RADIOCORRIERE TV 1-7.9.1963 

Quattro racconti dell'Italia d'oggi

Nella nuova serie vedremo alla televisione "Il guardiano" di Moravia, "Un braccio di meno" di Bernari, "La frana" di Dessì, "Il taglio del bosco" di Cassola

Questa seconda serie di « Racconti dell'Italia di oggi », che si compone di quattro trasmissioni, ha una sua coerente unità. Non è anzitutto trascurabile il fatto che tre dei narratori prescelti da Raffaele La Capria, e precisamente Alberto Moravia, Giuseppe Dessi e Carlo Bernari, siano nati nel primo decennio del secolo (Moravia nel 1907, gli altri due nel 1909): non si tratta evidentemente di una questione anagrafica, ma vogliamo dire che la loro maturazione culturale corre su binari paralleli, ha incontri e tappe comuni.
Valga per tutti un esempio clamoroso. I più sanno che cosa significò, nel 1929, l'appa-rizione degli Indifferenti moraviani: nel quieto, arcadico laghetto della letteratura di allora non si trattò della caduta del classico sasso, quanto piuttosto dello sconvolgimento causato da una meteorite. « La critica e il pubblico — scrisse anni dopo lo stesso Moravia — ci videro una violenta polemica sociale, che c'era, senza dubbio, ma che io non avevo avuto intenzione di metterci ». A cinque anni di distanza dagli Indifferenti, l'esordiente Bernari (che allora firmava col suo vero nome, Bernard) pubblicava in una collana di giovani narratori, diretta da Cesare Zavattini, un suo libro, intitolato Tre operai, che doveva di lì a poco, all'estero, essere considerato come uno dei rari romanzi politicamente e socialmente impegnati apparsi in Italia in quel periodo. Il cammino di Dessi — giunto alla letteratura militante un po' dopo gli altri due — non tardò molto a volgersi, dopo una prima esperienza a carattere evocativo e lirico, verso la realtà della sua terra, la Sardegna. San Silvano, del 1939, sanziona questa svolta. Carlo Cassola, il quarto narratore prescelto, è nato nel 1917, e può essere considerato uno scrittore rivelatosi nel dopoguerra, in quanto le sue prove giovanili si distaccano dalla compiuta maturità raggiunta con Fausto ed Anna, pubblicato nel 1952: però il salto di una generazione in Cassola non è avvertibile, il suo neonaturalismo non cede ai richiami delle sperimentazioni e della novità, ma di pagina in pagina si affina, si colora e trasale di una som-messa e viva presenza poetica.
A dare ancora unità alla nuova serie dei « Racconti dell'Italia di oggi », c'è questa volta una dichiarata aderenza con il titolo: vogliamo dire che ognuno dei quattro racconti si presenta con una precisa localizzazione geografica: la Roma di Moravia, la Sardegna di Dessi, la Maremma di Cassola, la Napoli di Bernari. Tutti gli episodi, inoltre, si concludono ai giorni nostri, anche se alcuni di essi coprono un ampio arco di tempo. E' il caso, ad esempio, di Un braccio di meno, il racconto di Bernari, che mizia durante le gloriose quattro giornate di Napoli: attraverso la storia di Michele, il protagonista, che si è convinto di portar sfortuna alla fidanzata Luisa (la quale, per salvare la vita al suo uomo, ci ha rimesso un braccio e solo alla fine capisce che il suo posto è accanto alla donna che ama, Bernari (che ha sceneggiato il suo racconto con Gian Domenico Giagni), traccia un vigoroso e affettuoso ritratto della sua gente, senza cadere mai nella tentazione del colore, ma attento anzi ad una concreta rappresentazione di fatti e sentimenti. Non per nulla questo racconto ricorda a tratti alcuni momenti di Prologo alle tenebre e di Speranzella, due romanzi di Bernari che hanno riscosso un grande successo di pubblico e di critica.
Di Giuseppe Dessi i telespettatori conoscono già La Trincea, che inaugurò il Secondo Programma TV, il racconto drammatico La Giustizia e il recentissimo documentario sulla Sardegna. La Frana, apparso nel volume Isola dell'Angelo, servì nel 1960 a Dessi come base per un racconto drammatico che venne trasmesso dal Terzo Programma, col titolo L'uomo al punto. Ora Dessi ha completamente riscritto quella stesura drammatica, adattandola al mezzo televisivo. Andrea Fumo, nella casa di campagna che rappresenta tutto quello che è rimasto del patrimonio dei suoi, si chiede il perché della rovina materiale della sua famiglia: e attraverso il ricordo degli eventi ai quali ha assistito ed ha partecipato, arriva all'amara conclusione che la mancanza di amore è all'origine di quel lento decadimento. Dessi — avemmo modo di notare al tempo della trasmissione della Giustizia — ha saputo compiere una operazione che non sempre riesce ai nostri narratori: quella cioè di non lasciarsi condizionare dalla particolare regola del gioco teatrale, di non abbandonarsi a concessioni e a modifiche nell'intento quasi sempre vano di evitare la sopraffazione della macchina scenica. Dessi trasferisce tutt'intero il suo mondo e i connessi problemi di natura morale sulle tavole del palcoscenico o sul pavimento dello studio televisivo: non c'è frattura fra il narratore e il commediografo; il linguaggio, i personaggi, gli ambienti (quella gente di Sardegna di cui Dessi con inesausta capacità d'introspezione continua a mostrarci il volto antichissimo e nuovo) non subiscono mutamenti di sorta.
Il nome di Carlo Cassola sarà quanto prima noto anche al pubblico cinematografico per la riduzione della Ragazza di Bube, il romanzo insignito nel 1960 del Premio Strega. A proposito di Fausto ed Anna, il romanzo che abbiamo già citato, Mario Luzi scrisse che « quel triangolo che ha per vertici Siena, Volterra, Grosseto è divenuto per merito di Bilenchi e Cassola un po' la terra magica della migliore letteratura nuova. E il tempo che passa su quei luoghi silenziosi e assorti, intessendo e sciogliendo le fila di delicati e umili destini, determina l'intraducibile poesia di quest'opera felice ». Queste ultime parole si attagliano benissimo anche al racconto II taglio del bosco. Guglielmo, un boscaiolo maremmano, non riesce a colmare il vuoto lasciato dalla scomparsa della moglie, neanche con il profondo affetto per le due figlie. Lavorando per cinque mesi ad abbattere un bosco assieme a tre compagni, gli pare di soffocare il dolore nella fatica e nell'umana solidarietà degli altri boscaioli: ma poi la pena riprende, più forte di prima, ed è solo il pensiero delle due sue creature che gli impedirà di insabbiarsi, per sempre, nel bosco. Stupendo racconto, certo uno dei più belli della letteratura di oggi, « di un livello poetico e di un equilibrio difficilmente superabili » — come ebbe a scrivere Anna Banti — Il taglio del bosco è stato realizzato dal regista Cottafavi tutto in esterni, sui luoghi stessi ove l'autore ha immaginato la sua vicenda.
Ogni presentazione di Alberto Moravia — il cui racconto, Il guardiano, abbiamo lasciato per ultimo perché inizierà la nuova serie dei « Racconti dell'Italia di oggi » — è certamente superflua. Diremo solo — prima di narrarne la trama — che il racconto, sceneggiato da Anton Giulio Majano, fa parte di quei Racconti romani che in buona parte sono stati già trasferiti sullo schermo, ed hanno addirittura iniziato un secondo filone del neorealismo. In questi Racconti romani — ha scritto Oreste Del Buono — « è come se la città, la parte della città del sottoproletariato e della piccola borghesia, parlasse con mille voci monotone e contrastanti al tempo stesso. Un impasto arguto di dialetto e lingua, una cadenza spiccatamente romanesca favoriscono quest'impressione di brusio collettivo ».
Vincenzo fa il guardiano di un deposito alla periferia di Roma, quasi in campagna. E' un giovane in apparenza timido e spento, con gli occhiali, trasandato nel vestire, e con i capelli mal tagliati: è l'uomo abituato a star solo, a vivere lontano da tutti, non per misoginia ma per difficoltà di comunicazione. Debole di carattere ma fondamentalmente onesto, leggermente balbuziente, Vincenzo difende la propria vulnerabilità con la solitudine. Tra i suoi compagni di lavoro ce n'è uno, Rinaldi, che fa l'autista del deposito, il quale ha sempre dimostrato per lui una affettuosa e superiore familiarità: a Rinaldi — che è tutto l'opposto di Vincenzo per la spavalderia del carattere — il giovane guardiano si è legato con una sorta di sottomessa e devota amicizia. Una notte di pioggia Vincenzo sente un camion avvicinarsi al cancello: ne scende uno sconosciuto che tenta di entrare nel deposito. Minacciandolo con la pistola, Vin-cenzo lo fa desistere dal tentativo, ma dal camion scende anche Rinaldi, che lo convince ad aprire. Rinaldi presenta lo sconosciuto — Teodoro — come suo socio in affari. Rinaldi ha condotto con sé anche una giovane donna, Emilia. In breve, il camionista rivela a Vincenzo di avere il camion pieno di merce rubata: egli desidera che il guardiano nasconda la merce in uno dei magazzini del deposito, ed è disposto a compensare Vincenzo per quel favore. Vincenzo esita, poi di fronte al finto dispiacere di Rinaldi, acconsente per gratitudine: dichiara però che non vuole alcuna ricompensa: è soltanto disposto a fare il guardiano della refurtiva come se fosse roba del deposito. I viaggi notturni di Rinaldi si intensificano, finché un giorno Vincenzo vede comparire infagottata e sconvolta, alla porta del cancello, Emilia. La ragazza, che attende un bimbo, mostra a Vincenzo un giornale nel quale è scritto che Teodoro e Rinaldi sono stati arrestati. Prima di essere preso dalla polizia, Rinaldi ha consigliato ad Emilia di andare a chiedere ospitalità a Vincenzo. Questi cede ancora una volta e appronta per Emilia una baracca all'interno del deposito. Passano i mesi, e al bambino venuto alla luce Emilia impone il nome di Vincenzo: la lunga consuetudine con quella donna giovane e bella fa nascere un sentimento nuovo nel guardiano, ma sia per timidezza, sia per non arrecare nessun torto all'amico in carcere, Vincenzo si guarda bene del rivelare alla donna ciò che sente. Tuttavia il suo atteggiamento è così trasparente che Emilia non può non accorgersene.
Una notte, Vincenzo sente dei rumori sospetti presso la porta della baracca dove è ancora nascosta la refurtiva: è Teodoro, il quale, scontata la condanna, vuole ora derubare il suo complice ancora in carcere. Per difendersi dall'attacco di Teodoro, Vincenzo è costretto a sparare e ad uccidere. Ignorando tutto sulla refurtiva, sia la polizia che il padrone del deposito credono trattarsi di un tentativo di furto sventato da Vincenzo: sicché il guardiano si vede promosso a portiere dall'amministratore dell'azienda da cui dipende il deposito, tanto più che il deposito stesso è stato ceduto ad altra ditta. Ma Vincenzo, in un oscuro e per lui indecifrabile soprassalto, rifiuta l'offerta. E quando Rinaldi torna a riprendersi Emilia, gli riconsegna la donna e la refurtiva fedelmente custodite, e si allontana.

Andrea Camilleri