SETTE
Camilleri colpisce ancora
E' una festa per me leggere i romanzi di Andrea Camilleri. E mi pare che lo
sia anche per tanti altri.
Condividere una gioia fa sempre bene. E trovo molto divertente leggere i
corsivi velenosi (di gente che non ha saputo mai scrivere un rigo o un
verso capaci di suscitare piacere o emozione) che descrivono Camilleri come
un nuovo Tamaro.
Per scrivere di letteratura capirne, Camilleri e Tamaro non sono
confrontsbili . La grazia del primo non ha paragoni.
"La mossa del cavallo", il nuovo libro dello scrittore siciliano, fa parte
della serie storica e non di quella di Montalbano.
Al centro della vicenda (ambientata dalle parti di Vigata, verso la fine
del secolo scorso, al tempo della tassa sul macinato), campeggia don Carnazza,
un prete dalle insaziabili voglie sessuali che si diletta in sacrestia con
giochi erotici estremamente deliziosi.
L'ultima sua compagna di giochi e' una vedova esosa quanto bella, che fa la
preziosa e si concede un centimetro di pelle alla volta solo dietro lauta
ricompensa ("una vasata con la lingua e le due minne nude, tre tazzine di
porcellana e relative sottotazze; una passata a leggio a leggio sopra le minne
nude, un cucchiaino di vero argento.").
Mentre don Carnazza passa cosi' il tempo (per il resto a parte la messa e gli
altri suoi uffici, si industria nell'usura), piomba nell'isola proveniente
da Genova (ma e' nato a Vigata), un funzionario statale integerrimo che
subito scopre una ragnatela di corruzione gia' causa di due omicidi (vittime
i suoi precedessori nel posto di ispettore capo ai molini); una truffa ai
danni dello Stato che vede complici mafiosi e politici, funzionari della
pubblica amnistrazione e avvocati, giornalisti e carabinieri. Intanto il
focoso don Carnazza viene fatto fuori (per un compleso intreccio di soldi e
di sesso) e sul suo cadavere l'ispettore (che ha raccolto l'ultima confessione
del prete) inciampa in tutti i sensi della parola e da accusatore diventa
accusato. La congiura contro di lui ricorre ad ogni mezzo, comprese
sottili dispute filosofiche sul dialetto siciliano.
Ma l'ispettore capo con mossa geniale (geniale come Camilleri) ribalta il
complotto e, abbandonando la lingua italiana e il dialetto genovese recupera
dalla memoria ancestrale la sua parlata natale (le parole per dirle, queste
complicate trame, possono essere solo siciliane) e con ulteriori saggi di
alta filologia giunge alla soluzione del caso.
Andrea Camilleri scrittore e gentiluomo (come sanno esserlo solo certi
meridionali), ha stile nella scrittura e nella vita (guardate con quanta
classe gestisce il successo). Se ci fosse una giustizia al mondo
dovrebbero dargli tutti i premi, dallo Strega al Campiello. Ma non glieli
daranno perche' e' primo in classifica, perche' e' bravo davvero, perche'
raccontare non gli costa fatica.
Camilleri sempre piu' mi ricorda Piero Chiara.
Antonio D'Orrico