www.ilnuovo.it 13.11.2000
Quegli intensi legami con Sciascia
L'autore del "Giorno della civetta" conosceva e stimava Camilleri. Fu lui a portarlo alla Sellerio.
ROMA - E' arrivato l'ultimo Camilleri ed è un Camilleri - dicono - che somiglia come non mai a
Sciascia. Fra i due scrittori ci furono, come è noto, rapporti umani e letterari abbastanza intensi. Massimo
Onofri, gran conoscitore degli scrittori siciliani, autore di un bel saggio dal titolo Tutti a cena da Don Mariano, edito
Bompiani, non è per nulla stupito dalla notizia e dice subito: "Camilleri un po' sciasciano lo è sempre stato, anzi il Camilleri prima di Montalbano lo era in modo ancora più marcato". Fu proprio
Sciascia, tanti anni fa, a portarlo alla Sellerio e non gli nascose mai il suo apprezzamento, né gli fece mancare il suo appoggio. Del resto - ricorda Onofri - "prima di inventarsi il commissario che gli ha dato tanto successo, Camilleri scriveva dei deliziosi romanzi che erano vere e proprie inchieste paragiudiziarie. Aveva letto bene la relazione parlamentare di fine secolo sulla Sicilia e sul fenomeno mafioso, e questa era diventata per lui una fonte preziosa di episodi da raccontare. Fanno parte di tale genere di narrazioni best seller come Il birraio d
Preston. Sciascia amava molto queste tipo di romanzi e quindi era profondamente legato a un autore come
Camilleri". Sin qui la pars costruens, alla quale si affiancano però anche giudizi meno positivi. Per
Onofri, infatti, quella di Camilleri è una produzione "sciasciana, ma in tono minore", "un tentativo di ispirarsi a Sciascia senza essere
Sciascia". Intendiamoci - incalza il giovane critico - "i suoi romanzi sono un buon prodotto artigianale, ma non hanno nulla a che vedere con la grande letteratura made in Sicilia, con quell'autobiografia della nazione costruita da Verga, da De Roberto, e poi da
Pirandello, passando più avanti per Sciascia, per D'Arrigo, sino a Bufalino e a Consolo. L'inventore di Montalbano è un narratore efficace, simpatico, onesto, che mette sul mercato libri di discreta qualità, ma che non è mai stato capace di innovare profondamente, di imprimere svolte". Insomma, ci sono molte ragioni che spiegano perché i libri di Camilleri diventino best-seller, ma, nonostante ciò, il loro autore non viene giudicato un maestro. Che peso ha dunque il padre di Montalbano nella grande letteratura siciliana? Non si può considerare almeno un innovatore del linguaggio con quell'uso continuo che fa del dialetto? "L'uso del dialetto che fa Camilleri - risponde Onofri - non ha nulla a che vedere con la ricerca straordinariamente innovativa portata avanti da un D'Arrigo di Horcinus Orca o da un Consolo, ma nemmeno da un
Pizzuto. Camilleri immette parole siciliane non per creare un nuovo linguaggio, ma semplicemente per fare un'operazione
neofolklorica. Detto questo occorre riconoscere che i suoi racconti sono estremamente gradevoli: prodotti ben confezionati - lo ripeto - per un pubblico medio". Che Camilleri sia o no un maestro può essere materia di discussione, resta il fatto, però, che ancora una volta è la Sicilia che sforna uno scrittore di successo: quanto sono importanti i Verga, i
Pirandello, gli Sciascia, i Bufalino per la letteratura italiana? Onofri risponde così: "La letteratura siciliana sta a quella italiana come la letterature russa sta a quella europea. Se lo immagina lei che cosa saremmo senza Puskin o senza
Tolstoj?".
Gabriella Mecucci