Il
mondo è giallo. Io no
Stavo
seguendo un sospetto. Cioè io lo trovavo sospetto, gli altri probabilmente lo
trovavano normale, forse anche banale, noioso, un vero rompipalle. Ma io lo
trovavo sospetto. Gino il barista mi aveva appena detto: “Va che aria
sospetta quello lì!” e io ero partito come un segugio. Anzi no, come un
cane da trifola, che rispetto al segugio è più snello, meno ombroso. Ero in
corso di Porta Romana, sapete dove uno slargo, dove c’è la statua del santo
tal dei tali e la chiesa del santo della statua. Quando io devo essere
preciso, è difficile sfuggirmi. Il mio sospetto, uno sui tot anni, alto più
o meno, di quel castano biondo scuro, con un vestito all’incirca, si dirige
con passo deciso verso un negozio di bonsai. “Ahh!” penso io e quell’ahh
occupa tutta la mia mente, fin negli spazi più reconditi. “Ahh!” Un
fighetto ambientalista con la mania per le piante piccole, perché le grandi
gli fanno paura. Poi, deviando improvvisamente da una traiettoria
prestabilita, punta su un negozio dalle mura gialle e dai vetri gialli. Una
libreria!!! Un fighetto ambientalista che ama le piante e poi le uccide per
farci dei libri. Tipico dell’individuo criminale, amore che diventa
ossessione e poi porta a distruggere l’oggetto stesso dell’ossessione. Una
libreria vicino a un negozio di bonsai. Le fanno crescere e poi le ammazzano
per farci dei libri, piccoli però, perché i bonsai non è che danno tutta
quella carta. In che razza di intrigo mi ero cacciato?! Le mie ginocchia
cominciano a fare “giacomo giacomo”,
e le mie caviglie a rispondere “non c’è non c’è”. E le mie
ginocchia, di nuovo, “come non c’è non c’è?” e le mie caviglie “se
non c’è non c’è se non…” Il mio uomo legge dunque. Pazzesco! Quanti
saranno gli individui sospetti al mondo che leggono? Non lo so, quindi lascio
perdere. Entro nella libreria e mi trovo davanti un muro di nebbia.
I miei occhiali di tartaruga verde si
erano appannati. Prima di restituirli alla tartaruga avrei dovuto pulirli. Li
tolgo e cerco il mio indiziato numero 1. Mi trovo davanti la proprietaria di
negozio più carina a memoria d’uomo, poi rimetto gli occhiali, è ancora più
carina! E poi sorpresa: è pieno di libri, il mio sospettato saluta “ciao
Tecla”. Tecla come la santa di un’altra piazza lì vicino, uhmm
interessante coincidenza. “Ciao Carlo” Carlo come il santo di un ospedale
lì vicino. Due coincidenze uhmm. Il luogo si chiama Libreria
del giallo. Uhmm, ecco perché i libri ecco perché il giallo. Niente mi
sfugge. Faccio finta di deambulare interessato e spulcio qua e là fra gli
scaffali. Due verbi a me sconosciuti. Scaffali no, perché è un sostantivo.
Prendo un libro a caso, è scritto in una lingua incomprensibile, poi lo giro
e riesco a leggerlo, un codice dunque. Il titolo Dalia
nera. Nessun santo di nome Dalia, uhmm. Interessante. E perché nera?
Servizi deviati? Neonazisti europei? Una storia di confino ai tempi del
fascismo? Che tanto come dice Silvio era solo una vacanza. Dalia, straniera di
colore, viene spedita… uhmm… una voce mi coglie alle spalle. “Le
piace James Ellroy?” “Per
chi mi ha preso?! E poi non vede che sto leggendo un libro con su un nome di
donna?” e lei calma “No, volevo dire che siccome l’autore della Dalia
nera è James Ellroy, forse è un appassionato dell’autore. Oppure è un
neofita?” Penso, questa donna mi ha già insultato due volte, prima mettendo
in dubbio la mia eterosessualità, poi dandomi del neofita, che se sapessi
cos’è le risponderei a tono. Abbozzo “A volte sì, a volte no. Dipende da
come mi sveglio.” Lei ride e la sua risata mi fa venire voglia di restare lì.
“Ah Carlo, è arrivato il tuo libro!” Dunque, precipito di nuovo nella mia
indagine, Carlo xy si fa mandare dei libri lì! Una centrale di spionaggio, un
covo di cospiratori melliflui? Questo Carlo guardandolo meglio potrebbe essere
un neofita, o forse lo è stato. Poi capisco il
tuo libro è un libro scritto da questo Carlo. Cioè lui scrive dei libri
e poi se li fa mandare qui? Quanti sono i sospetti individui che sanno leggere
e scrivere? Non lo so. Quindi lascio perdere. L’affascinante Tecla corre di
qua e di là, più là che qua a essere precisi, dando consigli e dispensando
sorrisi. Se avessi con me la mia grammatica, saprei cosa vuol dire
dispensando. Ma l’ho lasciata sul comodino sopra la raccolta di Tiramolla.
L’ambiente si surriscalda. Comincia a entrare gente, i “ciao Andrea, ciao
Massimo, ciao Eraldo, ciao Marcello…” si sprecano. Sono tutti scrittori,
ma ci sono tanti che leggono solo e comperano libri che i primi hanno scritto,
ma non solo, autori stranieri, sconosciuti e famosi. Ma quanta cazzo di gente
sa leggere al mondo? Mi prende un capogiro, svengo. Quando apro gli occhi,
l’amorevole libraia mi sta spruzzando dell’acqua sul volto. Non sulla
maschera, per fortuna. Sorrido e mormoro un “grazie, stavo dispensando
quando una fitta neofita mi ha colpito proprio
in mezzo al mellifluo.” La grammatica non è più un mistero per me. Questo
anni fa. Ora io frequento la L.d.G. assiduamente, non mi son più levato dai
maroni. Qualcuno ha detto “c’è bisogno di un’asta” e io “va bene
anche un cerchio?”. Scherzavo, adesso so quello che dico, quasi tutto. Ma
facciamo un’asta perché il cerchio non si chiuda.
Con
amore giallo.
Bebo Storti
(pubblicato su Capital, ottobre 2003)
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