la Repubblica - Lunedì, 15 maggio 2000 - pagina 44
di FRANCESCO ERBANI

Dopo le amarezze la soddisfazione di Ernesto Ferrero
LINGOTTO, IL GIORNO DELLA RIVINCITA

IL BILANCIO Nelle sale dove parlano gli autori non c' è un buco libero

Torino "Si è pentito, certo che si è pentito", dice Ernesto Ferrero, vestito di scuro come dal giorno dell' inaugurazione di questa Fiera. Chi si è pentito, scusi? "Ma Gian Arturo Ferrari, è evidente", risponde il direttore della Fiera. Ferrari, direttore editoriale della Mondadori, è a pochi passi da qui, discute del libro di Nicola Tranfaglia sulla storia degli editori (pubblicato da Laterza). Forse alla fine di questa avventura dirà se rifarebbe tutto e se la decisione di disertare il Lingotto è stata una buona o una cattiva decisione. Chi a Torino è venuto sfoggia soddisfazione come non si vedeva da qualche anno: i conti definitivi si tracceranno solo domani, quando la Fiera chiuderà, ma la domenica è tradizionalmente il giorno del pienone, delle frotte di ragazzini, dei palloni che schizzano. Tutti tirano le somme, che sono qualcosa di più della contabilità. Dice Carmine Donzelli, tornato a Torino dopo un anno di assenza: "Noi abbiamo speso 25 milioni, compreso stand, viaggio e alberghi. Ne incasseremo 15, 17. Ma mi è andata benissimo: è come pagare una manchette pubblicitaria". Il più contento di tutti è Ferrero. Ha lo sguardo festoso, si sfila dall' occhiello il fiore di carta di Umberto Allemandi e se fosse vero l' annuserebbe. Le polemiche di questi giorni, l' assenza della Mondadori, hanno fatto rinascere l' orgoglio di fare il mestiere di editore: "ha visto quanta gente ai dibattiti? Luca Cavalli Sforza ha fatto il pieno parlando di genetica. Nella sala dove i sociologi arabi discutevano di multiculturalismo non si riusciva a entrare. Per non parlare di Hobsbawm e di Walcott. Voglio vedere che diranno quei manager del libro che ci guardavano con tanta sufficienza". Ieri sera non c' era un buco libero mentre parlava Daniel Pennac. Ma molto affollati erano anche il dibattito sul libro di Giovanni Valentini, Media village (Donzelli), e su Ameni inganni, lo scambio epistolare fra Gherardo Colombo e Corrado Stajano (Garzanti). Allo stand di Fazi fanno fatica a contenere la gente che si avventa su John Fante. Da Sellerio i Camilleri si vendono a grappoli. Ma anche Rizzoli vanta incrementi di vendita: il dieci per cento in più rispetto all' anno scorso. E mentre Einaudi festeggia la seconda edizione di Registro di classe di Sandro Onofri, uscito dieci giorni fa, Paolo Flores d' Arcais mostra le sole tre copie di MicroMega avanzategli. Sprizza gioia anche Stefano De Matteis, antropologo napoletano esordiente a Torino con la sua Ancora del Mediterraneo. Qualcuno sfodera un sorriso malignetto. La defezione di Mondadori ha il suo risvolto sui conti: se una persona è venuta qui pensando di spendere centomila lire, è certo che di quella cifra i titoli di Segrate avrebbero assorbito un buon trenta per cento. Che invece si è distribuito altrove. Ma prima che si spengano i riflettori prevalgono i segnali di pace, quasi un omaggio al perdente di lusso. Dice Donzelli: "Non si può fare a meno della Mondadori". Alla vigilia molti timori si nutrivano per l' irruzione delle nuove tecnologie. Ma l' impressione di molti è che il web e le sue diavolerie non abbiano dirottato l' attenzione dei lettori tradizionali: che il matrimonio sia effettivamente possibile? Molto si è discusso sulla fine prossima del libro fatto di carta e questa Fiera è lo specchio del crinale su cui si muove l' editoria. Ma nessuno si è azzardato a dire che, oltre al libro, rischia anche il testo. Qualunque sia il supporto, ha ripetuto Giuseppe Pontiggia - molto applaudito -, "un romanzo è un romanzo se comunica mondi e idee e se in esso risplende la lingua".