Avvenire
08-05-1999
TV
Il solido Montalbano di Raidue da Camilleri surclassa anche negli ascolti l'ispettore Giusti di Montesano su Canale5
Poliziotti tv, vincitore a sorpresa
Più di 6 milioni di spettatori per il commissario ispirato ai best seller dello scrittore siciliano
Non convince la comicità a tutti i costi del serial con l'attore romano, visto da quasi 4 milioni e mezzo di persone
Mirella Poggialini
Sete di giustizia, ansia di sicurezza, desiderio di una paternità astratta ma onnipresente, paura del mondo? Gli psicologi potrebbero divagare a lungo sul motivo che spinge i produttori - interpreti dei desideri dei telespettatori - a realizzare fiction Tv incentrate su marescialli, ispettori e commissari. Fenomeno non nuovo, mutuato dalla crescente fortuna di un genere che solo da poco si osa definire «letterario», il noir o il giallo, contaminato talvolta in giallo-rosa.
Resta il fatto che giovedì sera, su due reti concorrenti, Raidue e Canale 5, ben due poliziotti si sono confrontati contendendosi il favore del pubblico. Il commissario Montalbano, su Raidue, si è avvalso di una sceneggiatura eccezionale, il fortunato libro di Andrea Camilleri che sul personaggio ha già creato una serie. L'ispettore Giusti, diretto per Canale 5 da Sergio Martino, è invece una commedia costruita apposta per il piccolo schermo, facile e un po' becera, incentrata sull'attore Enrico Montesano che al suo Giusto Giusti non riesce a dare lo spessore del personaggio. Ha vinto la fiction di Raidue con 6 milioni 251.000 telespettatori con uno share del 24,45%, rispetto al 17,50 di share con 4 milioni 430.000 telespettatori del serial di Canale 5.
E la prima riflessione, avendo visto i due telefilm, è che non si sono fatti ombra l'un l'altro: vale a dire che il film di Raidue sarà stato scelto, probabilmente, da chi ha già incontrato l'autore Camilleri, e da chi ha apprezzato Luca Zingaretti nei suoi altri lavori, dal teatro al cinema (Vite strozzate) e alla stessa Tv (una delle ultime Piovra; a Natale lo vedremo nel ruolo di Pietro nel Gesù, nuovo capitolo della Bibbia tv). Più incline all'evasione facile, invece, chi ha scelto a priori Montesano, puntando sulla sua fama di comico: non considerando che il tempo ha segnato il suo viso tanto da farne ora un volto adatto alle parti drammatiche: e, quanto a umorismo, la sceneggiatura, piatta e facilona, si è mostrata assai povera.
Pasticcione e incongruente, Giusti si affanna in exploits atletici che non è in grado di reggere, corre a perdifiato dietro a malviventi imbambolati, si divide fra due donne che pare gli facciano la corte, smorfieggia a comando e non convince. Sornione e corrucciato, Montalbano/Zingaretti ostenta invece una sua fisicità massiccia e invadente, e domina lo schermo dal principio alla fine del film, ché di un film vero e proprio si tratta. E bravo Alberto Sironi che ha saputo creare atmosfere, movimentare scenari, valersi di un cast notevole, di una scenografia intelligente, e di una fotografia nitida e luminosa, particolarmente evocatrice d'ambiente. Ben recitato, pur se con qualche punta di eccesso a sottolineare i contrasti, il film su Montalbano rischia di creare un personaggio «fisso», anche se Camilleri non è Simenon: e se il vernacolo, spesso, diventa fastidiosa insistenza. L'accento siciliano è qualcosa di più di un accento, è una scelta di stile che sbocca a volte nel linguaggio, isolando i personaggi in un loro provincialismo accattivante ma rischioso. E lo stesso accade per Montesano e i suoi, nel cast di richiamo ma raccogliticcio che lo circonda: il romanesco appare sovente greve, accentua uno spaesamento che si nasconde dietro la caratterizzazione.
Resta il fatto che siamo al primo round del match. Montalbano apparirà ancora una sola volta, prima di trasformarsi in serial (il che potrebbe esser la sua fine): l'ispettore Giusti, invece, serial lo è già, e l'appuntamento con lui, per chi lo ha scelto, continuerà per altre cinque settimane, in una iterazione forse confortante.
ete di giustizia, ansia di sicurezza, desiderio di una paternità astratta ma onnipresente, paura del mondo? Gli psicologi potrebbero divagare a lungo sul motivo che spinge i produttori - interpreti dei desideri dei telespettatori - a realizzare fiction Tv incentrate su marescialli, ispettori e commissari. Fenomeno non nuovo, mutuato dalla crescente fortuna di un genere che solo da poco si osa definire «letterario», il noir o il giallo, contaminato talvolta in giallo-rosa.
Resta il fatto che giovedì sera, su due reti concorrenti, Raidue e Canale 5, ben due poliziotti si sono confrontati contendendosi il favore del pubblico. Il commissario Montalbano, su
Raidue, si è avvalso di una sceneggiatura eccezionale, il fortunato libro di Andrea Camilleri che sul personaggio ha già creato una serie. L'ispettore Giusti, diretto per Canale 5 da Sergio Martino, è invece una commedia costruita apposta per il piccolo schermo, facile e un po' becera, incentrata sull'attore Enrico Montesano che al suo Giusto Giusti non riesce a dare lo spessore del personaggio. Ha vinto la fiction di Raidue con 6 milioni 251.000 telespettatori con uno share del 24,45%, rispetto al 17,50 di share con 4 milioni 430.000 telespettatori del serial di Canale 5.
E la prima riflessione, avendo visto i due telefilm, è che non si sono fatti ombra l'un l'altro: vale a dire che il film di Raidue sarà stato scelto, probabilmente, da chi ha già incontrato l'autore
Camilleri, e da chi ha apprezzato Luca Zingaretti nei suoi altri lavori, dal teatro al cinema (Vite strozzate) e alla stessa Tv (una delle ultime Piovra; a Natale lo vedremo nel ruolo di Pietro nel Gesù, nuovo capitolo della Bibbia tv). Più incline all'evasione facile, invece, chi ha scelto a priori
Montesano, puntando sulla sua fama di comico: non considerando che il tempo ha segnato il suo viso tanto da farne ora un volto adatto alle parti drammatiche: e, quanto a umorismo, la sceneggiatura, piatta e facilona, si è mostrata assai povera.
Pasticcione e incongruente, Giusti si affanna in exploits atletici che non è in grado di reggere, corre a perdifiato dietro a malviventi imbambolati, si divide fra due donne che pare gli facciano la corte, smorfieggia a comando e non convince. Sornione e corrucciato,
Montalbano/Zingaretti ostenta invece una sua fisicità massiccia e invadente, e domina lo schermo dal principio alla fine del film, ché di un film vero e proprio si tratta. E bravo Alberto Sironi che ha saputo creare atmosfere, movimentare scenari, valersi di un cast notevole, di una scenografia intelligente, e di una fotografia nitida e luminosa, particolarmente evocatrice d'ambiente. Ben recitato, pur se con qualche punta di eccesso a sottolineare i contrasti, il film su Montalbano rischia di creare un personaggio «fisso», anche se Camilleri non è
Simenon: e se il vernacolo, spesso, diventa fastidiosa insistenza. L'accento siciliano è qualcosa di più di un accento, è una scelta di stile che sbocca a volte nel linguaggio, isolando i personaggi in un loro provincialismo accattivante ma rischioso. E lo stesso accade per Montesano e i suoi, nel cast di richiamo ma raccogliticcio che lo circonda: il romanesco appare sovente greve, accentua uno spaesamento che si nasconde dietro la caratterizzazione.
Resta il fatto che siamo al primo round del match. Montalbano apparirà ancora una sola volta, prima di trasformarsi in serial (il che potrebbe esser la sua fine): l'ispettore Giusti, invece, serial lo è già, e l'appuntamento con lui, per chi lo ha scelto, continuerà per altre cinque settimane, in una iterazione forse confortante.
Mirella Poggialini