S'arrisbigliò verso le sei del mattino, la bocca impiccicata, la testa che tanticchia gli doleva. Provò a ripigliare sonno doppo essersi bevuto mezza bottiglia d'acqua
ghiazzata. Niente.
Che fare? Il problema glielo risolse il telefono che si mise a squillare.
A quell'ora? Capace che era quell'imbecille di Mimì che voleva dirgli che gli era passata la gana di maritarsi. Si diede una manata sulla fronte. Ecco com'era nato l'equivoco la sira avanti! Augello aveva detto «ho deciso di sposarmi» e lui aveva capito «ho deciso di spararmi». Certo! Quando mai in Sicilia ci si sposa? In Sicilia ci si marita. Le
fimmine, dicendo «mi voglio maritari» intendono «voglio pigliare marito»; i
màscoli, dicnedo la stessa cosa, intendono «voglio diventare marito».
Ci mise una ventina di minuti a farsi la doccia, sbarbarsi e vestirsi. Quando arrivò in via Cavour, 14, la portonara stava scopando il tratto di strata davanti al portone. Era accussì
sicca, che praticamente non c'era differenza tra lei e il manico della scopa. A chi
assimigliava? Ah, sì. A Oliva, la zita di Braccio di Ferro. Pigliò l'ascensore,salì al terzo, raprì col grimaldello la porta dell'appartamento di Nenè
Sanfilippo. Dintra, la luce era accesa. Catarella stava assittato davanti al computer, in maniche di camicia. Appena vide trasire il superiore, si susì di scatto, indossò la giacchetta, s'aggiustò il nodo della cravatta. Aveva la barba lunga, gli occhi
arrussicati.
«Ai comanni, dottori!»
«Ancora qui sei?»
«Sto per finendo, dottori. Mi bastano ancora un due orate.»
«Trovasti niente?»
«Mi scusassi, dottori, vossia vole che parlo con palore tecchinìche o con palore semplici?»
«Semplici semplici, Catarè »
«Allora ci dico che in questo computer non c'è una
minchia.»
«In che senso?»
«Nel senso che ora ci dissi, dottori. Non è collequato con Internet. Qua dintra lui ci tiene una cosa che sta scrivenno … »
«Che cosa?»
«A mia pare un libro romanzo, dottori»
«E poi?»
«E poi la copia di tutte le littre che ha scrivùto e quelle ca ha
arricevuto. Che sono tante.»
«Affari?»
«Ca quali afari e
afari, dottori. Littre di pilo sono.»
«Non ho capito.»
Arrossì,
Catarella.
«Sono littre comu a dire d'amori, ma …»