Titolo

L'assassino del confessionale

Autore

Stelvio Mestrovich

Data prima edizione

1998

Paese

Italia

Lingua

Italiano

Editore

Vincenzo Lo Faro Editore

Collana

Scrittori italiani contemporanei di "Gialli polizieschi"

Data edizione letta

1998

Pagine

96

Euro

10,33

Mini recensione

La storia:

e` la prima cosa in un giallo. Tiene. E` logicamente coordinata, giustificabile nei vari passaggi. A farci caso un buon giallo e` un po' come la struttura di una sinfonia, con temi dominanti e passi obbligati, - se non ci sono o sono irriconoscibili, il romanzo non decolla. Nel libro si riconosce immediatamente la dominante ( religione e religiosi) e si procede facilmente sul percorso ondivago tipico del genere ( pista vera- pista falsa) sino al colpo di scena, che non e` obbligatorio ma se c'e` e` comeun finale a tutta orchestra.

L'ambientazione.

Assolutamente superba. Per chi ha vissuto la Venezia di novembre, e` una conferma ad ogni scorcio, ad ogni soffio di vento. Sembra di sentire l'odore un po` cimiteriale e molto marino della laguna in quel periodo. Si tocca l'umidita` che ti avvolge con una sensazione non sgradevole, quasi ti proteggesse (te ne accorgi poi, quando ti fanno male tutte le ossa del tuo scheletro). La nebbia bassa e sfilacciata che vela e rivela, gli squarci di improvvise vedute che ti piovono addosso con la prospettiva falsata.

Bellissima. E personalmente un romanzo che non mi crei anche un'atmosfera dentro non mi attira affatto. Per questo forse non amo il "noir" all' americana , dove l'atmosfera e` prevedibile come un qualunque luogo comune e` sempre Los Angeles/New York o altra megalopoli, e` sempre notte, quasi sempre ha piovuto e l'asfalto e` "sempre" bagnato). Invece questo romanzo vive a Venezia, in quella nota e in quella piu` nascosta, quella dove protetti dal WWF vivono ancora i veneziani. Gli intermezzi musicali, poi, se uno tanto tanto conosce un po' la musica barocca, suggeriscono una colonna sonora mentale strepitosa.

I personaggi

Molto bello Tartini. Un tantino autobiografico nel suo rimpianto di non aver potuto seguire la sua vocazione musicale? Ma in fondo scriviamo sempre di noi stessi. Siamo o non siamo gli unici animali del pianeta a guardarsi allo specchio ogni volta che ne troviamo uno ?

Purtroppo pero` l'estrema concisione della scrittura sacrifica gli altri personaggi. Viene la curiosita` e il desiderio di saperne di piu` della donna di Tartini, dei suoi amici ( magari i pochi che ha), dei suoi vicini, di qualche collega. Costruire un retrotesto ai personaggi minori - cioe` lasciare intravvedere una vita intera al di la` del momento narrativo in cui appaiono - secondo me e` importante. Aumenta la vitalita` e la verosimiglianza della vicenda, ma fa crescere anche la curiosita` del lettore. Prendiamo Simenon, di Maigret sappiamo molto, ma sappiamo tanto anche di sua moglie, della famiglia di lei, dei collaboratori delcommissario. Addirittura due romanzi della serie sono dedicati ad uno di loro , il povero Lorgnon, tanto sfortunato e tanto comico nella sua sfortuna da essere chiamto "l'ispettore Malgracieux" cioe` disgraziato. Simenon ottiene questo effetto con pochissimi tocchi e usando un trucco semplicissimo: ad un certo punto fa dire al personaggio minore, che vuole meglio descrivere, qualcosa in contrasto con l'immagine che ne viene sino ad allora. Questo da una parte giustifica la digressione dell'autore e dall'altra sollecita il lettore a seguire quel personaggio minore con piu`attenzione.
Non ho letto gli altri gialli di Tartini, e puo` essere che questo retrotesto appaia piu` evidente negli altri. La tecnica di Simenon necessariamente porta alla creazione di una rete di personaggi che facciano da contorno e non da sfondo, anche se questo, nell'economia generale del testo, lo fa crescere in lunghezza.
Ipotesi non da trascurare: Io avreipreferito continuare a leggere invece di trovare la parola "fine".