Il Messaggero 30-04-1999

Camilleri: «Il genio italico non basta ai nostri film»

ROMA - Andrea Camilleri, il settantatreenne scrittore-cult siciliano, autore di romanzi che da anni compaiono nella hit dei libri più venduti, ha scelto di tornare a fare l’attore («la prima volta mi capitò in uno sceneggiato tv diretto da Vasile in compagnia di Rochefort») per Rocco Mortelliti nel suo La strategia della maschera: «Per una questione di affinità di pensiero e per la stima che nutro per lui, che è stato mio allievo alla Silvio D’Amico» sottolinea con un sorriso. Una sorta di giallo dai rimandi pirandelliani, il film, la cui idea nasce proprio da Camilleri ed è legata ad un fatto realmente accaduto: «A Lipari furono ritrovate delle antiche maschere delle commedia di Menandro. Un giorno, improvvisamente alcune di queste maschere scompravero nel nulla». E ha molte cose da dire Camilleri sul cinema, in particolare su quello italiano e su un’industria inesistente che ogni giorno deve vedersela con i colossi Usa: «Non ci rendiamo conto - afferma lo scrittore - che siamo senza difese. È una guerra persa in partenza, da sempre...è come mettere di fronte una piccola azienda con la General Motors. Per il cinema, noi ci siamo sempre affidati solo e unicamente al genio italico, il che non è poco ma servirebbero delle regole. Insomma - continua Camilleri - abbiamo forti potenzialità ma rimaniamo dei poveracci. Col coraggio individuale non si vincono le guerre». Ma come trovare una via d’uscita? «Dobbiamo rispondere ad una sola domanda - dice lo scrittore -.Quanti sono i film che riusciamo ad esportare? Ecco, l’individualismo italiano ha buon gioco nella non creazione di un accordo vero, l’unico che possa mettere in campo delle forze produttive». E sulle recenti pellicole di casa nostra non ha dubbi: «Il minimalismo italiano ha più valore dell’Odissea cinematografica. Mi piacciono alcune atmosfere, alcuni incontri, certi momenti». Infine, una parola intorno agli autori: «Siamo carenti in originalità e i produttori non hanno ancora capito che gli autori andrebbero pagati bene, come fanno gli americani».

L.Jatt.