L'Espresso 25.06.1998Ce ne fossero di artigiani come lui... di Stefano Giovanardi
Beh insomma. Ce ne vuole di bravura per scrivere un romanzo come "La
concessione del telefono": un romanzo che cancella del tutto la voce narrante, e che procede per documenti
epistolari alternati a dialoghi, con scansioni molto ravvicinate, e ritmo sempre assai sostenuto, nonostante
il continuo intrecciarsi di registri linguistici e stilistici affatto diversi. Se poi pensiamo che una
simile struttura disegna un intreccio ricchissimo, da articolata commedia degli equivoci con nuances
da una parte di poliziesco e dall'altra di irridente documento di costume, non possiamo che dirci ammirati
di tanta maestria "artigianale" e di tanta perizia inventiva.
Non mi stupisco della costante
e plurima presenza in classifica dei romanzi di Camilleri: ho anzi l'impressione che egli colmi una lacuna
endemica della letteratura italiana contemporanea, vale a dire la mancanza di una narrativa di intrattenimento
"alto", che favorisca apertamente il piacere della lettura senza però ricorrere al banale, al corrivo
o al "ruffiano". Non è certo "ruffiano" aprire un romanzo con una serie di lettere ufficiali scritte
nel "burocratese" di fine Ottocento, e neanche lo è usare nei dialoghi un siciliano approssimativamente
italianizzato, che qua e là funziona egregiamente da strumento comico, ma che comunque crea inevitabilmente
qualche problema di comprensione, rendendo la lettura meno fluida di quanto l'intrattenimento puro richiederebbe.
Camilleri,
in altri termini, dispone di una cifra espressiva originale e riconoscibile, che lo identifica in quanto
scrittore e che ne impedisce l'appiattimento entro l'indifferenziata sfera del "consumo"; e tuttavia,
pur mantenendo intatta quella cifra, riesce a produrre letteratura facilmente consumabile. Per questo,
probabilmente, è arrivato infine a sopprimere la voce narrante, da sempre ricettacolo di ogni possibile
"spessore" (concettuale, simbolico, psichico, ideologico...) della forma-romanzo: privo di quell'ancoraggio
al cielo. "La concessione del telefono" pare potersi tranquillamente espandere in orizzontale, accumulando
eventi ed equivoci, persone e caratteri, secondo l'estro, controllato da una tecnica adeguatamente smaliziata,
di una fantasia che vuole soprattutto divertirsi e divertire.
Non si deve fare l'errore di chiedere
a Camilleri ciò che non può, per scelta e per vocazione, costituzionalmente dare. Non si debbono pretendere
da lui affreschi, drammi, grandi idee: sarebbe come chiedere a un Cellini di scolpire la Pietà Rondanini.
Ma ce ne fossero, in questi tempi di crisi della lettura (e di crisi, interminabile, dell'editoria),
di artigiani come lui...