La tragicommedia delle vere e false identità e degli scherzi del destino secondo Camilleri.
A Vigata c’è un agitatore di folle che di nome fa Michele Sparacino. Quando scopre che l’orologio del municipio va avanti di dieci minuti aizza i lavoratori delle cave di zolfo contro i padroni che fanno i furbi e innesca uno sciopero generale che unisce panettieri e netturbini, maestri elementari e impiegati comunali. Ma questo Michele Sparacino non esiste davvero. È il risultato della fantasia di Liborio Sparuto, un giornalista pigro e bugiardo che, per spiegare ai lettori i fatti che sconvolgono Vigata, non trova di meglio che inventarsi questa imprendibile figura di fuorilegge. E però c’è anche un Michele Sparacino in carne e ossa, nato «alla mezzanotti spaccata tra il tri e il quattro di ghinnaro» del 1898. Puntualmente nel posto sbagliato al momento sbagliato, il poveretto passa la vita a scontare sulla propria pelle le bugie di Sparuto, schivando gli atroci scherzi del destino che lo porteranno fino a Caporetto, sempre inviso a commilitoni e comandanti. Andrea Camilleri infilza il suo personaggio con gli spilli di una crudele ironia e ci regala una storia troppo amara per essere vera ma troppo verosimile per non diventare lo specchio di una certa Italia.
Un colloquio inedito tra Andrea Camilleri e Francesco Piccolo completa questo fulmineo capolavoro rivelando alcuni trucchi del mestiere di uno degli scrittori italiani più amati.
Quando scrivevo come Amado
Andrea Camilleri e Francesco Piccolo
PICCOLO Questo è un racconto preso da una serie di storie che lei scrive per "divertimento personale".
CAMILLERI Sì, non hanno una destinazione editoriale, né la vogliono avere. Guarda, anche se non pare, sono un uomo estremamente ordinato, mentalmente. Non so se se l'hai notato, ma tutti i romanzi di Montalbano si compongono di 180 pagine conteggiate sul mio computer, divise in 18 capitoli di 10 pagine ciascuno. Se il romanzo viene fuori con una pagina in più o in meno, io riscrivo il romanzo, perché vuol dire che c'è qualcosa che non funziona.
PICCOLO Perché invece Montalbano funziona così, in 180 pagine?
CAMILLERI Perché secondo me così, in 180 pagine esatte, funziona. Quindi io prima di scrivere ho bisogno di fare il lucido, come fanno i geometri, cioè a dire: qual è il respiro di questo romanzo che ho in testa? I vuoti, i pieni, dove c'è la finestra, dove c'è il giardino. Ho bisogno di organizzarmi questo schema, e fino a quando non organizzo questo schema sono incapace di scrivere. Anche se il romanzo, in un altro ordine di successione, ce l'ho tutto in testa. Quando finalmente ho questo lucido davanti a me, allora comincio.
PICCOLO Anche Simenon era un geometra. Anche lui era maniaco della preparazione.
CAMILLERI Quindi vuol dire che non sono solo delle mie manie, questo mi consola. Come mi consolò una volta una storia che coinvolse Leonardo Sciascia. Mi chiamò e mi chiese: «Andre', ce l'hai un racconto?». Aveva fatto con Guglielmino un'antologia di scrittori siciliani, e stavano pensando a una seconda edizione - io avevo già pubblicato due romanzi:
Il corso delle cose e Un filo di fumo. Disse che però voleva un racconto, non voleva pubblicare brani di romanzo. In quel periodo avevo scritto tre racconti, Montalbano era lontanissimo, quindi non erano polizieschi. Gli dissi: «Te li lascio in albergo tutti e tre, scegli tu quello che vuoi». Poi mi telefonò dicendo: «Mi piace
Capitan Caci, non lo dare a nessuno perché te lo pubblico nell'antologia». Dopo circa una quindicina di giorni mi telefona un carissimo amico e mi chiede: «Hai letto l'ultimo libro di Jorge Amado,
Due storie del porto di Bahia?». «No, non l'ho letto.» «Te lo presto io» mi dice. «E no» rispondo, «Amado me lo compro subito». E vado a comprarlo. Sono due racconti. Comincio a leggere il primo e mi sento davvero male. Perché due episodi, e di difficile invenzione, erano lì. Erano in quel racconto. Ci resto veramente. Ti descrivo solo un episodio: Capitan Caci, doppiato Capo Horn, fa naufragio e si trova su una zattera con un negro gigantesco. Hanno pochissimi viLa vera storia di "Capitan Caci", che Sciascia volle per un'antologia veri, possono assicurare la sopravvivenza di una sola persona e allora se la giocano a tressette e briscola. Vince Capitan Caci e il negro si deve buttare a mare. Ora, una storia del genereè difficile che due se la ritrovino uguale. Mia moglie dice: «Sarà una storia marinara, capace che l'avete sentita tutti e due nell'infanzia e fa parte di un corredo che vi siete poi dimenticati». Comunque, io telefono subito a Leonardo Sciascia e gli dico: «Ridammi il racconto, non lo pubblicare, perché chi glielo leva poi dalla testa alla gente che ho plagiato Jorge Amado?».
PICCOLO Però, d'altra parte era anche una consolazione, la conferma di avere la capacità di raccontare...
CAMILLERI Questo senz'altro. E pensa che con Amado mi è successo ben tre volte - ma una di queste tre me ne sono fottuto, ho detto: «Io pubblico lo stesso, chi se ne frega e buonasera!». E poi, senti: dopo anni viene pubblicata un'antologia di racconti fantastici italiani dell'Ottocento e del Novecento. Questa antologia viene recensita da Italo Calvino su
Repubblica - è uno dei suoi ultimi scritti. Tra gli altri Calvino parla di un racconto di Beniamino Joppolo, che si intitola
Lo zio, che lo ha particolarmente colpito. Racconta di una coppietta giovane, nella quale c'è il ragazzo che dice sempre alla ragazza: «Ieri sera mio zio è stato geniale» e narra battute, aneddoti, cose meravigliose... La ragazza naturalmente si incuriosisce e dice: «Ma fammelo conoscere tuo zio!». Su questa richiesta il ragazzo fa calare sempre il silenzio. Poi, una volta, il ragazzo deve andare fuori per lavoro e, lascia fare alle donne, la ragazza si procura in un attimo l'indirizzo dello zio. E ci va. Bussa alla porta. Sente una voce che risponde: «Avanti!». Entra e si trova in una foresta tropicale, e appeso a un albero c'è uno scimmione che le dice: «Tu devi essere la fidanzata di mio nipote».
«Qual è la questione?» dice Calvino. «La questione è che nel mio cassetto ho un racconto identico. L'unica variante è che lo zio non è uno scimmione, ma un delfino. La ragazza entra a casa dello zio e si trova davanti una enorme piscina, il delfino le dice: "Tu devi essere la fidanzata di mio nipote"». Come si spiega questa cosa? Né Calvino lo ha copiato a Joppolo, né il contrario. Forse, sostiene Calvino, i racconti sono idee archetipali - come una biblioteca lì pronta. Uno va e si prende una storia. Poi capace che arriva un altro e si prende la stessa storia per sé.
PICCOLO Con tutte le varianti...
CAMILLERI Con le varianti, certo, ma i racconti sono quelli.
(L'estratto qui riportato è stato pubblicato su
La Repubblica del 1.7.2009)
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