Mini recensione
|
Franco
Il titolo, "Gli uomini che non si
voltano", è preso da una poesia di Montale, ma nello sviluppo c'è, più
che poesia, molta attualità.
Più che il noir, una riflessione nera su politica, potere, libertà.
La "Ferita" è un romanzo fantasioso, poetico e magico.
Questo è un libro molto più pervaso dallo scorrere dei nostri giorni.
Lucido e amaro, come un atto d'accusa o un esame di coscienza di quelli seri.
Attraverso spunti, allusioni, citazioni, vanno in scena gli ultimi lustri
della storia italiana.
E insieme, inevitabilmente, gli anni delle nostre storie, delle nostre
esperienze.
La struttura è semplice, lineare.
Molti episodi, organizzati in brevi capitoli in cui si passa dalla cronaca al
noir, dalla tragedia all'ironia. Senza discontinuità di stile e di umore.
Molti personaggi, tutti ben delineati, anche se con poche righe.
La storia segue il suo percorso senza tante diramazioni. Pochi rapidi flash
back e basta.
Ogni tanto, a interrompere la trama dei capitoli che raccontano la vicenda,
un inciso di riflessioni intime scritto in prima persona.
Magari da una figura marginale.
Tanto per non dimenticare che i punti di vista sono tutti validi.
E che i protagonisti sono il frutto di una convenzione.
Senza punteggiatura, viscerale, il monologo di Florence.
Sussulti e frammenti quello di Aurelio.
Cinico quello di Vella: "Tutti abbiamo un pobblema."
Scrittura elegante e densa, impegnativa e sobria.
Niente di barocco, banale o gratuito.
Normale per Savatteri.
Il proverbiale rapporto dell'autore con la poesia affiora spontaneamente.
Con improvvise e contenute increspature: ".. sul cuore della terra non
siamo soli, ma affidati a stelle che non vogliono saperne di noi."
Ironia declinata nel registro dell'amarezza: memorabile una riduzione dell'Antigone
al gergo ('Ntigone Calfiore) e alle cronache di Cosa Nostra.
Impietoso il ritratto dei parlamentari e dei funzionari politici di contorno.
Sembra di leggere la conferma di tanti nostri quotidiani sospetti.
La pantera, metafora di libertà trasgressiva, sbadiglia rinchiusa in gabbia
nello zoo ribattezzato bioparco: politically correct a benficio delle fiere.
Allo stesso modo il potere si può ritrovare confinato in una gabbia senza
scampo: violenza e prevaricazione sotto forma di cinque lettere anonime.
Ma anche una vita di scelte morali, non inclini alla logica del potere, può
incorrere in trappole micidiali.
L'intrecciarsi delle vicende famigliari, le amicizie, le parentele, gli
amori, appartiene alla stessa trama delle ostilità e delle manovre per il
predominio all'interno di uno stesso schieramento, per l'avvicendamento
all'interno di uno stesso collegio elettorale.
Coprotagonista sofferta la Sicilia: "E' l'unico modo di amarla. Da
lontano."
Non ci meravigliamo se i personaggi qua e là ci sono familiari o,
addirittura, ci assomigliano.
Potremmo riconoscere le nostre certezze, i nostri dubbi e i presentimenti,
che si tratti delle dinamiche di partito o di una storia d'amore.
La fantasia sembra alimentarsi e confondersi con ricordi veri, episodi realmente
accaduti, personaggi esistiti.
Sensazione accreditata dall'epilogo scritto in prima persona dall'autore.
Vi si trova una chiave di lettura preziosa, ove ottimismo e pessimismo sono
declinati al tempo delle scelte quotidiane ed essenziali: "Malgrado tutto".
".. me ne andrò zitto ... col mio segreto."
Così conclude Montale.
Ma c'è chi, invece di andarsene zitto, le parole le raccoglie in un libro.
Per chi le vuole capire.
E per cercare di condividere il segreto.
Elio
Titolo: Esplicito. Non si riferisce ad
un fatto ma ad una situazione umana.
Se non fosse stato già usato da "altri", avrebbe potuto recare come
sottotitolo "Il corso delle cose è sinuoso...". Buon titolo, ma non
si ricorda tanto facilmente.
Il libro: Si presenta in maniera "Selleriana": copertina blu
con bella immagine e carta Palatina, piacevole al tatto e resistente all'invecchiamento.
Trama: Storia di un poliziotto innocente ma incastrato nel meccanismo del
sospetto (Kafka?). Incontra, due vecchi compagni di scuola (su richiesta
specifica di costoro) e si trova all'interno di una storia semplice ed un
po' squallida. Non è un giallo e non è un Noir. Una storia semplice alla
Sciascia. Coinvolge il lettore che viene spinto a sospettare chissà che cosa
e che congiure. Non ci sono grandi fatti, ma un'atmosfera tipo Chandler. Mi
ha ricordato "Il lungo addio". Pensieri un po' scoglionati di chi
(tutti)
non vive nel passato e non vive nel presente, ma si trova a bagno in un
fiume che scorre, portandosi tutto appresso. E' preferibile non dire altro
sulla trama, in quanto il grande merito di questo libro è la sua scrittura.
Scrittura: Il libro è scritto in maniera che, meglio di così... non si può.
Non ci sono aggettivi sufficienti ad elogiarlo. Fantastico, è quello che si
avvicina di più. L'autore ( che si guadagna da mangiare scrivendo, ha
raggiunto la piena maturità; s'è distaccato dalla lingua giornalistica che
usa a "tavola" ed è diventato uno scrittore di primissima qualità.
Viene da
pensare: come farà a migliorarsi?
Però, come in un gran vino, c'è sempre una piccolissima cosa (un'inezia) da
migliorare; è la ricerca della perfezione.
Secondo me, un intero capitolo è da cancellare totalmente. Ad un certo punto
uno dei personaggi, il giornalista, assiste ad un avvenimento che è
"l'avvenimento". Ecco, io avrei lasciato all'oscuro il lettore
eliminando quel paio di pagine di quel piccolissimo capitolo. Chi l'ha letto
capirà.
Acquistarlo: senza dubbio! Un Lettore (notare il maiuscolo) non può vivere
senza aver letto questo "capolavoro". Alla prima occasione me
lo faccio
"dedicare" Dal grande Gaeatano Savatteri. Bravo!
|