La Stampa 08.02.2000

Il tradimento di Montalbano
di Andrea Camilleri


FECE una strata che era assai più longa, ma che gli sparagnava l'attraverso di Vigàta. Dovette guidare lentamente perché aveva delle fitte alla spaddra dritta, che sentiva gonfia come un muffoletto di pane appena nisciùto dal forno. Fermò la macchina nello spiazzo davanti alla porta di casa, lamentiandosi raccolse cammisa, canottiera, pantaloni e scarpe, astutò i fari, niscì. La lampada che illuminava la porta era astutata. Fece due passi avanti e si paralizzò. Proprio allato alla porta c'era un'ùmmira, qualcuno l'aspettava. «Chi è?» spiò alterato.
L'ùmmira non arrispunnì. Il commissario mosse altri due passi e la riconobbe. Era Ingrid, la bocca spalancata, che lo taliava con occhi sbarracati e non riusciva a dire parola.
«Poi ti spiego» si sentì in dovere di murmuriare Montalbano cercando di pigliare le chiavi nella sacchetta dei pantaloni che teneva sul braccio. Ingrid, tanticchia ripigliatasi, gli levò le scarpe dalla mano. Finalmente la porta si raprì. Alla luce, Ingrid l'esaminò curiosa e poi spiò:
«Ti sei esibito coi California Dream Men?».
«E chi sono?».
«Uomini che fanno lo spogliarello».
Il commissario non replicò e si levò la giacchetta. A vedergli la spalla tumefatta Ingrid non gridò, non domandò spiegazione. Disse semplicemente:
«Ce l'hai in casa un linimento?».
«No».
«Dammi le chiavi della macchina e mettiti a letto».
«Dove vuoi andare?».
«Ci sarà una farmacia aperta, no?» fece Ingrid pigliando macari le chiavi di casa.
Montalbano si spogliò, bastò levarsi calze e mutande, s'infilò sotto la doccia. Il dito grosso del piede offìso era addiventato come una pera di media grandezza.

Trasì doppo pochi minuti con in mano una boccetta, una fascia elastica e rotoli di garza. Posò tutto sul comodino.
«Ora mi levo il debito» disse.
«Quale?» spiò Montalbano.
«Non ti ricordi? Quando ci siamo visti per la prima volta. Io mi ero slogata una caviglia, tu m'hai portata qua, m'hai fatto un massaggio...».
Ora si ricordava, certo. Mentre la svedese se ne stava seminuda sul letto, era arrivata Anna, un'ispettrice della polizia che era innamorata di lui. Aveva equivocato ed era successo un casino della malavita. Livia e Ingrid si erano mai incontrate? Forse sì, all'ospedale, quando era stato ferito...
Sotto la lenta, continua straiùta della svedese cominciò a sentirsi gli occhi a pampineddra. Si abbandonò a una piacevolissima sonnolenza.
«Tirati su. Ti devo fasciare».
«Tieni alzato il braccio».
«Voltati un po' più verso di me».
Obbediva, un sorriso soddisfatto sulle labbra.
«Ho finito» fece Ingrid. «Tra una mezzoretta ti sentirai meglio».
«E il ditone?» spiò con la bocca impastata.
«Che dici?».
Senza parlare, il commissario tirò fora da sotto il linzòlo il piede. Ingrid ripigliò a travagliare.
Raprì gli occhi. Dalla càmmara di mangiare veniva la voce di un omo che parlava a voce vascia. Taliò il ralogio, erano le undici passate. Si sentiva meglio assà. Che Ingrid avesse chiamato un dottore? Si susì e, in mutande com'era, con la spalla, il petto e il ditone fasciati, andò a vedere. Non era il medico, anzi era sì un medico, ma parlava in televisione di una miracolosa cura dimagrante. La svedese era assittata in poltrona. Balzò in piedi come lo vide trasìre.
«Stai meglio?».
«Sì. Grazie».
«Ho preparato, se hai appetito».
La tavola era stata conzata. Le triglie, levate dal frigorifero, non speravano altro che di essere mangiate. S'assittarono. Mentre facevano le porzioni, Montalbano spiò:
«Come mai non mi hai aspettato al bar di Marinella?».
«Salvo, dopo un'ora?».
«Già, scusami. Perché non sei venuta in macchina?».
«Non ce l'ho. L'ho portata dal meccanico. Mi sono fatta accompagnare da un amico fino al bar. Poi, visto che non arrivavi, ho deciso di fare una passeggiata e venire qua. A casa, prima o poi, saresti tornato».
Mentre mangiavano, il commissario la taliò. Ingrid si faceva sempre più bella. Ai lati delle labbra aveva ora una piccola ruga che la rendeva più matura e consapevole. Che fìmmina straordinaria! Non le era passato manco per l'anticamera del ciriveddro di spiargli come si era procurato quel danno alla spaddra. Mangiava col piacere di mangiare, le triglie erano state scrupolosamente divise tre a testa. E beveva di gusto: era già al terzo bicchiere quando Montalbano era ancora fermo al primo.
«Che volevi da me?».
La domanda strammò il commissario.
«Non ho capito».
«Salvo, m'hai telefonato per dirmi che...».
La videocassetta! Gli era passata di testa.
«Volevo farti vedere una cosa. Ma prima finiamo. Vuoi frutta?».
Poi, assistimata Ingrid sulla poltrona, pigliò in mano la cassetta.
«Ma quel film l'ho già visto!» protestò la fìmmina.
«Non si tratta di vedere il film. Ma una registrazione che c'è sul nastro».
Mise la cassetta, la fece partire, s'assittò nell'altra poltrona. Poi, col telecomando, fece scorrere l'avanti-veloce fino a quando apparve l'inquadratura del letto vacante che l'operatore tentava di mettere bene a fuoco.
«Mi pare un inizio promettente» disse la svedese sorridendo.
Venne il nero. L'immagine riapparve e sul letto stavolta c'era l'amante di Nenè Sanfilippo nella posizione della Maya desnuda. Un attimo dopo Ingrid era in piedi, sorpresa e turbata.
«Ma è Vanja», quasi gridò.
Mai Montalbano aveva visto Ingrid accussì scossa, mai, manco quando avevano fatto in modo che fosse sospettata di un delitto o quasi.
«La conosci?».
«Certo».
«Siete amiche?».
«Abbastanza».
Montalbano astutò la televisione.
«Come hai avuto il nastro?».
«Ne parliamo di la'? Mi è tornato tanticchia di dolore».
Si mise a letto. Ingrid s'assittò sul bordo.
«Così sto scomodo» si lamentiò il commissario.
Ingrid si susì, lo tenne sollevato, gli mise il cuscino darrè la schiena in modo che potesse stare isato a mezzo. Montalbano ci stava a pigliare gusto ad avere un'infirmera.
«Come hai avuto la cassetta?» spiò ancora Ingrid.
«L'ha trovata il mio vice in casa di Nenè Sanfilippo».
«E chi è?» fece Ingrid corrugando la fronte.
«Non lo sai? È quel ventenne che hanno sparato qualche giorno fa».
«Sì, ne ho sentito parlare. Ma perché aveva la cassetta?».
La svedese era assolutamente sincera, pareva autenticamente meravigliata di tutta la faccenna.
«Perché era il suo amante».
«Ma come? Un ragazzo?».
«Sì. Non te ne parlò mai?».
«Mai. Almeno, non me ne fece mai il nome. Vanja è molto riservata».
Si taliarono in silenzio. Non c'era altro da dire. All'improvviso a Montalbano venne in testa un pinsèro.
«Se non hai la macchina, come fai a tornare?».
«Chiamo un taxi?».
«A quest'ora?».
«Allora dormo qua».
Montalbano sentì un principio di sudore sulla fronte.
«E tuo marito?».
«Non te ne preoccupare».
«Guarda, facciamo così. Ti pigli la mia macchina e te ne vai».
«E tu?».
«Domattina mi faccio venire a prendere».
Ingrid lo taliò in silenzio.
«Mi credi una puttana in calore?» spiò seria seria, una specie di malinconia nello sguardo.
Il commissario s'affruntò, si vrigognò.
«Resta, mi fa piacere» disse sincero.
Come se da sempre avesse abitato in quella casa, Ingrid raprì un cascione del settimanile, pigliò una cammisa pulita.
«Posso mettere questa?».
Nel mezzo della nottata, Montalbano, assonnato, capì d'avere un corpo di fìmmina corcato allato al suo. Non poteva essere che Livia. Allungò una mano e la posò su una natica soda e liscia. Poi, di colpo, una scarrica elettrica lo folgorò. Gesù, non era Livia. Tirò narrè la mano di scatto.
«Rimettila lì» fece, impastata, la voce di Ingrid.
«Sono le sei e mezzo. Il caffè è pronto» disse Ingrid toccandolo sulla spalla scassata con delicatezza.
Il commissario raprì gli occhi. Ingrid indossava solamente la sua cammisa.
«Scusami se ti ho svegliato così presto. Ma tu stesso, prima d'addormentarti, mi hai detto che alle otto dovevi trovarti in ufficio».
Si susì. Sentiva meno dolore, ma la fasciatura stritta gli faceva difficoltosi i movimenti. La svidisi gliela levò.
«Dopo che ti sei lavato te la rifaccio».
Bevvero il caffè. Montalbano dovette usare la mano mancina, la dritta era ancora intorpidita. Come avrebbe fatto a lavarsi? Ingrid parse leggergli la testa.
«Ci penso io» disse.
In bagno, aiutò il commissario a levarsi le mutande. Lei si spogliò della cammisa. Montalbano evitò accuratamente di taliarla. Ingrid invece era come se si fosse fatta una decina d'anni di matrimonio con lui.
Sotto la doccia, lei l'insaponò. Montalbano non reagiva, gli pareva, e la cosa gli faceva piacere, di essere tornato picciriddro quando mani amorose facevano sul suo corpo lo stesso travaglio.
«Noto evidenti segni di risveglio» disse Ingrid ridendo.
Montalbano taliò in basso e arrussicò violentemente. I segni erano assai più che evidenti.
«Scusami, sono mortificato».
«Di che ti mortifichi?» spiò Ingrid. «Di essere uomo?».
«Apri l'acqua fredda, è meglio», fece il commissario.
«Sono tutto
un dolore»
Doppo ci fu il calvario dell'asciucatina. Si mise le mutande con un sospiro di soddisfazione, come se fosse il segnale di cessato pericolo. Prima di fasciarlo nuovamente, Ingrid si rivestì. Accussì tutto, da parte del commissario, poté svolgersi con maggiore tranquillita'. Prima di nèsciri da casa, si fecero un'altra tazza di cafè. Ingrid si mise alla guida.
«Ora tu mi lasci al commissariato e poi prosegui per Montelusa con la mia macchina» disse Montalbano.
«No» disse Ingrid «ti deposito al commissariato e prendo un taxi. Mi diventa più semplice che riportarti indietro l'auto».
Per metà del tragitto stettero muti. Ma un pinsèro maciriava il ciriveddro del commissario che a un certo momento si pigliò il coraggio e spiò: «Cos'è successo tra noi due questa notte?».
Ingrid rise.
«Non te lo ricordi?».
«No».
«È importante per te ricordarlo?».
«Direi di sì».
«Bene. Sai cos'è successo? Niente, se i tuoi scrupoli vorrebbero un no».
«E se non avessi di questi scrupoli?».
«Allora è successo di tutto. Come più ti conviene».
Ci fu un silenzio.
«Pensi che dopo questa notte i nostri rapporti siano cambiati?» spiò Ingrid.
«Assolutamente no» rispose sincero il commissario.
«E allora? Perché fai domande?».
Il ragionamento filava. E Montalbano non fece altre domande. Mentre fermava davanti al commissariato, lei domandò:
«Lo vuoi il numero di telefono di Vanja?».
«Certo».
«Te lo telefono in mattinata».
Mentre Ingrid, aperto lo sportello, aiutava Montalbano a scendere, sulla porta del commissariato apparse Mimì Augello che si fermò di colpo, interessatissimo alla scena. Ingrid s'allontanò svelta dopo aver baciato leggermente sulla bocca il commissario. Mimì continuò a taliarla di darrè fino a quando non la vide più. Faticosamente, il commissario acchianò sul marciapiede.
«Sono tutto un dolore» fece, passando allato ad Augello.
«Lo vedi cosa capita a essere fuori servizio?» spiò questi con un sorrisetto.
Il commissario gli avrebbe spaccato i denti con un pugno, ma si scantò di farsi troppo male al braccio.