La
Libreria del Giallo di Milano: un patrimonio da non perdere
Cari amici,
se questo fosse un romanzo giallo, sarebbe una di quelle storie che iniziano:
scusate, stavo cercando di plagiare il Lucarelli televisivo, solo perché non
è facile per me raccontarvi questa storia, una storia non semplice. Ma ci
provo lo stesso.
Nel 1985 apre in Piazza San Nazaro in Brolo, la prima Libreria del Giallo in
Italia. Io, ci capito per caso, o per destino, non so nel 1990. Nel 1992, la
società che la gestisce - dal gennaio del 1991 ero rimasta sola - decide di
vendere perché non ritiene la libreria commercialmente interessante. Il
rischio era che ne facessero un negozio di articoli da regalo. Mi sembra un
delitto, uno spreco e allora vendo la mia casa e acquisto l'89 % delle quote.
Da quel momento sono rimasta completamente sola.
Le difficoltà economiche sono pazzesche, ogni mese è una lotta all'ultima
lira. Un giorno, parlando con una giornalista di La Repubblica, dico che ho
intenzione di chiudere. Esce un trafiletto sul quotidiano e una quantità di
persone mi chiamano dicendomi che non posso farlo: "La libreria è un
patrimonio della città" e ancora "è uno dei pochi luoghi dove si
cerca di fare cultura davvero" ecc. Non si limitano a questo, scatta una
vera campagna di sostegno. Ce la caviamo.
Nel 1998, quando scade il contratto di affitto decido (per vari motivi: non ci
stavo più in 30 mq, l'affitto sarebbe stato troppo alto (ma questa è
un'altra storia) di cercare altrove. Mi rendo immediatamente conto che gli
affitti sono inavvicinabile e tramite persone vicine sia a me che alla
libreria scopro come sia possibile chiedere al Comune. La domanda viene
discussa in consiglio comunale e il locale mi viene assegnato. Incominciano le
cose non facili: quando vengo a scegliere fra i negozi disponibili (tutti in
via Peschiera) esprimo le mie perplessità. Vi spiego: Via Peschiera è una
viuzza di ca. 20 metri che collega via Melzi d'Eril a via Cirillo, è stata
chiusa per anni, è a senso unico e non c'è un negozio nel raggio di 100
metri. Mi viene assicurato che in breve tempo i negozi saranno tutti assegnati
e si creerà un "polo" culturale. Nulla di tutto questo è avvenuto.
Dopo un paio d'anni i negozi sono stati assegnati a varie associazioni
(Veterani dello sport, Famiglie marchigiane, pugliesi, umbre), aperte soltanto
qualche ora alla settimana. Quando si tratta di discutere l'affitto mi
presento con la mia proposta in tasca. Prendo per buone tutte le
rassicurazioni in merito all'apertura degli altri negozi, ma reputo ugualmente
che sia un rischio. Quindi, dopo aver fatto due conti, penso di proporre, se
possibile, un contratto provvisorio di un paio d'anni, per una cifra attorno
al milione, comprese le spese. 12 milioni l'anno. La cifra che mi viene
richiesta a questo punto è 14 milioni l'anno. Non mi pare il caso di
discutere, per 2 milioni. La sorpresa arriva alla firma del contratto
definitivo. I 14 milioni riguardavano solamente i 43 metri quadrati della
prima stanza. Retro, servizi e cantina valevano per un altro terzo. La cifra
diventa immediatamente molto più alta: quasi il doppio. Potevo discutere
allora, ma non avevo idea di come fare e, oramai, erano iniziati i lavori.
Con i soldi avuti dalla buonuscita e con l'aiuto di Carlo Lucarelli riesco a
sostenere le spese di trasloco, arredamento e sistemazione negozio. Il negozio
non era mai stato affittato dopo i lavori di ristrutturazione dell'immobile
(avvenuti diversi anni prima) e, come se ciò non bastasse, l'impianto
elettrico in condizioni vergognose e altre sorprese fanno levitare le spese.
Per il primo anno, in un modo o nell'altro, riesco a pagare l'affitto, ma il
lavoro non c'è e i soldi proprio non li riesco a trovare. L'incasso medio
mensile della libreria è di circa 10 milioni. Il guadagno non è sufficiente
per tutte le spese da sostenere. Non posso permettermi di non pagare libri e
le bollette e, forse un po' superficialmente, non pago l'affitto.
Un altro punto dolente sono le banche, gli interessi passivi si prendono una
grande parte del già piccolo incasso.
Mi invento cento lavori diversi per potermi almeno mantenere, ma non è
facile.
Un'altra volta gli amici e gli scrittori sono venuti in mio soccorso, anzi,
gli scrittori due volte. Nel 2001 hanno accettato di presentare una collezione
di moda gratuitamente.
A giugno del 2002 ricevo un'ingiunzione di pagamento. Cerco di capire come
fare e al Demanio mi fanno questa proposta: il 30% del debito subito e il
resto in comode rate mensili di 2 milioni. Ma se non ho i due milioni che devo
già pagare, dove e come ne posso trovare 4? (l'ultima proposta, di questa
settimana del Comune di Milano è di ca. 3 euro al mese, più l'affitto
regolare di oltre 1000)
Non ce la farò mai e, considerato che la libreria viene definita
"patrimonio culturale" della città ecc. ecc., decido di tornare
all'assessorato alla cultura per vedere se mi possono aiutare.
Pare che questo si potrebbe fare solo se la libreria diventasse una
associazione culturale o una fondazione.
Di circa un mese fa l'incontro con l'Assessore Pagliarini, la disponibilità
pare esserci, nel senso che, pagato il debito, l'assessorato al Demanio
assegnerebbe i locali all'assessorato alla cultura che ne potrebbe fare ciò
che vuole. Il problema che non sono mai riuscita a parlare con l'assessore
Carruba, ma solo con il suo segretario e non so se ci sia davvero una
disponibilità ad aiutare la sopravvivenza della libreria.
Negli ultimi tempi, con una politica di acquisti e gestione faticosissima,
sono riuscita a sistemare un po' le cose, ma non ancora abbastanza per pagare
i due milioni e oltre di affitto e ora so che, se non succede qualcosa, la
libreria chiude.
tecla
(pubblicata su Alice, 30
giugno 2003)
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