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Trucchi d'autore

Come, dove, quando scrivono



Autore Mariano Sabatini
Prezzo € 10,00
Pagine 128
Data di pubblicazione 2005
Editore Nutrimenti
Collana  


Come, dove, quando scrivono Andrea Camilleri, Giorgio Faletti, Dacia Maraini, Andrea De Carlo, Luigi Malerba, Sveva Casati Modignani, Paola Mastrocola e gli altri? Il volume raccoglie 50 interviste che svelano trucchi e manie dei maggiori scrittori italiani contemporanei. Il libro è quindi un'utile guida per chi scrive, un piacevole dietro le quinte per chi legge.

L'anarchia di Andrea Camilleri
Doveva essere uno dei racconti per l’antologia "La prima indagine di Montalbano" ma Andrea Camilleri si è accorto che a "La pazienza del ragno" (Sellerio) la misura del racconto andava stretta. Sembra incredibile, alla luce del successo che l’ha investito con la violenza di un tornado alla veneranda età di 73 anni, ma il suo primo libro, "Il corso delle cose", lo scrittore siciliano dovette pubblicare a sue spese.
Quando ha capito che le cose stavano cambiando
Ho avuto dieci anni di rifiuti dalle case editrici, ma non facevo drammi. Pensavo, in virtù della mia concretezza, che quella non era la mia strada. Quando Garzanti mi ha pubblicato "Un filo di fumo", le tremila o cinquemila copie mi andavano bene.
A quel punto si considerò uno scrittore professionista?
Una volta Aldo Busi in una trasmissione, col suo consueto amore per il paradosso, disse che uno scrittore può dirsi tale quando ha venduto cinquemila copie. Perciò io sentivo di avere la patente. E quando Elvira Sellerio mi disse che "Il Birraio di Preston" era arrivato a diecimila copie, esultai.
Oggi quante ore al giorno scrive?
Dalle otto fino verso le dieci e mezza, poi se ho voglia riprendo nel pomeriggio. Sono piuttosto anarchico. Me ne sto nel mio studio piccolo, come una cuccia.
Che storia ha la sua scrivania?
Ne ho due, un grande tavolo, regalatomi dal mio maestro di regia Orazio Costa, e uno piccolo. Ho una sedia ottocentesca da barbiere che ruota e mi consente di passare dall’uno all’altro senza alzarmi.
Scrive al computer?
Posso scrivere dovunque e con ogni mezzo. Ho il pc da quattro anni cinque anni e lo adopero come una macchina da scrivere perfezionata.
Rituali?
No, in genere dopo la scrittura mi faccio una birra. Tengo una sigaretta a portata.
Sbirciatine alla tv?
Mai, neanche a parlarne.
Musica di sottofondo?
Una volta mi serviva il jazz.
Il telefono e il cellulare?
Li stacco, non per il silenzio perché, anzi, ho bisogno di un po’ di casino intorno.
Le idee migliori dove nascono?
La notte, a letto. E anche il pomeriggio, prima e dopo la pennichella.
Disciplina o ispirazione?
Esiste un esercizio continuato come per i pianisti o gli atleti.
Blocchi, incubo della pagina bianca?
Mai. Posso scrivere e poi rendermi conto che si tratta di cose di poco valore.
La carta per gli appunti?
Non prendo mai appunti.
Le penne?
Per via dei nipoti, è sempre un problema trovarne.
Fax o e-mail?
Non so neanche cosa sia la posta elettronica.
Libri per ispirarsi?
Prima di iniziare a scrivere li adopero come carica.
A cosa sta lavorando?
Ho dei libri pronti che usciranno, nei prossimi due anni.
Le capita di abbandonare un progetto avanzato?
Ci sono cose che scrivo e lascio lì, e che poi magari, casualmente, prenderanno forma oppure no.
Metodo di scrittura?
Scrivo poi stampo, poi correggo e mano e ricopio. Prima, con la macchina per scrivere, se c’era un errore di battitura ricopiavo tutta la pagina. Alla fine mi avvitavo in una spirale di carta.
Quante pagine produce in un giorno?
Da una a sei, in sette mesi in genere ho pronto il libro.
Chi legge per primo i suoi scritti?
Mia moglie è il critico che temo di più. Capisce subito dove ho barato.
Idiosincrasie linguistiche?
Detesto le ripetizioni, mi viene un incubo. Se un verbo è presente due volte butto all’aria tutto.
Quando le arriva il pacco delle bozze?
Un momento orribile, perché quando ho finito un libro non vorrei più vederlo. Non ho mai letto un mio libro stampato.
Accetta i consigli dell’editore?
Mi incuriosiscono e mi divertono. Ma non ne seguo neppure uno.
I critici?
Mi dispiace quando le recensioni negative si basano su solo dieci pagine lette. Accade spesso, e questo disprezzo per il lavoro altrui lo trovo repellente.
Il suo rapporto coi lettori?
Nei miei confronti trovo che ci sia un eccesso di consensi. Per fortuna io me ne frego, altri si troverebbero in difficoltà a scrivere un nuovo romanzo.
Non riceve mai lettere di gente infastidita dalle sue idee progressiste?
Un lettore torinese mi ha rimandato "La pazienza del ragno" per via delle opinioni poltiche antigovernaive di Montalbano. E gli ho spedito i dieci euro indietro.
La Sicilia aiuta la produzione narrativa?
Credo sia il clima. Basti pensare a Bufalino, Sciascia, Pirandello o Tomasi di Lampedusa. Senza l’humus siciliano cosa sarebbero stati?
Il commissario Montalbano come ha preso forma nella sua testa?
Il mio modo di scrivere è anarchico, metto su carta uno stimolo e non so che sviluppo avrà. Comunque sia sono convinto da sempre che la gabbia più forte per un narratore, come dice Sciascia, è lo schema del giallo.
Attraverso di lui si prende qualche rivincita?
Visto che non posso mangiare, sogno attraverso lui di fare scorpacciate luculliane. Per il resto non condivido tante sue idee.
Perché scrive impastando l’italiano e il siciliano?
Io racconto storie. E questo è il modo in cui le hanno raccontate a me, lo stesso che uso per raccontarle ai miei nipoti.

(Dicembre 2004)



Last modified Saturday, March, 15, 2014