Il Messaggero 14.11.2000
E l'Italia cadde
nella botola
STAMANE, passata di poco l'alba, venivo svegliato da un insistente bussare alla porta di casa.
Apertola, trovavomi innanzi la signora Mangiafico Elisabetta maritata col ragioniere Antonio
Patò,
Direttore della locale filiale della Banca di Trinacria, persona che, come ebbi a scrivere appena
due giorni orsono, gode della stima di ogni probo cittadino di Vigàta e che ieri dopopranzo ha
interpretato la parte di Giuda nella rappresentazione del "Mortorio".
Tra copiose lagrime, la signora mi comunicava che il di lei marito non aveva fatto ritorno a casa
nel corso della nottata, cosa mai prima avvenuta, e che quindi temeva che gli fosse capitato un
qualche incidente. Riuscivo, con accorte parole, a calmarla alquanto e mi facevo ragguagliare di
maggiori particolari. Ella mi informava di non avere rivisto più il coniuge dal preciso momento in
cui questi, vestito de' panni di Giuda, era sprofondato nel sottopalco, come lo spettacolo richiede.
Dopodiché la signora, senza aspettare che la rappresentazione fosse terminata, si era alzata ed
erasi affrettata a casa propria per accudire ai due suoi bambini momentaneamente affidati, per la
durata del "Mortorio", ad un'anziana vicina di casa. Stupivasi, però non preoccupavasi oltremodo
che il marito non fosse tornato per l'ora di cena, ma suppose che egli avesse deciso di
partecipare alla tavolata che di solito vien fatta dopo lo spettacolo tra i principali partecipanti.
Rimase però alquanto stupita per il fatto che il marito non l'avesse avvertita o fatta avvertire
dell'intenzione di cenar fuora, datosi che l'abitazione del ragioniere Patò trovasi a poche decine di
metri dalla Piazza Grande, dove tra l'altro è magari allocata la filiale della Banca di
Trinacria.
Ella invano attese a lungo il rientro del marito, cadendo col passar del tempo sempre più
nell'angoscia, ma niente risolvendo perché non poteva muoversi da casa dato che non aveva
nessuno cui affidare i bambini e non voleva svegliare nel cuore della notte l'anziana vicina di casa.
Finalmente, udendo da familiari rumori che la vicina erasi alzata, tornava ad affidarle i piccoli e
correva a svegliarmi.
Rivestitomi, mi recavo con la signora nella Piazza Grande dove, davanti al palco, vedevo già riuniti
il mastrodascia Vapano Cosimo e alcuni suoi uomini che apprestavansi a dare inizio allo
smantellamento del palcoscenico da loro stessi costruito.
Intimavo al mastrodascia d'interrompere l'imminente smontamento e seguito dalla signora mi
infilavo nel sottopalco. La prima luce del giorno permettevaci di scorger ogni particolare del luogo.
La botola attraverso la quale sparisce Giuda trovasi allocata a destra verso la fine del palco, sotto
un finto albero di legno molto ramoso. In perpendicolo alla botola trovasi nel sottopalco una scala
di singolare foggia. Invitato il mastrodascia a spiegarmene l'uso, egli mi disse che tale scala, in
tutto simile a un grosso cubo quadrato, cavo all'interno, con i gradini disposti su tre lati e la
piattaforma alta ricoperta da una imbottitura di pesante stoffa, lui l'aveva fabbricata su precise
indicazioni del ragioniere Patò il quale, cadendo nel sottopalco attraverso la botola, diverse volte
nelle prove e negli spettacoli, aveva rischiato di rompersi l'osso del collo. Osservai che tale scala,
in sostanza, poteva puranco rappresentarsi come una grossa cassa vacante. La scoperchiai con
l'aiuto del mastrodascia: dentro non vi rinvenimmo alcunché. Del ragioniere, naturalmente, non vi
era traccia alcuna.
La signora Mangiafico, la quale evidentemente temeva di rinvenire nel sottopalco il marito
gravemente ferito, rasserenossi alquanto. Prima di riaccompagnarla a casa, garantendola che
avrei di subito principiato le ricerche, ordinavo al mastrodascia Vapano di lasciare le cose come
stavano servendomi il palco e la scala sottoposta per ulteriori esami.
Andrea Camilleri