La Repubblica - Martedì, 15 settembre 1998 - pagina 39
di STEFANO MALATESTA

IL CASO EDITORIALE Un solo romanzo è bastato per imporlo al pubblico e alla critica. Ma chi è questo scrittore considerato l' ultimo grande mitteleuropeo?
MARAI, IL FUOCO SOTTO LE BRACI

Marinella D' Alessandro, curatrice e bravissima traduttrice di Braci, sta traducendo un altro libro di Sandor Marai, un romanzo su Casanova, intitolato provvisoriamente in italiano Un gentiluomo di Venezia. Dice che è straordinario, il migliore che lei abbia letto tra i non pochi romanzi su Casanova di autori mitteleuropei, sempre irresistibilmente attratti dalle avventure del veneziano. C' è un narratore che racconta la fuga dai Piombi, come Casanova arriva a Bolzano, come incontra un antico amore, e poi il marito di lei... Appartenendo alla categoria, anche Marai ha subito il suo fascino. Ma il ritratto del libertino libertario, del dissoluto che odia le regole e resiste al potere, è anche un ritratto autobiografico, di Marai come si vedeva. Insieme con i libri di Camilleri, Braci è stato il successo editoriale dell' anno. Cinque edizioni in cinque mesi, accompagnate da recensioni riservate ai grandi autori. Altro che cannibali o minimalisti, pompati perché in giro non si trova altro. Qui siamo nelle vicinanze di Mann, di Gombrowich, di Canetti, o almeno di Kundera, di Kadaré, della Berberova. Sembrava che dal fondo del capace e sorprendente barile mitteleuropeo si fosse raschiato tutto il buono, e anche tutto il cattivo. Invece ecco apparire Sandor Marai, santo benefattore di cui si sa pochissimo, con la sua magnifica storia del regolamento di conti tra due vecchi amici, con un generale che ha passato la vita tra castello e caserma e che parla come un filosofo nichilista dell' Ottocento che ha letto in anticipo Freud. E quel pochissimo che si sa, sembra fatto per confondere: ungherese, nato a Kassa, una cittadina che ora appartiene alla Slovacchia, da una famiglia della minoranza tedesca- sassone; scrittore in lingua tedesca per i giornali, ma sempre in ungherese nei libri. Inoltre ha vissuto a Napoli e a Salerno per anni, ma nessuno lo ha mai incontrato o ne ha parlato. Sembra che il merito della riscoperta vada a Roberto Calasso della Adelphi. Leggendolo in traduzioni francesi, nemmeno troppo accurate, se n' entusiasma e lo propone alla D' Alessandro. La D' Alessandro, figlia di una signora ungherese, si ricorda che nelle case della buona borghesia di Budapest c' era sempre negli scaffali qualche vecchio volume in tela grezza color panna di Marai, accanto a quelli di Gèza Ottik, e ha almeno un episodio da raccontare. Quando studiava alla Orientale di Napoli, all' inizio degli anni ' 70, conosceva qualcuna delle opere dello scrittore e lo voleva incontrare. Ma il suo professore, anche lui un espatriato, l' aveva sconsigliata: "Lei ha troppi contatti con l' Ungheria di oggi e Marai del suo paese non ne vuole nemmeno sentir parlare. E poi non riceve mai nessuno". Le fotografie dello scrittore sono rare, detestava essere ripreso. In quelle che ancora rimangono appare come una persona molto alta, curva, con i lineamenti molli, le labbra a cuore e un' espressione poco allegra, diciamo così (anche se una certa cupezza deriva dalla cattiva qualità della fotografia). Una persona vestita molto correttamente. Non sono mai istantanee, ma sempre immagini in posa, lo scrittore pensoso dietro la sua scrivania, al posto dove dovrebbe sempre stare, al lavoro, simili alle fotografie che si facevano fare gli scrittori famosi dell' epoca, come Mann. Ma con meno orgoglio e sicurezza, la differenza che c' era tra la Germania e l' Ungheria. Comunque Marai, quanto a laboriosità, non è mai stato secondo a nessuno: un macinatore di frasi, un autore straordinariamente prolifico. Quando era ancora in Ungheria, questa prolificità gli è stata rimproverata più volte, ingiustamente. La sua prosa non accusa mai la fatica ed è quasi sempre intensa senza trucchi e appassionata. Sembra che avesse una penna scorrevole, una facilità innata, ma l' eleganza e la finezza non si trasformano in leggerezza nel senso del futile o del volubile e sono saldamente ancorate in profondità. Ci si accorge che scriveva in fretta per un certo andamento ciclico, pensieri e concetti che ritornano sotto altre parole, una certa ripetitività (a giudicare solo da Braci) che però è anche un segno del suo stile. Nato nel 1900, non partecipa alla Prima Guerra Mondiale per pochi mesi (era stato già richiamato). Nel suo caso, il tema fondamentale degli scrittori mitteleuropei, trattato fino alla noia, la dissoluzione dell' impero austroungarico, con annessi traumi per perdita dell' appartenenza, per distruzione dei valori, eccetera, ha una consistenza maggiore che in altri scrittori. L' Ungheria perde due terzi del suo regno, il suo paese natale viene inglobato nella nuova Cecoslovacchia, a Budapest s' installa prima la Repubblica dei Consigli popolari e subito dopo un regime autoritario. Negli anni futuri, non tanto lontani, Marai identificherà questa e altre dissoluzioni altrettanto magne con la scomparsa o comunque con il venire meno della borghesia, non classe, ma l' unico universo possibile dove si possa ragionare in termini di filosofia, morale, storia e di sentimenti, non solo in termini di economia positivistica. Ma sul momento, davanti a una cultura che cade a pezzi, pensa solo a mettersi in viaggio: Francoforte, Berlino, dove lavora per i giornali tedeschi e poi Parigi. La Parigi del primo dopoguerra è il luogo letterario-artistico più raccontato del secolo. Ma in nessun diario o memoria, di solito anglosassoni e francesi, ma anche italiani, compare lo scrittore ungherese. Come per la sua personalità, anche per la sua vita di ogni giorno dobbiamo quasi sempre fare riferimento agli abbondantissimi dati autobiografici, in assenza di informazioni e di testimonianze esterne. L' immagine che ne risulta è convenzionalmente e blandamente schizofrenica: donnaiolo, amante dei piaceri, un frivolo che ama il lusso (dice lui), ma anche, più realisticamente, un emigrato che non ha molti soldi in tasca, che deve seguire abitudini spartane, irritato per gli insopportabili francesi, che sembrano discendere dai lombi degli dei. Un' altra scissione, comune a molti scrittori del periodo, è quella del borghese che riconosce di esserlo, ma che l' unico posto in cui si sente a disagio è tra i borghesi. Qui in fondo siamo nella normalità, il ribelle giovanile che rientrerà nell' ordine con la maturità. Tornato a Budapest alla fine degli anni ' 20, si mette a scrivere come un forsennato, pubblicando decine di volumi tra romanzi, resoconti di viaggi, saggi, poemetti in prosa, drammi, la sua autobiografia Le confessioni di un borghese e migliaia di articoli. E' il periodo della fama, la cui crescita è inversamente proporzionale a un processo lento ma costante, che lo porta a chiudersi, a irrididirsi, ad incupirsi e a meditare sul peggio. Ora pienamente borghese e liberale, davanti al nazismo che si espande in Europa, il suo riflesso è quello di barricarsi nello studio e di scrivere ancora di più. Una crisi dettata da ragioni esterne, ma che trova corrispondenze in letture spengleriane, in una cultura che si aspetta solo l' arrivo di tempi neri. Questi naturalmente arrivano, prima con la guerra e poi con il comunismo. E Marai, che aveva resistito per molti anni, al contrario di numerosi suoi famosi compatrioti, questa volta decide di partire anche lui. A Napoli va a stare a Posillipo con la moglie Lola Mazner, una ragazza ebrea di Kassa che ha sposato nel 1923 e con il figlio adottivo, trovato tra le macerie durante l' assedio di Budapest (un figlio avuto dal matrimonio era morto). Non frequenta scrittori e letterati, ma gente del popolo: bottegai o artigiani. Vi ritrova un' umanità che credeva perduta, che si perpetua nei gesti, nell' affollarsi nei bassi e per le strade. Una Napoli esotica, con il sospetto della maniera e del folklore (ma lui veniva dal terrore nazista e dal gelo comunista dei paesi dell' est). L' unico personaggio di rilievo che incontra, dice la D' Alessandro, è l' inevitabile Benedetto Croce, con cui parla a cuore aperto e rinfrancato di libertà e di liberalismo. Scrive i diari e un libro sulla città, che s' intitola, purtroppo, Il sangue di san Gennaro, la ricostruzione della vita di uno scrittore ungherese, gettatosi dalla rupe di Posillipo, fatta dalla moglie, dal prete confessore e da un poliziotto. Vive precariamente lavorando alle trasmissioni di Europa Libera e collaborando ai giornali ungheresi dell' emigrazione. E' questa precarietà a spingerlo ad andare a New York nel 1952, in un paese che non gli piace perché simbolo della detestata civiltà delle macchine, come ha scritto nel Sangue di San Gennaro. Qui resiste molti anni, sempre guadagnandosi da vivere con la scrittura, ritorna in Italia a Salerno, ancora più isolato, riparte nel 1979 per gli Stati Uniti, stabilendosi a San Diego. Muore di cancro la moglie, muore il figlio adottivo, lui tiene un diario dove segna la morte degli scrittori ungheresi che conosceva: "Exit tizio, exit caio", una sorta di documento cimiteriale e finalmente si uccide nel 1989, pochi mesi prima del crollo del muro di Berlino. In Ungheria, che aveva messo al bando i suoi libri, si era sempre rifiutato di tornare, anche quando era cominciata una relativa liberalizzazione. "Durante il nazismo Thomas Mann non ha mai rimesso piede in Germania", diceva. "Perchè lo dovrei fare io con i comunisti?". L' unico momento in cui sperò di rivedere Budapest è stato durante la rivoluzione ungherese, nel 1956. Arrivò a Monaco dagli Stati Uniti il 7 novembre, ma tre giorni prima era già finito tutto, la città tedesca era invasa dai profughi. E Marai scese a Napoli, dove assistette commosso alle sfilate degli amati napoletani che strillavano "Ungheria libera".

 


la Repubblica - Sabato, 12 settembre 1998 - pagina 35
di Bruno Arpaia

L' annuncio di Pennac. Faccia a faccia tra i bestsellers
MALAUSSÈNE TORNA IN ANTEPRIMA SU REPUBBLICA

Mantova - Dev' essere stata la folla, la folla del Festivaletteratura, pagante, numerosissima e attenta, a commuovere Daniel Pennac. Alla fine, incalzato dalle domande, lo scrittore francese ha confessato, con gran sollievo del pubblico. Niente paura, la saga dei Malaussène non è finita: a Natale, il quinto episodio della serie, La passione di Teresa, uscirà a puntate su la Repubblica, prima di essere pubblicato, come al solito, da Feltrinelli. Folla protagonista e teatro stipato ieri a Mantova anche per l' incontro tra Montalban e Montalbano, pardon, tra lo scrittore catalano e Andrea Camilleri. Il quale, quasi indossando le vesti del suo commissario, ha interrogato Vazquez Montalban, scavando nei meandri dei suoi libri. Che peraltro conosce a menadito. "Ma è vero", ha chiesto, "che Pepe Carvalho nasce da una scommessa etilica? E se sì, da che tipo di alcol? Perché dal whisky nasce una letteratura, dal gin un' altra, dal vino un' altra ancora...". E Montalban, serafico: "Carvalho nasce dal vino, e da un vino scadente, perché all' epoca, all' inizio degli anni Settanta, la sinistra non mangiava né beveva bene. Preferiva l' espiazione. Solo dopo, quando si è capito che non si poteva assaltare il Palazzo d' inverno, si è dato l' assalto alle cucine". E D' Alema, che ha detto che l' ultimo libro di Montalban, O Cesare a nulla, un romanzo sui Borgia, sarebbe la metafora del partito comunista? "Mi sembra una lettura un po' improbabile", risponde Montalban. "Studierò la questione, ma credo che D' Alema sia stato un po' condizionato dai suoi problemi...". E poi ancora domande sul romanzo poliziesco e la metafisica, sul giallo e la critica sociale, sulle tecniche letterarie. Finché, per la folla, non si è fatta ora di correre verso un altro evento: l' incontro con Luis Sepulveda, Santiago Gamboa e José Manuel Fajardo. A parlare di avventura, stavolta.

 


la Repubblica - Sabato, 12 settembre 1998 - pagina 35
di PAOLO MAURI

McGrath, Camilleri e Montalban alla manifestazione sulla letteratura in corso in questi giorni a Mantova
LA MAGIA NEL FESTIVAL DEL SILENZIO

Mantova - Mantova è una città silenziosa. Le antiche fabbriche umanistico-rinascimentali contribuiscono a dare l' idea di un equilibrio raggiunto, di una giusta distribuzione delle parti, dei pesi e degli spazi. Il silenzio è un momento di equilibrio nell' architettura di una comunità umana. E' il momento della riflessione, del pensiero, dell' ascolto. Questo Festival della letteratura di Mantova, giunto quest' anno alla seconda edizione, è appunto un capolavoro di equilibrio e di silenzio. Il Festival è scivolato dentro la città, ha riempito le sale illustri della casa del Mantegna o i cortili storici di Palazzo Ducale. La città ha accolto i nuovi ospiti ma non appare intasata e la letteratura ha celebrato i suoi riti senza chiasso, senza isterie. Il Festival di Mantova ha un pubblico semplicemente perfetto ed è stato anche il pubblico il protagonista di queste giornate. Il Festival non ha intenzioni mercantili, non paga gli scrittori che vengono a parlare e si giova per l' organizzazione di molti volontari. Il risultato è un incontro culturale all' insegna del piacere dell' incontro. Nient' altro. Sono un centinaio tra italiani e stranieri gli scrittori intervenuti e numerosi i bestsellers, da Camilleri a Montalban, da Pennac a McGrath. Pennac ha come sempre deliziato il suo pubblico. McGrath ancora stupito del grande successo italiano di Follia ha detto che i romanzieri e gli psichiatri hanno qualche cosa in comune perché mettono in modo diverso ordine nel caos. Daniele Del Giudice dopo aver letto un suo racconto, Fuga, ha parlato di una questione complessa, il "passaggio all' azione", citando i surrealisti che nel loro manifesto scrissero: e se qualcuno uscisse per strada e si mettesse a sparare ad altezza d' uomo? Ecco un' azione surrealista. E oggi - aggiunge lo scrittore - che cosa accade? Che cosa ci sta succedendo? Il pubblico tace, nella piazza Leon Battista Alberti sulla quale incombe una gru, immensa. In prima fila ascolta anche Giulio Einaudi che domani incontrerà Vittorio Foa per parlare delle sue lettere dal carcere. Mantova ripercorre in pochi giorni le trame romanzesche di un anno, ma anche la storia del secolo, oltre trecento persone affollavano la conferenza-incontro con Carlo Ginzburg. Un pubblico ancora una volta competente. Da McGrath, hanno calcolato gli organizzatori, c' era un pubblico composto dal 77 per cento di donne e dal 23 per cento di uomini. Un caso? Un libro, Follia, soprattutto per donne? La verità, conclude McGrath rispondendo a una domanda, è che non esiste la verità. Come non esiste una ricetta sicura per fare un buon festival, anche se Mantova sembra averla trovata.

 


la Repubblica - Sabato, 12 settembre 1998 - pagina 36
Le novità della classifica
FOLLA DI AUTORI ITALIANI DA CAMILLERI A MANFREDI ALLA LEVI MONTALCINI

Ben quattro titoli di Andrea Camilleri in classifica, ma ad imporsi sono anche altri autori italiani. In vetta, al secondo posto, ecco la storia di Aléxandros, firmata da Valerio Massimo Manfredi. Qualche posizione più in basso, e troviamo Lezioni di tango, ultimo romanzo di una coppia di collaudati bestselleristi che si nascondono sotto lo pseudonimo di Sveva Casati Modignani. In settima posizione, un Premio Nobel, Rita Levi Montalcini, con L' asso nella manica a brandelli, libro molto fiducioso sulla possibilità di vivere a lungo, e in modo pieno. Patricia Cornwell conquista intanto la prima posizione con il suo ultimo giallo, assai tinto di rosa: Morte innaturale. Ricordiamo che la classifica dei libri è stata effettuata dall' Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 2 all' 8 settembre.

 


Film TV 09.09.1998

Camilleri: che fai, reciti?

Cosa ci fa lo scrittore culto dell'anno alla sedicesima edizione del Festival di Annecy, in programma dal 15 al 22 Settembre? Che domanda: recita.
Appena selezionato con il suo "La concessione del telefono" (Sellerio) per il premio del Pen Club Italiano, presieduto dal poeta Maurizio Luzi, Andrea Camilleri e' infatti - sorpresa, sorpresa - tra gli attori di "La strategia della maschera" di Rocco Mortelliti, uno dei 33 film previsti dalla sezione "Panorama".
Due, invece, le sezioni competitivi.
La prima, aperta ai lungometraggi, vede in concorso tra gli altri "Figli di Annibale" di Davide Ferrario, mentre la seconda e' dedicata ai cortometraggi.
Per la sezione "Cinemamemoria" sara' quindi possibile rivedere o scoprire 32 opere dimenticate. Tra queste, un vero gioiello: "Don Camillo" di Julien Duvivier, del '52, tratto dai racconti di Guareschi.
Il Premio Sergio Leone verra' attribuito a Peter Del Monte, mentre un Premio speciale alla carriera andra' ad Alberto Sordi.


Il Messaggero 08.09.1998

Smorfie d'autore: Camilleri, la sua lingua tradotta in immagini  

ROMA - Talia fora del balcone, s'appinnica al tavolo su un libro, si stinnica tanticchia suli, s'ammuccia scherzosamente dietro le persiane: appena sufficiente stuzzicarlo un po' e lo scrittore Andrea Camilleri (73 anni) si presenta subito a gestualizzare il lessico siciliano che lo ha reso famoso. E' sereno davanti all'obiettivo fotografico: decisa con il fotografo l'ambientazione e la parola da rappresentare, il suo volto immediatamente si adegua, si cala nella parte con la confidenza acquisita nei tanti anni di regia e con le numerose interpretazioni in cinema e tv.


la Repubblica - Sabato, 5 settembre 1998 - pagina 34

Le novità della classifica

IN VETTA LA CORNWELL CON UN GIALLO MOLTO TINTO DI ROSA

Appena arrivato in libreria, l' ultimo romanzo di Patricia Cornwell intitolato Morte innaturale è già in vetta alla classifica, subito dopo Andrea Camilleri, che con il suo Un mese con Montalbano mantiene la prima posizione. Come ha scritto Edmondo Dietrich su queste pagine (la Repubblica, 26 agosto) quest' ultimo thriller è molto tinto di rosa, tanto che non è azzardato definirlo anche un romanzo sentimentale: "La Cornwell infatti, su storie rigorosamente, strettamente gialle e perfettamente impostate, ha innestato aspetti personali super intimi... porta avanti gli incerti, altalenanti sentimenti amorosi di Kay Scarpetta". Per il resto, nessuna novità di rilievo. Ricordiamo che la classifica dei libri è stata effettuata dall' Istituto Cirm esplorando sessanta librerie a rotazione, tra cui alcune del Gruppo librerie informatizzate Libris. La settimana di rilevazione va dal 26 agosto al primo settembre.

 


la Repubblica - Sabato, 5 settembre 1998 - pagina 34

di BRUNO ARPAIA

Al Festivaletteratura che si aprirà mercoledì
DA CAMILLERI A SEPULVEDA FOLLA DI SCRITTORI A MANTOVA

Luca Nicolini, il presidente del Comitato organizzatore del Festivaletteratura di Mantova, ha già vinto molte scommesse. L' anno scorso, per realizzare la prima edizione del Festival, aveva prima riunito librai, antiquari, architetti mossi solo dalla passione per i libri, poi aveva cercato l' appoggio di Comune, Provincia e Regione, infine aveva convinto gli sponsor privati a puntare su una formula "rivoluzionaria" per un festival letterario: trasformare la cultura in intrattenimento senza però cedere alla piattezza e alla superficialità del piccolo schermo né all' "effetto fiera" di tanti Saloni del Libro. Ma la vera novità era la decisione di far pagare il biglietto per assistere agli incontri con gli scrittori, agli spettacoli teatrali, ai concerti, ai reading di poesia... Invece è stato un successone. Adesso, per Nicolini e i suoi collaboratori, è venuto il momento di consolidare i successi dell' anno scorso. Formula vincente, non si cambia. Ma la nuova scommessa è quella di ampliare l' iniziativa senza snaturarla. Così, a partire da mercoledì 9 e fino alla domenica successiva, tra palazzo Ducale, piazza delle Erbe, la Casa del Mantegna, il teatro Bibiena e palazzo Te, si svolgeranno 149 eventi, invece dei 103 dell' anno scorso. E via libera anche ai re delle classifiche come Pennac, Camilleri, la Marinina o Sepulveda, per i quali già si prevedono problemi di capienza delle sale. Pennac e Sepulveda, per esempio, incontreranno il pubblico in piazza Castello, in un anfiteatro che potrà contenere ottocento persone. Ma a Mantova arriveranno anche altri prestigiosi autori, come Martin Amis, Tonino Benacquista, Stefano Benni, Enzo Bettiza, Guido Ceronetti, Erri De Luca, Anita Desai, Vittorio Foa, Giulio Einaudi, Carlo Ginzburg, Carlo Lucarelli, Maurizio Maggiani, Nico Orengo, Leonardo Padura, José Saramago, Clara Sereni, Cathleen Schine, Michele Serra, Sandro Veronesi e Manuel Vazquez Montalban. Gli organizzatori avvertono di prenotare per tempo i biglietti prima di raggiungere Mantova. Basterà telefonare allo 0376/356617, inviare un fax allo 0376/367047 o spedire un E-mail all' indirizzo "festivaletteratura@pn.itnet.it".


Festival di Annecy

Si svolgera' dal 15 al 19 Settembre il 16' festival di Annecy, presieduto da Ettore Scola e diretto da Pierre Todeschini e da Jean A. Gili. Due sezioni competitive pere lungo e cortometraggi: nella prima 10 films valutati da una giuria mista franco-italiana, presieduta da Vincenzo Cerami. Tra le anteprime "La strategia della maschera", nel quale Andrea Camilleri debutta come attore. Nella sezione Panorama giovani autori e registi affermati: da Carlo Mazzacurati a Michele Placido, dai fratelli Taviani a Francesca Archibugi, da Roberto Benigni a Pupi Avati ad Antonio Capuano.