Domani e il 5 luglio su RaiTre due speciali di "Ragazzi del ' 99"
ROMA - La scelta è volutamente fuori moda, una Fiat Duna con gli altoparlanti che gira per viottoli e strade ad annunciare gli argomenti della trasmissione. Rispecchia lo stile di Enrico Deaglio, il più antitelevisivo dei giornalisti - "è vero, e mi sembra un bel complimento" commenta lui -, che con Ragazzi del ' 99 ha scelto di raccontare l' Italia di questa fine millennio con le storie di persone comuni. Mentre in estate la redazione continuerà a raccogliere materiale per la prossima stagione, vanno in onda domani e lunedì prossimo, su RaiTre alle 20.50, due speciali del programma: "Noi e loro", sul rapporto degli italiani con gli immigrati, e "Noi e noi", che indaga sulle nostre paure e i nostri desideri. Nel primo intervengono il presidente del Consiglio D' Alema, Innocenzo Cipolletta, Adriano Sofri, il sindaco di Milano Albertini, monsignor Loris Capovilla, e Andrea Camilleri; nel secondo anche Serena Dandini e Carlo Verdone. "Fa una certa impressione ripercorrere l' anno" spiega Deaglio, "perché in questi mesi sono successe tante cose, scoppiava la guerra e un' albanese vinceva il festival di Sanremo, D' Alema invece cantava da Morandi, Benigni vinceva l' Oscar. è stato un lungo viaggio tra molte contraddizioni". Un' inchiesta che è come un libro da sfogliare, con le facce di medici, operai, suore, zingari, carrozzieri, baristi, vigili, disoccupati, volontari, sacerdoti. "Sono 170 italiani" continua il giornalista "che fanno il ritratto di un paese vecchio, decrepito - case, strade, piazze, città - e molto, molto individualista. Un' Italia concentrata sul proprio benessere, ostinata nel perseguire i propri obiettivi. Poi vai a Otranto e vedi quello che la gente comune fa per gli immigrati e ti rendi conto che non ci sono due, dieci, venti Italie, ma sono molte di più". Com' è stata l' esperienza televisiva? "Sapevamo fin dall' inizio che un programma come questo, sarebbe stato una scommessa, un rischio, perché abbiamo fatto l' esatto contrario di quello che si fa in genere in tv. Come si dice in questi casi, abbiamo avuto il dieci per cento di share, che significa che al dieci per cento degli italiani le nostre storie sono piaciute. Di questo mi accorgo camminando per strada, andando al bar. Mi chiedono com' è andata a finire in un caso o nell' altro, si è creata una certa curiosità. Abbiamo tentato una strada diversa. Non abbiamo scelto persone che volevano mettersi in mostra, non abbiamo cercato l' effetto a tutti i costi, non siamo stati aggressivi, non abbiamo manipolato la realtà. La verità è che ci piace ascoltare le persone, riprenderle nella loro realtà, inquadrarle in un tempo e in uno spazio. E questo, mi rendo conto, è altamente antitelevisivo". Però ballerine e cubiste davano un tocco molto "televisivo". "Già. Anche quello è un mondo poco conosciuto, sorprendente, perché alla fine il sesso è visto sempre in modo un po' triste. Il fine di tutto sono i soldi... Ma di cose curiose ce ne sono, come un certo ristorante dove si mangia direttamente sulla pancia di una ragazza in bikini".
la Repubblica - Sabato, 26 giugno 1999 - pagina 1
Ecco il piano del ministro Piazza per "punire" i burocrati che ci costringono alle lunghe file
ARMIAMOCI DI UN FAX CONTRO I BUROCRATI
di SEBASTIANO MESSINA
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Si capisce,
leggendo Camilleri, che il suo piacere letterario
maggiore, Il birraio di Preston - 23 Preferenze
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Nell'estate del 1995 trovai, tra
vecchie carte di casa, un decreto ministeriale (che riproduco nel romanzo) per la concessione di una linea telefonica privata. Il documento presupponeva una cosi' fitta rete di piu' o meno deliranti adempimenti burocratici-amministartivi da farmi venire subito voglia di scriverci sopa una storia di fantasia (l'ho terminata nel Marzo del 1997). La concessione del telefono - 23 Preferenze |
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Il
solito delitto di mafia, misterioso e intricato, a
Vigata, cittadina Il cane di terracotta - 12 Preferenze |
4) Il ladro di merendine - 11 Preferenze 5) La stagione della caccia - 8 Preferenze 6) La forma dell'acqua - 7 Preferenze 7) Un filo di fumo - 7 Preferenze 8) La voce del violino - 6 Preferenze 9) La bolla di componenda - 3 Preferenza 10) Un mese con Montalbano - 2 Preferenza 11) Il gioco della mosca - 1 Preferenza |
La repubblica22.06.1999
Marcelle Padovani ...
Camilleri? Anche lui usa il giallo come metodo letterario, ma a differenza
di Sciascia non ci tiene a fare il moralista: e' un grande tecnico della
scrittura che non vuole dare lezioni a nessuno.
Mario Di Caro
![]() Camilleri con Montalbano spopola sotto l'ombrelloneImpazza il ciclone Camilleri. La libreria Sellerio di viale Regina Elena, nelle ultime settimane ha registrato un autentico boom dei libri del romanziere siciliano.I piu venduti i gialli di Montalbano: "La forma dell'acqua", "Il ladro di merendine", "La voce del violino" e "Il cane di terracotta". Va sottolineato che il lettore da spiagia predilige il volume piccolo, tascabile, da mettere facilmente in borsa. Anche per questo la linea Sellerio riscuote un discreto successo. Vanno forte anche "I delitti di via Medina-Sidonia", e "La doppia vita di M. Laurent", di Piazzese. "In linea di massima i clienti sono abitudinari - spiega Carmela, che si divide il turno non-stop con Bianca e Giuditta - Oggi, pero', e' entrato un pensionato che mi ha chiesto tutti i libri di Camilleri (15,ndr) ed ha speso 220 mila lire". L'ultimo arrivato e' "Piccola posta" di Adriano Sofri, appaiato con "Bestie", un romanzo pulp dove la comicita' nera prevale. Da ieri le libreria rimane aperta fino alle 24. Marco Tripisciano |
la Repubblica - Mercoledì, 16 giugno 1999 - pagina 22 di GIANNI MURA
"Non mi sento merce di scambio per il Cermis o per la guerra. Nella mia vicenda penso si fosse arrivati a un punto in cui anche gli americani erano disponibili a concludere qualcosa" della sua contentezza, dei progetti per il futuro "A Danbury, quando si è sparsa la notizia che potevo uscire, tutte le detenute mi hanno fatto festa" "Roma è una bella città, anche se stare a Rebibbia non è la stessa cosa. Eppure lì ripartirò daccapo" DAL penitenziario di Danbury la voce di Silvia Baraldini arriva forte e chiara. Allegra, anche. "Sto aspettando. è tanto tempo che aspetto, ma almeno stavolta si vede la fine del tunnel. Mi hanno detto che entro luglio la situazione dovrebbe risolversi". Cosa manca, a questo punto? "A Roma devono stilare un documento in cui si garantisce l' accettazione della mia condanna, riconoscendo la sentenza americana. Questo documento poi viene inviato a New York, valutato da una giuria che mi convoca per una dichiarazione formale. Quindi mi notificano il provvedimento di espulsione e m' imbarcano su un volo per Roma. Dell' Alitalia, credo. Ma non sono sicura. Non so, ad esempio, se avrò una scorta americana o italiana. Non so se sarò ammanettata per tutto il viaggio. Avere le mani libere sarebbe un bel modo di ricominciare. Ma non mi pongo il problema. Mi basta salire su quel volo e tornare in Italia". Quando ci è stata, l' ultima volta? "Ottobre ' 81. Ero andata in Africa per lavoro, poi sono passata da Roma a salutare i miei. Bella città, Roma. A me però piace anche Milano". Ricomincia da dove era partita, da Roma. "Sì, anche se stare a Rebibbia forse non è la stessa cosa che stare a Roma. è molto fuori città il carcere?". No, poco oltre la Tiburtina. Ma sempre carcere è. Parziale vittoria o parziale sconfitta? In Italia se ne discute. Qual è il suo parere? "è un risultato positivo. Io avevo due obiettivi. Il primo era quello di tornare in Italia. Il secondo era di rientrare in Italia senza passar sopra alle mie convinzioni e senza compromettere altre persone. Ho accettato le condizioni poste dagli americani perché quella era l' unica strada praticabile. E sono felicissima alla prospettiva di tornare, anche da Rebibbia è come ripartire daccapo". Tra le reazioni, in Italia, c' è anche questa: il via libera alla Baraldini è un baratto figlio del Cermis e della guerra. "No, la mia storia nasce prima. Certo io non mi sento merce di scambio. Sono vicina alle famiglie che vogliono giustizia per il Cermis, che non è una storia già conclusa ma una battaglia da continuare. Nella mia vicenda, penso si sia arrivati a un punto in cui per varie ragioni anche gli americani erano disponibili a concludere qualcosa. Tutti ci hanno messo un po' di buona volontà. Anch' io, che ho accettato condizioni particolarmente pesanti. Anche il governo italiano, che ha scelto la strada giusta. Anche il mio nuovo avvocato italiano, Grazia Volo, che sono contenta di avere scelto. è molto lucida, in gamba". Come ha reagito Liz Fink, il suo avvocato americano? "è molto contenta anche lei, naturalmente. Liz ha per le mani dei casi molto annosi, si dice così? Uno era il mio. L' altro è quello sulla strage di Attica, un processo in piedi da 25 anni. Silvia, mi ha detto ieri, se torni a casa tu, posso cominciare a pensare di andare in pensione. Ma se io sono arrivata a una via d' uscita non devo ringraziare solo governi e avvocati. Devo ringraziare milioni di persone. Tutti i comitati, tutti quelli che hanno organizzato manifestazioni per me, dalle corse dell' Uisp ai concerti di Guccini, tutti quelli che hanno firmato appelli, petizioni. Senza di loro non sarebbe esistito un caso Baraldini e io non sarei mai tornata in Italia. Forse dovrei usare un altro verbo, ma sono ottimista. Stavolta ci credo. Ci crederò veramente quando l' aereo si sarà staccato da terra". Come sono questi ultimi, si spera, giorni a Danbury? "Intanto, vivo molto meglio nel nuovo braccio sperimentale, è stato la mia salvezza. è molto tranquillo, ci sono in giro più psicologi che guardie. è riservato per metà a detenute diciamo così normali e per metà a donne che hanno subito violenze sessuali. Dopo le otto di sera è proibito ogni rumore e ci sono tre belle ore libere per studiare, leggere. Prima, nel braccio più turbolento, era dura. Quando si è sparsa la notizia che potevo uscire tutte le detenute mi hanno fatto festa. Spinte da tre motivi, credo. Il primo è che per chi sta dentro è sempre bello quando qualcuno esce, pensa che prima o poi toccherà anche a lei. Il secondo è che sono in carcere da 17 anni e, in rapporto a quel che ho commesso, molte pensano che mi meritavo di uscire. Il terzo motivo appartiene all' area più politicizzata: compagne che sanno perché sono in carcere e condividono le mie scelte. In carcere si è ottimisti e generosi. Quando si apre il portone si apre un po' per tutti, è una speranza in più". Vede ancora Susan Steinberg e Alejandrina Torres, che hanno diviso con lei anche i tempi atroci di Lexington? "Sì, e passiamo anche più tempo assieme perché ogni giorno potrebbe essere l' ultimo che ci vediamo. Alejandrina ha una condanna più leggera della mia, dovrebbe uscire nel 2002, Susan più pesante, fino al 2011. Non ci vedremo più perché io non potrò più tornare in America". Rimpiangerà qualcosa? "Inevitabilmente, avendoci passato molta parte della mia vita. Le amicizie, in primo luogo. Ma anche molti aspetti della cultura. La musica. Lo sport. A proposito, i miei Knicks sono in finale coi San Antonio Spurs. Sembravano finiti e in due mesi sono cresciuti parecchio, i Knicks. Lo sport dà belle lezioni di vita. Invece, cos' ha combinato Pantani?". Non lo so. Niente, lui dice. "Ci sono rimasta male. Qui in tivù il Giro non lo danno, ma il Tour sì, mezz' ora al giorno. L' anno scorso mi aveva entusiasmata e avevo letto che era un corridore all' antica, quindi che bisogno avrebbe di doping moderno? Torna al Tour?". No, lo salta. "Peccato. E poi non ho capito come ha fatto il Milan a vincere lo scudetto". Nemmeno io. Lei continua a fare sport? "Sì. Le cure sanitarie non sono delle migliori, in carcere, quindi è primaria l' esigenza di volersi conservare, tenere in forma. Mente sana in corpore sano, giusto? Per la mia età, non posso lamentarmi. Quelli che vengono a trovarmi per prima cosa mi chiedono come sto e per seconda cosa come mai ci sono tanti grassoni in America. è strano, con la fissazione del fitness". Saranno tutte le porcate che mangiano. Se dico tavola, lei a cosa pensa? "A degli amici, a una bottiglia di vino rosso". E se dico futuro? "Penso all' Italia e al fatto che dovrò imparare ogni giorno qualcosa. Penso che dovrò continuare a studiare. Vorrei perfezionare il mio spagnolo". E i suoi corsi di computer? "A livello elementare. Qui ti insegnano fino a un certo punto, temendo che se impari bene poi li usi contro di loro. Una cosa mi è chiara: passo da un regime carcerario che conosco bene a uno che non conosco per nulla. In America il detenuto è obbligato a lavorare, in Italia no, quindi avrei più tempo per studiare. Ho una laurea in storia afro-americana, quella che qui si chiama black history. Ma so che nelle carceri italiane c' è molto volontariato, questo m' interessa molto. Mi piacerebbe fare qualcosa di utile". Ha già cominciato a fare pacchi? "Sì, dice che porta male?". Spero proprio di no. Cosa spedisce? "è imbarazzante dirlo, un sacco di roba. Girando per le carceri si accumula, non si butta via nulla, tutto potrebbe servire. Molti libri li ho regalati alle compagne, molti altri li ho lasciati alla biblioteca di Danbury. Ho regalato la mia racchetta da tennis e altre cosette. Porto via solo i libri che mi servono per studiare e quelli che mi hanno tenuto compagnia, come i gialli di James Lee Burke, che non sono solo gialli ma anche affreschi sociali sulla realtà del profondo Sud. E quelli di Camilleri, che mi hanno spedito dall' Italia. Mi piace molto il commissario Montalbano. Poi, una delle prime cose che farò a Rebibbia sarà di ascoltare la canzone che mi ha dedicato Guccini. Molti di quelli che mi hanno scritto in questi anni accludevano il testo della canzone. Mi pare molto bello, lo so a memoria. Ma per valutare una canzone bisogna sentire anche la musica, no? Com' è?". Piuttosto country, direi. Giusta. A me fa venire in mente Woody Guthrie, ma forse sbaglio. "E poi mi porto via le lettere, le cartoline, tutto quello che rappresentava il ponte con l' esterno. Quello che fa parte della mia vita. Sono messaggi di appoggio, di solidarietà. Mi hanno dato forza". In Italia Silvia Baraldini è vista in diversi modi: un simbolo, un' eroina, una terrorista, una donna sfortunata. "Io non mi sono mai sentita una terrorista ma una detenuta politica. Altrove, i terroristi di ieri sono diventati capi: Mugabe, Mandela. Io so di aver commesso atti contro il governo degli Stati Uniti e per questo sono stata processata e condannata. E ho pagato. Pur di tornare in Italia rinuncio ad alcuni diritti, ad alcuni benefici. Ma mi va bene così, lo ripeto. E penso che il mio ritorno sia una vittoria anche per mia madre, che ha 82 anni e potrà vedermi quattro volte al mese e non una all' anno. Molti hanno parlato della mia forza, ma io so che è stata molto forte anche lei. E penso anche a mia sorella, che non c' è più ma che questa battaglia l' ha iniziata". Sta guardando più indietro o più avanti? "Indietro per gli affetti, ma anche avanti. Nella vita uno deve andare avanti. Quel volo per Roma, quando sarà, sarà il mio primo passo verso il futuro e conviene avere la testa chiara. Non mi spaventa la prigione, sia come sia non sarà peggio che qui e avrò la famiglia vicina. Un po' mi preoccupa, questo sì, l' incertezza di non sapere cos' è meglio, quando non conosci le situazioni. Ma in questo momento sono più felice che preoccupata". Il Camilleri's fans club ha nominato Silvia SOCIA ad honorem |
la Repubblica - Sabato, 12 giugno 1999 - pagina 42
Le novità in classifica
ANDREA CAMILLERI SCALZA BARICCO E CONQUISTA LA VETTA
Torna un vecchio leader. Andrea Camilleri conquista infatti con La mossa del cavallo la prima posizione della top ten superando City di Alessandro Baricco. Si confermano invece al terzo e al quarto posto Il testamento di John Grisham e la versione economica di un altro libro di Camilleri, Un mese con Montalbano. Quinto troviamo invece L' eredità di Eszter di Sandor Marai che è dunque in ascesa, mentre il Jacaré di Sepulveda scende al sesto posto, seguito dal vecchio Avvocato di strada, di Grisham in versione supertascabile. In discesa è invece De Crescenzo, con Le donne sono diverse, che passa in ottava posizione, così come in nona va Il piccolo libro della calma di Wilson. L' ultimo posto in classifica è occupato da una novità: tutte le canzoni e gli spartiti del grande cantautore genovese Fabrizio De André. La classifica libri è stata realizzata dall' Istituto Cirm.
la Repubblica - Domenica, 6 giugno 1999 - pagina 41
di RODOLFO DI GIAMMARCO
"Dopo 40 anni Catania mi mette da parte"
FERRO: ADDIO AL MIO TEATRO ALLA BASE DELLA SEPARAZIONE ANCHE L' INFLUENZA CHE LO STABILE PALERMITANO HA ASSUNTO SULLA CITTÀ ETNEA "QUANDO ENTRA LA POLITICA IL TEATRO È GIÀ FINITO"
la Repubblica - Martedì, 1 giugno 1999 - pagina 42
Il nuovo romanzo di Giuseppe Ferrandino
di PAOLO MAURI