home page





Un paese senza eroi

L'Italia da Jacopo Ortis a Montalbano



Autore Stefano Jossa
Prezzo € 22,00
Pagine 288
Data di pubblicazione 2013
Editore Laterza
Collana Storia e Società
e-book € 12,99 (formato ePub, protezione DRM)


Gli eroi dei romanzi sono spesso diventati eroi nazionali, col compito di rappresentare la comunità tutta all’insegna di un leggendario passato unificante, com’è accaduto a Robin Hood o a d’Artagnan. In Italia, invece, i personaggi letterari si sono sottratti a ogni tentativo di uso iconico e mitizzazione popolare.
Eppure tutta la letteratura italiana tra Otto e Novecento è attraversata dalla riflessione sull’eroe e l’eroismo in una prospettiva nazionale. Le candidature non sono certo mancate: da Jacopo Ortis ed Ettore Fieramosca fino al partigiano Johnny e al commissario Montalbano, passando per Pinocchio, Gian Burrasca e Metello. Persino Mattia Pascal e Zeno Cosini. Nessuno di loro, però, è approdato allo statuto di eroe patriottico: perché? Perché l’Italia ha una debole storia nazionale o perché i protagonisti letterari del nostro paese hanno saputo resistere a ogni tentazione simbolica? Più realistici e moderni di quello che si pensa di solito, i personaggi italiani si riveleranno dotati di anticorpi che li hanno preservati da ogni forma di sacralizzazione.


Un saggio di Stefano Jossa sulla reticenza italiane a costruire icone. “E forse è un bene”
Il nostro eroe nazionale? Montalbano
In Francia hanno D'Artagnan, in Inghilterra Robin Hood, in Svizzera Wilhelm Tell. In Italia "il garante della felicità collettiva su un piano simbolico, pre politico e pre razionale, l'eroe che incarna valori e ideali facilmente riconoscibili come patrimonio di tutti", non esiste. Ma abbiamo bisogno di eroi? Risponde Stefano Jossa (che insegna Letteratura e cultura italiana alla Royal Holloway University of London) con "Un Paese senza eroi. L'Italia da Jacopo Ortis a Montalbano" (Laterza, 283 pp. 22 €), saggio sulla reticenza italiana ad adottare un eroe patriottico partendo dalla letteratura. Per questo, dice Jossa, «l'Italia è un Paese senza nazione; è un Paese senza coesioni e tessuto sociale; è un Paese senza memoria; è un Paese senza italiani a volte e i titoli che gli storici, sociologi e politologi hanno dedicato all'Italia "senza" con l'elenco delle mancanze italiane sono numerosissimi. Io invece volevo parlare di un "senza" che fosse positivo. Di un Paese che grazie al fatto che non ha una coesione così forte intorno a icone o miti potrebbe avere potenzialità maggiori in termini di sviluppo e persino dei conflitti nella misura in cui non sono fonte di disagio e tensione, ma produttori di differenza e quindi di confronto e dialogo».
La mancanza d'eroi priva l'Italia di qualcosa?
«Secondo me un Paese senza eroi non è privo di niente A volte seguiamo troppo passivamente i modelli stranieri, puntiamo a essere come gli altri quasi fosse un valore assoluto, mentre esistono storie diverse, e quello che altrove è un bene può non esserlo da noi. Io insisto molto sul fatto che l'eroe è un rischio di omologazione piuttosto che uno strumento di condivisione».
Ma perché in Italia non si è mai affermato un Robin Hood?
«A causa di una egemonia culturale concentrata soprattutto sul discorso letterario. Si è evitato in tutti i modi di dare al personaggio una funzione simbolica, senza che avesse anche una dimensione più realistica caratterizzata dalle sue sfumature ideologiche e dalla sua complessità psicologica. In altre culture come quella inglese, francese e svizzera, sono emersi personaggi che hanno avuto una funzione simbolica molto forte. Ma a mio giudizio non è stato un bene».
Perché?
«Perché alla fine personaggi come D'Artagnan, Wilhelm Tell e Robin Hood hanno assunto una funzione che li ha destituiti di personalità e di proprietà individuali, sino al punto di creare una sorta di modello collettivo che ha reso acquiescente la società, ha spostato i conflitti e ha destituito di vitalità la dimensione politica del confronto pubblico».
Il commissario Montalbano rischia di diventare il nostro eroe nazionale?
«Montalbano rappresenta proprio la zona grigia di tensione iconica potenziale. Si è imposto grazie soprattutto allo sceneggiato tv, sino a diventare un'icona dell’italiano medio, ma conserva delle zone di resistenza dovute alla dimensione ironica, al gioco di Camilleri con l'uso della lingua. Identificarsi con lui sarebbe triste perché un'icona così forte farebbe appiattire le differenze, la soggettività, la responsabilità».
Francesco Mannoni (L'Unione Sarda, 22.10.2013)



Last modified Wednesday, October, 30, 2013