capacità, quella di distogliere l’attenzione dal suo caso personale tirando in ballo un altro caso personale che distragga dal primo. Infatti la nostra attenzione è tutta concentrata sulle sue vicende con la minorenne. Ed è quello che vuole. Non ha risposto alle domande di “Repubblica” a bella posta, per tener viva la polemica, così che solo pochi parlino ancora del caso Mills. Che invece è di una gravità eccezionale. No, Berlusconi non si presenterà mai in un tribunale di sua volontà. Semmai andrà ancora una volta a “Porta a Porta” davanti a giornalisti compiacenti. E quando, fra cento anni, si troverà davanti al Giudice Supremo, ci sarà un Ghedini pronto a presentare istanza di ricusazione.
Andrea Camilleri


Giuro di dire la verità tutta la verità nient'altro che la verità
31/5/2009

Camilleri, Enzo Garinei e Virna Lisi, in un Carosello (1958), pubblicizzavano un dentifricio. Erano i coniugi Prudenzio e Candida Chedenti. Prudenzio presenta la moglie: «La chiamano la bocca della verità perché dice sempre la verità... È più forte di lei». E, quando Candida fa una gaffe, mostra la chiostra dei denti di un bianco immacolato e si chiede: «Ho detto qualcosa che non va?», interviene un amico: «Con quella bocca può dire tutto ciò che vuole». Berlusconi non le ricorda un po’ la Chedenti ? Giura sempre sulla testa dei suoi figli. Anche lui, ormai, con quella bocca può dire ciò che vuole...
Saverio Lodato

Non osi paragonare neanche per ischerzo la bocca di Virna Lisi a quella di Berlusconi! Il Cavaliere ha una bocca da squalo, anzi da caimano, pronta a mordere e a divorare. Ricorda Mackie Messer, nell'Opera da tre soldi di Brecht: “Quanti denti ha il pescecane \e a ciascun li fa veder”? E lui i suoi denti li mostra tutti spesso e volentieri, quando crede di sorridere e invece ghigna. Da una bocca siffatta come vuole che esca una verità anche minima? Mente come noi respiriamo. Noi non ci accorgiamo di respirare, lui non si accorge di mentire. Le rare volte che se ne rende conto, si smentisce, ma non per dire finalmente la verità, per inventarsi nuove menzogne. È allergico alla verità come uno può essere allergico al polline o al pelo dei gatti. Se fosse costretto a pronunziare la formula «Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità», o cadrebbe stecchito al suolo o giurerebbe il falso. La seconda ipotesi è la più probabile. E rafforzerebbe il falso tirando in ballo la testa dei suoi figli, come è solito fare. I quali figli, buon per loro, sembrano nutrire una salute di ferro. O la munificenza del padre li ha muniti di una certa quantità di teste di ricambio.
Andrea Camilleri


Il libro di Gian Carlo Caselli andrebbe letto nelle scuole d’Italia
2/6/2009

Camilleri, frasi da scolpire: «La mafia esiste … da due secoli, ma per vederla vietata e punita si è dovuto arrivare a oggi»; «Dietro Capaci e via D’Amelio ci fu anche un disegno politico...»; «Se indaghi su Riina vai bene. Se ti occupi di “eccellenti”, cominciano i guai»; «Falcone e Borsellino: osannati da morti, ostacolati e umiliati da vivi». Gian Carlo Caselli, manda in libreria Le due guerre (Melampo), scritto con il figlio Stefano, giornalista. Storia di un magistrato che, combattendo due guerre, è come il magistrato che visse due volte. E che oggi, amaramente, si chiede: «Perché una guerra vinta, e una interrotta?».
Saverio Lodato

Creda a quanto Le confesso, caro Lodato. Ogni volta che quel tal papi insulta la magistratura, provo una profonda vergogna e chiedo umilmente scusa ai magistrati morti ammazzati dalla mafia o dalle Br semplicemente perché facevano il loro dovere. E chiedo scusa ai magistrati in servizio che hanno fatto, e continuano a fare, il loro dovere, pur tra mille difficoltà e avversità. Si immagini quanto sia rimasto sconvolto, tempo fa, a sentire un ex capo dello Stato, emerito di molto merito, e senatore a vita, invitare gli italiani a Porta a porta, a «prendere a calci in culo» Gian Carlo Caselli, un magistrato al quale gli italiani dovrebbero eterna gratitudine. Lei ha citato alcune frasi dell’esemplare, lucido libro di Caselli. Mi auguro che tutto il libro, non solo alcune pagine, venga letto nelle scuole, non come testimonianza storica, ma come palpitante esempio d’alta educazione sociale e civile. Faccio anch’io una citazione: «Capacità critica significa saper rompere gli idoli della seduzione, del consenso, del potere, per lavorare a una comunità finalmente capace di rompere le ingiustizie. Partendo dalla Costituzione». Sapremo ritrovarla questa capacità critica?
Andrea Camilleri


La fine del leone e la fine di Leone (Giovanni)
3/6/2009

Camilleri, Mussolini diceva che era meglio vivere un giorno da leoni che cento giorni da pecore. Ovvio, quindi, che il nostro premier sogni la fine del leone, ma non vuol fare la fine di Leone. La fine del leone: «Se i calunniatori insistono chiederò il giudizio degli elettori. E la gente sarà con me». La fine di Leone (Giovanni), capo dello Stato, costretto a dimettersi per lo scandalo Lockheed (1978): «Non mi faranno fare - ha dichiarato Berlusconi - la fine di Leone». Tra un leone e l’altro, la differenza non è di poco conto.
Saverio Lodato

Capisco che fare la stessa fine di Leone sia un’ipotesi che atterrisca il cavaliere, il quale ormai, anche all’estero, comincia ad essere conosciuto come un cavaliere con molte macchie e parecchie paure. Ma leggendo una recentissima dichiarazione di Schifani, nella quale il presidente del Senato, senza fare nomi, osservava che trasgredire da padre di figli è un cattivo esempio e richiamava a un dignitoso comportamento genitoriale, mi è tornata in mente una favoletta di Fedro. Dove si dimostra che anche la fine del leone non è per niente piacevole. Gliela riassumo. Ormai vecchio, un leone agonizza incapace di difendersi. Arriva un cinghiale e lo morde per vendicarsi di una vecchia offesa. Poi si presenta un toro e lo incorna ripetutamente. Per ultimo viene un asino che gli sferra un così violento calcio in fronte che l’uccide. Ma, prima di spirare, il leone fa in tempo a dire all’asino: «Amaro fu l’assalto di quei forti ma dopo il tuo, o viltà della natura mi sembra di morire anche due volte». Per evitare di fare la fine di Leone o del leone non sarebbe meglio trarre ispirazione da un’altra favoletta, ma di Esopo, dove un asino che si spacciava per leone indossandone la pelle, si fa riconoscere da tutti perché sa solo ragliare?
Andrea Camilleri


Se festini e aerei di Stato con Apicella a bordo non cambiano il voto
4/6/2009

Camilleri, forse Monica Vitti e Alberto Sordi, nell’Italia di oggi, canterebbero: «Ma ‘ndò vai se la bandana non ce l’hai...». È stupefacente che il premier firmi «di suo pugno» la richiesta alla Procura e al garante dell’authority per soffocare il rischio pubblicazione delle foto di Villa Certosa. E Angelino Alfano, che fa? E Ignazio La Russa, di fronte agli aerei di Stato usati per compagne e compagni di merenda, che dice: «Obbedisco»? Apicella starebbe incidendo una nuova canzone dedicata al premier: «Italiani reggetemi er moccolo sta sera...».
Saverio Lodato

Quasi tutti i grandi giornali stranieri ormai parlano di Berlusconi non per le sue iniziative politiche, ma per i suoi festini sardi a base di trenta-quaranta ragazze per volta. Alcune sono minorenni, ma a quanto pare, per dirla con Carlo Rossella, questo è dettaglio trascurabile. Festini allietati dalla chitarra di Apicella sbarcato da un aereo militare, altro dettaglio trascurabile. Tutti i giornali si pongono la stessa domanda: «Come mai gli italiani continuano ad acclamarlo?». Continuano a credere alle sue ridicole bugie? Alle sue promesse mai mantenute? In sostanza, come mai gli reggono il moccolo, come dice Lei caro Lodato? Tutte domande che non possono avere una risposta logica. Ma il voto del prossimo 6 giugno, sarà un termometro per controllare lo stato di salute dell’Italia. Se Berlusconi andrà sotto il quaranta per cento, significherà che gli italiani cominciano a rinsavire e c’è qualche speranza. Anche l’aumento dell’astensionismo, in questo momento, potrebbe essere un segnale positivo. Ma se Berlusconi supera il cinquanta, non ci sarà più speranza. Vedremo tutti andare in giro con la bandana. Ricorda quella terribile frase: «Dio fa uscire di senno coloro che vuole perdere?». Quello, purtroppo, sarà il caso nostro.
Andrea Camilleri


La sindrome dell'hotel Raphael e la teoria del parabrezza
5/6/2009

Camilleri, le sue doti divinatorie cominciano a preoccuparmi. Giorni fa mi aveva invitato a «raccogliere monetine», in vista di un ritorno della «Sindrome del Raphael». Francesco Verderami, sul Corriere della Sera: «Eccolo, il premier, rifugiarsi nelle viscere di San Siro, inseguito dai cori su “Noemi” e “papi”, preoccupato che le telecamere possano immortalare la scena, trasformando quelle parole nelle moderne monetine di Craxi». Poi, una contestazione dietro l’altra, sino a quella di Prato. La informo che ho già messo da parte un «tesoretto» di monetine.
Saverio Lodato

Quello che accadde a San Siro con Berlusconi in fuga davanti ai milanisti ostili, caro Lodato, non è rilevante. Le manifestazioni delle tifoserie durano lo spazio di un mattino, basterà una partita fortunata e Berlusconi tornerà acclamato. Conta assai di più quello che è capitato all’assemblea di Confesercenti, il 28 maggio. La platea si aspettava un discorso del premier tutto incentrato sulla crisi economica. Oltretutto, nell’ultimo anno, cinquantamila esercizi hanno chiuso i battenti. E invece no, si è messo a parlare di Noemi, delle minorenni, dei suoi guai giudiziari. Ha sostenuto che con Noemi non ha avuto «rapporti piccanti». E che nella magistratura esistono «grumi eversivi». A questo punto una parte della sala l’ha contestato con fischi e mugugni. E lui ha reagito dicendo che i contestatori erano «percentualmente irrilevanti». Una frase priva di senso: se lei ha sul vetro del parabrezza un’incrinatura lunga meno di cinque centimetri e larga quanto un capello, l’incrinatura è percentualmente irrilevante rispetto alla superficie del parabrezza. Ma provi a mettersi a correre a cento all’ora su un’autostrada e vedrà se il parabrezza non va in frantumi. Continui a raccogliere monetine caro Lodato, serviranno anche per gli amici.
Andrea Camilleri


Papi non è stato coniato da Noemi. C'è stata prima la brasiliana milanista
6/6/2009

Camilleri, «ho già dato per ciò che riguarda il carnale». Lo rivela, in una intervista a «Oggi», sofferta ed esoterica, Virginia Saintjust, ex Rai, un tempo chiacchierata per i rapporti con chi, altre, dopo di lei, chiameranno papi. Ne ricavò qualcosa? Onesta risponde: «Diamanti? Si è vero, ma non mi è rimasto niente». Ora si gode la quiete: «Ho vissuto il sesso che ormai è solo un ricordo. Il mio corpo è un oracolo, un altare sacro». Infine: «Berlusconi è l’uomo più impotente del mondo». Diceva Flaiano: «Spesso menti semplici abitano in corpi complessi...».
Saverio Lodato

Lei, caro Lodato, immagina cosa fa il nostro clown, così l’ha definito il Times, quando se ne sta beato all’ombra delle fanciulle in fiore mentre l’Italia rovina? Le dichiarazioni di Virginia Saintjust, sul suo rapporto platonico con papi, aprono spiragli sul grande interrogativo che tormenta gli italiani e non solo. Parentesi, a beneficio dei futuri storici: la prima a chiamare papi a Berlusconi è stata la brasiliana Renata, velina milanista, seguita poi da una cooperativa di ragazze, fra le quali Elisa Alloro autrice del libro testimonianza “Noi, le ragazze di Silvio”. Ma torniamo alla Saintjust, le cui affermazioni mistico-esoteriche, unite alle nozze mistico-elettorali che Noemi celebrerà il 6 giugno, fanno supporre che un afflato di intensa spiritualità percorra gli incontri privatissimi di Berlusconi con queste fanciulle. Sicché, alla fine, non si portano dietro solo qualche collier di diamanti, ma un dono più prezioso: l’altissimo insegnamento morale che Berlusconi ha impartito loro e che le segnerà a vita. Per la Saintjust, Berlusconi è l’uomo più impotente del mondo, ma se risultano un sacco di figli a suo carico! Forse la Saintjust non si riferiva al sesso, ma alla politica. In questo caso siamo perfettamente d’accordo con lei.
Andrea Camilleri


Il passaggio da gran seduttore a gran cornuto potrebbe risultare rovinoso al Sud
7/6/2009

Camilleri, li ho visti palliducci e tiratelli. Cicchitto appare con la testa insaccata, più del solito. Gasparri, il 2 giugno, sembrava si fosse messo il vestitino della comunione per condividere le parole di Giorgio Napolitano che aveva invitato alla moderazione. Cota e Bricolo hanno parlato solo di quanto è brava la Lega, altro che squadra di governo. Vittorio Feltri, sedicente direttore indipendente, qualche settimana fa titolava: «Noemi? E chi se ne frega». Poi ci ha preso gusto: «Veronica ha un compagno». Bocchino e Lupis latitano. Capezzone no; Capezzone è, e Capezzone resta. E oggi si vota.
Saverio Lodato

Spero che tra un po’ di anni il comportamento dei giornalisti e dei politici berlusconiani, durante quella che passerà alla storia come «la crisi di Casoria», venga studiato da chi si occupa della psicologia del servilismo, prezzolato o volontario. Mi lasci mettere da parte i Cicchitto, i Capezzone, i Gasparri, ormai vecchi dischi da bancarella, usurati e inascoltabili. Lei mi porta un lampante esempio ricordando il fascistico «chi se ne frega» di “Libero” nei riguardi di Noemi e il successivo «ha un compagno» nei riguardi della signora Veronica. Su quest’ultima, Berlusconi ha evidentemente impartito precisi ordini di distruzione della sua immagine, anche a costo di apparire cornuto davanti a tutti. Però faccio notare che il passaggio da gran seduttore a comune cornuto può risultare ai fini elettorali, soprattutto nel meridione, semplicemente rovinoso. Sempre a proposito di “Libero”, ha notato il violento attacco che la fondazione vicina a Fini “Fare Futuro”, evidentemente insufflata dalla sinistra, ha rivolto al quotidiano? Fu proprio “FareFuturo” a sollevare per prima la questione delle veline candidate. Che intenda aprire un secondo, spinoso, fronte contro la stampa berlusconiana?
Andrea Camilleri


Il pupo Berlusconi che a Palazzo Chigi sarà tirato dai fili padani
9/6/2009

Camilleri, da oggi, ognuno di noi è più libero. Berlusconi, tra capataz della Lega e caporali di An, rischia la fine di Mussolini, dimissionato dal Gran Consiglio del Fascismo, e poi detenuto sul Gran Sasso prima della parabola finale di Salò: gabbato e furente. Berlusconi, che dagli arditi dell’ultima ora pretendeva il trionfo per lui, e la «pietra tombale» per il Pd di Franceschini, é gabbato e furente. Lo tsunami di destra, che sconvolge l’Europa, lo ignora. La Lega, che nel governo si é seduta alla cassa, ha rubacchiato una bella quota di voto Pdl, e cambiato la natura societaria dell’esercizio. Un italiano su tre sta con papi. Pochino, per i sogni di gloria.
Saverio Lodato

Sa, caro Lodato, cosa mi ha colpito di più nei commenti dei berluscones via via che apparivano le proiezioni? L’assoluta incapacità di capire che quel regresso Pdl, sia pure di pochi punti, segnava il principio della fine dell’idillio, della troppo lunga luna di miele, tra Berlusconi e la maggioranza degli italiani. Nessuna delle oniriche previsioni del piccolo caudillo si è avverata. Per riconquistare il perduto, dovrebbe governare sul serio, senza Noemi e veline, affrontando la crisi e tutte le altre gravi difficoltà del paese. Ma non gli sarà possibile. Vuoi perché ne è organicamente incapace, vuoi perché non avrà più libertà di movimento. È prigioniero, come ben dice Lei, non sul Gran Sasso, ma a Palazzo Chigi, dei leghisti vittoriosi che ora saranno i veri, e disastrosi, timonieri del governo. E il riluttante Fini, se vorrà restare nel Pdl, dovrà prendere ordini da Bossi. Suggerisco a Berlusconi di sfoggiare una bandana verde. Simbolo del fantoccio che è diventato, o meglio del pupo siciliano, che continuerà a sproloquiare in tv. E che, penosamente, cercherà di nascondere i fili che, dalla Padania, lo manovrano.
Andrea Camilleri


Una sconfitta bruciante che sarà spenta da un fiume di parole
10/6/2009

Camilleri, si esprime con note scritte, si astiene dalla tv, manda giannizzeri in avanscoperta per spiegare l’accaduto. Si sa solo che Berlusconi è visibilmente contrariato e che cercano di calmarlo con brodini e pannicelli caldi: colpa dei sondaggi e dell’astensionismo. Domenico Nania, a Sky: «Berlusconi si aspettava un altro tipo di campagna elettorale». E come la voleva? Solo nella nottata delle amministrative, un primo sfogo privato. Possiamo sperare che resti tale?
Saverio Lodato

No,non ci speri. L’afasia è solo momentanea. Il tempo di riprendersi, di organizzarsi mentalmente per dimostrare che la perdita di punti alle europee è colpa delle sinistre, che hanno architettato lo scandalo Noemi – vallette - viaggi di Stato, della magistratura che ha condannato Mills, della vendita di Kakà, dell’astensionismo in Sicilia e persino di sua moglie, e lo vedrà tornare a inondarci di parole. Saremo investiti da uno tsunami, da un’onda anomala di discorsi, il solito fritto misto di proclami, promesse, autocelebrazioni, ingiurie, malcelati propositi di vendetta. Vede, caro Lodato, Berlusconi è senza dubbio politicamente più intelligente di coloro che l’assecondano nel suo delirio di grandezza. E penso che i risultati delle amministrative abbiamo aggravato il suo malumore. Perché c’è da considerare un curioso fenomeno. Berlusconi era capolista in tutte le circoscrizioni per le europee. E il suo partito è pesantemente arretrato. Non si presentava in prima persona in nessuna provincia e in nessun comune, e il suo partito ha ottenuto un buon risultato. Morale della favola: avrà capito che si tratta di una sconfitta assolutamente personale. Per quanto i suoi giannizzeri si affannino a mascherare la verità con i più svariati argomenti, questa ferita resta aperta e bruciante. Perché è una brutta ferita che può fare cancrena.
Andrea Camilleri


Il fratello Bossi, Silvio con bandana verde e Fini che aspetta
11/6/2009

Camilleri, Lei aveva intimato a Berlusconi di «sfoggiare una bandana verde». Fatto. Berlusconi, durante la cenetta di Arcore, ha ingoiato il referendum annunciando che non lo voterà. Qualche giorno prima aveva dichiarato: «Voterò sì». Bossi ha ventilato l’assenza leghista ai ballottaggi, e papi ha recitato il mea culpa perché, senza il voto padano, i ballottaggi li perderebbe tutti. Lei però aveva aggiunto: «Anche il riluttante Fini, se vorrà restare nel Pdl, dovrà prendere ordini da Bossi». E Fini: «Andrò a votare convintamente». Il Pdl inizia a stargli strettino?
Saverio Lodato

Caro Lodato, come vede la conferma che Berlusconi avrebbe messo una bandana verde è arrivata a due giorni dal voto. Con un’altra delle sue incredibili giravolte da banderuola, ha annunziato infatti il suo proposito contrario al referendum, a meno di un mese dall’aver dichiarato il contrario. Credo che queste cenette di Arcore, con Bossi e capataz, peseranno sempre più sullo stomaco del cavaliere. E alla fine gli risulteranno indigeribili. I leghisti pensano solo al loro particolare, agli interessi di bottega e della politica hanno una visione miope, razzista e strapaesana. Sono specchio fedele dei pensieri e dei sentimenti della maggioranza degli italiani corrotti dal berlusconismo. E per quanto Berlusconi possa essere elettivamente affine ai leghisti, è pur sempre il capo del governo, e non potrà cedere supinamente ai loro ricatti. Perché tutto il sottile gioco politico della Lega è basato sull’uso grossolano e continuato dell’arma del ricatto verso il «fratello» Silvio. Si ricordi di quel lapidario motto: «Fratelli coltelli». E in quanto a Fini son certo che, dopo aver definito il fascismo «il male assoluto» in un futuro prossimo, nella sua idea di assoluto del male, troverà un posticino anche il berlusconismo.
Andrea Camilleri


L'invidia del Cavaliere per le amazzoni del leader libico
12/6/2009

Camilleri, il colonnello Gheddafi si fa chiamare: il leader. Gheddafi dispone di una scorta leggendaria, amazzoni di raro fascino, rara eleganza. Gheddafi si porta dietro una corte di amici e parenti a bordo di tre airbus. È alto, carismatico. Sfoggia un cappello militare stracarico di decorazioni. Gheddafi dorme in una grande tenda suite. Quale è la cosa che papi gli invidia di più? Il titolo di leader, le amazzoni, gli aerei, l’altezza, la tenda suite o il cappello?
Saverio Lodato

Va bene che la vita è tutta un quiz, come cantava Renzo Arbore; quiz per accedere all’università, per pigliare la patente, per l’esame di maturità, ma da Lei il quiz non me l’aspettavo. Oltretutto è facile. La risposta è: la seconda che hai detto, per citare Corrado Guzzanti, vale a dire le 40 amazzoni che fungono da guardia del corpo. Se Berlusconi potesse averle in Italia non sarebbe poi cosa malfatta, perché così le sue vallette, invece di spedirle in parlamento, le potrebbe arruolare come guardie del corpo e nessuno avrebbe da ridire. Ma penso che non sia l’unica cosa che Berlusconi invidi di Gheddafi. Il quale, essendo dittatore, è libero da tutti quei noiosi impacci democratici, come Senato e Camera, e sopra di lui non c’è nessuno. Non ha, come Berlusconi, da render conto a un presidente della repubblica che si mette a fare il noioso su cose formali. Quindi Gheddafi è tutto da invidiare, per la parrucca, l’altezza, il cappello del generalissimo, la divisa, le decorazioni. Una sola cosa non gli invidia: la tenda. Meglio una delle sue ville superlussuose con finti vulcani, ragazze discinte, piscine, ballerine di flamenco, posteggiatori, cactus, enorme caravanserraglio che dentro a una tenda non trova spazio. Ma in tre capienti aerei di stato, sì.
Andrea Camilleri


Veronica, lapidata senza pietà; per aver osato sfidare l'Imperatore
13/6/2009

Camilleri, ferita dal gossip, Veronica Lario Berlusconi: “Ho assistito in silenzio, senza reagire mediaticamente, al brutale infangamento della mia persona, della mia dignità e della mia storia coniugale. Certo è che la verità del rapporto tra me e mio marito non è neppure stata sfiorata, così come la ragione per cui ho dovuto ricorrere alla stampa per comunicare con lui. Certo è che l’ho sempre amato e che ho impostato la mia vita in funzione del mio matrimonio e della mia famiglia”. Le stanno facendo passare la voglia di parlare: non sempre di premier gentiluomini è costellata la strada delle first lady.
Saverio Lodato

Le stanno facendo pagare quanto detto da Berlusconi: che avrebbe perso alcuni milioni di voti per l’ astensionismo, le dichiarazioni della moglie, la vendita di Kakà. Le ragioni del calo Pdl sono ben altre e più serie, ma viene adoperata la tecnica berlusconiana del vittimismo piagnucoloso: consiste nell’addossare agli altri i motivi dei suoi errori. Va a trovare Noemi? Colpa del complotto contro di lui. La moglie chiede il divorzio per le sue mattane con veline e minorenni? Colpa della moglie gelosa istigata da chissà chi. Le sue imprese sono sbeffeggiate dai giornali di tutto il mondo? Colpa dei comunisti che insufflano la stampa estera. Lui è sempre una povera vittima. Tanto che si è fatto cucire addosso il lodo Alfano, ha messo i suoi uomini in Rai, fatto votare la legge liberticida sulle intercettazioni telefoniche. Poverello, di una qualche arma per difendersi dalla malvagità umana si doveva pur dotare! E la vera vittima, quella fatta comparire a seni nudi in prima pagina di un giornale a lui prono, che avrebbe trovato conforto tra le braccia della sua guardia del corpo, ogni giorno insultata e vilipesa dalla canea, viene lapidata senza pietà per avere osato sfidare l’Imperatore.
Andrea Camilleri


Vizzini inquisito oltre a dimettersi poteva anche tacere
14/6/2009

Camilleri, un’intera quadriglia di senatori - Carlo Vizzini (Pdl), Salvatore Cintola, Salvatore Cuffaro, Saverio Romano (Udc) - deve rispondere, per i pm Antonio Ingroia e Nino Di Matteo, di concorso in corruzione, aggravata dall’avere favorito la mafia. Loro si protestano innocenti, come fanno alcune migliaia di imputati mafiosi. Normale. Ma perché se a finire in manette sono mafiosi o camorristi, scatta l’applauso bipartisan della politica mentre, se tocca ai politici, non si trova un onorevole, dicasi uno, che faccia i complimenti agli investigatori?
Saverio Lodato

Lei mi sembra un pochino ingenuo a domandarsi perché, se un senatore o un deputato vengono inquisiti, la notizia non faccia lo stesso rumore di quando a cadere nella rete della giustizia è un mafioso o un camorrista. Ma via! Lei mette sullo stesso piano un qualsiasi capo famiglia rionale con un uomo politico di spicco e rilevanza nazionale come Totò Vasa Vasa? È chiaro che a quest’ultimo vanno riservati particolari riguardi. E non lo sa che esiste la casta, secondo la felice definizione di Gian Antonio Stella? E che la casta è sempre pronta a far quadrato? Però, anche se il senatore Cuffaro si trova già sulle spalle una condanna di primo grado festeggiata a cannoli, è prematuro gridare al crucifige. Il senatore Vizzini, che faceva parte della commissione antimafia, si è doverosamente dimesso dalla stessa malgrado che quell’uomo d’aspro rigore politico e d’alto senso delle istituzioni, che è l’onorevole Gasparri, avesse autorevolmente proclamato che non doveva dimettersi. Però il senatore Vizzini ha dichiarato che si tratta di una manovra per impedirgli di continuare l’asperrima battaglia che conduce contro la mafia. Manovra di chi? Dei pm Ingroia e Di Matteo? Il senatore Vizzini, oltre a dimettersi, avrebbe fatto meglio a tacere.
Andrea Camilleri


Pdl, che tonfo al sud! Berlusconi rischia di finire come Fanfani...
16/6/2009

Camilleri, la circoscrizione Nord Est è l’unica in cui Pd e Pdl pari sono: 28 e 28,01. Il vento leghista non iniziò da lì? In Sicilia il Pdl fa uno dei tonfi più clamorosi: dieci punti in meno. Nell’Italia Dc, Veneto e Sicilia non erano il ventre molle della «balena bianca»? Fra i top ten dei 72 eletti, figurano: Debora Serracchiani, Rita Borsellino, Rosario Crocetta. Cosa hanno in comune? Che il Pd, magari tirandosi i capelli, li ha scelti perché non richiamavano alla memoria vecchia politica e vecchi apparati. Con candidati giusti, si vince anche nei posti più sbagliati.
Saverio Lodato

Sono da tempo convinto che il candidato giusto sia sempre da mettere in lista, anche in circoscrizioni che potrebbero apparire sbagliate. Naturalmente, intendiamoci sull’aggettivo «giusto». Giusta è Debora Serracchiani, emersa prepotentemente per la forza delle sue idee, e che rappresenta quella voglia di facce nuove che tutti abbiamo. Giusta è Rita Borsellino, che ha fatto di tutto per non essere un simbolo, ma un’attiva e costruttiva e pugnace presenza. Giusto è Rosario Crocetta, ex sindaco di Gela, coraggiosissimo e indomito combattente contro la mafia. Almeno tre cose li accomunano: specchiata onestà, propositi chiari, gran voglia di fare. E pensano con la loro testa, che non fa mai male. Lei accenna al tonfo berlusconiano in Sicilia. A me pare qualcosa di più, perché la crisi del Pdl è avvenuta subito prima del voto europeo, non dopo. Ed è una crisi interna, tanto che ha portato all’espulsione dei tre assessori Pdl che avevano aderito al nuovo governo di Raffaele Lombardo. Si sta quasi riproducendo una situazione milazziana. E sei mesi dopo il governo Milazzo in Sicilia, Fanfani, fino ad allora indiscusso premier, dovette passare la mano. Berlusconi, dal profondo Sud, non sente tuonare un campanello d’allarme?
Andrea Camilleri


La scossa di D'Alema. E l'incrinatura di Berlusconi continua ad allargarsi
17/6/2009

Camilleri, c’è Berlusconi e c’è Massimo D’Alema. Berlusconi grida al «complotto». Minaccia il ritorno al voto, perché vuole fare la fine del leone, non quella di Leone. Argomenti gravi, come l’ora che sta vivendo la Patria. Stride, però, che, andando da Obama, si sia detto «bello e abbronzato» e che voglia la testa degli 007 perché, se sull’albero c’è stato il fotografo, poteva starci il cecchino. Era meglio astenersi dai pigiama party, all’aperto, e con tanta gente in mutande. Quanto a D’Alema, prevede «scosse». Il Pd lo ascolti. Come avremmo fatto bene ad ascoltare il professore che, in Abruzzo, aveva previsto il sisma. Dopo, è troppo tardi. A quei livelli certe cose si sentono. E basta.
Saverio Lodato

In questo paese di incertezze, poche le cose certe. Una l’ho detta ieri: quando capita un vero rivolgimento politico in Sicilia, poi succede qualcosa di grosso in campo nazionale. E già se ne avvertono le avvisaglie. La situazione è nota: un Berlusconi azzoppato, tenuto su dalla stampella leghista. E questo non può che preoccupare gli italiani che hanno a cuore le sorti del paese in un momento difficile. «La ricreazione è finita» ha detto Emma Marcegaglia. Ed è indubbio che Berlusconi sia, tutt’al più, buono per una brevissima ricreazione. Si ricorda, caro Lodato, della mia teoria dell’incrinatura sul parabrezza? Berlusconi continua a correre, ma l’incrinatura si allarga. Straparla di complotti. Rivolga l’accusa ai due milioni e passa di elettori che gli hanno voltato le spalle. E fa bene D’Alema a mettere in guardia l’opposizione a non farsi trovare impreparata di fronte a qualche possibile scossa. D’Alema non ha aggiunto «di terremoto» forse per rispetto verso i terremotati d’Abruzzo, già duramente colpiti dal sisma e dalle assillanti visite del premier cacciaballe, per dirla con Dario Fo.
Andrea Camilleri


Ghedini, le quattro parti in commedia dell’avvocato siamese del premier
18/6/2009

Camilleri, Niccolò Ghedini, l’avvocato siamese di Berlusconi, noto per i suoi “ma va là”, scopre che Antonello Zappadu, il fotografo che toglie il sonno a lorsignori, è difeso da un avvocato Idv. Ghedini: «Non è casuale che l’avvocato di Zappadu sia un eurodeputato Idv. C’è una doppia veste che non si dovrebbe confondere…». Ma va là, Ghedini. Da quale pulpito! Ha dimenticato l’avvocato di Marcello Dell’Utri che, in commissione per le autorizzazioni a procedere, lo difendeva da avvocato e da senatore? Esisterebbe la foto di un finto matrimonio: fra una ragazza e Silvio Papi Premier. Un consiglio avvocato Ghedini? Si spogli anche lei. Ma della toga, s’intende.
Saverio Lodato

La parola d’ordine di Berlusconi è “complotto” e l’avvocato Ghedini si adegua. E insinua che il fotografo Zappadu, chiamando come suo difensore un avvocato, deputato Idv, si è tradito, svelando di far parte di quella congiura mondiale che vuole detronizzare l’Imperatore. Scommette, caro Lodato, che se apparirà una foto osè degli ozi di Villa Certosa, Ghedini dirà che è un fotomontaggio, come i revisionisti a proposito dei campi di sterminio? Lascia attoniti il pulpito, oltre la predica. L’avvocato Ghedini recita quattro parti in commedia: avvocato di Berlusconi, deputato nel partito di Berlusconi, difensore di Berlusconi in tv, suggeritore ad Alfano di leggi pro Berlusconi. E ha la faccia tosta di parlare. Ghedini reclama il sequestro delle 5mila foto e giura che in esse non c’è nulla di riprovevole. E perché sequestrarle? Non ci sarà nulla di penalmente perseguibile, ma mi rifaccio alla foto che Lei cita. Un premier vecchiotto, promotore del family day, sostenitore devoto del matrimonio cattolico, contrario ai Dico, che viene fotografato mentre scimmiotta il sacramento del matrimonio… Ma va là, direbbe lo stesso Ghedini.
Andrea Camilleri


L'unica manovra che può fermare il Cav. è quella di non votarlo
19/6/2009

Camilleri, ragazze a gogò: Berlusconi è più attratto da Casanova e Cagliostro che da Machiavelli. Il Corriere della Sera svela un’inchiesta barese: appalti nella sanità, dietro mazzette; e che ragazze di liberi costumi si sarebbero recate da Lui e a beneficio di Lui, dietro lauta ricompensa. Il quotidiano ha un’intervista, con foto, a una delle missionarie; altre tre di loro già interrogate dai P.M. Congiura! I guardiani della camera ovale, Bondi, Verdini, Gasparri e La Russa, processano Massimo D’Alema: come sapeva della «scossa»? Già. Forse perché ha fatto il militare a Cuneo, e siamo tutti uomini di mondo.
Saverio Lodato

Il nostro premier, reduce dai trionfi Usa dove, stando a «Libero», ha magnanimamente porto la mano a Obama che l’impetrava di dargli un aiutino, ha bollato le nuove pesanti accuse contro di lui come «spazzatura giornalistica». Di spazzatura se ne intende, di giornalismo no: non sono i giornali a inventarsi mazzette sanitarie e vorticoso giro di ragazze a pagamento. È la Procura di Bari che indaga. Il Corriere della Sera ne da notizia. Berlusconi e i suoi replicanti ripeteranno a pappagallo: «Manovra eversiva della giustizia a orologeria alla vigilia del G8». Perché Lui è sempre alla vigilia di qualcosa. Non lo trovi mai libero da impegni. Purtroppo ne ha fatto e ne continua a fare più di Carlo in Francia e quindi, prima o poi, ci lascerà lo zampino, come la proverbiale gatta. Ma le confesso, caro Lodato, che la faccenda non mi riempie di gioia. Che Berlusconi sia costretto a fare le valigie perché ne ha combinata una più grossa delle altre è sbocco, forse inevitabile, ma non soddisfacente. I suoi vedovi lo metterebbero sugli altari come martire. Tanto meglio che fossero gli italiani, col voto, a sbugiardarlo e a levarsi di torno Lui e la sua corte di menestrelli e veline.
Andrea Camilleri


Una diabolica congiura comunista, Silvio papi non paga le donne
20/6/2009

Camilleri, aridateci Noemi. Rimpiangiamo la ragazza acqua e sapone, la sua famigliola disinteressata, le 18 candeline. Il complotto comunista iniziò con un copione deamicisiano. Poi, i comunisti ci presero gusto e sguinzagliarono un battaglione di spietate Giuliette con lo scopo di disarcionare papi. Virginia Saintjust, che racconta d’aver ricevuto diamanti da papi. Elisa Alloro che, con il libro: «Noi le ragazze di Silvio», sembra parlare a nome di una tribù. Patrizia D’Addario, con il tariffario. Tre ragazze che confermano. E in principio Renata, la brasiliana che per prima lo chiamò «papi». I soliti comunisti! Operazione in codice: «Papi».
Saverio Lodato

Ahimè, caro Lodato, che stilettata al cuore nell’apprendere che tra le consolatrici di papi alcune avevano il tariffario! E che Lui era «l’utilizzatore finale». Sono deluso e amareggiato. Pensavo che papi le facesse cadere ai suoi piedi con canzonette romantiche, poesie, visite guidate nelle sue maestose ville, dotte citazioni da Erasmo. Concludendo l’incontro con un piccolo pensierino, un collier di diamanti, una spilla d’oro a forma di farfalla. Così facendo, non si sarebbe scostato, sia pure mutatis mutandis, dallo statista italiano che diceva che un sigaro e una croce di cavaliere non si negano a nessuno. Ma se mi si viene a dire che papi si è comportato come un volgarissimo cliente di lucciole, allora l’idolo cade a terra e si infrange. Piuttosto che assistere a un simile scempio, sa che Le dico? Che credo a quanto afferma papi: che si tratta di una diabolica congiura comunista. La prova è che una di queste pie donne si è recata da Lui con un registratore ben nascosto. Ghedini indaghi su questo fatto. Stringiamoci a coorte, noi sostenitori, fino alla morte, di un papi capace di oscurare il mito di Don Giovanni!
Andrea Camilleri


Da Cossiga ai Dico: in un libro Mastella si confessa
21/6/2009

Camilleri, almeno lei, sia clemente. Clemente (Mastella) ha scritto un libro con Marco Demarco: «Non sarò Clemente» (Rizzoli). Galleria di personaggi, il libro si annuncia generoso di gossip d’autore. Clemente: «Mi schierai per il no ai Dico. Prodi minacciò conseguenze sulla mia presenza al governo: “O firmi per i Dico o te ne vai”. Tenni duro. Mi arrivò una telefonata dal Vaticano. Subodorai uno scherzo, e quando sentii quella voce dall’accento teutonico pensai a Fiorello. Poi mi convinsi che era il Papa. Esprimeva il suo apprezzamento per la mia posizione». Secondo me era Fiorello. O no?
Saverio Lodato

Per questo libro di Mastella, parafrasiamo l’incipit dei Sepolcri foscoliani: a egregie cose incitano i libri dei forti. Mastella si rivela un forte, capace di resistere alle minacce di Prodi che pretende che aderisca ai Dico. Può la coscienza cattolica di Mastella, che ha detto fortissimamente no agli impulsi della carne, vergine sino a 28 anni, piegarsi all’osceno diktat? Egli dice no, simile ai martiri di Otranto che si fecero tagliare la testa piuttosto che abiurare alla loro fede. Che poi gli abbia telefonato il Papa o Fiorello, caro Lodato, è questione del tutto secondaria. Il libro rivela altre cose importanti: che Pier Ferdinando Casini rideva a crepapelle a tutte, dicesi tutte, le barzellette che gli raccontava Berlusconi. E questo spiega molte cose: sono prove tremende che segnano un uomo per la vita. E pare che Mastella faccia un esaustivo elenco delle sue benemerenze politiche. Ha contribuito all’elezione di Cossiga a capo dello Stato; fatto entrare, in Rai, Davide Sassoli, oggi eurodeputato Pd; fatto votare Dc, Raffaella Carrà, fervente comunista... No, escluderlo dalla vita politica sarebbe stato un gravissimo danno per il Paese. Meno male che Berlusconi lo ha recuperato.
Andrea Camilleri


Minzolini ai tempi di Prodi. È come dire che versi avrebbe scritto Dante se fosse stato Bondi
23/6/2009

Camilleri, se Romano Prodi fosse stato il premier con la scorta e con la escort. Se fosse stato immortalato a feste di diciottenni, che frequentava da quando erano quindicenni. Se avesse regalato tartarughe e farfalline. Se fosse andato per mare, con il motoscafo zavorrato da bellezze al sole, accompagnato dalla pilotina dei carabinieri. O per cielo, con aerei di Stato e ballerine e menestrelli canterini. Se avesse chiesto il congelamento di 5mila foto. Se fosse stato chiamato papi da legioni di ragazze interessate a incarichi tv, politici o istituzionali. Se sua moglie si fosse rivolta ai giornali preoccupata per il suo stato di salute. Premessi i “se”, immagini Lei che fior di Tg1 avrebbe fatto l’Augusto Minzolini!
Saverio Lodato

Ma che domande mi fa? Non sa che Storia e cronaca non si possono scrivere con i se? Non conosce il detto «se mia nonna avesse avuto il trolley, sarebbe stata un tram?». Se Prodi avesse fatto quello che fa Berlusconi, non sarebbe stato Prodi, ma Berlusconi. La natura umana non è intercambiabile. Sa immaginare i versi che avrebbe scritto Dante se si fosse chiamato Bondi? Ma ammettiamo, chiedendogli preventivamente scusa, che Prodi si fosse comportato come Berlusconi. Di conseguenza, Lei si domanda che fior di Tg1 avrebbe confezionato Minzolini, designato da Berlusconi il proprietario Mediaset e presidente del consiglio. Ma caro Lodato, se Prodi fosse stato speculare a Berlusconi, Minzolini si sarebbe comportato con lui proprio come ora si comporta con Berlusconi. Mannaggia! Mi ha infilato in un maledetto labirinto di se, mi sento dentro una commedia di Pirandello. Voglio uscirne. La cosa essenziale, per giornalisti come Minzolini, è avere un editore di riferimento, Bruno Vespa docet, dal quale dipendere passivamente. E lautamente.
Andrea Camilleri


La mirabile caduta dei voti Pdl e la escort munita di registratore
24/6/2009

Camilleri, cito Milano, dove il C.S. perde per lo 0,2. Ma il C.D. aveva un vantaggio di 10 punti. Annunciarono l’espugnazione di Bologna, Firenze e della «città proibita», Bari. Sbagliato. Non cito l’elenco-città, da Nord a Sud, dove il C.S. vince con 10 punti in più. Lamentano l’astensionismo: i nostri – dicono - sono rimasti a casa. Forse perché offesi di non essere mai stati invitati a Villa Certosa e palazzo Grazioli. L’Italia é tornata a essere, come si dice dalle nostre parti, più cristiana.
Saverio Lodato

Berlusconi ha emanato un proclama trionfale, dopo il risultato dei ballottaggi, nel quale illustrava la cosiddetta vittoria del suo partito conteggiando i milioni di cittadini che ora risulterebbero governati dal Pdl. Ne parlava come un feudatario poteva parlare dell’acquisto di nuovi servi della gleba o come Gogol, quando narrava di Cicikov che faceva il censimento delle sue anime morte. Invece è impressionante ciò che è accaduto nel corso di una domenica all’altra. L’esempio più eclatante è quello della provincia di Milano e perciò giustamente da lei citato, caro Lodato. I 10 punti di distacco fra il candidato Pdl e quello Pd si sono drasticamente ridotti sino a un miserabile 0,2, pari a circa 4mila e 5oo voti. È una vittoria, certo. Ma una vittoria di Pirro. E dovunque si è verificato lo stesso fenomeno, sia pure con altre percentuali. Invece, dove il Pd ha vinto, la differenza percentuale di voti a favore è stata notevole, dimostrando come questo partito sia in netta rimonta. Berlusconi sostiene di aver vinto malgrado le «rosse trame eversive». E, in cuor suo, si sente sia assolto dai peccatucci della carne, sia autorizzato a farne altri, confondendo il voto con la confessione. Per il bene degli italiani, gli auguriamo una escort a notte. Munita di registratore, si intende.
Andrea Camilleri


Il guinness di Minzolini il «bucatore volontario di notizie»
25/6/2009

Camilleri, l’Augusto metro minzoliniano è la nuova unità di misura del giornalismo. Per Minzolini, direttore TG 1, non è successo niente. Solo “l’ultimo gossip, l’ultimo pettegolezzo del momento”. Solo una “storia piena di allusioni”. Qualche volta, nel televisore, comparirà la scritta: “oggi il Tg1 non va in onda per mancanza di notizie”. Perché, applicando l’Augusto metro minzoliniano, di sicuro, a questo mondo, c’è solo il decesso del defunto.
Saverio Lodato

Minzolini è riuscito a entrare nel guinness dei primati del giornalismo come bucatore volontario di notizie. Notizie che intanto venivano rese note dai giornali di tutto il mondo. Lui se ne restava muto, fedele alla consegna una volta fascista, oggi berlusconiana: “taci! Il nemico ti ascolta!” Finalmente, richiamato all’obbiettività dal presidente Rai, Paolo Garimberti, si è deciso a dire qualcosina dopo aver dato un’alta lezione di etica professionale a giornaletti scandalistici come il Corriere della Sera, La Repubblica, l’Unità, Il Times. E ha ottenuto un doppio risultato: ha aggravato il ridicolo nel quale era già caduto e ha offeso, indirettamente, tutti gli altri giornali italiani ed esteri. Il bello è che mentre lui parlava di gossip, Berlusconi spesso lo smentiva, ammettendo di aver ricevuto per due volte una dama di compagnia a palazzo Grazioli. Stendendo, però, un velo pietoso sul resto: Noemi, le vagonate di ragazze, le veline, le feste a Villa Certosa. Berlusconi sosteneva inoltre di aver capito solo dopo che si trattava di una ragazza squillo, agente segreto del complotto della sinistra per disarcionarlo. E concludeva dichiarandosi profondamente addolorato. Lui è sempre una vittima. Per un uomo siffatto ci vogliono telegiornali siffatti. I napoletani definiscono un uomo così con un motto lapidario: “fotte e chiagne.”
Andrea Camilleri


Di lotta e di governo: le zoccole di Calderoli e i gay di Gasparri
26/6/2009

Camilleri, ha chiesto la parola il ministro Roberto Calderoli. Ne ha facoltà. Calderoli: «Qui ci si stupisce che una zoccola, mi perdoni il termine britannico, si comporti da zoccola» (a «Il Giornale»). Ha chiesto la parola il senatore Maurizio Gasparri. Ne ha facoltà. Gasparri: «Se il peccato, si fa per dire, di Berlusconi fosse stato quello dell’omosessualità, avrebbe goduto di maggiori tutele. Le lobby gay lo avrebbero difeso» («Klauscondicio».) Le parole di Calderoli mi sembrano più di lotta, quelle di Gasparri, più di governo.
Saverio Lodato

Non c’è da meravigliarsi, se una zoccola si comporta da zoccola, in fondo è coerente con se stessa. C’è da meravigliarsi, invece, della meraviglia di certi clienti della zoccola, con l’aureo linguaggio dell’onorevole Calderoli. Dalle mie parti un proverbio dice: “Cu, cu cani si curca, cù i puci si susi”. Traduzione: “Chi si corica con i cani, si alza con le pulci”. Perché dare la colpa al cane? E a proposito di comportamenti. Non è più seria una zoccola che fa la zoccola, piuttosto che un dentista, un ex ragazza da calendario o un tastierista che si mettono a fare i ministri e credono di comportarsi da ministri? O, peggio, quando un ex palazzinaro meneghino parvenu si fa premier e pensa di comportarsi da tale? Qualche parola, infine, circa il pensiero gasparriano, al solito di abissale profondità. Indosso lo scafandro e dico che l’ipotesi non regge. Se Berlusconi fosse andato con un gay, lo scandalo sarebbe stato lo stesso. Anche con un transessuale. Il problema non è il sesso di chi va con il premier. Il problema è che il premier tiene un contegno non conforme alla carica che ricopre, non conforme a un uomo sposato che esalta il matrimonio cattolico, non conforme a quell’ottimo padre e nonno che i suoi giornali vogliono farci credere che sia.
Andrea Camilleri


I numeri di Berlusconi: ho il 61% di gradimento. Ma non era al 72%?
27/6/2009

Camilleri, è davvero malato. Quale sia la malattia non so, ma siamo nel mare aperto delle patologie. Berlusconi: «il mio gradimento è al 61 per cento. Nonostante ciò che si scrive e si dice». E lo dice in tv, ridendo. Ha le traveggole: vede una cosa per un’altra. Non vede una donna: vede «vagonate» di donne. Non vede che lo vota un italiano su quattro, ne vede 5 su 4. Non vede i 5 tg che tiene al guinzaglio, vede la «congiura» della stampa. Non vede i giornali di tutto il mondo che lo trattano da macchietta, vede la prima pagina di Libero e de Il Giornale. Scambia lucciole per farfalle.
Saverio Lodato

Eh no, caro Lodato! Lei insinua nell’ultima frase, maliziosamente a doppio senso, che il cavaliere scambia lucciole per farfalle. A me pare uno scambio ragionevole. Alle lucciole che gli hanno illuminato il cammino notturno, egli usa regalare preziose spillette a forma di farfalla. Una sorta di baratto. Le cose cambiano quando scambia, banalmente, lucciole per lanterne. È in pieno delirio di onnipotenza. Di fronte ai cardinali e ai vescovi, sempre così pronti a clemenza e comprensione verso la pecorella che sembra smarrire la strada, i quali lo supplicano di mutare il comportamento, risponde che continuerà a fare quello che sino a ora ha fatto perché agli italiani piace così. Tanto è vero, sostiene, che i sondaggi lo danno al 61 per cento di gradimento. Ricordo che, prima delle europee, aveva dichiarato di essere al 72. Comunque, visto che dà i numeri, prendiamoli per buoni: significa che c’è un quasi 40 per cento di italiani al quale non piace. Cifra irrisoria, per lui. Infatti, corre voce che celebrerà il suo trionfo con una sfilata in via dei Fori Imperiali, lui sopra una biga con la corona d’oro e dietro i suoi oppositori, Franceschini e Di Pietro in testa, in catene, e ridotti in schiavitù.
Andrea Camilleri


La dieta del Monte Athos, Berlusconi e gli amori del «gioveRdì»
28/6/2009

Camilleri, sul Monte Athos, da mille anni sede di una comunità monastica che vieta presenze femminili, i monaci sono più refrattari al cancro di tutti i mortali. La dieta: mai carne, poco pesce, in abbondanza legumi, verdura e frutta. C’è di più: olio d’oliva e formaggi, mai nei giorni dispari. La dieta Scapagnini, per l’eternità di Berlusconi, si ispira a quella del monte Athos? Mike Bongiorno da Berlusconi si vide offrire «un minestrone». Quanto alle presenze femminili, la dieta Scapagnini pare sia meno tassativa: presenze femminili sì, ma solo nei giorni pari. E qualche abbuffata è concessa, come per i formaggi.
Saverio Lodato

Dato l’alto rigore scientifico con il quale il professor Scapagnini illustra gli elisir di lunga vita propinati a Berlusconi, non mi sembra fuori luogo ricordare una storiella vecchia come il cucco. A un giovane, un medico prescrive che può praticar con donne solo nei giorni con la R. Il giovane, di fresco sposatosi con un’avvenente fanciulla, una notte si avvicina alla moglie con chiare intenzioni. «Ma che giorno è oggi?», domanda la sposa. E il giovane, su lei avventandosi: «gioverdì!». Berlusconi, su questo particolare punto, spesso e volentieri infrange la regola. Quanto ai frati del Monte Athos, penso che molti italiani ne seguiranno le prescrizioni. Non perché convinti della loro bontà, ma perché costretti dalle circostanze: con le pensioni di fame, con la disoccupazione, quanti saranno in grado di comperarsi una fettina? O il pesce, che costa un occhio? Si contenteranno di un po’ di verdura scondita, una patata, un pezzo di pane, ma vivranno più sani dei monaci del Monte Athos, grazie a Berlusconi. Sempre che non muoiano prima di inedia. Quanto al sesso non avranno la forza di alzare, diciamo così, un dito.
Andrea Camilleri


Petulanti con Mina ma petulanti anche con i signor Nessuno
30/6/2009

Camilleri, Mina da anni vive in Svizzera e non vuole rimettere piede in Italia. Avrà buoni motivi. Ma Mina, per spessore artistico e notorietà, è impossibile dimenticarla. A ondate ricorrenti c’è chi la invita a tornare, chi la vorrebbe nel suo talk show e fior di cantanti vorrebbero duettare con lei. Siamo provinciali. Non accettiamo che qualcuno faccia scelte diverse dalle nostre. Se imparassimo a rispettare la scelta di Mina, invece che tempestarla di richieste petulanti?
Saverio Lodato

Certo che sarebbe meglio se Mina fosse lasciata in pace, ma anche se andasse a nascondersi in un’isola spersa del Pacifico, riuscirebbero a importunarla lo stesso. Ora, mentre si può trovare un minimo di giustificazione per quanto riguarda Mina, data la sua fama internazionale, non se ne trova nessuna per chi importuna un cittadino qualsiasi attraverso il telefono e la posta. Dall’essere importunato per via postale, ci si può difendere cestinando a priori le lettere pubblicitarie così sempre facilmente riconoscibili. Ma la pubblicità telefonica non offre difese ed è veramente insopportabile. Squilla il telefono, tu rispondi e una voce femminile registrata comincia a elencarti le magnificenze di una lavastoviglie o ti spiega quanto risparmieresti usando quel prodotto. Una vera e propria intrusione nella vita privata di un poveraccio che magari sta lì trepidante ad aspettare i risultati di un concorso o di un esame medico. E trattandosi di una registrazione, ti viene persino negata la soddisfazione di reagire con insulti e parolacce. C’è di peggio. In occasione delle ultime elezioni, alcuni politici di centro destra si sono messi a fare propaganda elettorale telefonica. Visti i risultati, l’unica cosa che hanno ottenuto è l’aumento delle disdette dei telefoni fissi. Non vorrei che costringessero anche Mina a dare la disdetta.
Andrea Camilleri


La guerra in Iraq e le bugie (di Pinocchio-Bush) diventano un ricordo
1/7/2009

Camilleri, i soldati americani se ne vanno dalle città dell’Iraq. Non va in archivio una guerricciola. E prima di archiviarla nella mia testa di cittadino, vorrei sapere: quanti civili iracheni sono stati massacrati, quanti bambini, quante donne; quanti soldati Usa sono stati uccisi; quanti i feriti e i mutilati; quanti i danni per bombardamenti. Insomma: la cifra di tutto questo; alias numero di bare, da ambo le parti. Sono sicuro che risponderanno Bruno Vespa, a Porta a porta, e Giuliano Ferrara, sul Foglio.
Saverio Lodato

E va bene, con il ritiro delle truppe Usa, promesso e mantenuto dal presidente Obama, la guerra in Iraq che, secondo Bush era già finita quando stava per cominciare, diventerà un ricordo. Un gran brutto ricordo. E’ stata una guerra fondata sulle bugie. Ricorda il generale Colin Powell che agitava davanti agli occhi del mondo una fialetta che secondo lui conteneva un’arma chimica capace di distruggere intere nazioni? Quando illustrava i modellini dei lanciamissili intercontinentali in possesso degli iracheni? Tutto balle, che manco Berlusconi. E’stata la guerra di Pinocchio fatta, dissero, per esportare la democrazia. Con il bel risultato che le stragi dei kamikaze continuano ogni giorno. E che la popolazione irachena, stremata, festeggia la partenza degli americani come una vera liberazione. Inoltre, questa guerra ha rivelato l’altro volto dell’ America, quello di Abu Ghraib. Lei ora vorrebbe sapere il numero dei civili massacrati dai bombardamenti indiscriminati o quanti soldati americani sono caduti in combattimento o negli agguati. Si metta il cuore in pace, non lo saprà mai. Come non saprà mai quanti milioni di dollari ci abbiano guadagnato Cheney e soci con il petrolio e la ricostruzione. Sono certo che a queste domande non risponderanno nemmeno Vespa e Ferrara.
Andrea Camilleri


Ecco apparire jettatori occulti
2/7/2009

Camilleri, le farò una domanda strampalata, ma sono sicuro che i nostri clienti capiranno. Lei crede nel malocchio? Può un’intera comunità esserne colpita? Che si fa in casi del genere? Ha mai toccato ferro, adoperato amuleti, cornetti rossi, formule magiche, penso a quella tradizionale di Pappagone, al secolo Peppino De Filippo: «aglio fravaglio, fattura can nun quaglia! Corna e bicorna capa alice e capa d’aglio!»? Potrebbe ancora andare? Dica quello che Le pare.
Saverio Lodato

Se un gatto nero gli attraversa la strada, l’italiano si comporta in tre modi. Gira le spalle e sceglie un percorso alternativo, continua a camminare facendo tutti gli scongiuri possibili, procede tranquillamente. A stare alle statistiche, nel Sud si annida il più gran numero di superstiziosi. Io sono un uomo del Sud, caro Lodato, è perciò ne tragga le conseguenze. Però va detto che fra tutti coloro che credono alla jettatura ci sono diverse sottocategorie. C’è chi dice, alla De Filippo, non è vero ma ci credo. C’è chi ci crede a seconda dei casi. Io appartengo a quest’ultima categoria. Quando facevo teatro, appena salivo sul palcoscenico diventavo superstiziosissimo. Ma non porto addosso cornetti rossi, passo senza patemi sotto le scale a pioli, parto di Venerdì 17. Sono convinto, però, che c’è jettatore e jettatore. Esiste lo jettatore cosmico, quello che se lo incontri devi allertare Bertolaso. C’è lo jettatore bonario, che ti fa rovesciare il caffè sul vestito nuovo o ti fa fare un viaggio aereo così turbolento che non volerai mai più. Negli ultimi tempi sono apparsi jettatori occulti, nel senso che non sembrano tali: sorridono sempre, sono cordiali, promettono a tutti felicità e benessere. Si riscontrano in genere fra i politici che... no Lodato, non mi faccia avventurare in questo campo minato.
Andrea Camilleri


Papi e celoduristi. È la stessa pasta
3/7/2009

Camilleri, papi «era instancabile, un toro». Patrizia D’Addario, al Sunday Times: «quella notte non ho mai dormito», dalle 4 sino alle 11 del mattino. E in 7 ore, papi fece «una mezza dozzina di docce gelate». «D’improvviso smise di muoversi, e pensai “grazie a dio si è addormentato”. Ma non durò». Di tutta la vagonata, la ragazza escort mi sembra la più sincera. Le altre: è gentile papi, non pensa mai al sesso, non mi toccò con un dito, è impotente… Una doccia gelata è una doccia gelata. E un toro è un toro.
Saverio Lodato

Sono rimasto sconvolto, caro Lodato, dalla minuziosa narrazione di Patrizia D’Addario sulla sua notte con papi. È una professionista, ne avrà passate di cotte e di crude, eppure lascia trapelare un certo sbalordimento. Si capisce che da quell’esperienza è uscita sfiancata. Oltre che raffreddata. Eh sì, perché papi, pare, abbia l’abitudine di farsi, fra una performance e l’altra, una doccia gelata. Dalla quale emerge più rinvigorito che pria. Ma le docce fredde non si facevano ai pazzi furiosi per calmarli? E qualcuno non se le fa ancora per placare , come dire, i suoi bollenti spiriti? Come è che per papi tutto funziona all’incontrario? Ha detto di essere il capo di governo più popolare d’Europa. Certo: lo è diventato dopo che i giornali di tutto il mondo hanno decantato le sue gesta amatorie. I tabloid inglesi hanno triplicato le vendite. Un altro si sarebbe vergognato. Lui se ne vanta. Non capivo perché papi sostenesse che gli attacchi contro di lui erano dettati dall’invidia. Come si può invidiare un uomo simile?, mi chiedevo. Ma di fronte alle rivelazioni della D’Addario, ho capito tutto. I suoi nemici, a cominciare dai comunisti mollaccioni, gli invidiano la vigoria sessuale. E si spiega anche l’amicizia con Bossi e con i padani celoduristi. Sono della stessa pasta.
Andrea Camilleri


Aiuto, il p.c. mi scrive il romanzo
4/7/2009

Camilleri, un pensionato di sessantotto anni, di Cavasso Nuovo (Pordenone), patito d’informatica, ha scaricato la sua calibro 22 contro il p.c. che faceva i capricci. I carabinieri gli hanno sequestrato l’arma, lo hanno portato in caserma, fatto la paternale e rimandato a casa. L’uomo è l’«Ultimo dei luddisti», il movimento operaio sorto in Inghilterra a fine 700, e dal quale nacquero le Trade Unions. Ned Ludd fu l’operaio che fece a pezzi il suo telaio avendo intuito che, alla lunga, le macchine avrebbero fregato l’uomo.
Saverio Lodato

Caro Lodato, sa quante volte sono stato tentato di distruggere il mio p.c., non a revolverate perché non possiedo armi da fuoco, ma scaraventandolo fuori dalla finestra? Undici anni fa, quando decisi per la prima volta di usarlo, il mio p.c. mi comunicò subito che non era d’accordo con la lingua dei miei romanzi. E si mise a correggere una parola dietro l’altra.
Dopo qualche mese di combattimento, qualcuno mi suggerì di disattivare quella funzione. Allora si vendicò iniziando a correre, praticamente precorreva il mio pensiero, il romanzo lo voleva scrivere lui.
Non c’è dubbio che tutti gli oggetti che l’uomo quotidianamente adopera finiscono, prima o poi, per rivoltarsi. Si rifiutano di funzionare. Oppure si nascondono e ricompaiono quando decidono loro.
Se la ricorda la sequenza di Charlot alle prese con una comune sedia a sdraio pieghevole che si ostina a non assumere la posizione dovuta finché Charlot esasperato non la getta in mare? Non c’è dubbio che fra tutti gli oggetti il p.c. sia il più insidioso. Forse perché dotato di un minimo di autonomia. Ora i costruttori pensano di dargliene di più.
A me, la sola idea terrorizza. Ha presente quello che capita all’astronauta di «2001 Odissea nello spazio», quando il computer parlante, Hall 9000, si mette a fargli i dispetti?
Andrea Camilleri


Al dissenso Papi dovrà abituarsi
5/7/2009

Camilleri, il Tg1 continua con l’Augusto metro minzoliniano dell’«acqua in bocca!». Niente immagini per raccontare la durissima contestazione di molti viareggini che hanno accolto papi, fra le macerie, al grido di «buffone, vergogna, vattene a casa». Ne hanno dato conto i Tg Sky. Oltre che i più importanti siti Internet. Alla notizia della tragedia, Berlusconi aveva detto: «vado a prendere le cose in mano»; molti italiani, invece, preferiscono «non averlo più fra i piedi».
Saverio Lodato

Mi domando: ma Berlusconi non se ne accorge come cade nel più profondo ridicolo quando fa dichiarazioni del tipo: «ghe pensi mi», di fronte al terremoto d’Abruzzo o alla catastrofe di Viareggio? Se crede davvero di essere il tutor degli italiani che non sanno fare un passo senza di lui, la cosa mi sembra preoccupante. Meno male che quando arriva sul posto c’è sempre qualcuno che ha già provveduto, o sta provvedendo, e l’allontana con un pretesto, ripetendo mentalmente la storica frase: «ragassino lasciami lavorare». Sicché a lui non resta che ripiegare sulla solita passerella, dispensando a dritta e a manca affermazioni assurde. Come quella che sarebbe stata la scintilla di un motorino a provocare l’incendio dei vagoni poi esplosi. E sempre più frequentemente succede che queste passerelle siano turbate da contestatori poco rispettosi che arrivano a chiamarlo «buffone». Lui contrattacca sostenendo che si tratta di comunisti stipendiati dai suoi nemici che non hanno a cuore le sorti dell’Italia. Invece si tratta proprio del contrario. Comunisti o no, quelli che lo contestano hanno proprio a cuore le sorti dell’Italia. Volente o nolente, Berlusconi dovrà farci il callo a queste manifestazioni di dissenso che saranno sempre più frequenti. A proposito, caro Lodato, Lei la continua sempre la sua raccolta di monetine?
Andrea Camilleri


Vizi privati. Ma le pubbliche virtù?
7/7/2009

Camilleri, abbiamo più volte elogiato i vignettisti, più folgoranti di cento editorialisti. Però, ormai, fra vignettisti e commentatori non c’è più storia. I notisti di Palazzo hanno il piombo nelle ali.
Come si fa a dar conto di Obama e G8, Gheddafi e alte cariche dello Stato, indicatori del Pil e referendum, riforme e sondaggi, se ogni giorno, accanto all’editoriale, c’è la foto di una starlette, un motoscafo, una villa che rimandano alla vita privata del premier? I giornali farebbero bene ad assumere altri vignettisti.
Saverio Lodato

Lei ha ragione, caro Lodato. I quotidiani saranno costretti a trasformare le pagine dedicate alla, si fa per dire, politica italiana, in indagini da settimanale umoristico fatte tutte da vignette. E questo perché Berlusconi divide equamente le sue giornate fra Gheddafi e Patrizia, Obama e Susanna, i terremotati e Noemi, e a tutte queste frenetiche attività va dato pari rilievo.
Però, tutto sommato, c’è ben poco da ridere. Se Sarkozy e la Merkel hanno votato in Europa il candidato non italiano, non crede che ciò sia dovuto in gran parte alle ultime, squallide, vicende del nostro premier? Che lui si ostina a denunciare come violazioni della sua privacy mentre, data la sua posizione, si tratta di scandali pubblici. Qui non vale il «vizi privati, pubbliche virtù», perché non si vede in cosa consistono le sue pubbliche virtù. Una volta un ministro inglese, Profumo, dovette dimettersi perché, per dirla con Ghedini, era l’utilizzatore finale di una squillo che aveva per cliente un diplomatico sovietico.
Eravamo al tempo della guerra fredda e si temette che il ministro si fosse lasciato andare a indiscrezioni che la ragazza poteva trasmettere al sovietico. Mi domando: c’è qualcuno da noi che si è chiesto chi frequentano le escort che a sua volta Berlusconi frequenta?
Andrea Camilleri


La profezia di Martinazzoli
8/7/2009

Camilleri, quando il berlusconismo non era ancora l’osceno fenomeno che è diventato, ma Berlusconi si era già fatto abbondantemente conoscere, Mino Martinazzoli, figura prestigiosa della vecchia Dc, fu intervistato proprio su Berlusconi. Gli chiesero come immaginava, un giorno, la sua uscita di scena. La risposta la ricordo ancora: «quello, per gli italiani, sarà un giorno traumatico». Quasi quindici anni fa, Martinazzoli si accorse della faglia di Sant’Andrea, ancor prima che delle scosse. Ma sempre di sismologia si tratta. D’altra parte è noto che per i cinesi un terremoto era un segno che gli dèi disapprovavano la legittimità dell’Imperatore. E chi vuole capire capisca...
Saverio Lodato

Credo che il vecchio Martinazzoli sia stato buon profeta e i fatti lo confermeranno. E l’ingegner Carlo De Benedetti, in tempi più recenti, mi pare che abbia detto suppergiù la stessa cosa. Lei, caro Lodato, ricorda che quando la Fininvest stava attraversando una grave crisi economica, brillantemente risolta poi con la discesa in campo del suo capo, Berlusconi usava una frase sottilmente ricattatoria: «non si possono mandare a spasso quarantamila dipendenti»? Ora la faccenda diventerebbe assai più grave. L’uscita dal campo di Berlusconi sarebbe come il fallimento di una grossa azienda i cui dipendenti non godrebbero di nessuna cassa integrazione. Non parlo della Fininvest, ovviamente. Lei ha mai contato quante centinaia e centinaia di persone Berlusconi ha tratto dal nulla e che nel nulla ritornerebbero nella ferale eventualità che il loro principale uscisse di scena? Che farebbero, sono i primi nomi che mi vengono in mente, i ministri Gelmini, Alfano, Bondi, Carfagna? E le centinaia di onorevoli e senatori, eletti come tanti cavalli di Caligola, che tornerebbero a non essere nessuno? E la cerchia di quelli che si sono salvati dalle patrie galere perché Berlusconi li ha fatti eleggere? Un grande esercito di nulla facenti che alzerebbe, e di molto, il tasso di disoccupazione. Forse, per loro, bisognerà pensare a un nuovo ammortizzatore sociale.
Andrea Camilleri


Il premier che non lascerà mai
9/7/2009

Camilleri, per il Financial Times, «alleati e ministri del premier già pensano a un futuro senza Berlusconi». Ma papi non si dimetterà mai, «perché la sua immunità dipende dalla carica». Ora la constatazione del giornale inglese, francamente, è di solare evidenza. Eppure, a questo, non aveva pensato neanche Angelino Alfano, il guardasigilli di papi. Il quale credeva, grazie al suo Lodo, di blindarne il passato, non di ibernarne anche il futuro. Di papi, intendo. Non aveva messo in conto che, così legiferando, creava un premier astronauta che, una volta lanciato nello spazio con il propellente dell’impunibilità, non sarebbe più potuto tornare alla base. Rischierebbe infatti di sfracellarsi.
Saverio Lodato

Uno dei motivi che renderanno traumatico, come profetizzò Mino Martinazzoli, l’allontanamento, quando sarà, di Berlusconi dal potere, sarà quello individuato dal Financial Times. Se vengono a cadere tutti gli scudi spaziali che nel tempo si è fatto cucire addosso dai vari Cirami, Alfano e compagnia, l’astronauta non arriverà nemmeno a sfracellarsi al suolo, ma si disintegrerà in fase di rientro. E farà il possibile perché ciò non accada. Gli daranno man forte le centinaia e centinaia di politici, giornalisti, portaborse, collaboratori vari, sino alle veline, che con lui avevano trovato la pacchia. Prepariamoci all’assalto di una canea urlante che vomiterà ingiurie, calunnie, offese, e metterà in atto ricatti e trabocchetti. Ma fra gli altri motivi, oltre a quello indicato dal Financial Times, c’é la tragedia della perdita del potere in sé. La D'Addario ci ha raccontato il cerimoniale preamatorio di papi. Solo, in mezzo a una trentina di ragazze, si fa proiettare un interminabile filmone nel quale si vede sempre lui mentre abbraccia capi di Stato, viene osannato dalla folla, gli rendono gli onori militari, eccetera. Questo polpettone gli serve come ad altri può servire la preventiva visione di un filmetto hard. No, sarà difficile mandarlo via. E supporre che lui se ne vada da sé, è pura utopia.
Andrea Camilleri


Il triplice rischio del G8 a L’Aquila
10/7/2009

Camilleri, un uomo profondamente disturbato ha concepito l’idea di indire un vertice internazionale nel cuore di una zona sismica. D’altra parte, Silvio Papi Premier, nei giorni del terremoto d’Abruzzo, ribadì, truculento, che in una zona fra le più sismiche d’Europa, Lui edificherà il ponte di Messina. Per il G8 è pronto il piano B. Ma, Dio ne scampi, la terra dovesse tremare, vedremo i Grandi della Terra spiccare il volo a bordo di elicotteri mentre gli aquilani verrebbero lasciati al loro destino? Così, i Grandi della Terra si ritrovano nella trappola di un pazzo. Il prossimo vertice? Dentro il cratere del Vesuvio, o dell’Etna. Meglio se in eruzione: fa più spettacolo.
Saverio Lodato

«Vivere pericolosamente» era il motto di un altro cavaliere, Benito Mussolini, e si sa come andò a finire. Berlusconi, dopo avere sdegnosamente rifiutato gli aiuti stranieri il giorno dopo il terremoto, decide di spostare il G8 dalla Maddalena all’Aquila. Un’altra delle sue contraddizioni perché così facendo rivolge un appello indiretto, ma chiaro, alla generosità degli ospiti. Per il nostro Silvio, il rischio del G8 all’Aquila è almeno triplice. Il primo è naturalmente rappresentato da mister Richter e dalla sua scala: se si supera il grado quarto si salvi chi può. Mi auguro che non succeda: vedere i reggitori di stati fuggire in preda al panico, sarebbe spettacolo piuttosto deprimente. Il secondo è costituito dalle domande dei giornalisti stranieri sulle sue mattane con minorenni, escort, ballerine, mattane sia diurne, leggi villa Certosa, sia notturne, leggi palazzo Grazioli. Il terzo, il più insidioso, consiste nelle voci di inadempienze commesse da Berlusconi, a cominciare da quella, colossale, sugli aiuti ai paesi poveri, e che potrebbero essergli contestate mettendolo in seria difficoltà. A un tale insieme di pericoli, tutti insieme, neanche un eroe omerico era mai arrivato. In quanto a organizzare il prossimo G8 nel cratere di un vulcano... ma chi Le dice che al prossimo G8 ci sarà ancora Berlusconi?
Andrea Camilleri


G8: nessuno rinuncia al comico
11/7/2009

Camilleri, dalla cronaca di Marco Galluzzo, per il «Corriere della Sera»: «Era impossibile che non lo facesse, che non sentisse il bisogno di una parola rivolta a quelli che per natura considera da sempre “amici”… E alla fine Berlusconi… quella parola l’ha pronunciata: “Sapete tutti benissimo che mi attaccano sul piano personale… tranquilli, durerò alla guida del mio Paese, altri quattro anni”». Ecco le parole che i Grandi della Terra aspettavano, perché, non ci dormivano la notte all’eventualità che, fra quattro anni, Papi Silvio Premier non fosse ancora lì, al suo posto. Come se a Parigi chiudessero, in un colpo solo, il Crazy Horse e il Moulin Rouge. L’Italia, senza papi, sai che noia.
Saverio Lodato

Resta dimostrato che il G8, anche per ammissione dello stesso Berlusconi, è diventato una passerella tanto costosa quanto inutile, buona tutt’al più per farsi foto ricordo. Essendo costosa e inutile, è l’ideale del nostro papi, momentaneamente in sonno amoroso. Ed eccolo, all’Aquila, a mostrare orgogliosamente le rovine del terremoto come se fosse stato lui a farle. O ad organizzare cene pantagrueliche, perché lui è, questo sì, un anfitrione generoso, anche se un po’ pacchiano. Ma i Grandi della Terra difettano di buon gusto, questo si sa. Il New York Times scrive che Berlusconi sarà forse un intrattenitore, ma un leader no. L’Express, definito in prima pagina Berlusconi come il buffone di Europa, lo qualifica «un personaggio hollywoodiano, incantatore eccentrico e comico grossolano». Ora mi dica Lei, caro Lodato, perché i Grandi della Terra non dovrebbero temere la sparizione di Silvio dalla scena mondiale. Dove lo vanno a trovare un altro come Lui che allieti le loro noiose giornate? Se non è una gaffe sarà uno sberleffo, se non sarà una barzelletta sarà una canzoncina, ma con lui non passa giorno che non ci sia stato almeno un pretesto per sorridere. Doveva essere irresistibile, nella sua giovinezza, quando cantava sulle navi crociera. Perché non ci fa un pensierino per il futuro prossimo?
Andrea Camilleri


Papi, terremotato ad honorem
12/7/2009

Camilleri, papi si farà terremotato fra i terremotati. Ascolti: «sto cercando una casa per venire qui a L’Aquila ad agosto: ci tengo troppo a consegnare le prime case entro settembre e credo sia opportuna una mia presenza: l’occhio del padrone sappiamo cosa produce...». Se viene posseduto dallo spiritello della solidarietà, si salvi chi può. Lo vedremo saltar sui barconi respinti in Libia per consegnarsi in un centro accoglienza, clandestino fra i clandestini. Lo vedremo dentro il Tg1 a dar la linea, in tutti i sensi, all’Augusto Minzolini o nel Tg5, alle spalle del Mimun. O dentro la porta del Milan, a far da secondo portiere. O sui cornicioni di Palazzo Venezia, per impedire i suicidi. Rimpiangeremo il bel vecchio papi di una volta.
Saverio Lodato

E dunque il nostro onnipresente Berlusconi metterà su casa all’Aquila, per pigliare in pugno la ricostruzione, un po’ differita perché le rovine andavano conservate per mostrarle agli ospiti del G8 e spillar loro quattrini. Attenzione però che nel vocabolario berlusconiano la parola casa ha un significato tutto suo. Deve essere un villone di una quarantina di stanze per ospitarvi statisti di passaggio, escort in sede stabile, cantanti e politici, tre o quattro piscine, un vulcano finto e una pista d’atterraggio. Non invidio i suoi futuri vicini. Essi, che magari sono rimasti coraggiosamente nella loro terra dopo il sisma, resisteranno alla presenza quotidiana di Berlusconi? Il suo camaleontismo sta raggiungendo punte mai toccate prima.
Lei pensa, caro Lodato, che dopo le vesti di terremotato ad honorem indosserà quelle di extracomunitario fra gli extracomunitari? Io non credo che si spingerà a tanto. Gli extracomunitari amano abitare in venti in una stanza che al massimo ne può contenere quattro, fanno volentieri a meno dei servizi igienici e dell’acqua, cioè di quelle cose che distinguono l’uomo civilizzato dagli altri.
E papi che, sono d’accordo con Lei, finiremo per rimpiangere, è uno che si fa sei docce a notte, fra una prestazione taurina e l’altra.
Andrea Camilleri


Quando il conto è troppo salato
14/7/2009

Camilleri, a Roma, nel ristorante il «Passetto», zona Piazza Navona, a due giapponesi arriva un conto di 695 euro, inclusa una mancia - imposta - di 115 euro. Per tre ostriche, due scampi, pasta all’astice, pesce, due gelati, una bottiglia di vino. La coppia paga in carta di credito e si fionda in commissariato. E la polizia chiude il locale, anche perché riscontra gravi carenze igieniche. Il titolare dichiara ai poliziotti: «Il menù non lo hanno chiesto, indicavano quello che volevano dall’espositore. Ma erano contenti, e non la smettevano più di inchinarsi». La filosofia dell’inchino è diventata la metafora del nostro paese. E chi s’inchina elettoralmente, sottintende papi, poi, di che si lamenta?
Saverio Lodato

Nel nostro ristorante, i clienti stranieri sanno che possono accomodarsi serenamente perché faremo pagare il dovuto, non appartenendo alla trista schiera di coloro che si fiondano sul turista per spolparlo. Sono essi, in una con papi, a dare una brutta immagine dell’Italia all’estero. Il proprietario del «Passetto», che non mi va di chiamare collega, lascia intendere di essere rimasto molto sorpreso perché i clienti se ne sono usciti, dopo quella mazzata, profondendosi in inchini. Li ha scambiati, insomma, per italiani. Che sono ormai abituati a inchinarsi a ogni mazzata concepibile, dal lodo Alfano alle leggi sulle intercettazioni, dal reato di clandestinità per gli extracomunitari, alle ronde, dalla condanna di Mills alle notti brave con Patrizia e alle storie con le minorenni, e via di questo passo. Invece i giapponesi si inchinano sì, ma poi, subito, presto, corrono al più vicino commissariato. Cortesi, ma non minchioni.
A noi che ci inchiniamo, non per cortesia ma per supina acquiescenza, non passa neanche per l’anticamera del cervello di sporgere una qualsiasi denuncia che cadrebbe nel silenzio. Lei pensa che il Tg1 dell’ Augusto Minzolini, tanto per fare un esempio, ne darebbe notizia?
Andrea Camilleri


Oibò, che ne è stato di Noemi
15/7/2009

Camilleri, e Noemi Letizia? Scomparsa dalla ribalta. Sotto protezione perché in possesso di informazioni di Stato? Il 6 giugno scorso, ha lasciato il fidanzato? Si sfogò in Internet: «Per lasciarlo devo aspettare le elezioni del 6 giugno...». E Lei, in una delle rubriche, ipotizzò uno «sposalizio mistico- elettorale». Ora è single, ha un nuovo ragazzo, chiama ancora papi sul cellulare? Ma papi, come è noto, si è imposto un anno sabbatico «dalla cintola in giù», per dirla con Henry Miller (ce la farà?). Tornando a Noemi, giusto per sapere: si recò al seggio con tanto di scorta. Ci dicessero, almeno, se oggi è felice.
Saverio Lodato

Molte cose ci sfuggono nel vertiginoso can can di ragazze giovanissime o meno, ma sempre belle e disponibili, che viaggiano su aerei di stato, passano la notte con papi, fanno la prima colazione o fingono di sposarsi con lui. Lei mi ritira in ballo la quasi dimenticata Noemi, l’ex minorenne, alla quale era stato promesso un futuro, a scelta, di velina o deputata. Per papi, le cose si equivalgono. Che fine ha fatto Noemi? Escludo il sequestro: pare che, ben oltre la data fatidica del 6 giugno, sia stata vista a Roma col finto fidanzato. Lei non lo sa, ma non si è trattato di un fidanzamento, bensì di una sceneggiata. Dunque le nozze mistico-elettorali non si sono mai avverate. Forse perché Noemi è rimasta anche lei delusa da papi per le sue vagonate di consolatrici? Pare che l’elenco delle deluse si allunghi sempre di più. La stessa D’Addario si è mossa perché papi non ha mantenuto la promessa di occuparsi di una sua faccenda. A non parlare delle veline, che avevano già firmato la candidatura dal notaio e del padre di una di esse che tentò di darsi fuoco davanti a palazzo Grazioli. E Lui, sedicente buono, generoso e leale, si dice addolorato per tante ingratitudine. Povero papi! A lui, ideale protagonista di un’operetta, non resta che intonare il motivetto della Vedova allegra: «È scabroso le donne studiar son dell’uomo la disperazion...».
Andrea Camilleri


L'orgoglio e i climatizzatori
16/7/2009

Camilleri, è in arrivo il generale Agosto. E neanche l’Abruzzo sarà risparmiato, con l’aggravante, di cui non è colpevole la stagione estiva, che papi trascorrerà da quelle parti le sue vacanze di lavoro e di astinenza. Sembra una notizietta da nulla, quasi nascosta fra le pieghe di un Tg, quasi sussurrata. Ma nelle tendopoli, dove ci sono già state giornate di caldo insopportabile, gli abruzzesi, tutto sommato, sono tranquilli perché arrivano i condizionatori. E da dove arrivano? Da Roma? No. Dai «paesi europei». Ricorda quando Berlusconi, all’indomani del sisma, da autentico dux autarchico, tuonò che l’Italia bastava a se stessa e che gli americani avrebbero si e no ricostruito qualche chiesetta?
Saverio Lodato

Vi ricordate? All’indomani del terremoto che colpì l’Abruzzo, come sempre capita in questi tragici eventi, molte nazioni offrirono aiuti all’Italia in segno di solidarietà umana. Ma Berlusconi, all’epoca con l’elmetto di pompiere in testa, ritto sulle macerie, a insegnare ai tecnici come manovrare le ruspe, rifiutò cortesemente, ma fermamente. Il suo sottodiscorso evidentissimo, anche se taciuto, era che l’Italia non era un paese da terzo mondo, mancante di tutto e bisognoso di aiuti esterni.
A volte capita che ti offrono un pasticcino e te lo mangi anche se non ne hai voglia, per semplice cortesia. Ma Berlusconi non ha questi problemi di galateo, si è visto da come si comportò davanti alla regina d’Inghilterra. Ora però si apprende che i condizionatori d’aria, indispensabili agli sfollati per la sopravvivenza nelle tende, sono un gentile omaggio dell’Europa. Ma come la mettiamo? L’orgoglio nazionale o c’è o non c’è. Non può funzionare un giorno sì e l’altro no, a seconda che tiri libeccio o che soffi scirocco. Perché in tutto il mondo si capirebbe che sopra al tetto della casa Italia c’è una banderuola di latta che cambia direzione a ogni alito di vento.
Andrea Camilleri


Nisticò, memorie di un giornalista
17/7/2009

Camilleri, ricordiamo un grande giornalista: Vittorio Nisticò, che si è spento recentemente a Roma, all’età di 89 anni. Per decenni, nel mondo della carta stampata, dire Nisticò volle dire “L’Ora” di Palermo, piccolo e battagliero quotidiano della sera. Nisticò ne fece un’oasi, nel deserto siciliano, per gente come Vittorini, Sciascia, Dolci, Consolo, Pasolini, Rosi, Guttuso, Farinella e Cimino. Giornale che fece tremare la mafia, sempre a fianco di operai e braccianti e contro il sistema di potere della Regione siciliana. Giornale fucina di cronisti e commentatori d’eccezione. Un vivaio che oggi si trova distribuito nelle redazioni dei migliori quotidiani e settimanali italiani. Come ricorda Nisticò?
Saverio Lodato

Vittorio Nisticò, mitico direttore de “L’Ora” di Palermo non era siciliano, ma calabrese. Mandato nel 1955 in Sicilia a dirigere il quotidiano della sera, in poco tempo fece un giornale che, come ha scritto Matteo Collura sul “Corriere della Sera”: «Alla mafia ha fatto più danni che dieci commissioni d’inchiesta messe insieme». Lui, da solo, riuscì ad essere un’intera scuola di giornalismo. Decine di prestigiosi giornalisti sono stati formati più o meno da lui. Credeva nel giornalismo d’attacco, nelle lotte civili e politiche, e qualcuno dei suoi, come Mauro De Mauro e Giovanni Spampinato, pagarono con la vita, ma anche nella forza innovativa della cultura. Guttuso, Sciascia, Consolo erano di casa. Tutto il suo lavoro è testimoniato nei due volumi «Accadeva in Sicilia. Gli anni ruggenti de “L’Ora di Palermo”» curati da lui e pubblicati da Sellerio.
Capiva i siciliani meglio dei siciliani. La sua divisione degli isolani in due grandi categorie, siciliani di scoglio e siciliani di mare aperto, è diventata d’uso comune. Un esempio per capirne il senso: Sciascia è un siciliano di scoglio, Pirandello siciliano di mare aperto. Lo ricordo anche direttore di un’eccezionale rivista di cultura, “Euros”, sottotitolo: “Rassegna di vita europea”, segno della sua grande apertura verso il mondo.
Andrea Camilleri


Borsellino: delitto di mafia e non solo
18/7/2009

Camilleri, domani ricorre il diciassettesimo anniversario della strage di Via D’Amelio, a Palermo, in cui persero la vita: Paolo Borsellino e gli agenti Emanuela Loi, Walter Cusina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina e Agostino Catalano. Ci sono ancora processi aperti. Si indaga per scoprire i mandanti. Nonostante il lassismo diffuso, la magistratura si ostina a scavare. È un bene che il reato di strage non cada in prescrizione. Ma è pur vero che, in Italia, il mandante è bestia rara, quasi uno Yeti giudiziario, sempre avvistato, mai localizzato con certezza. Lei ha mai assistito all’arresto e alla condanna di un mandante? Il mandante è come l’araba fenice?
Saverio Lodato

Caro Lodato, ha sbagliato indirizzo. Questa domanda non deve rivolgerla a me, ma a se stesso, dato che Lei è un serio storico della mafia. Comunque, rivolto un pensiero di profonda gratitudine a Borsellino e alla sua scorta, sto al gioco. I mandanti, Lei dice, sono come l’araba fenice, quella che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. Il bello è che da noi i mandanti dei delitti per interesse, prima o poi, vengono scoperti. Perché quelli di interesse mafioso, invece no? Va fatta una considerazione: un delitto come quello dell’uccisione di Borsellino, e in precedenza come quello di Falcone e tanti altri magistrati, non è solo ed esclusivamente di mafia. La mafia ne è compartecipe ed esecutrice. Compartecipe, diciamo, al 50 per cento. L’altro 50 appartiene a gente riverita e dal comportamento ufficiale irreprensibile, che gode di favori, agganci, solidarietà, anche dentro le istituzioni. E la rete di protezione è così fitta da essere quasi impenetrabile. Quando Riina manifestò il proposito delle stragi, Provenzano fece un sondaggio segretissimo fra imprenditori, politici e massoni. Provenzano i risultati non li divulgò. Ma il pentito Giuffrè riuscì a sapere che alcuni industriali del Nord si erano dichiarati favorevoli all’uccisione di Falcone e Borsellino. I loro nomi? E qui torniamo all’araba fenice.
Andrea Camilleri


La figura di Fortebraccio e il caso del corsivista Vertical
19/7/2009

Camilleri, è venuto ad abitare, sul nostro pianerottolo, Fortebraccio. Sì, Mario Melloni, Dc, partigiano bianco, direttore del “Popolo”, edizione clandestina per il Nord Italia, prima di diventare, ormai comunista, l’indimenticato Fortebraccio. Qualche giorno fa, un Corsivista Vertical, come direbbero gli spagnoli, ha scritto: «Era un grande giornalista, certo. Ma dalla parte del torto. Attaccava i dissidenti dell’Est invece dei loro persecutori». Quando si dice che l’Elzevirista Vertical, alla buonanima di Fortebraccio, gliele ha cantate chiare! Coraggio leonino: Fortebraccio ci ha lasciati 21 anni fa!
Saverio Lodato

Sarebbe opportuno, visti i tempi, non qualificare di vaglia un giornalista italiano: la parola vaglia potrebbe ingenerare qualche equivoco. Che Fortebraccio sia diventato nostro vicino di casa mi dà piacere e mi spaventa, per un confronto impossibile. E il Corsivista Vertical, come Lei lo chiama, forse, non ha mai letto un rigo di Fortebraccio: per il 90 per cento dei suoi scritti egli si occupò della politica italiana ed era tutt’altro che un trinariciuto, ma un elegante gentiluomo lombardo di quelli di cui si è perso lo stampo. È opportuno ricordare perché fu cacciato dalla Dc. Egli, e un altro collega Dc, si rifiutarono di votare per l’adesione dell’Italia al Patto Atlantico. Pochi giorni prima era stato lanciato un appello che raccolse le firme di migliaia di intellettuali, Arturo Carlo Jemolo in testa. Questione di coscienza, se il nostro Corsivista riesce a capire. Andreotti difese Melloni contro la direzione Dc che ne voleva, stalinisticamente, l’espulsione. Ebbe la peggio. Gli aguzzini fecero correre su di lui voci diffamatorie. Gravissima la sua colpa: l’aver previsto quello che sarebbe successo con le basi Usa in Italia. Ricorda la manifestazione contro i missili a Comiso? Ha letto quello che è capitato a Vicenza?
Andrea Camilleri


Mark Twain al ristorante
21/7/2009

Camilleri, da un inedito di Mark Twain del 1905 ora finalmente pubblicato: «Un privilegio di cui nessuna persona vivente gode: la libertà di parola. Questa riluttanza a esprimere opinioni impopolari è giustificata: il prezzo da pagare è assai alto, può comportare la rovina economica di un uomo, fargli perdere gli amici, esporlo al pubblico ludibrio e alla violenza, condannare all’emarginazione la sua famiglia... e rendere la sua casa un luogo desolato, disprezzato ed evitato da tutti...». Sono trascorsi 104 anni. E sembra di ritrovarsi a girare attorno allo stesso punto. Il conformismo ha perso terreno o ha fatto passi da gigante?
Saverio Lodato

Anche a me ha provocato una certa impressione questo scritto che Twain volle restasse inedito per essere reso noto solo dopo la sua scomparsa, in quanto convinto che il privilegio della libertà di parola fosse concesso solo ai morti. Mi ha sorpreso perché proviene da un paese che della libertà di parola aveva fatto una bandiera. Si vede che le cose in realtà non stavano così. Twain scrive in un periodo nel quale i futuri sistemi dittatoriali sono ancora imprevedibili, ma queste pagine sembrano essere state scritte da uno che ha fatto l’esperienza di un campo di concentramento nazista o di un gulag. Circa la sua domanda, le rispondo che il conformismo è stato sempre presente nell’uomo, così come il suo rifiuto. Giordano Bruno non si conforma, Galileo sì. In fondo, anche i due giornalisti del Watergate sono un esempio di non adeguamento. Essere conformisti o no, deriva dal grido di libertà interiore che ognuno possiede. Se poi mi chiede quale sia l’attuale stato del conformismo in Italia, basterà ricordare che mentre un settimanale ritoccò la foto di Piccolo Cesare per fare apparire più folti i suoi capelli, noi abbiamo aperto il nostro cosiddetto ristorante su un giornale libero come l’Unità. E il nostro ristorante, come Lei sa, continua a godere di ottima salute.
Andrea Camilleri


Il Piccolo Cesare odia l'Unità
22/7/2009

Camilleri, una quinta colonna, che si anniderebbe ai vertici del Pdl, una gola profonda di quelle che vanno di moda di questi tempi, mi ha riferito, e pregato di riferirlo anche a Lei, che Berlusconi non legge la sua rubrica. O meglio: la legge e non la legge. Mi spiego: ogni mattina, a Palazzo Grazioli, andrebbe in scena un curioso rito: Bonaiuti, Cicchitto e Bondi, leggono al Capo «Lo chef consiglia». Legati dal giuramento, tapparelle abbassate, porta chiusa a chiave, recitano, ad alta voce, le sue ricette. Il Capo non batte ciglio. Una volta la porta si è socchiusa, e qualcuno li avrebbe visti con in mano «l’Unità». E al Capo sarebbe scappato: «ma chi cazzo si credono di essere? Radio Londra?».
Saverio Lodato

Ma chi è questo cosiddetto infiltrato che le racconta simili fandonie? Ho un dubbio: non si tratta, per caso, dell’ineffabile agente segreto «Betulla», in servizio ai tempi di Pio Pompa, e magari Lei, per avere questa informazione, lo confessi, ha scucito qualche soldino? Che spero non abbia messo sul conto del nostro ristorante.
Vede, quando ascoltavamo Radio Londra, prendendo tutte quelle precauzioni che ha descritte, lo facevamo perché non ci fidavamo dei bollettini di guerra italiani che parlavano sempre di strepitose vittorie e volevamo sapere quale era la verità. E questo è il punto che dimostra che il racconto che le hanno fatto è una bufala.
Piccolo Cesare non legge l’Unità, che detesta, ne parla per sentito dire, tanto è vero che una volta addebitò a questo giornale un articolo apparso su un altro quotidiano. E Piccolo Cesare non ha nessun bisogno di sentire da altri la verità, perché è convinto di essere lui il detentore assoluto della verità, anzi di essere lui la verità in persona. E sono certo che i Bondi, i Cicchitto i Bonaiuti, che la mattina gli leggono la rassegna stampa, omettano gli articoli che lo metterebbero di cattivo umore. No, caro Lodato, se può si faccia ridare indietro i soldi. E non creda a simili fandonie.
Andrea Camilleri


L'utopista distratto
23/7/2009

Camilleri, ascolti: «Ancora universitario avendo tra le mani il libro di Tommaso Moro mi sono innamorato di Utopia e ho incominciato a sognare di costruire una città perfetta che si chiamasse così. Non ci sono riuscito ma progettando nuove unità urbane… ho tentato, sempre, di avvicinarmi il più possibile a un modello di città (un mio modello, senza colate di cemento, falansteri e automobili) che potesse essere, per i suoi abitanti, il teatro ideale per una vita più serena». Chi è l’autore? Non ci arriva? Silvio Berlusconi, nella prefazione, per il quinto centenario della nascita di Tommaso Moro (1978), al testo originale di Utopia.  Lo capisce ora perché alla fine del G8 ha ricordato la «lucida follia» di Erasmo? Forse, è consapevole di essere mentalmente un po’ disturbato.
Saverio Lodato

La storia di Berlusconi che, nel 1978, scrive l’introduzione all’Utopia di Tommaso Moro mi ha fatto venire in mente una battuta di Eduardo De Filippo che un giorno, registrando per la tv una sua commedia, si lamentò con un funzionario Rai per la scarsa competenza del regista.
Il funzionario: «Ma se ha persino scritto un libro sulla televisione!» Eduardo: «L’ha scritto, ma non l’ha letto». Infatti è risaputo che Berlusconi plagiò pagine e pagine dal libro di un noto studioso, Luigi Firpo. Del quale, anni fa, lessi un’intervista sull’episodio, dove raccontava di un Berlusconi che, quasi in lacrime, lo supplicava di non denunciarlo e gli prometteva successo e notorietà attraverso le sue tv. Sono convinto che Berlusconi non ha mai letto né l’introduzione da lui scritta, né il testo di Moro. Se avesse letto i due libri che costituiscono l’Utopia, avrebbe concordato con l’autore sull’abolizione della proprietà privata e sul fatto che l’oro e l’argento non avrebbero più avuto valore? Che il potere era delegato ai magistrati? Che era concessa la massima libertà religiosa? E glielo vogliamo rivelare che lo scritto di Moro è stato considerato come una visione anticipatrice del massimalismo socialista?
Andrea Camilleri


Il museo degli orrori
24/7/2009

Camilleri, Mallarmé diceva: «ogni uomo è ignoto a se stesso», Sciascia: «Lo scrittore è, fra gli uomini, il più ignoto a se stesso». Convinzione che si tradusse in passione: Sciascia raccolse ritratti degli scrittori e poeti che amava. Arrivò a collezionarne 210, firmati da: Rodin, Chagall, Guttuso, Guccione, Clerici, Mattioli, Maccari, Pissarro, Messina, Piraino, Volo. A esser ritratti: Voltaire, Stendhal, Verlaine, Proust, Pirandello, Borgese, Brancati, Bufalino, Tomasi di Lampedusa, Quasimodo. Sciascia li donò alla Fondazione di Racalmuto. E Franco Sciardelli, editore milanese, per il 18 anniversario della scomparsa dello scrittore, ha curato il catalogo della mostra. Se volessimo raccogliere ritratti di politici, non dovremmo adoperare criteri lombrosiani?
Saverio Lodato

Sciascia era amatore di stampe, e una sezione della raccolta era dedicata a ritratti di scrittori, non a caricature. Oggi, se io commissionassi i ritratti di certi uomini politici, essi risulterebbero involontarie caricature. Anche se gli artisti si sforzassero d’abbellirne i tratti, il risultato sarebbe quello: caricature. Che non possono neanche aspirare alla serietà scientifica delle tavole di Lombroso. Tutti, col tempo, finiamo con l’avere la faccia che ci meritiamo e a nulla valgono correzioni in corso d’opera: eliminazione delle rughe, trapianto di capelli, puntellamento delle palpebre. Se un sorriso si è mutato in ghigno, rassegnati. Te lo devi tenere, te lo sei meritato.
La domanda è: se i politici si sono meritati la faccia che hanno, noi ci siamo meritati le loro facce? A denti stretti, sì: sono stati eletti, sia pure dalle segreterie di partito. Allora la domanda va girata alle segreterie: con quale coraggio avete scelto facce così? Non parlo di bellezza o bruttezza, ma di facce che trasudano volgarità, arrivismo, arroganza, mendacio.
No, caro Lodato, solo un amante dell’orrore raccoglierebbe facce siffatte. E non avrebbe che un solo posto dove appenderle. Dove, mi domanda? Suvvia, provi a immaginare.
Andrea Camilleri


Quando un nano si crede Dio
25/7/2009

Camilleri, nel volume «La guerra sugli Altipiani. 1915-1918», a cura di Mario Rigoni Stern, prefazione di Carlo Azeglio Ciampi (Neri Pozza editore), trovo la definizione che Robert Musil, grande scrittore che combattè dalla parte austriaca, dà di Dio: «Forse occorreva una maledetta dose di vanità per credere che lassù, al di sopra di un campo di battaglia , una voce cantasse per me. Forse Dio, dopo tutto, non è altro che il piacere per noi, poveri diavoli dall’angusta esistenza, di vantarci di avere in cielo un parente ricco». Assistendo allo scempio che si fa della parola Dio, nei dibattiti politici televisivi e giornalistici italiani, sembra che per noi, «poveri diavoli», Dio sia diventato l’inquilino della porta accanto. Ognuno vorrebbe tirare a Dio la giacchetta, a suo piacimento.
Saverio Lodato

Dubito che Dio abbia creato l’uomo a sua immagine e somiglianza. L’immagine che l’uomo dà di sé, già dai tempi di Caino, non è certo confortante e Dio sicuramente era a conoscenza delle brutte strade che avrebbe preso la sua creatura. Credo che sia il contrario e cioè che ogni uomo si faccia un Dio a sua immagine e somiglianza, un Dio che ne guida i pensieri e i passi.
E si arriva all’assurdo delle SS che portavano addosso la scritta: «Dio è con noi». O alla follia dei kamikaze convinti di agire in nome del loro Dio. «Ognuno dal proprio cuor l’altri misura» usava ripetere mia nonna. E fino a quando a dare la misura di Dio sono stati San Tommaso o Sant’Agostino è andata benissimo.
Altrettanto bene è andata quando Dante ci ha detto del suo Dio. E quando Manzoni ci ha parlato del suo. Giganti del pensiero che però, davanti a Dio, hanno la coscienza di essere nani.
Il problema nasce quando i nani si rappresentano il loro Dio. Allora sì che Dio, come dice Lei, diventa l’inquilino della porta accanto con il quale si può avere persino una lite di condominio. E il problema si fa ancora più grosso quando un nano si crede addirittura Dio.
Lei pensa che io stia alludendo? Non si sbaglia.
Andrea Camilleri


La mafia ha sfondato in tv
26/7/2009

Camilleri, una persona di indiscussa sensibilità mi ha chiesto: «quando è avvenuto, secondo te, il punto di rottura che ha portato all’Italia di oggi?» Credo di saperlo: più di una decina di anni fa, a proposito della mafia, della lotta alla mafia, del ruolo che aveva assunto, in Sicilia, la magistratura. I plotoni guastatori, che minarono - per carità: in nome del garantismo -, i reticolati della lotta alle mafie, rispondono ai nomi di: Jannuzzi, Sgarbi, Liguori, Del Turco, Ferrara, Vespa, Macaluso, per dir solo dei più noti; l’orchestrina garantista, appunto. Concluso il lavoro sporco, cioè più difficile, il resto venne da solo. Secondo Lei?
Saverio Lodato

Gran bella domanda. Per risponderle avrei bisogno di quella che chiamo «testa di storico», ma che non possiedo. Le do una risposta da romanziere che lavora di fantasia. E la mia è da considerare ipotesi fantastica. Credo che il punto di rottura si sia verificato con l’avvento delle tv private e della quasi immediata creazione del duopolio Rai - Mediaset. Sino ad allora la Rai aveva, bene o male, prodotto cultura, persino con spettacoli di intrattenimento di altissimo gusto. L’avvento di Mediaset abbassò quel livello per guadagnare un più vasto bacino di utenza che avrebbe consentito maggiori incassi pubblicitari.
Purtroppo anche la Rai si adeguò. E così si cominciò a proporre in dosi massicce agli italiani, che con la tv hanno il rapporto che una spugna ha con l’acqua, un modello di vita diverso. Che la nostra società ha assorbito in toto, traumaticamente, non avendo anticorpi per considerare criticamente il modello. Teoria campata in aria? Forse. Ma se la tv ha omologato il linguaggio degli italiani, perché non avrebbe potuto fare lo stesso con le loro coscienze? Modellato il nuovo contenitore, la prima pietanza che ci fu calata dentro fu lo smantellamento della lotta alle mafie. Posso concordare con Lei, e, questa volta, non da romanziere di fantasia.
Andrea Camilleri


L'ultimo romantico
28/7/2009

Caro Camilleri, sa cosa credo di aver capito di Lei dopo mesi e mesi di frequentazione quotidiana? Che Lei, per dirla con una canzone di Peppino Di Capri, è l’Ultimo Romantico. Lei vorrebbe una Chiesa accanto ai poveri, che sale dal basso; una sinistra -si accontenterebbe anche di un centro sinistra-, non totalmente immemore di Gramsci, Matteotti, i fratelli Rosselli, la famiglia Cervi, Calamandrei, don Sturzo e persino Berlinguer. Diciamo che non è riuscito a separarsi dalla loro presenza ingombrante, visto che molti dei loro eredi non sono all’altezza di quelle tradizioni di pensiero. In generale, vorrebbe uomini politici più concentrati, sul loro lavoro, animati da quello che, una volta, si chiamava lo spirito di servizio.
Saverio Lodato

È la prima volta, nei miei 83 anni, che mi sento definire romantico. Le assicuro, caro Lodato, che è una parola che manca nel mio vocabolario personale di uomo e di narratore. Oltre tutto, quello dello chef non è un mestiere romantico, e Lei, che fa parte dello stesso ristorante, lo sa benissimo. Sulle parole ci si può sempre intendere.
Però, se Lei chiama romantico chi vorrebbe un minimo di giustizia sociale, e che il divario fra chi ha e chi non ha, fosse meno stellare; se chiama romantico chi vorrebbe che i nomadi e gli extracomunitari non fossero ghettizzati in condizioni invivibili, ma trovassero un’accoglienza da esseri umani; se chiama romantico chi non vuole la supremazia prevaricante di una nazione sull’altra; se chiama romantico chi vorrebbe che a governare nel nostro paese ci fossero uomini saggi, equilibrati, e che soprattutto non hanno mai avuto a che fare con la giustizia; se chiama romantico chi ha fiducia nell’uomo malgrado i suoi tragici errori; ebbene sì, non ho difficoltà ad ammetterlo: sono romantico, ma le rendo noto che, allora, i romantici come me, nella sola Italia, sono fortunatamente milioni.
Ma già che ci siamo, gli altri, come li chiamerebbe: realisti circospetti e avveduti? Quanto ai romantici, invece, Piccolo Cesare non avrebbe dubbi: tutti comunisti.
Andrea Camilleri


Un paese normale
29/7/2009

Camilleri, come anticipato da l’Unità (9 luglio), le sue ricette sono diventate un libro: «Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009», editore Chiarelettere (euro 14 e 60). È un libro che si è scritto da solo, attingendo a piene mani da una cronaca che nel nostro paese sbalordisce anche le più fervide immaginazioni. E solo a scorrerne l’indice dei nomi, sembra di toccare con mano l’infinita passerella di personaggi e figurine, famuli e manutengoli, starlette e ragazze Cin Cin, che affollano la festosa corte di re Silvio. L’inverno è una metafora. Ché anche in questa estate, a sentire i bollettini di guerra scanditi in ogni campo, sembra sempre di attraversare un inverno freddissimo. In altri paesi europei, sarebbe concepibile un libro come quello che Lei ha scritto?
Saverio Lodato

Questo è un libro gradevole a vedersi, ben stampato, di gusto, ma che non avrei voluto mai scrivere, resistendo alle sue quotidiane provocazioni. È semplice: se vivessimo in un paese normale un libro così non avrebbe ragion d’essere. E io, per tutta la vita, ho sognato di poter vivere in un paese normale. Berlusconi recentemente ha dichiarato, reagendo a una contestazione, che noi di sinistra vogliamo la rovina del nostro paese. A parte il fatto che non si capisce perché vorremmo una cosa simile, dato che in Italia, bene o male, ci viviamo, un libro come questo, caro Lodato, non è che la quotidiana constatazione dello scempio, del degrado, del vilipendio cui sono sottoposti moralità pubblica e privata, senso dello Stato, rispetto per le istituzioni e per le leggi, sino alla negazione di buon gusto e decenza. Insomma, il disprezzo per tutto ciò su cui si fonda un paese civile.
Un esempio? Quel giudice costituzionale che invita a cena Berlusconi e Alfano pur dovendo giudicare la costituzionalità del lodo Alfano su Berlusconi. E che, alle critiche, ha risposto con una lettera tracotante. Lei dice che negli altri paesi un libro così non sarebbe pensabile. È vero: gli altri paesi sono ormai così lontani da noi che sembrano appartenere a un'altra galassia.
Andrea Camilleri


Sciascia e il paese senza verità
30/7/2009

Camilleri, una volta Lei mi disse che quando avverte la sensazione di avere le batterie scariche, letterariamente parlando s’intende, torna a immergersi nella lettura di Sciascia come si ricorre all’elettrauto capace di rimettere in sesto l’impianto elettrico dell’auto. Ci sono tre frasi dello scrittore di Racalmuto, scritte in epoca diversa, che oggi le voglio sottoporre; perché compendiano il suo pessimismo, ma, in un certo senso, anche la lunghezza della sua vista. La prima: «L’Italia è un paese senza verità». La seconda: «L’Italia è la bara del diritto». La terza: «Se lo Stato italiano volesse davvero sconfiggere la mafia, dovrebbe suicidarsi». Sciascia sembra come certi vini che più invecchiano più diventano nettare.
Saverio Lodato

Lei mi invita a nozze, caro Lodato. In questi giorni, per ragioni di lavoro, sto rileggendomi lo Sciascia propriamente politico. Sciascia è scrittore che la politica rende sempre oggetto dei suoi romanzi, basterà citare "Il contesto" e "Todo modo". E per ciò con quel propriamente mi riferisco all’attività politica di Sciascia vuoi come autore di articoli che fecero scalpore, vuoi come deputato al Parlamento. Le sue interrogazioni e interpellanze sono un modello di brevità e di lucidità.
Come articolista, non esitò ad affrontare invettive, condanne senza appello e scomuniche. È stato, con Moravia e Pasolini, una delle tre grandi voci eretiche di quella prima repubblica finita miseramente con mani Pulite. E non solo lucidamente predisse l’autodistruzione della Dc e il fallimento del compromesso storico, ma anche, fra l’altro, le gravi conseguenze di certe leggi d’emergenza sul terrorismo e sulla mafia. Che il nostro fosse un paese senza verità lo scrisse in parecchie occasioni. Sarei curioso di sapere cosa scriverebbe oggi che della parola «verità» si perso persino senso e significato. E la cosa più grave è che siamo rimasti orfani, nessuno ha voluto, pur essendone in grado, di prendere il posto suo, di Moravia e Pasolini. Oggi, purtroppo, l’interesse per il «particolare» finisce col prevalere sul dovere pubblico.
Andrea Camilleri


Le prediche
31/7/2009

Camilleri, questo è il paese dei finti dentisti. Il paese dei finti infermieri. Il paese dei finti estetisti. Dei finti osteopati. Dei finti veterinari. Dei finti avvocati. Dei finti architetti. Dei finti diplomati. Dei finti laureati. Dei finti rivenditori di griffe false. Degli stampatori di euro falsi. Del finto (ma sedicente) Corsivista Vertical che se la canta e se la suona da solo. Del finto (ma sedicente) politico antimafioso che la sua personalissima lotta alla mafia se la canta e se la suona da solo. In ognuna di queste categorie, periodicamente, esplode lo scandalo a riprova di quanto la compravendita di titoli falsi sia diventata un’autentica azienda. In compenso, siamo il paese d’Europa con il maggior numero di convegni sull’identità nazionale.
Saverio Lodato

La faccenda delle finzioni italiane è assai complicata, caro Lodato. Qualche tempo fa un deputato berlusconiano scrisse nel curriculum dell’annuario parlamentare d’essere docente presso un'università del sud. Si scoprì che non solo non aveva mai messo piede in quell’ateneo né in altri, ma che non era nemmeno laureato nella materia che pretendeva d’avere insegnato. Una doppia finzione, quindi. Oppure c’è stato chi, pur avendo le carte in regola per scrivere d’arte, ha preferito plagiare da altri un libro che gli era stato commissionato. Un «vero», dunque, che per vocazione alla menzogna vuole sembrare «finto». Ma si dà anche il caso di dentisti, o medici, o avvocati, che lavorano per decenni fra la soddisfazione della loro clientela e poi si scoprono essere finti. E quindi ne consegue che talvolta il finto funziona meglio del vero. Pirandello, che coi suoi ragionamenti sull’essere e sull’apparire, ai suoi tempi sembrò cervellotico, oggi sarebbe cronista di scarsa fantasia. Se i convegni sull’identità nazionale Le sembrano troppi, Le dirò che a me, francamente, sembrano troppo pochi. Prima di scrostare tutte queste mascherature, queste finzioni, questi travestimenti ce ne vuole per arrivare ad individuare la nostra vera identità. Non crede?
Andrea Camilleri


Tutte le domande senza risposta
2/8/2009

Camilleri, di statistiche se ne intende? I nostri talk show vedono la presenza costante di politici che aprono la cartellina per dire: «quest’anno... a differenza che in quello passato...». E giù la grandinata di cifre e percentuali. Sa dirmi quante morti si registrano ogni anno in Francia, Germania o, Spagna, per le frane? Quanti i palazzi e le scuole che vengono giù perché di cartone o costruiti sulla sabbia? Quanti gli interi paesi che sprofondano nella melma? Quanti i treni che deragliano? Quanti i morti sul lavoro? Quanti i morti ammazzati? Quanti gli assassini? Quanti i latitanti? Quanti i corrotti? Quanti i corruttori? Quante le veline, o minorenni che siano,che chiamano papi il premier? E sa in che proporzione, in Europa, le leggi dello Stato di quei paesi non vengono applicate?
Saverio Lodato

Lei sa dirmi quanti sono gli evasori fiscali su un campione di dieci cittadini italiani? Quanti su diecimila spacciano droga? Quanti pedoni su mille vengono settimanalmente investiti sulle strisce? Quante sono state, ogni cento, le social card non coperte? Quante sono le balle raccontate da Berlusconi rispetto a quelle che racconta un capo di governo straniero? Quanti gli italiani che hanno contenzioso col fisco e qual è la loro proporzione rispetto alla Germania o alla Francia? Qual è la media dei ritardi giornalieri dei treni, in generale, e di quelli dei pendolari, in particolare? Quanti anni ci vogliono per ottenere un rimborso da una amministrazione italiana rispetto a quelle di oltre confine? Meglio piantarla qua, altrimenti sarei tentato di chiederle se sa quanti sono i capelli trapiantati a papi rispetto a quelli che in media ne ha una capigliatura naturale. E quante veline, in un anno, sono state trasportate da voli di Stato in Sardegna a Villa Certosa. Con l’ultima domanda che mi rivolge, l’accuso di tendermi un trabocchetto. Sul fatto che uno Stato non rispetti le leggi da lui emanate, non c’è statistica possibile: l’Italia, nel cielo d’Europa, brilla come una stella solitaria.
Andrea Camilleri


Niente ricette esotiche
3/8/2009

Camilleri, oggi si chiude. Per 10 mesi, abbiamo fatto la spesa, cucinato, dato da mangiare, resistito alla concorrenza, raccolto complimenti, e qualche lamentela. E quando è andata male, un paio di tavoli li abbiamo riempiti. Una regola stabilisce che se il numero dei camerieri supera quello dei clienti, il locale chiude. Non è accaduto. Le sue ricette sono diventate un libro: «Un inverno italiano. Cronache con rabbia» (Chiarelettere), che non sta passando inosservato. Ora bisogna ridipingere le pareti, e inventarsi nuove portate. Che dire ai nostri clienti? Che, dopo l’estate, riapriremo; col fresco. E che ritroveranno la stessa gestione familiare. E al Corsivista Vertical che, nel suo tavolino dietro la colonna, troverà sempre un piatto di pasta asciutta. Chef Andrea, buone vacanze.
Saverio Lodato

Chiuso per ferie estive, tanti, in città, di questi cartelli sulle saracinesche abbassate. Anche noi esponiamo il nostro. Caro Lodato, è stato Lei ad avere l’idea di aprire il nostro ristorante e ne è stato sempre un entusiasta collaboratore. E di questo la ringrazio. Le confesso che non nutrivo la speranza di durare così a lungo, con la crisi galoppante e con molte piccole imprese che chiudono, non per ferie, ma per non riaprirsi mai più. Anche del numero dei clienti diventati abituali possiamo dirci soddisfatti. Ci basta la loro presenza per tirare avanti alla ripresa. Intanto daremo, come Lei dice, un’imbiancata alle pareti, rinnoveremo le batterie di cucina, penseremo a qualche nuovo piatto, ma nulla di più. Non cambieremo i due mercati, quello di destra e quello di sinistra, non cercheremo ricette esotiche, resteremo fedeli alla cucina nostrana. Non vogliamo diventare un ristorante d’elite. Possiamo garantire che continueremo a stare ai fornelli con tanta passione, questo sì. Mia nonna diceva che si sente nel palato quando un piatto è stato fatto «con amore» e non con indifferenza, tanto per fare. Auguro pace e serenità a Lei, ai nostri clienti e ai proprietari che ci hanno dato il locale in gestione.
Andrea Camilleri


Piccolo Cesare con le infamità contro stampa e magistratura dimostra solo voglia di regime
4/10/2009

Carissimo Camilleri, ben trovato. I lavori, ancora in corso, ci costringono a ritardare la riapertura del nostro ristorante. Ma allestiamo almeno una piccola cucina da campo, visto che ieri, a Roma, una folla enorme ha manifestato in difesa della libertà di stampa. La mettono a repentaglio: valanghe di citazioni per danni e querele; ukase contro i “farabutti”; sinistri improperi alla sinistra che dovrebbe “andà a morì ammazzata”; tagliagole con i dossier nei cassetti; signorine da calendario che, per le pari opportunità, almeno una volta nella vita vogliono provare l’ebbrezza del saio ministeriale; tutti quelli, insomma, che vorrebbero incaprettare quelle trasmissioni tv e quei quotidiani che, con questo governo, non adoperano il ventaglio. Per Giorgio Bocca in Italia il Regime non c’è, ma la “voglia di Regime” sì. Secondo Lei?
Saverio Lodato

Gli attacchi di Berlusconi alla stampa libera risalgono all’editto bulgaro, quello contro Biagi e Travaglio, e sono proseguiti in un crescendo vertiginoso, tanto che Piccolo Cesare ha dovuto delegare a Brunetta gli insulti alla magistratura. Nell’elencare questi attacchi, Lei, caro Lodato,ha dimenticato, ma la capisco perché sono troppi, l’invito agli industriali affinché non facciano pubblicità sui giornali liberi e la recente campagna del Giornale (proprietario Berlusconi) e di Libero per non fare pagare il canone Rai. Tutto a favore di Mediaset (proprietario Berlusconi) perché Piccolo Cesare non dimentica mai di trarre vantaggio dalle sue azioni pseudo politiche. Né va dimenticato quello che accade attorno ad Annozero. La manifestazione per la libertà di stampa credo fosse, non solo doverosa, ma indispensabile per fermare l’escalation berlusconiana contro la libertà in Italia. Ma penso che avrà un altro risultato, non meno importante. Quello di rianimare e dar coraggio ai giornalisti timorosi, quelli del tengo famiglia, che oggi circolano in troppi nelle redazioni di giornali e tv. In quanto a Bocca, ha ragione: Piccolo Cesare con le sue infamità contro stampa e magistratura, pilastri della democrazia, dimostra la sua voglia di regime. Questa manifestazione, e le altre che certamente seguiranno, serviranno a fargliene passare la voglia.
Andrea Camilleri


Torna sull'Unità lo chef Andrea Camilleri
"E' tempo di indignarsi"
l'Unità, 12/3/2010

Torna, su L'Unità di domani, la rubrica "Lo chef consiglia". Andrea Camilleri, che si era concesso una pausa di meritato riposo dopo un lungo periodo di interventi quasi quotidiani, indignato per il livello raggiunto ormai dalla situazione politica nel nostro Paese, ha deciso di ricominciare a rispondere alle domande del giornalista Saverio Lodato. Era stato lo stesso Camilleri, lunedi scorso, a dare l' annuncio durante la presentazione, a Roma, del libro “Un Inverno italiano” (Chiarelettere editore ) che raccoglie tutte le rubriche pubblicate su L'Unità, dal Novembre 2008 al maggio 2009.
Camilleri, che si avvia a compiere 85 anni, si definisce “ormai troppo vecchio” per credere che, dopo l'inverno, tornerà il sereno. Teme- piuttosto- nuove gelate, anche se spera ancora che un'opposizione unita riesca a sconfiggere Berlusconi e il suo governo con tutte le armi della democrazia. E' in questa direzione che intende quindi tornare a far sentire la sua voce di scrittore che pretende di dire la sua, da intellettuale. In un Paese dove gli intellettuali sembrano avere una voce sempre più flebile. Domani “Lo chef consiglia” affronterà il tema dei reali poteri del Capo dello Stato, in Italia, in risposta alla domanda di Lodato su questo “gioco” da salotto che consiste nell' immedesimarsi con il Capo dello Stato e che sembra non risparmiare più nessuno. La rubrica riprende proprio in occasione della manifestazione di domani a Piazza del Popolo e proseguirà con cadenza settimanale.


Non sparate sul Presidente
13/3/2010

Camilleri, io, da cittadino semplice, sto con il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Ma siccome siamo un Paese succube della sindrome da novantesimo minuto, dove tutti si improvvisano arbitri, giocatori, allenatori e persino moviole, succede che in tanti fanno il capo dello Stato: «Questo non lo doveva dire!; questo lo doveva firmare!; questo non lo doveva firmare!; guai a lui se lo firma!...» Il giochetto non sta diventando uno sport estremo? Dovessimo scoprire , magari dal contenuto di qualche intercettazione, che ad alimentarlo erano gli stessi berluscones per deviare il corso dell’incazzatura della gente?
Saverio Lodato

Vecchio vizio degli italiani quello di credersi competenti in tutto, dall’astrofisica all’economia, dalla politica internazionale alla coltivazione delle barbabietole. Anzi, si considerano assai più competenti dei competenti. Non c’è discussione tra amici dove qualcuno non se ne esca con una frase tipo “se fossi il Papa” e giù una sfilza di consigli anche teologici. E il bello è che c’è sempre uno dei presenti, il quale, stimandosi anche lui in grado di fare il papa, si mette a controbattere polemicamente le parole dell’altro. Ora figuriamoci quanti capi dello Stato ci siano oggi in Italia in queste giornate di tensione politica. Ognuno vorrebbe un capo dello Stato a sua immagine e somiglianza. Ma soprattutto dotato di larghi poteri che non ha perché la Costituzione li ha esattamente definiti. Tanto per essere chiari; il Presidente non ha nemmeno il potere di un arbitro di calcio che può espellere un giocatore che ha commesso un fallo. Può segnalare il fallo, questo sì, ma non può andare oltre. Il Presidente è il garante del rispetto della Costituzione. In questi tempi, non è compito da poco. Tirargli la manica da una parte o dall’altra non ottiene che un solo risultato: quello di sdrucirgli la giacca.
Andrea Camilleri


«Contro il nuovo duce seguiamo l’esempio del coraggioso colibrì»
21/3/2010

Camilleri, dobbiamo essere grati a Berlusconi perché ha promesso di innalzare, insieme al suo compare DonVerzè, l’età di tutti gli italiani, quindi anche la sua, sino a 120 anni, riservando per sé il solito trattamento di favore: «Io però – ha messo le mani avanti - arriverò a 150». Ecco ciò che scrisse Ernest Hemingway, il 27 gennaio 1923, sul TheToronto Daily Star, a proposito di Mussolini:
«Mussolini è il più grande bluff d’Europa. Anche se domattina mi facesse arrestare e fucilare, continuerei a considerarlo un bluff. Sarebbe un bluff anche la fucilazione. Provate a prendere una buona foto del signor Mussolini e esaminatela. Vedrete nella sua bocca quella debolezza che lo costringe ad accigliarsi nel famoso cipiglio mussoliniano… Studiate il suo passato… Studiate il suo genio nel rivestire piccole idee con paroloni. Studiate la sua predilezione per il duello. Gli uomini veramente coraggiosi non hanno nessun bisogno di battersi a duello,mentre molti vigliacchi duellano in continuazione per farsi credere coraggiosi… C'è qualcosa che non va, anche sul piano istrionico, in un uomo che porta le ghette bianche con una camicia nera».
Mussolini era un principiante del bluff! Che dire di uno che, per fare il “raccattavoti”, promette agli elettori l’eterna giovinezza?
Saverio Lodato

«Circola in questi giorni in rete un vecchio scritto di Elsa Morante su Benito Mussolini e gli uomini dei quali si circondava che sembra pensato oggi per Berlusconi e i suoi accoliti. Le righe di Hemingway non fanno che portare acqua allo stesso mulino. Ma fanno nascere almeno due domande. Come mai molti, troppi italiani persistono nel credere a questo sfiatato bancarellaro di fiera di paese che continua a spacciare aria fritta per elisir miracolosi di benessere, felicità, lunga vita?
Questa è la domanda meravigliata che molti giornalisti stranieri, dai giapponesi ai tedeschi, mi rivolgono quando mi vengono a trovare. Io rispondo che gli italiani in cuor loro non gli credono, non sono così sciocchi, ma gli vogliono credere a tutti i costi. Perché negli ultimi anni sono stati talmente ridotti privi di speranza, di fiducia, di apertura verso il prossimo, di futuro, da voler credere ciecamente a chi racconta loro favole deliranti. Ma senza rendersi conto che a ridurli così è stato lo stesso uomo che ora propina gli elisir. E allora: cosa si può fare per riportare questi italiani alla realtà? Permettetemi un raccontino senegalese. Forse ve l’ho già detto, ma vale la pena ripeterlo. Scoppia un grande incendio nella foresta e tutti gli animali scappano atterriti. Il leone fugge per ultimo e, correndo, incrocia un colibrì che va in senso contrario, verso le fiamme, tenendo sul petto una minuscola goccia d’acqua, “Ma dove vai?” - gli domanda il leone. “Vado a fare la mia parte per spegnere le fiamme” - risponde il colibrì. Ecco: se ogni lettore de l’Unità facesse la sua parte impegnandosi a cercare di convincere due indecisi a non votare Berlusconi, non sarebbe già una piccola cosa utile per domare l'incendio?»
Andrea Camilleri


Se i temi delle regionali sono l’aborto e il pericolo della «polizia giudiziaria»
28/3/2010

Camilleri, di cosa preferisce parlare? Della Minzocrazia instaurata al TG1, dove sono saliti a quattro gli editoriali che compongono, almeno per ora, l’Opera Omnia del “direttorissimo” che il padrone spinge a pedate in video, e in prima serata? O di Aldo Busi, cacciato dalla Rai, mentre Morgan viene cacciato da Sanremo? O degli imbavagliati - i Santoro, i Vespa, i Floris - , perché l’idea stessa del talk show di approfondimento sta indigesta a Sua Maestà? O di Marcello Dell’Utri che annuncia di avere per le mani il capitolo 21 di “Petrolio” di Pasolini, quello che non si è mai trovato, e che poi ha precisato che, insomma, non ce l’ha? O del fatto che più sale la protesta a L’Aquila e meno i Tg ne parlano? O vuole che le faccia una domanda sul nostro Premier che, dopo essersi rivolto alle sette chiese televisive (da Mauro Masi a Giancarlo Innocenzi) per zittire Santoro, chiama persino la forza pubblica, nella persona del generale di Corpo d’Armata, Leonardo Gallitelli?
Le confesso che per me la cronaca sta diventando un’anguilla inafferrabile. Metta ordine Lei! Però è mio dovere ricordarle che Oggi si vola, pardon: Oggi si vota. Allora cerchi di non violare troppo il silenzio elettorale: ché fra 24 ore, di rumore ce ne sarà fin troppo!
Saverio Lodato

Lei mi seppellisce sotto una vagonata di variegato fango italiano e poi ha il coraggio di chiedermi quale liquame preferisco? Mi sottraggo e mi soffermo sull’ultima parte della sua domanda, dove ci ricorda che oggi si vota. Poiché viviamo in un paese anormale, queste che avrebbero dovuto essere delle normalissime elezioni regionali sono state dall’Ineffabile trasformate in un anormale referendum sulla sua leadership un po’ tanto appannata. A Roma se ne è avuta la conferma nella recente adunata secondo lui oceanica, secondo la Questura men che lagunare, quando ha fatto giurare sulla sua persona i candidati provinciali e regionali e quando ha dialogato con la folla come ai bei tempi di Benito. Uno dei suoi ultimi slogan dice così: «Se vincono le sinistre, il nostro paese diventerà uno stato di polizia tributaria».
Attenzione a quel tributaria. Come dire: cari evasori, votate per me perché io vi ho sempre protetti anche con scudi fiscali, mentre il centro sinistra le tasse ve le farà pagare. Basterebbero queste sole parole per squalificarlo come uomo di governo e per far sì che tutti gli onesti gli votino contro. Ma a proposito di slogan prelettorali, non posso non ricordare che il Cardinale Bagnasco si è inventato un undicesimo comandamento: non votare per chi è favorevole all’aborto. Cioè: nel Lazio non votate per la Bonino. A parte il fatto che nel programma di governo regionale della Bonino non si parla d’aborto, esigo l’applicazione della par condicio. Così come loro ci danno consigli di voto, al prossimo conclave anche gli italiani dovrebbero essere in grado di consigliare i cardinali su quale di loro eleggere al Papato.
Altrimenti si tratta di una grave interferenza. Una volta i preti avevano la decenza di far propaganda elettorale a casa loro, dal pulpito o nel confessionale, ma ora si sono adeguati ai tempi e non hanno più ritegno. Per queste, e per tutte le ragioni dimostrate dall’inesistente governo Berlusconi, se lui vuole una riconsacrazione popolare, facciamo in modo, col nostro voto, che ciò non avvenga.
Andrea Camilleri


L’impero scricchiola. Cavaliere faccia il monaco e si guardi dagli amici
4/4/2010

Camilleri, tutti hanno vinto. Il bipolarismo è morto, il bipolarismo ha sette vite come i gatti. La Lega stravince, la Lega non sfonda. Il centro sinistra batte il centro destra 7 a 6, il centro sinistra perde quattro regioni che prima governava. Il Pdl - su questo pare concordino tutti, tranne gli interessati – perde dappertutto. Se voleva un referendum sulla sua persona, Silvio Berlusconi lo ha perduto. Bossi, che non lo aveva chiesto, può dire di averlo vinto, almeno in Veneto e Piemonte (ricorso della Bresso permettendo). Tanto che si potrebbe dire che la leadership berlusconiana è diventata una leadership Campanocalabra. La vittoria della Polverini in Lazio, infatti, è storia a sé. E hanno tenuto: Emilia, Toscana, Umbria e Marche.
Allora, a me pare, che un dato sia acquisito: di Berlusconi gli italiani si sono stufati. Non lo considerano più il «motore» della storia nazionale. Ma è altrettanto vero che un’eventuale uscita di scena del Cavaliere non provocherebbe uno spostamento della maggioranza degli elettori verso il centro sinistra. Il voto del Nord, fatta eccezione per la Liguria, lo dimostra. E in Lazio è suonato un campanello d’allarme per l’opposizione. Ci attendono altri tre anni di “Belpaese”, come lo abbiamo conosciuto? O questo voto segnerà la fine del berlusconismo?
Saverio Lodato

Lei vuole che dica anche la mia sul voto? Eccolo servito. Erano in ballo 13 regioni, è finita 7 a 6 per il centro sinistra. Poteva andare meglio per l’opposizione, ma sostanzialmente il Pd, pur perdendo voti, ha tenuto. Però in realtà, come lei dice benissimo, Berlusconi aveva voluto mutare il voto in un referendum su di lui. Ebbene,il referendum è clamorosamente fallito. Parlino i numeri: Berlusconi e An avevano avuto il 31,4 alle regionali 2005 e il 33,3 alle politiche del 2008. Dopo, comincia il calo: 32,3 alle europee 2009 e 26,7 a queste ultime regionali. Il 6% in meno, cifra quasi corrispondente all’aumento dei non votanti. Berlusconi, malgrado sia stato azzoppato, al solito suo esulta e pensa di soppiantare Napolitano. Il fedele Bondi invece dichiara, in un momento di lucidità: “non sono soddisfatto del risultato elettorale del Pdl, siamo sotto rispetto alle ultime regionali ed europee”. Non si tratta solo di “essere sotto”, il fatto grave è che l’Imperatore è stato sfrattato dalla Lega nel nord, riducendosi a governare solo nella contea calabra e nel ducato campano. Perché se la Polverini, come lei dice, è un caso a parte (non credo abbia nemmeno la tessera del Pdl), altrettanto a parte va considerato Formigoni. Berlusconi insomma è sempre più ostaggio dei suoi alleati che per l’appoggio che gli daranno in Parlamento per tirarlo fuori dai suoi impicci giudiziari, che è l’unica cosa che veramente gli interessi, gli presenteranno un conto salatissimo. Vorrei far tornare in mente all’Ineffabile un vecchio detto che gli potrà essere utile col vento che tira: “Dagli amici mi guardi Iddio, che ai nemici ci penso io”. Spenda dunque una minima parte del suo capitale nel far dire messe cantate, litanie e novene, conduca vita monacale, insomma, si ingrazi con ogni mezzo il Signore perché lo protegga dagli amici. Si ricordi, checché ne dica, che fu Bossi, allora come ora suo sedicente amico e alleato, a far cadere il suo primo governo. In conclusione, non so se questo voto segnerà il crollo del berlusconismo, dico solo che sento paurosi scricchiolii.
Andrea Camilleri


A proposito di ladri, nemmeno Robin Hood mi stava simpatico. E il Vaticano non può dir niente
11/4/2010

Camilleri, se la costituzione piange, i comandamenti non ridono. Mi spiego. La nostra costituzione, secondo alcuni la migliore del mondo, per altri necessita di una revisione radicale. E c’è chi ne farebbe volentieri a meno, considerandola l’ultimo lascito del passato sovietico. Andiamo ai comandamenti. Prenda il settimo, esemplare nella sua laconicità: «Non rubare». Per duemila anni – niente a confronto con i sessanta che ha la costituzione – è andato bene sotto ogni latitudine. Oggi, no. In coincidenza con l’ennesimo dibattito stanco su Craxi «grande statista», e in coincidenza con l’arresto di un mariuolo milanese, assessore all’edilizia, ripreso dai carabinieri mentre nascondeva duemila euro di tangente in un pacchetto di sigarette, si è scatenata un’alta e nobile querelle che riassumo sbrigativamente così: una cosa era Tangentopoli, quando si rubava per il partito, una cosa è oggi, quando il ladro ruba per se stesso. Grandi firme hanno escogitato un’inedita classificazione del furto: accettabile nel primo caso, inaccettabile nel secondo. Dal Vaticano mi sarei aspettato una difesa a spada tratta del settimo comandamento, così come il legislatore Mosè volle concepirlo. Invece, niente. Vero è che la Chiesa – si è visto per l’aborto - parla quando meno te lo aspetti (Emma Bonino ne sa qualcosa), ma a me ha colpito l’aforisma di Pino Caruso, che nel suo ultimo libro («Ho dei pensieri che non condivido», editore A&B) scrive: «I ladri poveri sono ladri perché sono poveri, i ladri ricchi sono ricchi perché sono ladri». Fine della trasmissione.
Saverio Lodato

Devo confessarlo: non ho mai provato simpatie per i ladri, neanche per quelli alla Robin Hoods, che si diceva rubasse ai ricchi per dare ai poveri. Ho fatto però sempre eccezione per i ladri poveri, per dirla con Pino Caruso, quelli che rubano per sfamare la famiglia. Perciò non ho mai capito la sottile differenza tra quelli che rubavano per sovvenzionare il loro partito e quelli che rubavano pro domo sua. Sempre di furto si tratta, ho pensato, privo come sono di sottigliezze gesuitiche. Il tentativo di beatificazione craxiana di questi ultimi mesi è stato perfettamente in linea con il decadimento del senso morale nella politica italiana. Lei si dice alquanto deluso che il Vaticano non abbia colto l’occasione per difendere a spada tratta il settimo comandamento. Ma vede, caro Lodato, il Vaticano (non la Chiesa, sia chiaro) da quel pulpito non può fare nessuna predica. Si ricordi cos’era lo Ior ai tempi di Marcinkus: come minimo, il tempio del riciclaggio del denaro sporco (vedi deposizione Cusani ai tempi di Mani pulite). Quindi non solo lascia correre, non interviene, ma addirittura si tiene caro chi in Italia, e lei sa a chi mi riferisco, oltre a essere un pluridivorziato, ha addirittura infranto quattro comandamenti su dieci e cioè non dire falsa testimonianza, non commettere adulterio, non rubare, non commettere atti impuri. Roba da Guinness dei primati. In compenso, questo loro beneamato sovvenziona lautamente le scuole cattoliche, non fa pagare l’Ici agli stabili vaticani anche se sono adibiti ad alberghi o cinema e concede tanti altri benefici. Del resto, uno dei capi di una banda di ladri e assassini, Renato De Pedis, non ha la tomba in una illustre chiesa romana? Non è scandaloso? Ebbene, le gerarchie si sono giustificate asserendo che De Pedis faceva molta carità, trascurando un piccolo dettaglio, vale a dire che faceva molta carità coi soldi provenienti dal furto, dallo spaccio, dal malaffare. Caro Lodato, invece di star lì a meravigliarci e a recriminare, ce lo vogliamo mettere bene in testa una volta per tutte che pecunia non olet?
Andrea Camilleri


Non solo Prodi. Il popolo delle primarie trovi soluzioni
18/4/2010

Camilleri, se fosse sufficiente il «torna a casa Lassie» per riconquistare milioni di elettori, ed evitare di apparire un partito acchiappafarfalle, il Pd l’avrebbe già fatto. Prodi pensa a un partito di 20 «uomini forti», altrettanti segretari regionali eletti con le primarie, con un’ossatura nazionale e «federale». Alfredo Reichlin, su questo giornale, ha scritto: «Che deve succedere perché la sinistra invece di partire da questo insopportabile parlare di sé e dei suoi organigrammi si decida a tentare una nuova analisi della realtà?». Non sono domandine. Lei non è iscritto al Pd, ma fu iscritto al PCI, trisavolo di questo Pd. E si fa un gran parlare del Pd del futuro. C’è chi pensa a un «papa straniero». Camilleri, il suo era il «partito degli operai e dei braccianti». Ma oggi?
Prima che al Papa, penserei ai parrocchiani. Ma questo punto ci assale lo smarrimento. Che fare? A esempio: meno comparsate tv e più rapporti con la gente. Le nuove analisi richiedono un’immensa capacità di ascolto, visti i tumultuosi cambiamenti in Italia: e i dirigenti Pd in tv riescono a farsi vedere, ma non a sentire quello che pensano gli spettatori. A esempio: riaprire le sezioni sul tanto mitizzato «territorio». Perché i parrocchiani, senza la parrocchia, non si sono mai visti. O no?
Saverio Lodato

Caro Lodato, non mi piace dare consigli non richiesti che in genere sono male accetti. Oltretutto, come lei ricorda, non ho la tessera del Pd e quindi non ho nemmeno voce in capitolo. Mi limiterò a dire come vedo al momento la situazione di questo partito. I ballottaggi di domenica scorsa hanno dimostrato che il Pd continua a perdere voti, è un’emorragia che va arrestata pena la morte per dissanguamento. Attualmente il Pd è come una balena spiaggiata, attorno ad essa si agitano soccorritori improvvisati nella speranza di mantenerla in vita intanto che si trovi un modo per rimandarla a nuotare in mare aperto. Senonchè succede che i soccorritori hanno idee diverse e confuse su come farla sopravvivere e perdono tempo tra loro discutendo e litigando, mentre l’animale sempre più s’avvicina al punto di non ritorno. I soccorritori si rendono conto che hanno a disposizione ore e minuti e non mesi o anni? Si rendono conto della gravità dello stato dell’animale morente? Si rendono conto che hanno già lasciato morire diverse balene sulla stessa spiaggia? Se non se ne rendono conto, vanno immediatamente allontanati perché creano solo confusione.
Ma se se ne rendono conto però non sanno che fare, non hanno un progetto, un’idea risolutiva, vanno allontanati lo stesso perché sono inutili. Fuor di metafora: il popolo delle primarie, è contento di come stanno andando le cose? Se lo è, aiuti i suoi eletti con una mobilitazione quotidiana, instancabile, totale, per la riconquista del territorio. Che è la prima cosa da fare. Se non lo è, si mobiliti adesso per un cambio immediato della guardia. Occorrono strategie nuove, coraggiose, veramente “rivoluzionarie”, che rimettano il Pd in assetto di combattimento. Quella di Prodi è una, che ne vengano altre. La situazione, è bene ripeterlo, è assai grave. Se nel 2013 si realizzerà il sogno di Calderoli (Berlusconi al Quirinale e un leghista premier), la colpa del declassamento dell’Italia a paesuccio sudamericano in balia di un capataz e dei suoi accoliti, sarà stata anche e soprattutto dell’opposizione che non ha saputo, per ignavia, miopia, incapacità, o quello che volete, evitare questo obbrobrio terminale.
Andrea Camilleri


Squilla nel vuoto la tromba di Minzolini: come organo di partito è meglio Fede...
25/4/2010

Camilleri, mai distrarsi di fronte alla tv, ora che la maggioranza, ringalluzzita dalle regionali, continua imperterrita ad avvelenare i pozzi. Le offro un piccolo campionario di “chicche” di regime. Il Tg2, la sera dei ballottaggi: «Il PDL vince, mentre il PD perde Mantova». Ed era come se il PD avesse perduto due volte: la prima volta perché aveva “vinto” il Pdl, la seconda volta perché aveva perduto Mantova. Dopo quel “mentre”, ci aspettavamo uno dei tanti capoluoghi in cui aveva vinto il centrosinistra. Macché. Il Tg1, dando notizia del disastro ferroviario: «Una tragedia che non poteva essere evitata»; e dopo qualche fulminea inquadratura di morti e feriti, toccava al ministro Altero Matteoli elencare i fattori di una tragedia che, appunto, «non poteva essere evitata».Non è finita. Gino Strada, fondatore di Emergency, aveva chiesto «l’immediato rilascio degli ostaggi». Il ministro Franco Frattini: «Polemica politica che non aiuta la trattativa».
Riassumendo: un partito che alle elezioni riesce a perdere due volte; il primo disastro ferroviario della storia che non poteva essere evitato; ostaggi dei quali non bisogna chiedere la liberazione, altrimenti si è politicamente scorretti. E, sullo sfondo, le annunciatrici Tg1, Maria Luisa Busi e Tiziana Ferrario, incappate nell’ira funesta dell’Augusto Minzolini. Avevo notato da tempo che, né l’una né l'altra, andavano in video sfoggiando al collo la tartarughina d’ordinanza. E pensavo: «Queste cercano guai». Prevedibile!
Saverio Lodato

Con l’elencazione di tutta questa bella serie di “chicche” lei, caro Lodato, vuole invitarmi a prendere in considerazione l’operato del Tg1 dopo l'avvento del suo attuale direttore Minzolini, affettuosamente chiamato dal suo mentore Berlusconi “il direttorissimo”? Bene, allora io partirei da una considerazione semplicissima. La gestione Minzolini ha fatto perdere al Tg1, fino a questo momento, un milione di ascoltatori. Calo enorme, addirittura fallimentare, riconosciuto dallo stesso direttorissimo, che si è giustificato con argomenti vari e vaghi. Io credo che la ragione sia questa: la trasformazione del Tg1 in organo dichiarato di partito non è piaciuta agli ascoltatori. Forse agli stessi ascoltatori votanti Pdl i quali, se hanno bisogno dell’incitamento all’obbedienza «cieca, pronta e assoluta» si sintonizzano sul canale di Emilio Fede. Il Tg1, prima dell’arrivo di Minzolini, era un po’ l'equivalente del Corriere della sera, si rivolgeva a un pubblico borghese, blandamente coinvolto nella politica e nei problemi della società, alieno da una richiesta di partecipazione “armata” sulle questioni più scottanti.
La discesa in campo di Minzolini, i suoi squilli di tromba guerriera suonati in prima persona, anziché ottenere l’arruolamento degli ascoltatori ne hanno provocato l’immediata diserzione. Berlusconi insomma ha sbagliato i suoi calcoli, ha pensato che un telegiornale decisamente berlusconiano avrebbe raccolto attorno ad esso tutti coloro che lo votavano. Ma non è mai stato così. Tanto per fare un esempio, non tutti quelli che votavano Dc leggevano l’organo di partito, Il Popolo, preferivano giornali fiancheggiatori, più “morbidi” nell’esposizione dei propositi della Dc e perciò, in definitiva, assai più convincenti. In conclusione, in ogni azienda che si rispetti, a trovarsi in difficoltà non dovrebbero essere né la Busi né la Ferrario, ma il responsabile del disastro, cioè Minzolini. Ma siamo nell’Italia di Berlusconi e quindi…
Andrea Camilleri


Il «confronto delle idee» e il deserto del Sahara nella testa del premier
1/5/2010

Camilleri, «La Vecchia Guardia muore, ma non s’arrende» urlò agli inglesi, a pie’ fermo, il generale napoleonico Cambronne, in quel di Waterloo; poi, spazientito, gli scappò anche dell’altro - “merde”; ma gli storici non sono unanimi. Scrisse Victor Hugo: «Dire queste parole, e poi morire. Cosa c'è di più grande? Voler morire è morire, e non fu colpa sua se quell’uomo, mitragliato, sopravvisse». Gianfranco Fini giganteggia, pur se mitragliato, lapidato, preso al laccio. Sta sopravvivendo; politicamente, s’intende. Crede ancora nella Vecchia Guardia. Non vuole un partito di plastica. Si sente a casa sua, mentre Berlusconi è indeciso fra il ruolo di “buttafuori” e quello di “buttadentro”. Fini non dispone più di un esercito. Da tempo, i suoi “colonnelli” hanno cambiato camicia e pennacchi, perché nel Pdl di plastica non è che si razzoli poi tanto male. Ma Fini, ha un paio di battaglioni. È questo che terrorizza il Grande Papi di tutte le battaglie che ha tramortito i dissidenti; chiuso programmi tv e imposto “direttorissimi”; riscritto il manuale Cencelli, promuovendo i Cavalli parlanti di Caligola… Perché meravigliarsi se gli vengono i capelli verdi, a sentir Fini che cerca il «confronto di idee»?
Saverio Lodato

«Non sono d'accordo con lei, caro Lodato, sulle citazioni che mi fa della battaglia di Waterloo e della Vecchia Guardia che muore ma non si arrende. Lo scontro tra Fini e Berlusconi non è stato né Waterloo né il 25 luglio. A mio parere, non si è trattato nemmeno dell’ammutinamento del Bounty, per quanto era evidente che Berlusconi fosse tentato di mettere su una scialuppa Fini e i suoi e di abbandonarli in mare aperto. Perché Fini non ha cercato di impadronirsi del timone, ha semplicemente esortato a un parziale cambiamento di rotta.
Senonchè, sempre per restare nella metafora marinara, del barcone Pdl Berlusconi si considera Capitano dopo Dio e quindi le critiche di Fini gli sono suonate come una blasfemia, un atto di lesa maestà. Che cosa gli rimproverava in sostanza Fini? L’eccesso di leggi ad personam devastanti per il resto del paese, il vedere sempre in ogni cosa un complotto della magistratura ai suoi danni, l’essersi appiattito sulle posizioni della Lega le cui pretese post elettorali si fanno, a giusto titolo, sempre più esose. Si tratta di critiche che da anni vengono rivolte alla politica personalistica del Cavaliere. Allora perché si è risentito tanto? La risposta, a mio avviso, è semplice.
Berlusconi già sconvolto dal fatto che queste critiche gli venissero rivolte in casa sua, ha tenuto a tagliare chirurgicamente subito quello che ritiene unt umore capace di produrre letali metastasi presso coloro che gli sono stati al fianco fin dalla fondazione di Forza Italia e che hanno visto degradare il loro partito in un organismo di potere al servizio degli interessi berlusconiani. Una prova evidente è stata l’astensione di Pisanu dalla mozione finale che assolveva Berlusconi e inchiodava Fini alla gogna. Ma quello che deve avere atterrito Berlusconi, che gli ha fatto venire i capelli verdi, come dice lei, è stata la finiana richiesta di «un confronto di idee». Per confrontarsi sulle idee bisogna prima di tutto averle. Fini stava dimostrando di averle, mentre il Cavaliere in testa aveva il deserto del Sahara. E allora ha dovuto mostrare pubblicamente il suo volto rancoroso, truce e livido di padrone, per tanto tempo celato sotto una maschera sorridente e paternalistica. E questo, a Fini, non lo perdonerà mai»
Andrea Camilleri


Povero Garibaldi se l’elmo celtico comprime il cervello...
9/5/2010

Camilleri, secondo Stefania Craxi «é opportuno un gesto spettacolare: recarsi a Piazzale Loreto per un atto di cancellazione dell’ atroce oltraggio inflitto al cadavere di Mussolini». Abbiamo assistito all’equiparazione di Resistenza e Repubblica di Salò, partigiani e torturatori, monarchia e repubblica, ma,evidentemente, non basta. D’altra parte, ci sono storici e aedi che ci possono assistere durante un parto così faticoso: ripercorrere a ritroso tutta la nostra storia per scardinare, una ad una, le poche certezze in cui siamo beatamente vissuti. Che male c’è?
Se il cambio delle stagioni comporta il “cambio degli armadi”, perché non fare lo stesso per il cambio delle “stagioni politiche”? I francesi conquistarono la Bastiglia, i russi il Palazzo d’Inverno, gli inglesi conobbero una poderosa rivoluzione industriale. E noi che abbiamo avuto dalla Storia? Risorgimento e Resistenza, due pagine scritte da minoranze illuminate. Sono queste due paginette a essere fondanti della nostra identità. Troppo poco, meglio stracciarle e che non se ne parli più. Ma lo avrebbe immaginato che ci saremmo ridotti a parlar male di Garibaldi?
Così una parte degli italiani marcerà su Piazzale Loreto, un’altra, non meno pugnace, raderà al suolo la casa di Garibaldi, a Caprera. Ricorda quando gli undici azzurri della nazionale, tranne qualche eccezione, si ostinavano a non cantare l’Inno di Mameli? Statisti lungimiranti erano, ma non ce ne accorgemmo!
Saverio Lodato

Stefania Craxi ha la vocazione dell’organizzatrice di pellegrinaggi quantomeno inopportuni e provocatori, da Hammamet a Piazzale Loreto. A quando una visita alla tomba di Amerigo Dumini, assassino di Matteotti? E una breve capatina in Francia a portare dei fiori sui loculi dei cagoulards che massacrarono i fratelli Rosselli? La Craxi è una menade in preda a una furia revisionista che l’acceca e la fa delirare. La poverina non ricorda che proprio a Piazzale Loreto tempo prima erano stati ammazzati dai nazifascisti degli italiani colpevoli solo d’amare la loro patria? Non ricorda che la guerra voluta da Mussolini a fianco di Hitler aveva provocato la perdita di milioni di giovani vite italiane e la distruzione di intere città?
Ma Stefania Craxi è un caso a parte. Mi preoccupano sinceramente assai di più le dichiarazioni leghiste contro Garibaldi e, in genere, contro l’Unità d’Italia. Perché autorevoli esponenti, si fa per dire, della Lega fanno parte del governo, siedono in tanti in Parlamento, e perciò sono in grado, succube Berlusconi, di prendere decisioni devastanti per l’intero paese. L’ideale elmo celtico che costantemente portano in testa deve pesare troppo e comprimere il loro cervello, impacciando il corso dei già radi pensieri. Amano definirsi gente rude e concreta e dunque pronti a travolgere tutto ciò che contraddice le loro scarse idee: se i libri di storia affermano unanimemente l’opposto di ciò di cui sono convinti, al rogo i libri di storia. Anzi, al rogo la Storia. È, caro Lodato, l’oscuro, minaccioso momento della bestia trionfante, della rivincita dell’incultura, dell’ignoranza più crassa. Pontificano, sazi e boriosi, da vertiginosi abissi di nullità, di vuoto pneumatico. Imprecano contro«Roma ladrona» e intanto si impadroniscono di banche, di società statali, di posti di potere, di ben fornite greppie. Con molta amarezza, mi tornano a mente dei versi di Alfonso Gatto: «Voi non siete più amici, ombre straniere / di un mondo che dimentica i suoi morti / e le speranze che credeste vere...».
Andrea Camilleri


I sonnambuli della bustarella, l’ex ministro e il contagio
16/5/2010

Camilleri, ormai i politici commettono reati a loro insaputa. In perfetta buona fede, con la coscienza a posto. Sono diventati automi, interagiti da un Sistema che li piega a ogni nefandezza, privandoli del libero arbitrio. Sono i sonnambuli della bustarella, i sonnambuli del riciclaggio, degli appalti, dell’evasione fiscale, sonnambuli perfino nell’utilizzazione finale delle escort che, a loro insaputa, si ritrovano per casa. I nostri padri, a consolazione della loro onestà, che in Italia è sempre stata ben magra consolazione, si consolavano dicendo che i disonesti non riescono a dormire. Tempi passati. Oggi va di moda il sonnambulo. Non so se Lei ha assistito all’intervista di Bruno Vespa all’ex ministro Claudio Scajola. Grande pagina di giornalismo. Vespa ha fatto le domande che tutti avremmo voluto fare. Ne è venuta fuori l’“intervista al sonnambulo”. Scajola, più che in poltrona, sembrava sul lettino del terapeuta e a Vespa, molto “medical”, mancava solo il camice bianco. Scajola: “ho pagato troppo poco? Chi era il notaio? Ma perché avrebbero dovuto pagarmi la casa? Ma non sono indagato!” I medici sanno che il sonnambulo non va svegliato di soprassalto. Ecco perché l’esperimento - l’intervista al sonnambulo”- non era mai stato tentato. Chapeau!
Saverio Lodato

Attorno al caso Scajola, l’ex ministro al quale sarebbe stato comprato, a sua insaputa, un appartamento a un terzo del prezzo di mercato, si sono formate, nel nostro paese, due autorevoli scuole di pensiero, ognuna dotata di serii argomenti. La prima è quella che sostiene l’intervento di un benefattore anonimo (o anemone, con facile gioco di parole) il quale non solo si cela dietro l’anonimato, ma ha la caratteristica di agire a totale insaputa del beneficato. A favore di questa tesi, mi permetto di ricordare un precedente.
Anni addietro, in Sicilia, in piena estate, le forze dell’ordine irruppero in una casa di campagna e catturarono un boss mafioso latitante. Nella perquisizione, vennero rinvenuti un bel po’ di milioni di lire nel cassetto del comodino. “A che ti doveva servire questo denaro?”- chiesero gli agenti. “Quale denaro?”, domandò il boss mostrandosi stupito. Gli agenti lo condussero in camera da letto e glielo fecero vedere.
Il boss stette un po’ a considerarlo e poi disse: “Dev’essere successo così. Siccome col caldo che fa dormo con la finestra aperta, qualcuno può essere entrato di nascosto e m’ha messo il denaro dentro il cassetto”.
La seconda scuola di pensiero è quella da lei brillantemente sostenuta, caro Lodato. E cioè che si tratta di sonnambulismo. Non ho assistito alla trasmissione di Vespa. Ma vi aderisco senza se e senza ma. E vorrei portare il mio contributo. Non credo che il sonnambulismo sia limitato a fatti che potrebbero apparire frutto di corruzione o d’illegalità, ma credo sia estensibile a moltissimi atti di questo governo.
Per esempio, lei crede che un uomo di così squisito senso istituzionale e di così adamantina condotta pubblica e privata come Berlusconi accetterebbe l’ignominia delle leggi ad personam se non fosse in stato sonnambolico? E se non lo fossero anche i proponenti di quelle leggi e i parlamentari che le approvano? So da fonte certa che l’Organizzazione mondiale della sanità è molto preoccupata del manifestarsi di questo fenomeno nel nostro paese e molti studiosi hanno formulato l’ipotesi che il sonnambulismo possa dimostrarsi altamente contagioso. Ove venisse comprovata, non resterebbe che isolare l’Italia con un cordone sanitario per evitarne il diffondersi del fenomeno oltre i confini. Con i guai economici che l’Europa sta attraversando, ci mancherebbe anche questo!
Andrea Camilleri


Ministro Bondi, si guardi allo specchio: non è un film che rovina l’Italia...
23/5/2010

Camilleri, «sento puzza di letteratura bruciata» dice uno dei Simpson, la famiglia fumettistica più strampalata d’America. E la frase fa specie, visto che in America non conoscono la Lega e il Trota; la benedizione padana del Po; un premier che strozzerebbe con le sue mani scrittori e registi indigesti; un ministro della cultura, Sandro Bondi, che diserta Cannes perché il Draquila di Sabina Guzzanti, «disonora l’Italia» (sic!). Visto che non si sognerebbero di riscrivere la storia della Guerra di Secessione per far discendere i nordisti dal piedistallo dei vincitori e farci accomodare i sudisti né si «pulirebbero il culo» con la bandiera a stelle e strisce (come Umberto Bossi con il nostro tricolore). Visto che non si sognerebbero di definire Al Capone «eroe nazionale» né di far rientrare i capitali illegali in cambio di una mancia all’erario o di proibire le intercettazioni telefoniche. Insomma, se avvertono «puzza di letteratura bruciata» negli States, figuriamoci qui in Italia. La frase dei Simpson fa il paio con quella che Lei ha pronunciato in una nostra rubrica: «se i libri di storia affermano unanimemente l’opposto di cui sono convinti (si riferiva ai leghisti) al rogo i libri di storia». È notorio che i nostri politici, quando vogliono strappare l’applauso in tv, fanno i gargarismi parlando bene dell’America. Dovremmo lasciare perdere gli americani e concentrarci piuttosto su quanto stia diventando micragnosa, agli occhi del mondo intero, l’immagine Italia. Con Bondi e con il Trota non si arriva da nessuna parte, neanche a Cannes che è dietro l’angolo. Non crede?
Saverio Lodato

Non c’è bisogno di consultare uno psicoanalista per capire che nel più profondo della psiche del ministro Bondi aleggia il sogno di un novello Minculpop, quello che, ai bei tempi del ventennio fascista, decideva quali scrittori e registi e artisti erano da portare sugli altari e quali gettare nella polvere. La sua dichiarazione di non andare a Cannes (dove del resto non era stato nemmeno invitato) perché il festival ospitava il film della Guzzanti che, a suo parere, offendeva l’Italia potrebbe essere controbattuta facilmente così: non sono i film o i libri (vedi l’attacco di Berlusconi a Gomorra) a offendere l’Italia, ma coloro che dai loro posti di potere quotidianamente l’offendono con lo spettacolo indegno della loro corruzione, del loro affarismo, della loro mancanza di scrupoli e di morale. Più volte, e in forme diverse, il ministro ha manifestato a parole il suo disprezzo verso la cultura. Un mondo dal quale egli è inesorabilmente tagliato fuori, basta leggere le sue imbarazzanti poesie (si fa per dire). Ma il fatto grave è che, servendosi del suo potere, egli sta muovendo una vera e propria offensiva legislativa destinata a fare tabula rasa di ogni forma d’arte nel nostro paese. Non c’è una sua legge sul cinema o sul teatro che non abbia suscitato vigorose e ben motivate proteste. La sua impresa più recente è quella contro i Teatri d’Opera che mira a mettere in ginocchio tutti coloro che lavorano nel campo della lirica, dai tecnici ai cantanti, dai direttori d’orchestra ai corpi di ballo, dagli orchestrali agli scenografi. Egli, con furia iconoclasta, vuole far scomparire l’Italia del bel canto. Potremo sempre consolarci con le canzoni di Berlusconi e d’Apicella. Il ministro della propaganda di Hitler usava dire che quando sentiva la parola cultura metteva mano alla pistola. Bondi ha lo stesso riflesso condizionato, ma invece che alla pistola, mette mano a una delle sue leggine. Lei, caro Lodato, dice che con gente simile non si va da nessuna parte? Non sono d’accordo, con gente simile «si camina narrè comu ‘u cordaru», cioè si va indietro, sempre più indietro, verso il più buio medioevo.
Andrea Camilleri


Attorno al premier fioriscono lodi, ma non c’è nulla di lodevole
30/5/2010

Camilleri, la corruzione è diventata un “mal francese”, che non risparmia i vip. I giovani non sanno che per “mal francese” si intendeva la sifilide, che si faceva risalire all’occupazione di Napoli da parte delle soldataglie di Carlo V; chiamandola “mal francese”, la si ingentiliva. In Sicilia, di un nobile di ritorno da Parigi e che se ne fosse ammalato, si diceva: “ ha il mal francese”; il malcapitato, con volgare efficacia, giurava: “ se guarisco da questo male, carne di porco non ne mangio più”.
Morale: è troppo facile fare i fioretti quando è troppo tardi. Ciò premesso, e in tema di fioretti. Il premier si dice “deluso” da Scajola che non andrà dal giudice e bolla come “caso isolato” la vicenda di Denis Verdini. Non solo: Noemi ha sperato invano che papi gli telefonasse per i suoi diciannove anni e da tempo, per evitare tentazioni, Berlusconi è rintanato a Palazzo Grazioli. Prima o poi, farà qualche adozione a distanza. Insomma: tutto casa, oratorio e fioretti. E se fugge dai processi, lui lo fa solo per ragion di Stato. Ma si inalbera se gli altri vogliono paragonarsi a lui.
Se tutto è lodo niente è lodo: pare che il suo cruccio stia diventando questo…
Saverio Lodato

Da quando Berlusconi è comparso prima sulla scena imprenditoriale e poi su quella politica, attorno a lui è stato tutto un gran fiorire di lodi. No, non creda che mi sia improvvisamente convertito come un Ferrara o un Bondi. Sto adoperando “lodi” come plurale tanto di lode quanto di lodo. Ora, mentre tutti sanno cosa sia una lode, non tutti sanno il significato di lodo. È voce del verbo lodare, certamente, ma nel nostro caso, a stare al dizionario Devoto-Oli, ha due definizioni.
La prima: “Nel linguaggio giuridico, la decisione degli arbitri”. La seconda: “Formula di transazione o di compromesso”. Un esempio della prima accezione, applicata al nostro Silvio, è il famoso “lodo Mondadori”, che permise al monarca di Arcore di impossessarsi della casa editrice attraverso una decisione arbitrale che venne opportunamente pilotata. E fin qui ci siamo.
Ma il lodo Alfano in quale delle due definizioni rientra? E Alfano può essere considerato un arbitro super partes? E il suo lodo che transazione o compromesso propone? Quello di Alfano non è un atto di mediazione, è semplicemente un atto di potere, un diktat più o meno bulgaro che viene impropriamente chiamato lodo e come tale viene spacciato. Del resto, cosa da me ripetuta più volte, Berlusconi ha creato un suo personale vocabolario, subito adottato con entusiasmo dai suoi accoliti. In questo vocabolario, le parole che noi comuni mortali adoperiamo acquistano un significato diverso se non opposto.
Prendiamo, per esempio, la parola “amore”. Berlusconi dice e ripete a ogni piè sospinto che il suo è il partito dell’amore. E si è visto infatti con quanto sviscerato amore si è sempre espresso verso giornalisti non allineati come Enzo Biagi o Michele Santoro. O verso comici rei di fare il loro mestiere. Come ha amorevolmente definito coglioni coloro che non votavano per lui. Con quale struggente affetto parla quotidianamente dei magistrati.
Allora viene il dubbio che nel vocabolario berlusconiano la definizione della parola amore sia: odio allo stato puro. Lei, caro Lodato, afferma che, secondo Berlusconi, “essendo tutto lodo niente è più lodo”. Mi permetta di correggerla così: essendo tutto lodo, in Italia non c’è più niente di lodevole. E in quanto alla corruzione, che lei paragona al mal francese, la soluzione la indica lei stesso. Basterebbe non mangiar più carne di porco prima, e non dopo, per non contrarre l’infezione.
Ma la voracità di questi sinistri figuri promossi a governanti è tanta e tale che continuano ad abbuffarsi di carne di porco certi che prima o poi un provvidenziale lodo li monderà dalla lue.
Andrea Camilleri


La certezza di Panebianco: il commissario Montalbano è un mafioso
6/6/2010

Camilleri, le piaccia o no, sarà costretto a testimoniare, o come mandante o come persona informata sui fatti. Chi è sotto processo? Il suo tanto decantato Montalbano. Ronzando, ronzando, i mosconi hanno fatto un buon lavoro, denunciando l’ambiguità ambientale del commissario di Vigata, con i piedi ancorati in una realtà mafiosa alla quale, né lui, né Lei, potete sottrarvi. Il professore Angelo Panebianco su Sette: «Guardando una delle ultime puntate non ho potuto evitare di pensare: ma vuoi vedere che Montalbano è un “colluso”?»; «Montalbano intrattiene rapporti telefonici... con un vecchio capo mafia che gli manifesta grande stima e rispetto e, addirittura, ferma una guerra di mafia convocando i capi cosca in una località segreta e obbligandoli a stipulare un accordo». Certe cose non si fanno, neanche in letteratura! E il professore cita Andreotti, Contrada, Dell’Utri, processati per quei comportamenti che Lei, caro Camilleri, così disinvoltamente, giustifica in Montalbano. Il professore crede di vedere doppio e si chiede se di Camilleri «ce ne siano due». Il primo è noto. L’altro è «l’intellettuale-politico che usa talvolta l’accetta giustizialista». Cosa ha da replicare? Ma non può cavarsela chiedendo la perizia psichiatrica per il suo accusatore, il professore Panebianco.
Saverio Lodato

Caro Lodato, la ringrazio di avermi dato l’opportunità di parlare dell’articolo del professor Panebianco. In genere, non rispondo mai ai critici, se faccio un’eccezione è perché le parole del professore gridano vendetta. Occorre fare una premessa. Al professore è sorto il dubbio atroce che Montalbano fosse colluso con la mafia, alla stregua di Dell’Utri, Contrada e Andreotti, vedendo lo sceneggiato televisivo tratto dal mio racconto “Par condicio”. Ha giudicato cioè uno scrittore non per le sue pagine scritte e pubblicate, ma attraverso una riduzione televisiva. Se si fosse preso la briga di andarsi a leggere il racconto, avrebbe visto infatti che è Montalbano a convocare in commissariato il capo di una famiglia mafiosa e a metterlo alle strette, senza nessuna concessione. Nello sceneggiato, firmato anche da me, abbiamo preferito dare più spettacolarità alla scena. Montalbano convoca in un posto fuorimano i due capifamiglia, in quel momento non latitanti e non accusati di nessun reato, e fa una specie di incidente probatorio, senza concedere nulla anche lì.
Mi spiega il professore dove vede la collusione? Ad ogni modo, torno a ripetere, parlare di uno scrittore senza leggere i suoi libri è come spiegare agli studenti il “De bello gallico” di Giulio Cesare solo facendo loro vedere Asterix. Mi compiaccio per il rigore professionale, professore. In quanto alla stima che i mafiosi professano per Montalbano, vada a leggersi (perché di certo non l’ha letto, avrà visto il film) il dialogo tra il mafioso don Mariano e il capitano Bellodi nel “Giorno della civetta” di Sciascia. Capirà che è proprio l’incorruttibilità e il no a ogni compromesso a generare la stima dei mafiosi. Stima che non esclude il colpo di lupara verso chi «purtroppo non ha voluto sentire ragioni». No, caro Lodato, non chiederò la perizia psichiatrica per il mio accusatore. Egli persegue un disegno lucido e preciso, quello che Eco ha chiamato «dello sputtanamento globale».
Se tutti, anche un personaggio come Montalbano, sono collusi con la mafia, nessuno è colluso con la mafia. Insomma, il professore appartiene a quella scuola di pensiero creata da un ministro di un governo Berlusconi il quale affermò che «con la mafia bisogna convivere». Io, che non ho mai chiamato eroe un mafioso, appartengo a un’altra scuola. E anche il mio personaggio vi appartiene. E a dimostrarlo è proprio il tentativo d’infamarlo fatto dal professor Panebianco.
Andrea Camilleri


Gli insulti della destra e il buon galateo di Bersani e D’Alema
13/6/2010

Camilleri, «gli insegnanti sono eroi moderni e il ministro Gelmini gli rompe i coglioni». Parola di Pier Luigi Bersani. Sallusti, del Giornale, «vada a farsi fottere! È un bugiardo e un mascalzone». Parola di Massimo D’Alema. Cose mai sentite. L’opposizione ha da essere educata, deve sapere stare a tavola, non adoperare lo stuzzicadenti, non mettersi le dita nel naso, coprirsi la bocca se sbadiglia, come si conviene a persone civili. E rispettare il precetto di Monsignor Giovanni Della Casa: «non sono da fare in presenza degli uomini le cose laide o fetide o schife o stomachevoli, ma il nominarle anco si disdice». E il coro della grande stampa, che al galateo ci tiene, ha bollato le parole di Bersani e D’Alema. Per Bossi il “celodurismo” fu il credo della Lega. Scajola definì un “rompicoglioni” Marco Biagi. Calderoli, alla notizia che i musulmani volevano costruire una moschea, minacciò di far passeggiare il suo maiale nell’area prescelta. Per Brunetta la sinistra dovrebbe andare “a morì ammazzata” e per Berlusconi gli elettori di sinistra “sono coglioni”. Che scrissero, allora, le grandi firme? Niente. Ridacchiavano.
Saverio Lodato

Anch’io ho notato la pudica reazione dei politici del Pdl e di parte della stampa alla, una volta tanto, colorita espressione di Bersani nei riguardi della Gelmini. Berlusconi, con la profonda cultura che lo contraddistingue, pare che abbia detto ai suoi intimi che persino Socrate non chiamava “rompicoglioni” sua moglie Santippe, ma la definiva educatamente “un pochino noiosa”. Ma sembra che si siano anche risentite alcune rappresentanti del gentil sesso nel Pd perché una donna, come si sa, non va colpita nemmeno con un fiore e men che mai con una parolaccia. Mi pare, quest’ultima, nella migliore delle ipotesi, una presa di posizione d’altri tempi. Il linguaggio femminile, via via che la donna acquista totale autonomia e guadagna la par condicio con l’uomo, va anch’esso mutando e di molto. Posso testimoniare di conoscere donne, simpatizzanti per i due schieramenti politici, che adoperano un “parlari spartano”, come si dice dalle mie parti quando si usano frasi e parole rudi. Lasciamo perciò posizioni simili a chi d’ipocrisia è costretto, giorno dopo giorno, a vivere.
Vede, caro Lodato, tanto più un individuo è dentro di sé profondamente corrotto, cinico, dedito al compromesso e alla menzogna, tanto più desidera apparire all’esterno uomo rispettabile, di parola, educato, attento alla forma e alle buone maniere. Sono quelli che vennero definiti splendidamente “sepolcri imbiancati”. Ma anche sapendo tutto questo, fa senso lo stesso vederli insorgere, in funzione di vestali della sacra fiamma di Arcore, sdegnati contro i maleducati della sinistra che adoperano un linguaggio scurrile, una volta si diceva da caserma. Lei, stupito, si chiede come mai allora questi signori abbiano dimenticato d’avere usato anche loro, e con maggiore frequenza, questo linguaggio. Devo citare ancora il Vangelo e ricordarle che c’è chi vede la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non scorge la trave nel proprio? E poi, se vogliamo entrare nel merito, lei sa benissimo che l’intenzione e l’intonazione con le quali viene detta una certa parola ne fa variare di molto il senso. Prendiamo ad esempio il “rompicoglioni” di Scajola e quello di Bersani. Il primo era, per dirla con Metastasio, “voce dal sen fuggita / che trattener non vale”. Il secondo invece definiva con esattezza il compito principale della ministra e quindi non voleva costituire offesa. Così, quando Berlusconi ci chiama coglioni non c’è da offendersi, perché dice la verità. Infatti, dopo tanti anni, continuiamo a tenercelo sul groppone. E il primo a meravigliarsene è lui stesso. Anche per questo, l’irritazione di D’Alema la capisco perfettamente.
Andrea Camilleri


Ministro, ci obblighi tutti a tifare per la Nazionale
20/6/2010

Camilleri, se l’idea di La Russa sì farà strada, diventeremo il primo Paese che impone per legge l’obbligatorietà dell’inno nazionale. E mentre mi lascio andare a questa affermazione apodittica, le confesso che non mi sono minimamente documentato. Che non ci siano nazioni, in nessun angolo del pianeta, dove si canta su ordinazione, so di saperlo. Il precedente: il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha fatto scandalo non cantando l’inno italico al quale ha preferito, secondo testimoni, il “Va, pensiero”. Quelli della Lega li conosciamo. Ma un ministro tutto d’un pezzo come La Russa? Le “grida” cui faceva riferimento Alessandro Manzoni, a sostegno della tesi che i problemi non si risolvono accanendosi poliziescamente nella moltiplicazione delle leggi, impallidiscono al cospetto del d.d.l. di La Russa. Rileggiamo Manzoni: “all’udir parole di un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre”. Provi La Russa a proporre una legge per imporre la legge che la legge è uguale per tutti! Che parole “gagliarde e sicure”, sarebbero. E che “rimbombo”. Più facile far cantare gli italiani per legge che, per legge, renderli uguali!
Saverio Lodato

Caro Lodato, mettiamo i puntini sulle i: il governatore leghista Zaia nega d’aver dato l’ordine di non eseguire l’inno nazionale all’inaugurazione di una scuola, una caterva di testimoni invece afferma il contrario e sostiene che l’inno è stato eseguito solo dopo l’andata via del governatore. Ma la prima notizia che lessi in proposito diceva che era stato un portaborse di Zaia ad avvertire i responsabili della manifestazione che il governatore avrebbe molto gradito se al posto dell’inno di Mameli fosse stato eseguito “Va pensiero”. Tra parentesi, sempre meglio delle canzonette con le quali un ministro leghista usa celebrare a casa sua la festa della Repubblica. Quindi Zaia, quando afferma di non essere stato materialmente lui a non volere l’inno dice il vero, ma dimostra nello stesso tempo la sua infinita ipocrisia e viltà. Una volta i leghisti passavano per gente senza peli sulla lingua, sgradevoli forse ma autentici, ora si vede che sono stati contagiati da Berlusconi e dai suoi mezzucci ambigui. Il ministro La Russa, profondamente ferito dal gesto di Zaia, pare stia preparando un Ddl sull’insostituibilità dell’inno nazionale nelle cerimonie ufficiali. Perché se l’esempio Zaia prendesse piede avremmo in tutta Italia cerimonie al suono di “Daje de tacco/ daje de punta/ quant’è bona la sora Assunta” oppure di “Vola, colomba, vola”. Ma il problema è che il sentimento nazionale non si può imporre per legge. E i leghisti, è inutile nascondersi dietro un dito, non nutrono sentimenti nazionali, anzi. Per questo temo qualsiasi loro iniziativa. Continuo a considerare intollerabile la turpe frase di Bossi, ministro e senatore, pagato coi denari di tutti gli italiani, quando disse che col Tricolore ci si puliva il sedere. Se c’era una cosa che ha sempre unito gli italiani è il tifo per la Nazionale di calcio nelle competizioni internazionali. Non è stato infatti un caso che il furbetto di Arcore chiamò inizialmente il suo cosiddetto partito “Forza Italia”! Adesso non più, Radio Padania ha esultato platealmente per un gol segnato contro di noi dalla squadra avversaria. Bisogna allora che il Ministro La Russa vari subito un decreto legge che imponga a tutti gli italiani di tifare la Nazionale e soprattutto a tutti gli immigrati che desiderano rinnovare il permesso di soggiorno di passare non solo il test del dialetto ma di sapere a memoria la formazione della Nazionale e tifare rigorosamente per essa. Pena espulsione immediata. Non le sembra, caro Lodato, che stiamo cadendo nel più profondo e tragico ridicolo?
Andrea Camilleri


Crescenzio Sepe, e quei duemila mazzi di chiavi
27/6/2010

Camilleri, scandalo scaccia scandalo. Ora è chiacchierato il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo di Napoli, raggiunto da avviso di garanzia per corruzione, insieme a Pietro Lunardi, ministro nel primo governo Berlusconi, che per primo dichiarò che con la mafia “si deve convivere”. I due, secondo i Pm di Perugia , si sarebbero favoriti, con scambi di appartamenti venduti o affittati a prezzi “religiosi” e assunzioni di parenti; insomma: farebbero parte della “cricca” grandi appalti. Sarà tutto falso. Le solite balle di Pm vanagloriosi. Il cardinale Sepe, incontrando i fedeli, l’ha presa un tantino larga: “Anche ai tempi di Gesù giravano tante voci. Ma lui guardava i discepoli negli occhi, offriva l’orizzonte della sua vita, divideva con loro il mistero del calvario. Non mi faccio influenzare dalle voci. Altrimenti un padre come guida i suoi figli?” Poi si è detto pronto a “collaborare”. Per lui , grandi parole da parte di padre Federico Lombardi, direttore della Santa Sede: “bisognerà tener conto degli aspetti procedurali e dei profili giurisdizionali impliciti nei corretti rapporti fra Santa Sede e Italia, eventualmente connessi alla vicenda”, leggi: Concordato. La Propaganda Fide, che il cardinale Sepe ha gestito sino al 2006, amministrerebbe, solo a Roma, un patrimonio immobiliare di 2000 alloggi, per un valore di nove miliardi di euro. Domanda: è possibile che la città di Roma abbia finito con l’essere ospite della città del Vaticano? E come faceva, da solo, il cardinale Sepe a districarsi fra duemila mazzi di chiavi? San Pietro, depositario solo delle chiavi del Paradiso, non si è mai appellato al Concordato.
Saverio Lodato

Siccome sono convinto che lo scandalo di Propaganda Fide, nel caso benedetto (nessuna allusione all’attuale Papa) che l’indagine non venga in qualche modo insabbiata con il ricorso a qualche cavillo giuridico del Concordato, sia destinato ad allargarsi, penso che presto Berlusconi troverà nuovi alleati in Vaticano nei quotidiani attacchi contro la Magistratura che osa prendersela addirittura con un Cardinale di quella stazza. Però, come lei giustamente mi fa notare, il povero Cardinale come faceva a districarsi tra duemila mazzi di chiavi degli altrettanti alloggi che Propaganda Fide possiede solo a Roma? Se ha alienato a prezzi stracciati qualche palazzo o qualche appartamento, l’avrà fatto esclusivamente per alleggerire un pochino il peso di tutto quel ferro che era costretto a portarsi appresso. Però sono indignato, mi creda. Non per quello che Sepe ha fatto, ma per quello che ha detto ai fedeli in sua difesa. Trovo insopportabile che un uomo di Chiesa, e ce ne sono stati altri in precedenza, appena viene accusato di un reato comune, si affretti a tirare in ballo il Calvario e a paragonare il suo “martirio”(sic!) a quello di Gesù. Pur non essendo credente, lo trovo veramente blasfemo. Se non vado errato, sul monte furono erette tre croci, una per Gesù e le altre per due ladroni. Ora non può un ladrone dichiarare di essere stato crocefisso alla croce di Gesù, i ruoli sono netti e non interscambiabili. Una linea di difesa del Cardinale, assai più terra terra ma efficace, potrebbe essere fondata sul principio cattolico che il denaro sia lo sterco del demonio. E di conseguenza, chi è costretto a maneggiare quotidianamente questo sterco, sia sotto forma di moneta sonante (vedi Ior) sia sotto forma di proprietà (vedi Propaganda Fide), inevitabilmente si sporca le mani e anche dopo numerosi lavacri nell’acqua santa il cattivo odore rimane appiccicato.
Comunque, caro Lodato, si ricordi che il Vaticano, quando vennero alla luce i primi preti pedofili, parlò di un “complotto” contro il Papa. Io non tornerei più sull’argomento Sepe, lascerei lavorare in pace i magistrati. Altrimenti, tra pochi giorni, sentiremo dal Vaticano tuonare contro un nuovo complotto.
Andrea Camilleri


Dove non hanno potuto le leggi ad personam ci ha pensato la Nazionale
4/7/2010

Camilleri, una meravigliosa frase di Winston Churchill: «gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre». L’Italia è in gramaglie. Non solo quella calcistica, ma l’Italia intera, tranne l’enclave vichinga. J’accuse e autocritiche, processi e auto processi, pianti liberatori e veleni, canti del cigno, metaforici suicidi e De profundis. Un lavacro per professionisti del calcio e tifoserie, opinionisti e tuttologi, giocatori in campo, in panchina e a casa, allenatori e grandi glorie del passato, dirigenti di federazioni calcistiche e conduttori di talk show, cantanti e attori, casalinghe lavoratori e disoccupati, il popolo italiano... E anche la seconda parte della frase di Churchill trova conferma. Che fosse esatta la prima, era risaputo da sessant’anni. Ma Massimo d’Azeglio, prima di Churchill: «Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani». E qui, a innestare una nell’altra le due citazioni, il discorso si complica. Perché quelli della Lega – per bocca del nuovo Vate Calderoli – lucrano sul disfacimento dell’Italia calcistica, conseguenza del disfacimento degli italiani in campo, per dare qualche altra bella picconata all’altra Italia, tanto amata dal D’Azeglio, che non è che stia meglio della prima. Calderoli ha la ricetta: calciatori italiani biondi e con gli occhi azzurri. Se tutti gli italiani, che non sono tutti biondi e con gli occhi azzurri, partecipassero al dibattito politico con l’orgoglio con cui stanno dando vita a questo lavacro calcistico, l’Italia, politicamente parlando, non vincerebbe i mondiali, ma almeno non sarebbe un grottesco doppione di quella calcistica.
Saverio Lodato

Caro Lodato, devo mettere le mani avanti, come si usa dire: non mi sono mai interessato di calcio. Ho seguito, per caso, negli anni passati, solo qualche incontro internazionale. Sono un italiano anomalo? Parrebbe di sì, dato che gli italiani conoscono solo la storia della squadra per la quale tifano e ignorano tutto, che so, del Risorgimento, del fascismo. A mio conforto, desidero raccontarle che quando il mitico Candido Cannavò, mi telefonò perché scrivessi un articolo sul Palermo e io gli risposi che non mi interessavo di calcio, lui, dopo un attimo di silenzio, esclamò: «Beato lei!» e riattaccò. Ci tengo però a dirle che trovo assai deprimente che il disfacimento di questa nostra Italia sia balzato agli occhi degli italiani attraverso la disfatta della Nazionale. Non sono bastate le leggi ad personam, il bavaglio alla stampa, il debito pubblico più alto d’Europa, il tasso d’occupazione giovanile più basso d’Europa, la disoccupazione galoppante, la cassa integrazione astronomica, le scuole sempre meno formative e meno competitive, i ministri con deleghe che non conoscono nemmeno loro, i ministri proprietari di case comperate da terzi che non conoscono, i ministri che con il tricolore si puliscono il culo, le ministre approdate al governo, solo per il loro, diciamo così, dovizioso aspetto. Insomma per capire che questo paese è sulla soglia del baratro, dovevamo perdere con la Slovacchia! Ho solo una riflessione da fare: sfogliando i giornali, ho appreso che la formazione tedesca che ha umiliato la squadra inglese e quella argentina non rappresenta il sogno di Calderoli di cui lei mi scrive. La maggior parte della squadra infatti possiede il doppio passaporto, la maggior parte della nazionale tedesca è fatta, udite udite, di emigrati, proprio quelli che Calderoli non vorrebbe vedere nel nostro Paese … Significa qualcosa? E sempre a proposito di calcio cosa ne pensa della frase del ministro fantasma Aldo Brancher secondo cui gli italiani se la sono presa per la sua nomina solo perché di cattivo umore per l’eliminazione dai Mondiali? Che fine intuito politico! Che profondità speculativa! E speriamo che resti a lungo tra noi un ministro come Brancher!
Andrea Camilleri


Una ribellione sacrosanta contro il venditore di fumo che ora snobba il terremoto
11/7/2010

Camilleri, «l’Aquila sta morendo». Quasi un dispaccio militare da una città accerchiata da sovrastanti forze nemiche, con viveri e munizioni che scarseggiano, il morale degli abitanti a pezzi. Guidano la protesta Stefania Pezzopane, già presidente della Provincia, e Stefano Cialente, il sindaco. Dall’Aquila, sono scappati tutti, come ladri nella notte. È scappato Papi che, sfoggiando il casco del muratore, arricchì la sua collezione di copricapo acconci alla bisogna. E i ministri che affollavano il parterre. Dove sarà finita l’inviata di Porta a Porta che sfoggiava il cappellino da alpino quando andare per macerie faceva tanto chic? E i mattacchioni della cricca, che la notte del sisma si scompisciavano? E il Bertolaso, dove presta oggi i suoi servigi? Cifre: in 58mila vivono fuori dalle loro case; sedicimila i disoccupati; zero euro per la ricostruzione. La beffa: i cittadini devono pagare al più presto le tasse. E siccome Roma non va più all’Aquila, gli aquilani sono andati a Roma. Hanno trovato i poliziotti che li hanno caricati. E il Minzolini? Ha seppellito la notizia nel suo Tg. Nel cono d’ombra dei terremoti, piccoli servi crescono...
Saverio Lodato

Lei, caro Lodato, m’invita a risponderle su un’amara questione che a me sta particolarmente a cuore. Potrei dire per fatto personale. Amo l’Aquila, ci ho vissuto lunghi periodi per il mio lavoro di regista, ho avuto modo di conoscerne le bellezze artistiche, d’apprezzare il carattere degli aquilani che è come uno scrigno chiuso dentro il quale si trova un tesoro. La sua Università mi ha insignito di una laurea honoris causa. Quando ho sentito del terremoto è stato come se fosse stata colpita una città che un po’ m’apparteneva. E come subito mi fu dolorosamente presente nella memoria, con la sue strade percorse da centinaia di giovani... Devo dire che provai un’immediata repulsione per le passerelle che si scatenarono dopo il terremoto. Facilmente lasciavano intravedere che Berlusconi e i suoi accoliti erano lì solo per farsi propaganda elettorale, per riconquistare una popolarità che si era un poco appannata. Più solenni promesse venivano fatte da un Berlusconi ora in elmetto ora in funzione di capogru e più m’intristivo al pensiero della triste fine che egli riservava a quei disgraziati. E la volgarità agghiacciante di certe affermazioni! «Andate per un po’ in villeggiatura al mare», detto agli aquilani che avevano perso casa e cose e che erano stati trasferiti negli alberghi di Pescara. E apparve subito chiaro che con la costruzione della newtown si sarebbe compiuto un ulteriore sfregio, vale a dire la cancellazione di una città ricca di storia e d’arte a favore di una sorta di brutta copia di Milano2. E anche in questa occasione, quanta repulsione ho provata davanti al sorriso di Berlusconi quando disse che gli abitanti delle nuove case avrebbero trovato il frigorifero rifornito di ogni bel di Dio! Che gesto di arrogante elemosina! Il frigorifero pieno per una settimana e poi... E poi lo si è visto, quello che è accaduto. Gli aquilani, dopo inutili attese, hanno dato mano alle carriole e alle pale per sgombrare le macerie, hanno fatto manifestazioni e cortei e, per tutta risposta, si son sentiti definire potenziali assassini da Berlusconi. E l’incredibile è che ancora in troppi, in Italia, continuano a credere in questo venditore di fumo. Ma attenzione governatori di destra e di sinistra gli abruzzesi, o meglio gli Aquilani sono gente tosta e caparbia. Ce ne hanno dato dimostrazione con il loro contegno durante i giorni seguenti al terremoto e ce ne stanno dando ancora non permettendo che la memoria dei loro teatri e delle chiese sia cancellata da una volgare puntata de Il prezzo è giusto. Quanto è accaduto l’altro giorno a Roma, è l’epilogo inqualificabile di una vicenda triste.
Andrea Camilleri


Le “menti raffinatissime” e quegli imprenditori che volevano le stragi...
19/7/2010

Camilleri, ricorre oggi il diciottesimo anniversario di via d'Amelio, quando furono trucidati Paolo Borsellino e la sua scorta. Ed è caccia ai mandanti delle stragi. Si è diffusa la consapevolezza che Cosa Nostra non agì da sola, non essendo mai stata un’organizzazione avulsa da un sistema di poteri che ebbero i medesimi interessi e le medesime finalità dei boss. Giovanni Falcone, dopo il fallito attentato dell'Addaura (20 anni fa), mi disse, per l'Unità, che dietro quei candelotti di dinamite scoperti dai ragazzi della scorta, si nascondevano "menti raffinatissime". Maniera elegante per lasciare intendere che non solo di mafia si trattava. Le sue parole ebbero forte eco, esponenti istituzionali ripeterono pappagallescamente che erano entrate in azione "menti raffinatissime", ma ciò non impedì alle "menti raffinatissime", due anni dopo, di mettere a segno la strage di Capaci. Si riparte con 18 anni di ritardo, spesi nel far tornare la memoria ai tanti che l'avevano perduta. A essere sospettati sono i servizi segreti. Non è una gran novità. La gran novità sarebbe dimostrare che le stragi furono volute dai servizi e da poteri forti e deviati, e che i mafiosi non furono altro che ragazzacci di bottega.
Saverio Lodato

Sono convinto che dietro alle stragi nelle quali trovarono la morte Falcone e Borsellino, e anche nelle altre che seguirono, ci siano state numerose "convergenze parallele", per dirla alla Moro. Lei, caro Lodato, autorevole storico della mafia, certamente ricorderà - e mi pare che una volta ne abbiamo già parlato - che il pentito Giuffrè raccontò in aula come e qualmente Bernardo Provenzano, avuto sentore con grande anticipo che Riina preparava le stragi, se ne allarmò. Temeva che avessero ripercussioni negative negli ambienti "bene" coi quali la mafia era in affari. E indisse un sondaggio segretissimo presso politici, massoni e imprenditori, affidandolo a tre uomini di sua fiducia. Giuffrè dichiarò di non conoscere i risultati del sondaggio, ma di essere certo che alcuni imprenditori del nord si erano pronunziati a favore dell'eliminazione fisica dei due magistrati, che tra l'altro avevano il brutto vizio di mettere il naso nel corrotto sistema degli appalti. Quindi, a parte il fatto che sarebbe utile e sommamente educativo conoscere i nomi di questi imprenditori del nord, resta il fatto che l'eliminazione fisica di Falcone e Borsellino trovava ampi consensi anche al di fuori della mafia. Forse il fallito attentato dell'Addaura fu una sorta di prova generale. In queste settimane è cominciata a circolare la plausibile ipotesi che gli attentati continentali (Roma, Firenze, Milano) siano stati dati in appalto alla mafia dai servizi deviati. E questa non sarebbe la prima volta che l'ombra sinistra dei servizi deviati si protende sulle stragi italiane che sono state tante, troppe, dai tempi della strategia della tensione all'Italicus e via via massacrando. E sempre, si badi bene, con una finalità politica a medio o lungo termine. Tanto che mi sorge un dubbio che le sottopongo. Se esistono i servizi deviati, dovrebbero esistere anche e soprattutto quelli non deviati. Ma siamo sicuri che questi ultimi esistano davvero? Lungi da me l'intenzione d'offendere dei fedeli servitori dello Stato. Ma non è paradossalmente ipotizzabile che quando un'operazione dei servizi va a finire male, allora venga attribuita ai deviati? Dei quali deviati infatti non vengono mai fuori i nomi e non si sa neppure se sono stati estromessi dal servizio o se sono stati promossi ai gradi superiori. E se per disgrazia qualcuno viene identificato e si tenta di processarlo, allora d'autorità viene tirato in ballo il segreto di Stato, un provvidenziale tappo che non lascia trapelare cattivi odori. A proposito, quanto ci scommette che del "signore con la faccia da mostro", l'ubiquo uomo dei servizi che si trovava sempre nel momento sbagliato e nel posto sbagliato, a breve non sentiremo più parlare?
Andrea Camilleri


Le carceri, i suicidi l’indifferenza di tanti e Alfano che non vede
25/7/2010

Camilleri, dall'inizio dell'anno nelle carceri, e nel più spaventoso disinteresse, quasi 40 detenuti si sono tolti la vita. Per l'«Associazione Ristretti Orizzonti», dal ‘60 ad oggi, l'incremento dei suicidi è del 300%. Statistica da brivido che il ministero della Giustizia non commenta. Il cappio al collo è consuetudine. Da Roma a Siracusa, da Milano a Ragusa, da Torino a Lametia Terme, da Padova a Piacenza a Reggio Emilia, da Varese a Como, da Brescia a Venezia a Ancona a Frosinone, si moltiplicano i casi di autolesionismo estremo. I suicidi non hanno nulla in comune. Uno era ergastolano. Uno sarebbe uscito per buona condotta. Uno si è impiccato poco prima di tornare in libertà. Uno perché lo stavano estradando. Uno era Rom. Uno napoletano. Uno albanese. Tutti sanno che in questo momento nelle carceri sono rinchiuse 68.000 persone ma che la capienza prevista è di un massimo di 43.000. Ad appesantire il bilancio nero, una cinquantina di casi in cui gli agenti hanno evitato il tragico epilogo. Cosa non si è detto e scritto sulle carceri italiane. Che erano poche, e ne andavano costruite altre. Che erano troppe, e bisognava depenalizzare. Spalancare le porte o buttare la chiave? E ora? Riprenderanno le visite dei parlamentari di ogni colore. Non crede?
Saverio Lodato

Mi pare che alla notizia del suicidio di un detenuto, uno dei tanti, alcuni giornali abbiano riportato il nobile commento di un deputato della Lega: "uno di meno". Poteva un leghista smentirsi? Naturalmente ci sono state le solite sdegnate reazioni, si è ripetuto insomma quello stanco rituale tutto italiano di accuse e controaccuse destinato a finire come una bolla di sapone. Perché il problema delle carceri in Italia non è stato seriamente affrontato da nessun governo. E certo non può essere risolto in modo definitivo con sfoltimenti momentanei dovuti ad amnistie, indulti, depenalizzazioni che, tra l'altro, hanno troppe controindicazioni. Il fatto certo è che mentre le carceri scoppiano, manca la volontà politica di porvi rimedio. Si ricorda, caro Lodato, che il ministro Alfano, tra un lodo e l'altro, aveva sbandierato tempo addietro un suo piano-carceri? Mi sa dire dov'è andato a finire? E qui c'è da chiedersi il perché di questa non volontà. L'opinione pubblica, ammesso che esista, si dimostra poco interessata al problema. Agli italiani, so di dire una spiacevole verità, importa sempre meno delle difficoltà altrui, la loro sensibilità negli ultimi decenni si è molto appannata. Fatte le dovute eccezioni, naturalmente. Non si sono ribellati alla disumana legge sui respingimenti indiscriminati, alla legge che fa dell'emigrato clandestino un reo, figurati quanto gliene importa se in cella si sta un po' strettini. Da parte loro, i politici si sentono al sicuro: a forza di leggine, norme, regolamenti, non si darà che rarissimamente il caso che uno di loro vada a finire dietro le sbarre. Sono sempre così decisi a far quadrato davanti alle richieste della magistratura, così granitici nella difesa della casta da far invidia al sindacato del tempo di Di Vittorio. Ora mi chiedo: quando una cella che potrebbe contenere al massimo quattro detenuti ne contiene otto, viverci dentro minuto dietro minuto per mesi e mesi e anni e anni, non diventa impresa disumana? Siamo così attenti che gli animali degli zoo abbiano buone condizioni di vita nelle loro gabbie e ce ne freghiamo di quello che avviene nelle carceri? Credo che l'esistenza quotidiana dei detenuti in un carcere sovraffollato somigli molto a un'insopportabile forma di tortura. La quale tortura, se non sbaglio, non è un reato contemplato dal nostro codice. Ed ecco spiegato perchè il governo Berlusconi, visto e considerato come vengono trattati i detenuti in Italia, ha dichiarato di non avere nessuna intenzione d'introdurlo. Accà nisciuno è fesso!
Andrea Camilleri


Marcello Dell’Utri un senatore d’onore
1/8/2010

Camilleri, ricorderà che Giulio Andreotti, da una certa data in poi, venne “prescritto” per mafia. La prescrizione non è affatto una assoluzione, tanto è vero che la Cassazione condannò l’imputato a risarcire le spese processuali rigettando altresì i ricorsi dei suoi difensori che puntavano alla totale riabilitazione. Di quella sentenza, che di ombre su una carriera politica apparentemente folgorante ne gettò più di una, i media fecero scempio, veicolando nel mondo intero la lieta novella dell’«Andreotti assolto». Con Marcello Dell’Utri siamo caduti molto più in basso; quasi ci vien da rimpiangere quella piccola banda di paese che intonò candidamente le sue marce garantiste. E per una volta lasciamo perdere il Tg1 di Minzolini, che preferirebbe non andare in onda pur di non affibbiare a certi amici degli amici la qualifica di “condannato”. Marcello Dell’Utri, autorevolissimo senatore della Repubblica Italiana, alla data di oggi, si porta sul groppone una condanna in primo grado a nove anni per concorso in associazione mafiosa e una in secondo grado a sette anni, per il medesimo reato. Dell’Utri, aveva annunciato: «Se sarò assolto toglierò il disturbo e mi ritirerò dalla politica». E ora che è stato condannato che fa? Non solo ci punisce tutti restandosene al suo posto ma, per non farsi mancare nulla, si ritrova anche nel registro degli indagati in compagnia dello specchiato Flavio Carboni, vecchia conoscenza delle questure di mezza Italia. Ai p.m. che volevano interrogarlo non ha risposto e poi ha fatto il giro dei Tg per esaltare il valore dell’omertà processuale, dicendo ai «picciotti» che con giudici Torquemada è meglio non averci a che fare. Un autentico senatore d’onore!
Saverio Lodato

Vogliamo, una volta per tutte, caro Lodato, sgombrare definitivamente il campo dai facili e magari malevoli equivoci e dire che il senatore Marcello Dell’Utri non, ripeto non, è stato condannato a sette anni in secondo grado, ma “diversamente giudicato” da quel Tribunale di Palermo? E’ una formulazione ineccepibile, mi creda, da suggerire para para a Minzolini. Infatti il secondo giudizio ha ridotto di due anni la pena comminata in primo grado. Tutto ciò premesso, mi sia consentito però di soffermarmi alquanto su una delle tre conclamate fissazioni del nostro senatore. Su due, la bibliofilia e la faccenda dei diari di Mussolini in suo possesso, che egli si ostina a giurare autentici e ogni tanto ne legge pagine a parer suo significative commuovendosi fino alle lacrime, non mi pronunzierò. Vorrei invece spendere qualche parola sulla patente di eroe da lui insistentemente affibbiata in ogni occasione a quel Vittorio Mangano, noto mafioso condannato all’ergastolo, implicato in un triplice omicidio, che egli dalla Sicilia fece arrivare a Milano al servizio di Berlusconi in qualità di stalliere ad Arcore. Perché il senatore s’ostina a considerarlo un eroe? Perché pare che in carcere il Mangano sia stato sottoposto a pesanti pressioni affinchè rivelasse possibili attività illegali di Berlusconi e Dell’Utri ed egli si sia rifiutato di rispondere, rinunziando alla libertà che gli era stata promessa in cambio. Ma mi domando: al senatore questa storia chi gliel’ha raccontata? Era presente? No. Esistono testimoni? No. Sono stati redatti verbali? No. E allora? Non gli sorge il sospetto che qualcuno possa avergli raccontata una bufala solenne come i diari di Mussolini? E poi, questo eroico Mangano che tiene la bocca chiusa per dovere d’amicizia non è lo stesso Mangano che qualche anno prima aveva fatto esplodere una bombetta nei pressi di una villa berlusconiana? Una bombetta che Dell’Utri e Berlusconi giudicarono, nel corso di una telefonata, quasi un gesto amichevole, un affettuoso presente? No, senatore, questa storia di Mangano proprio non funziona. Se ne inventi un’altra. Tanto, la fantasia non le manca.
Andrea Camilleri


I 30 mafiosi della lista e le guardie del carcere rimaste senza benzina
8/8/2010

Camilleri, a sentire gli inni del ministro degli interni Roberto Maroni, l’Italia è diventata tutta uno sterminato “acchiappa, acchiappa”. Ma il bello è che più ne acchiappano e più si riproducono in maniera esponenziale. E fra i tanti impegni presi dal governo adesso c’è anche quello di «sconfiggere» la mafia per sempre, entro i prossimi tre anni. Fosse vero! Ai suoi tempi, Lei lo ricorderà, c’era una frase che suonava pressappoco così: “appena te movi, te fulmino”. Prenda questa benedetta lista nera dei trenta latitanti più pericolosi d’Italia, che si gonfia e sgonfia come una fisarmonica, quasi che qualcuno faccia in tempo a uscirne, senza prima avere avuto il tempo di entrarci. Santo cielo: prendiamo esempio dagli americani, che di queste cose se ne intendono. Facciamo anche noi un bel mazzo di carte da poker, con le facce dei ricercati più truculenti, e non se ne parli più. Ma si sappia, una volta per tutte, da quante carte, e intestate a chi, è composto il mazzo. A questo proposito, le confesso che non ho mai capito perché, e non ho mai saputo chi, ebbe la trovata del numero 30. In un Italia dove, detto entro parentesi, sono alcune migliaia le persone pericolosissime e che si nascondono. L’unica cosa che mi sovviene è che Giuda tradì Gesù per 30 danari. Ma, per dirla con il Maurizio Crozza che impazza su La7: “è questa la relazione”? O per dirla con Karima: “vorrei che qualcuno mi spiegasse questa relazione”. Mi aiuta Lei?
Saverio Lodato

Leggevo sul “Corriere della sera” del 22 maggio che a Milano un importante processo contro 35 appartenenti alla ‘ndrangheta non si è potuto celebrare, e di conseguenza è stato rimandato, perché non è stato possibile condurre gli imputati dal carcere di Opera in tribunale per mancanza di un numero adeguato di guardie penitenziarie. Qualche mese prima avevo letto, su un giornale siciliano, che un processo contro alcuni mafiosi a Palermo era stato rinviato perché i furgoni cellulari che avrebbero dovuto trasportare i detenuti erano rimasti sforniti di carburante e non c’erano i soldi per comprarlo. Tutto questo, grazie ai drastici tagli che il governo Berlusconi ha operato sulle (o contro le) forze dell’ordine, riducendole al lumicino in fatto di uomini, mezzi, dotazioni. E dire che tutti, dico tutti, i sindacati di polizia, il Cocer, il sindacato delle guardie penitenziarie e chi più ne ha più ne metta, avevano fatto pubblicare proprio sull’Unità un manifesto comune nel quale mettevano in guardia la popolazione sul danno che quei tagli comportavano alla sicurezza dei cittadini. La risposta del governo non c’è stata. Anzi, no, per un po’, hanno sbandierato che quei tagli sarebbero stati compensati con l’impiego dell’esercito nelle città e soprattutto con la discesa in campo delle famose ronde. Ne avete più sentito parlare? Un velo di pietoso silenzio è stato steso sulle farneticazioni larussian-padane. Ci fu qualche mente volta al male, tra le quali la mia, lo ammetto, che pensò subito come quei tagli, ed altri provvedimenti che non starò qui ad elencare, si configurassero come un “oggettivo” aiuto alla malavita, organizzata e sciolta. Cattivo pensiero che si è molto rafforzato con la famigerata legge anti-intercettazioni che Berlusconi in persona ha molta fretta di fare approvare dai suoi subordinati. Se questa ulteriore infamia passa, il nostro ineffabile ducetto in pectore ottiene due ottimi risultati. Mettere il bavaglio alla stampa che non potrà più pubblicare le sue telefonate erotiche o le sfuriate contro i suoi gratificati riottosi e nemmeno quelle affaristico-malavitose della cricca di cui si è voluto circondare. E fare nello stesso tempo un grosso favore agli amici degli amici dell’indimenticabile stalliere Mangano, da lui definito un eroe, e la cui salma forse un giorno avrà un posto d’onore nel piccolo pantheon di Arcore. Ho spiegato qual è la relazione? Si ritiene soddisfatto?
Andrea Camilleri


Il regime che avanza e la saracinesca del nostro ristorante
15/8/2010

Camilleri, anche questa volta, con il nostro ristorante, «Lo chef consiglia», abbiamo fatto una bella tirata. La formula è stata rinnovata, abbiamo cucinato senza i ritmi ossessivi che ci eravamo imposti quando aprimmo, ma ormai siamo entrati, anche se con molta fatica, nelle migliori guide del settore. Abbiamo trovato nuovi clienti senza perdere quelli più affezionati e di vecchia data. E’ altrettanto vero, però, che qualche chef di fama indiscussa ci ha preso di punta, penso al professore Angelo Panebianco, che ce le ha cantate chiare, ma noi non gliene vogliamo, e ce ne siamo fatti una ragione. Non possiamo cercare solo applausi. Ricorda quando a criticarci era solo il “Cronista vertical”? E per quanti fossero interessati a saperne di più, rimandiamo alla lettura del volumetto in cui sono raccolte le sue ricette più recenti. Mi riferisco al libro “Di testa nostra. Cronache con rabbia 2009-2010”, pubblicato da Chiarelettere, che costituisce la prosecuzione ideale di “Un inverno italiano. Cronache con rabbia 2008-2009 ”, dello stesso editore, e che vide la luce nel luglio 2009. Sfogliandoli uno dopo l’altro, si avverte la sensazione di quanti siano gli argomenti di attualità e cronaca che non siamo riusciti a trattare perché il tempo ci fu tiranno… Se però i nostri clienti continuano a seguirci, significa che in giro c’è fame di «chiavi di lettura» e anche quel poco che offriamo viene accolto con simpatia. I libri si stanno sostituendo ai telegiornali. I libri coprono gli spazi spesso lasciati vuoti dai giornali. «E’il bavaglio, bellezza. E non puoi farci niente…». Ma se tutti vedono “il bavaglio”, rappresentato dalla volontà di impedire le intercettazioni telefoniche, è pur vero che questa è diventata un’Italia imbavagliata, anche perché sono in tanti, ormai, a imbavagliarsi da soli. Speriamo che a qualcuno non salti in mente di mettere all’indice persino i libri di ricette di cucina. Caro Camilleri, grazie ancora e arrivederci a quando lo riterrà opportuno, come di consuetudine. Censura permettendo, ovviamente.
Saverio Lodato

Lei, caro socio Lodato, mi invita indirettamente a fare una sorta di consuntivo del nostro ristorante ad apertura settimanale. Questa è un’operazione che faccio sempre malvolentieri. Perché solo allora, al momento del bilancio, mi rendo conto di tutte le cose che avrei voluto fare e che invece non ho fatte, vuoi per mancanza di tempo vuoi perché incalzato dalle richieste dei clienti. Per esempio, mi sarebbe piaciuto sperimentare un “Giovanardi in salamoia”, soprattutto dopo averlo sentito dichiarare che la tragedia di Ustica avvenne per lo scoppio di una bomba nell’aereo. Il problema della merce tipo Giovanardi è che tende ad ammuffire in breve tempo e oltretutto non la si può nemmeno congelare. Sarei stato lieto di servire in tavola un “Fini rosolato a fuoco lento” che, una volta cotto a puntino coll’aggiunta di mezzo bicchierino di grappa Bocchino, deve rivelarsi tenerissimo e gradevole soprattutto se servito con un contorno all’agrodolce fatto di limoni e arance siciliane di marca Granata. E chissà quanto sarebbe stato apprezzato un La Russa alla “cazzimperio” che, come lei saprà, malgrado il nome altisonante e aggressivo, è un pacifico condimento prettamente romano. E un Rotondi farcito da servire con un rametto d’alloro in bocca? E dei Maroni bolliti in acqua del Po dentro un Calderoli di rame e ricoperti di salsa padana? Basta, lasciamo perdere. Lei dice che riapriremo in autunno? Ne è così convinto? Quello che sta accadendo dall’inizio di questa estate, dimostra come sia in atto un tentativo di condizionare la libertà di stampa, e non solo. Se a Berlusconi il colpo riesce, allora avremo l’instaurazione di un vero e proprio regime che cercherà di mimetizzarsi il più possibile agli occhi degli altri paesi europei. Se Berlusconi vince questa sua personalissima battaglia, penso che non ci sarà facile tirar su, ancora una volta, la saracinesca del nostro ristorante. Speriamo bene.
Andrea Camilleri



Last modified Wednesday, July, 13, 2011