Euromediterraneo, Gennaio 1999

Trionfo della terza eta'

Interrompere la sua stessa voce, che la segreteria telefonica restituisce autentica, arrochita da mille sigarette e con quell'inconfondibile accento: "Sono Andrea Camilleri, buonasera". L'intervista, a mille chilometri dalla sua immaginaria Vigata, puo' cominciare.

Per trent'anni sono stato funzionario RAI, producendo le prime otto commedie di Eduardo, in bianco e nero, le serie di Maigret e Sheridan e sceneggiati come "La figlia del Capitano", con Nazzari; poi un migliaio di regie, radiodrammi e riduzioni, a cominciare da "Rocambole". E ho sempre fatto teatro. Per ventiquattr'anni ho insegnato al Centro sperimentale di Cinematografia e all'Accademia d'Arte drammatica Silvio D'Amico. Volevo arrivare a 25 anni, ma non ho piu' tempo.

Il successo le e' piombato addosso all'improvviso. I suoi lettori erano legati a libri e personaggi solo da un tenace passaparola. Niente interviste, niente comparsate nei Talk Show. Fin quando la "sua" televisione, per contrappasso, non le ha teso un'imboscata: e si e' ritrovato celebre e conteso. Ora, io che mi rifiutavo di andare a Milano, sono costretto ad andare a Berlino. Non sono felice di usare l'aereo.

Ma dovra' usarlo comunque. I suoi romanzi stanno per essere tradotti in mezza Europa. In Francia e' gia' uscito il primo libro e ho tre editori; due ne ho in Portogallo e tre in Germania. In Spagna sono apparse due edizioni: in castigliano e in catalano. Gli unici che ancora non se la sentono sono gli inglesi; apsettano di trovare il traduttore giusto, il che mi fa sperare bene.

Ma che significa per lei questo successo, come se lo spiega? Una vera soddisfazione: piu' ascoltatori hai quando racconti una cosa, meglio e'. Spiegazioni non ne so dare. Ci hanno provato altri come Carlo Bo, ma per la verita' non riesco a darne alcuna.

Il merito non sara', in parte, dalla sua consuetudine con tv e treatro, della sua capacita' di costruire luoghi e personaggi autentici? Credo di si': queste esperienze mi hanno portato a cercare di fare dei personaggi a tutto tondo, come se fossero in procinto di essere interpretati da un attore, con la tentazione di alzarsi in piedi dalla pagina. Ho imparato un certo uso dei dialoghi, un certo taglio delle scene: imh miei, piu' che capitoli, sono delle scene.

Ma esiste davvero un "Commissario Montalbano"? No, nacque dalla mia fantasia, piu' come funzione che come personaggio, gia' con "La forma dell'acqua". Tanto e' vero che non riesco neppure a figurarmelo.

L'ha impressionata vederlo in carne e ossa, al primo ciak televisivo con Luca Zingaretti? Luca lo conosco da anni, quindi non mi ha fatto nessuna impressione . L'essenziale e che per quelle due ore dimostri di essere l'unico vero commissario Montalbano.

Sono molte le analogie tra il suo eroe e Pepe Carvalho, il detective di Manuel Vasquez Montalban. Somiglianze e ironie. Non sono sposati. Pepe non e' neanche, come certi poliziotti americani, un "tombeur de femmes". Montalbano manco a parlarne: le donne gli piacciono ma basta cosi'. Il grande gusto del mangiare, poi. Montalbano starebbe male a mangiare quel che mangia Carvalho. Ma lo scherzo e' piu' con l'autore che con il suo personaggio. La mia ammirazione per lui non si limita ai gialli ma in veste romanzi come "Il pianista", che mi ha molto influenzato nella disarticolazione del tempo narrativo tradizionale, cosa che ad esempio si trova nel "Birraio di Preston". Di persona non lo conoscevo. D'Alema ci ha fatto incontrare, alla Festa dell'Unita'. Ci siamo rivisti al Festival di Mantova, dove ho fatto una lunga intervista pubblica, e abbiamo anche pranzato insieme: e lui si che mangia. Io mi limito ad un "trasfert" con Montalbano: faccio mangiare a lui le cose che non posso mangiare.

Forse, a legare Salvo e Pepe e' anche la disposizione nei confronti di un'indagine: crescono, portano a casa qualcosa. Si, e' cosi'. Maigret, invece, e' immutabile. Veda il primo e l'ultimo romanzo di Simenon. Io penso che loro due potrebbero pure ritirarsi per raggiunti limiti di eta'. Sono piu' aderenti alla realta'.

Come ando' la storia del suo primo libro, il "Corso delle cose", appena ripubblicato da Sellerio? Lo scrissi a quarantadue anni. Me lo doveva pubblicare Nicolo' Gallo, un palermitano della Mondadori. Poi mori e per 11 anni nessuno lo pubblico' piu'. Due magistrati amici miei, Dante Troisi e Antonio Sanguerra, ne curarono una riduzione per la TV: una speldida interpretazione di Leopoldo Trieste e Ida Di Benedetto. Infine si fece vivo un editore a pagamento, Lalli si chiamava, che mi disse: glielo pubblico gratis, ma in fondo deve scrivere che gliel'ho pubblicato io. Non ho cominciato a scrivere tardi, come Bufalino, il Principe di Lampedusa o Lucio Piccolo. Il fatto e' che mi hanno costretto a debuttare tardi.

E' risentito per questo? Non ne voglio a nessuno. Credo ad una sorta di fatalismo, non orientale ma siciliano. Le cose capitano quando devono capitare.

di Davide Camarrone