Corriere della sera13-05-1999

GIALLI Esce «La mossa del cavallo», nuovo romanzo storico-poliziesco dello scrittore siciliano, ambientato subito dopo l'Unità d'Italia

CAMILLERI Assoluzione in nome del dialetto

Un ispettore della Finanza inviato dallo Stato viene accusato di un delitto. Ma riesce a salvarsi grazie a un colpo di scena linguistico

E'stato scritto che i Camilleri sono almeno due, quello del poliziesco e quello della memoria storica; ma nel nuovo romanzo «La mossa del cavallo» i due Camilleri convivono.

Come è noto, lo scrittore di Porto Empedocle ha sfondato a 73 anni in un genere poco frequentato in Italia, quello dell'«intrattenimento alto», dove il piacere della lettura viene cercato senza banalità e ruffianerie (e i gialli del commissario Montalbano resistono da due anni ai piani alti delle classifiche). L'altro Camilleri, quello delle trame ambientate in Sicilia dopo l'Unità d'Italia, aveva negli anni '80 tirature sulle 5 mila copie.

A un certo punto lo scrittore, tra lavoro teatrale e televisivo, volle cimentarsi nel giallo «come esercizio di disciplina», ci disse l'anno scorso. E aggiunse: «Per reazione all'anarchia temporale del Birraio di Preston, volli verificare se ero capace di organizzare un intrigo secondo linee logiche, definendo con precisione i personaggi (avevo in mente il rigore delle storie poliziesche di Sciascia)». I gialli di Montalbano furono la verifica, dalla quale «è uscito La concessione del telefono che ha avuto successo senza essere un giallo, ma dove l'intrigo e i colpi di scena portano a chiedersi ad ogni pagina "come finirà"?».

La mossa del cavallo, ambientato come La concessione nella Sicilia postunitaria, è invece un giallo con tanto di delitti, false piste, indagini, personaggi scolpiti, le cui storie parallele convergono geometricamente verso la soluzione finale senza grovigli e digressioni: come a dire che l'«esercizio di disciplina» praticato con Montalbano dà i suoi frutti sempre in ambito poliziesco ma in pagine dove è preminente la memoria storica.

Il romanzo, ambientato sempre nell'immaginaria Vigata, trae spunto da un fatto riportato nelle cronache d'epoca: un ispettore di mulini trova in aperta campagna un prete morente per una fucilata. Dà l'allarme ma viene incolpato dell'omicidio. Sull'episodio, Camilleri ha costruito il suo giallo che fa rivivere in tutta la loro complessità i drammi di relazione che l'Unità portò nel Mezzogiorno.

L'ispettore Giovanni Bovara, nato proprio a Vigata ma cresciuto a Genova dall'età di tre mesi, viene mandato a vigilare sulla tassa sul macinato, ma trova superiori corrotti, un manipolo di miserevoli aiutanti asserviti ai potenti, infidi azzeccagarbugli, possidenti con protezioni politiche, funzionari sabaudi invisi a tutti; e una corona di figure minori, spesso femminili, che fanno da contrappunto comico (ed erotico) alla cronaca.

È un universo ostile allo Stato sbirro e gabelliere: delazione, spiata, raggiro, delitto sono le armi di un fronte compatto che unisce capi e gregari. Il microcosmo di Vigata racchiude i semi di un intrigo che si dipana fino ai giorni nostri, ma che forse è riconducibile a una matrice: un'incomunicabilità che all'origine è stata anche e soprattutto linguistica.

La lingua è la grande metafora di questo romanzo. Il lettore, avvezzo al siciliano degli abituali pastiche dialettali di Camilleri, troverà pagine in genovese stretto, la lingua che Bovara apprese in Liguria: accusato del delitto, non riesce a comunicare né a difendersi. Poi, dal suo Dna riaffiora la lingua dei padri e ritrova il siciliano: in lui vengono a convivere due nature, quella dell'integerrimo burocrate del Nord, quella dell'uomo del Sud capace di cogliere passioni, ombre, allusioni della sua terra. Così trova la salvezza, prova la sua innocenza, smaschera i colpevoli: come a dire, che la questione meridionale era (ed è) questione di lingue ancora straniere.

ä * Il libro: «La mossa del cavallo» di Andrea Camilleri, Rizzoli editore, 250 pagine, 25 mila lire.

di CESARE MEDAIL