Le cifre del caso Camilleri
sono sconcertanti e vieppiù lo divengono, col trascorrer del tempo: dovrebbero essere
circa tre milioni le copie che lanziano scrittore siciliano è riuscito a vendere
negli ultimi anni, numeri ancor più sbalorditivi se li si pensa guadagnati in un paese
ove da sempre leditoria lamenta penuria dacquirenti.
Come i volumi che lhan preceduto, domina le classifiche da diverse settimane
"La gita a Tindari" (Sellerio, pp.292, L.15.000), più recente avventura
dellormai celeberrimo commissario Montalbano, qui chiamato a far luce su di un
misterioso triplice omicidio: lo aiutano nellindagine un vecchio ulivo contorto, la
sua squadra, la svedese Ingrid, un libro di Conrad ed un Innominato senza pentimento.
Raccontata come duso in una lingua ibrida, metà italiano metà dialetto siculo, la
detection di questo Maigret di Trinacria, più colto, teso ed irregolare (più
"nirbùso e squieto", direbbe lautore) delloriginale, si svolge
ovviamente nello scenario suggestivo dellimmaginaria Vigàta: di nuovo, cè
forse solo un incremento di ferocia, che annuncia "unepoca di delitti spietati,
fatti da anonimi, che avevano un sito, un indirizzo su Internet o quello che sarebbe
stato, e mai una faccia, un paro docchi, unespressione", tanto da far
sentire latipico investigatore "troppo vecchio oramà".
Poco amato dalla critica letteraria (con alcune significative eccezioni, Carlo Bo ed
Angelo Guglielmi in testa), che forse non gli perdona il repentino e clamoroso successo
(ma converrà ricordare che Camilleri esordisce con "Il corso delle cose" nel
1967, quando ha solo 42 anni: di gavetta ne ha fatta, ci sembra), il narratore di Porto
Empedocle può contare sul durevole affetto dellimmensa sua schiera di lettori:
meritato, ché questo Simenon degli aranceti, questo Graham Greene della calura conosce il
segreto per coniugar cultura ed intrattenimento, bello scrivere e felice inscenare, in
definitiva letteratura "alta" e "bassa". Quanti altri romanzieri
italici, del presente o del passato, possono dir di se medesimi altrettanto?
Francesco Troiano