La Stampa 14.11.2000
Pubblica minzione alla Banca di Trinacria
Testo tratto dall'ultimo libro di Camilleri
Martedì 14 Novembre 2000
Pubblica minzione alla Banca di Trinacria
Vigàta, li 20 marzo 1890
Al Signor Questore di Montelusa
Num. Prot. 208
Oggetto: Autorizzazione diffida
Or è ieri, all’incirca alle ore 10 del mattino, un fattorino della locale filiale della Banca di
Trinacria,
sita nella Piazza Grande al numero civico 16, veniva ad avvertirci con allarmate parole di un
furibondo alterco che svolgevasi nell’officio del Direttore della predetta filiale, Patò ragioniere
Antonio.
Prontamente accorso in loco, trovavo nell’officio, oltre al ragioniere
Patò, il commerciante in
cereali Ciaramiddaro Gerlando il quale, in preda a incontenibile ira, non soddisfatto di avere
scaraventato in terra tutte le carte che trovavansi sulla scrivania del Direttore, non pago d’avere
spezzato le gambe di una sedia, non contento di avere fatto minzione al centro della camera, aveva
altresì scagliato un calamaio pieno di inchiostro in faccia al ragioniere Patò e apprestavasi a
passare a più pesanti vie di fatto.
Immobilizzato l’energumeno che continuava a profferire minacce di morte avverso il Direttore,
apprendevo da quest’ultimo, in preda a comprensibile agitazione, che la cagione della lite era da
rinvenire nella negativa di una dilazione alla restituzione di un prestito di Lit. 280 concesso al
Ciaramiddaro ben ventiquattro mesi avanti.
Alla risposta che la banca di Trinacria non poteva permettersi ulteriore sofferenza, il Ciaramiddaro
saltava in piedi e facendo voci come un pazzo: «Ora ti fazzu suffrìri
iu, grannissimu curnutu!» dava
principio allo scempio di cui sopra.
Allontanato dall’officio il Ciaramiddaro, dopo averlo severamente ammonito, invitavo il ragioniere
Patò a esporre circostanziata denunzia sull’accaduto. Ma egli fermamente
rifiutavasi, tenendo in
non cale le mie insistenze, coll’asserire non esser costume suo l’infierire sui debitori.
E difatto il ragioniere Patò Antonio è benvoluto e stimato dai cittadini di Vigàta i quali lo
considerano uomo di grande rettitudine, di adamantina condotta e di pio sentire.
Non è un caso che egli, parmi da un quattro o cinque anni a questa parte, siasi sobbarcato a
vestire i panni di Giuda nel «Mortorio» che qui annualmente si recita. Egli offre al Signore qual
penitenza de’ peccati suoi il vero e proprio vilipendio dagli spettatori che hanno la figura del
traditore di Cristo in odio e dispregio.
In quanto al Ciaramiddaro Gerlando, egli è persona abitualmente violenta e prepotente e perdipiù
molto vicina, a quanto odesi mormorare, al noto capomaffia Pirrello Calogero, pur sempre a piede
libero perché prosciolto, per insufficienza di prove, nel processo che lo vedeva imputato di triplice
omicidio.
Vengo pertanto a pregare la Signoria Vostra Ill.ma di volermi autorizzare a impartire al
Ciaramiddaro Gerlando ufficiale Diffida per il suo quotidiano contegno foriero di risse sovente
sanguinose.
Il Delegato di P.S.
(Ernesto Bellavia)