la Repubblica - Lunedì, 11 maggio 1998 - pagina 23
di FRANCESCO ERBANI
Crescono i lettori dei suoi romanzi. L' ultimo, "La concessione del telefono", ha venduto per ora 30 mila copie. Ecco un autore culto
FENOMENO CAMILLERI LE RAGIONI DI UN SUCCESSO
Sarà pure vero che gli scrittori italiani non sono più dei bestseller: ma come la mettiamo con Andrea Camilleri? Come la mettiamo con questo signore siciliano che oltrepassati da poco i settant' anni può annoverare una decina di titoli quasi contemporaneamente in libreria? Da qualche settimana è uscito La concessione del telefono (trentamila copie la prima tiratura, praticamente esaurita), ma in deroga alla brutale legge che sovrasta il mercato editoriale, per cui i libri sugli scaffali resistono non più di pochi mesi, lo troviamo affiancato sui banconi dai dieci volumi che lo hanno preceduto, i cui titoli scorrono di bocca in bocca nel più straordinario passaparola che la storia recente dell' editoria possa vantare. Camilleri ha un ovale paffuto che pare la sintesi fisiognomica di una filosofia godereccia, a sua volta condensata in una scrittura che ha l' effetto evidente di renderlo felice. Vive a Roma, dietro l' angolo di casa sua c' è la Rai, dove ha lavorato per alcuni decenni come regista e delegato di produzione (ha firmato molto Eduardo, e poi Maigret, Sheridan). Ma la sua sorgente letteraria, affabulatoria, distilla liquori siciliani, sia che inventi le indagini del commissario Montalbano, o che si cimenti con le ricostruzioni microstoriche, percorrendo una via intermedia fra Leonardo Sciascia e Les Annales. "Potrei parlare anche di New York. Non ci sono mai stato, ma con le guide che circolano e che indicano persino le tabaccherie, non sarebbe difficile". E perché non lo fa? "Perché non conosco gli uomini, non so cos' hanno nella testa. Io lo so cos' hanno nella testa i siciliani. Mi sbaglio il novantanove per cento delle volte, ma quell' uno per cento mi basta". Nei suoi personaggi scorre il mare che divide l' isola dall' Africa e che bagna la sponda sulla quale nacquero lo spirito "magno greco", lui e Luigi Pirandello. La sua è la Sicilia dell' immaginaria Vigàta, provincia di Montelusa (che stanno per Porto Empedocle e Agrigento) non quella aristocratica ed europea, né quella iscritta nell' egida mafiosa. La mafia compare nei suoi romanzi, ma incombe sullo sfondo quasi Camilleri volesse dimostrare che anche in Sicilia esiste il delittaccio comune, la criminalità non mafiosa. "La mafia è una cosa troppo seria. Tanti anni fa conoscevo un mafioso di Porto Empedocle, la mia città. Gli uccisero alcuni familiari e lui per proteggere gli altri se ne andò in Canada. Sa cosa mi disse? Mi disse: "Questo è diventato un paese ingovernabile"". Stima e ammira Giancarlo Caselli ("I piemontesi non ci potevano risarcire meglio"), che a sua volta confida agli amici di aver scoperto la Sicilia leggendo Camilleri. Il "fenomeno Camilleri" nasce alcuni anni fa (le dispiace se si parla di lei come di un "fenomeno"? "La cosa non mi offende", risponde arrotando l' italiano alla perfezione, come i siciliani colti). Racconta Elvira Sellerio, l' editore di quasi tutti i suoi libri: "Me lo presentò Sciascia, che aveva letto Un filo di fumo, uscito da Garzanti. Aveva per le mani il dattiloscritto de La strage dimenticata, che raccontava di un massacro avvenuto in una prigione borbonica nel 1848. Mi piacque subito e lo pubblicai in una collana di storie siciliane. Poi mi diede La stagione della caccia, ne lessi qualche pagina e restai terrorizzata: usava diffusamente il dialetto e mi sembrava destinato a pochi eletti. Non sapevo come dirglielo. Eravamo diventati amici. Ci ho pensato su qualche mese, lui aspettava in silenzio. Poi una notte l' ho letto tutto d' un fiato. Lo stampammo ed ebbe un successo imprevisto". Da allora, siamo a metà degli anni Ottanta, ogni libro prese a viaggiare sulle cinque, diecimila copie che per un piccolo editore, snob quasi per dettato divino, era un bel risultato. "Per me è stato un dono, dopo trent' anni ho capito che so fare bene questo mestiere", esclama la Sellerio, che con Camilleri ha rimesso in sesto i suoi conti e oggi incassa una media di cinquecento milioni al mese. Il legame fra Sellerio e Camilleri è d' intelligenza, d' affezione. Per ogni libro c' è un anticipo di due milioni, più la percentuale sulle vendite che Elvira Sellerio paga con ritardo, qualche volta con molto ritardo. Gli editori più grandi fanno la fila, offrono cifre imparagonabili con quelle che girano a Palermo. "Se devi pubblicare qualcosa non da noi, almeno fallo col più grande", gli ha detto la Sellerio stringendosi nelle spalle. Ed è così che a giugno uscirà da Mondadori un' antologia di trenta piccole indagini del commissario Montalbano. E poi? Come farà a cautelare Camilleri dalle tentazioni? "Non lo so", spiega Sellerio, "sono sicura che con lui non litigherò mai". Ma intanto per la fine dell' anno sarà pronto un nuovo romanzo per il marchio Sellerio, che si intitola Il re di Agrigento, una storia romanzata di quando, sul finire del Seicento, la città dei Templi si fregiò di una propria, curiosissima monarchia. Ogni nuovo titolo di Camilleri, che può avere contemporaneamente in fattura anche tre romanzi ("sono una specie di semestrale", confessa), trascina i precedenti e le vendite si moltiplicano in tutta Italia. Persino in Veneto, dove c' è una roccaforte di antichi sostenitori e dove appena qualche tempo fa un libraio disse a Elvira Sellerio: "Certo, con quella dicitura "Palermo" in copertina, come pensa di sfondare qui". Pochissime le recensioni, nessuna pubblicità, qualche apparizione al Costanzo Show, i libri di Camilleri si muovono sul tam tam dei lettori, che si rimbalzano le battute del commissario Montalbano, il suo disincanto, le ricette di pesce di cui va matto, tutti piatti fortissimi che Camilleri ha scovato in alcuni quaderni di sua madre e di sua nonna e i cui dettagli sono una specie di rimozione verbale e letteraria d' un piacere al quale non si può più abbandonare. "Qualche settimana fa mi hanno invitato in un liceo di Licata. Dopo siamo andati a cena e che t' avevano preparato due professori? Uno dei piatti preferiti da Montalbano, una pasta con la salsa corallina, fatta coi ricci di mare e le aragoste e tantissimo prezzemolo. Una cosa che mi avrebbe schiantato. L' ho potuta solo assaggiare". Il piccolo culto che si è creato intorno a lui ha i suoi prezzi, come quelli che a Napoli pagano gli attori delle sceneggiate, chiamati a rispondere delle malefatte dei loro personaggi. A Catania l' hanno fermato davanti a una libreria due signore: "Permette, dottore Camilleri, il commissario Montalbano non se la può sposare a quella genovese". E perché, risponde lui? "Ma come, co' tante belle picciridde che c' abbiamo qua".