La Repubblica - Martedì, 15 settembre 1998 - pagina 40
di BRUNO ARPAIA

Al Festival della letteratura gli interventi conclusivi di Saramago a Amis
LO SCRITTORE COME STAR

Mantova - Centocinquanta eventi in quattro giorni, trecento giovani volontari al lavoro, ventiduemila biglietti venduti, molte di più le presenze effettive agli incontri con gli autori, agli spettacoli teatrali, alle visite guidate ai tesori artistici, ai reading, alle mostre e ai concerti. Per gli organizzatori del Festivaletteratura di Mantova, insomma, non poteva andare meglio. La seconda edizione del festival, chiusasi domenica sera con un concerto dei Mau Mau e con i fuochi artificiali sul Lago Inferiore, ha reso contenti anche gli editori, che hanno visto andare a ruba i propri libri. Soddisfattissimi, infine, gli autori, spesso stupefatti per l' accoglienza calorosissima, fermati per strada, assaliti dai cacciatori di autografi, seguiti con attenzione e interesse da un pubblico che ha quasi sempre fatto registrare il tutto esaurito. Per Carlo Lucarelli, l' autore di Almost Blue, "questo festival dimostra che esiste una magia strana che unisce lo scrittore e il lettore. Dev' essere questa magia a far sì che tanta gente si riunisca per cercare di capire l' alchimia della creazione di un libro". Star dell' ultima giornata, sono stati tre "pezzi da novanta" einaudiani come Kazuo Ishiguro, José Saramago e Martin Amis, intenti a spiegare le ragioni della loro scrittura. E se sia Saramago sia Amis affermano di "scrivere per capire", che differenza tra i due. Mentre il grande portoghese affascina la platea con la voce calda di un anziano signore che inventa storie per sfuggire alla morte, l' inglese fa di tutto per confermare la sua fama di scrittore scontroso e scostante. A Carlo Lucarelli che, in veste di intervistatore, gli chiede come si collochi all' interno della letteratura anglosassone attuale, Amis risponde in spagnolo, con le parole de La Bamba: "Yo no soy marinero", dice, senza scherzare troppo. "Soy capit n, soy capit n", ripete. Sarà anche vero, perché i libri di Amis meritano il successo internazionale che hanno, ma quella frase è una nota stonata in un festival all' insegna della misura e della serietà, di una "profondità" che non annoi. Così, sono state soprattutto le storie ad affascinare il pubblico, le storie capaci di trasmettere esperienza. E' per questo che sono accorsi in milleduecento a sentire Luis Sepulveda raccontare le torture e l' esilio nel Cile di Pinochet, in ottocento per assaporare l' ironica saggezza siciliana del commissario Montalbano di Camilleri, in altrettanti per sentire Gianni Minà, Daniel ChavarrÀia e Leonardo Padura raccontare la Cuba di oggi. Tutto esaurito anche per Pennac e le sue "quasi favole" di Belleville, per la grande dignità e passione di Vittorio Foa o di Chaim Potok, per la sapida ironia di Vazquez Montalban, per i personaggi di Maurizio Maggiani, così sognatori e carichi di destino. Ma il pubblico ha fatto a gomitate anche per ascoltare Margherita Hack o Simon Singh, l' autore de L' ultimo teorema di Fermat, e seguire così il racconto lungo 350 anni di uno dei più affascinanti enigmi matematici. Oppure per ascoltare le esperienze dello scalatore Joe Simpson, che snocciola con humour tutto inglese le sue avventure a rischio della vita. Insomma, una formula che si conferma riuscita, mentre gli organizzatori danno già appuntamento all' anno prossimo.