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Un’amicizia che dura nel tempo

Perché si sceglie un piccolo editore? Perché il piccolo editore finisce inevitabilmente per diventare un ami­co nella lunga durata. E quando qualcuno ogni tanto mi domanda perché sono rimasto fedele a Sellerio, la ri­sposta è proprio che la prima spinta è stata l'amicizia. Ma devo anche dire che a Sellerio non sono stato così fedele, ogni tanto mi faccio le mie scappatelle. Certo, anche nella grande editoria trovi un amico, ma l'industria che è alle sue spalle è tutt'altra cosa.
Con Sellerio il rapporto di amicizia personale va al di là delle occasioni di pubblicazione di un libro, e va detto che possiede un'ottima distribuzione, così, in questo caso, non c'è tanta differenza tra la piccola e la grande editoria. Per­ché il perno tra questi due ambiti sta proprio lì, nella distribuzione dei libri.
Facendo questo discorso debbo ricordare che è stato proprio con una piccola casa editrice che ho pubblicato il primo libro. Mi ricordo bene, uno si aspetta chissà quale emozione, quale commozione, invece fu tutta un'altra co­sa: dopo dieci anni di rifiuti da dieci case editrici l'unico sen­timento che provai fu un senso di liberazione. Quel libro, in­fatti, era diventato un incubo.
In particolare, personalmente, amo la piccola editoria perché ha una maggiore cura, perché ha un modo di confezionare i propri libri che è fatto d'amore, d'affetto: insomma, un libro non è mai un prodotto standard. E chiaro che le case che stampano pochi libri l'anno hanno un rap­porto più diretto con l'oggetto libro, quasi lo confezionassero a mano, appunto.
La quantità per forza di cose ti impone invece un rappor­to diverso e i grandi editori sono anche più bloccati, più in­gessati. Il piccolo editore può permettersi invenzioni e ri­schi che il grande si permette assai raramente e spesso la piccola editoria finisce per fare da talent scout. Quanti so­no gli autori che hanno cominciato con i piccoli e poi han­no avuto contratti dai grandi? E un fenomeno generalizza­to, non accade soltanto in Italia. Certo, poi capita che le pic­cole case editrici si lamentino di essere state abbandonate dall'autore che hanno scoperto, ma questo è un po' il loro destino e il loro pregio: aver rivelato nuovi talenti.
Se proprio vogliamo dirla tutta, dovrebbe essere la grande editoria deputata alla scelta, alla ricerca di nuovi autori, ma credo sia più difficoltoso per un dirigente di una grande casa individuare uno scrittore nel mare di dattiloscritti che gli arri­va ogni giorno. Se a un piccolo editore giungono centinaia di manoscritti, ci si immagini cosa arriva nelle sedi dei grandi. Credo che la proporzione sia di uno a mille. È chiaro allora che la scelta è difficile, diventa quasi un colpo di fortuna.
Infine, la piccola editoria ha una sua festa, quel Più libri più liberi, alla quale partecipo con affetto ogni anno. Ci vado e scopro libri che magari in libreria ti è difficilissimo trovare.

Andrea Camilleri

(Pubblicato su La Repubblica, 4 dicembre 2008)


 
Last modified Wednesday, July, 13, 2011