Amica

Scrivere la Sicilia

Quel fascino un po' cosi' dell'ispettore di polizia, introverso, cattivo ma non troppo, amante della buona tavola, delle letture e della solitudine. Il fascino dell'uomo che vive sul mare e che non ama viaggiare, qualche visita a Roma per motivi burocratici, a Genova dove abita l'eterna fidanzata, niente di piu'. E' il fascino apparente della tranquillita', delle serate passate davanti alla televisione. Il fascino di chi combatte la modernita', e lo fa con l'uso sapiente del tempo, senza paura delle attese, innamorato dai sapori e degli odori della sua terra, la Sicilia. Lo potete incontrare mentre passeggia sulla spiaggia e non stupitevi se, improvvisamente, si gettera' in acqua anche se fa freddo. Per lui nuotare e' come rinascere, gli serve per concentrarsi, per trovare serenita'. Come tutti gli uomini di buon senso, conosce la fatica, sa cge non ti regala niente nessuno e che per raggiungere un risultato ci vuole impegno, amore e tanta voglia di ascoltare. gia', perche' al parlare preferisce l'ascolto, Montalbano. Lui e' fatto cosi'. E' un commissario di polizia, di fronte al delitto prova una forma di pietas verso chi lo subisce e verso chi lo fa. Vuole capire le ragioni del male, sa bene che esiste la giustizia procesuale e la giustizia vera e che non sempre le due definizioni possono portare alle stesse conclusioni. A lui non interessa la colpa fine a se stessa, cerca l'umanita'. E cosi' preferisce seguire il suo intuito. E la verita' gli arriva improvvisamente come "un flash accecante che gli esplode nel cervello". C'e' una birra sul tavolo, accanto alla macchina per scrivere, quando Andrea Camilleri, classe 1925, da Porto Empedocle, inizia a parlare di se' e della sua invenzione letteraria, il commissario Salvo Montalbano da Vigata, di cui Sellerio ha appena mandato in libreria il quinto capitolo delle sue indagini, ,La gita a Tindari, gia' in testa alle classifiche. "Volevo scrivere un giallo, lo consideravo un omaggio alla grande passione per un genere letterario e un dovere nei confronti della mia scrittura, un atto di disciplina necessario. Fino a quel momento, infatti, la mia era una scrittura anarchica, prendeva spunto e andava dove voleva, senza regole, senza propositi. Dovevo ingabbiarla e cosa c'era di meglio del giallo, la forma piu' onesta di letteratura, il genere, come diceva Sciascia, ingabbiato per eccellenza? Perche' il giallo e' soprttutto un esecizio di logica. E poi lo dicevano gia' i greci: pensare e' indagare". E' questa la genesi di Montalbano. "Seguendo il canone, ovviamente avevo bisogno di un investigatore", sostiene Camilleri. "In Europa, quelli privati non hanno un grande spazio di manovra, spesso hanno le mani legate, quindi doveva essere istituzionale. Ho scelto un commissario di pubblica sicurezza, un po' come il Maigret di Simenon. L'ho chiamato Montalbano perche' prima di tutto e' un congnome molto diffuso in Sicilia e poi perche' volevo rendere un omaggio a Manuel Vasquez Montalban, non tanto per i gialli di Pepe Carvalho, ma per un romanzo non giallo, Il pianista, la cui struttura atemporale aveva ispirato il mio Birraio di Preston". Ha citato Sciascia, Camilleri, potrebbe fare lo stesso con Pirandello (cugino della madre) e, facendolo, ci tiene ad aprire una parentesi: "Dico sempre che quando ho le pile scariche vado da Sciascia e Pirandello, i miei elettrauti, e mi rileggo un loro libro. In fondo la mia sicilianita' e' una questione genetica, spirituale, culturale e filosofica. Una cosa seria". Ma torniamo al commissario: "Montalbano e' nato a Catania, oggi ha 50 anni, ha fatto il '68. E' un uomo di sinistra, ma tra marascialli e brigadieri lo sembra molto di piu'. Si potrebbe dire che e' un progressista innamorato dalle tradizioni. Non saprei descriverlo fisicamente, con precisione. Posso solo dire che ha i baffi, un neo, il fisico da nuotatore, i capelli corti. Rifiuta sistematicamente una promozione che lo allontanerebbe da Vigata perche' la sola idea di un trasferimento gli fa venire qualche linea di febbre. Non e' un tipo tranquillo, gli basta poco e prende fuoco, sente il tempo. Spesso e di umore ,nivuro. Di sicuro non e' simile a Luca Zingaretti che lo ha portato sullo schermo ("anche se lui e' stato bravissimo a interpretarlo") e nemmeno a Camilleri. Non e' insomma come il Maigret di Simenon che dello scrittore francese era l'alter ego. "Siamo lontani e vivini al tempo stesso. Alterna l'italiano al siciliano, e lo fa perche' quella e' anche la mia voce. E poi, malgrado l'eta', rischia di essere piu' antico dgli anni che ha, travaglia con la testa di un ultrasessantenne pieno di esperienza e di capacita' di comprensione". A lui piaccino le donne e ne e' rianimato. Ha una fidanzata o, per meglio dire una donna, Livia, che abita a Boccadasse, in Liguria, l'unico paese che Montalbano ,em>scangerebbe con Vigata. Di lei sappiamo poco. "Ovviamente Montalbano che e' curioso e siciliano, sa tutto di lei, vita morte e miracoli, ma ci dice solo quello che e' indispensabile, il resto lo tiene per se'. Per lui, lei rappresenta l'amore, la passione. Ma Livia e' anche la madre, la donna che gli ha dato fiducia, che e' impossibile tradire. Non dobbiamo dimenticare infatti che rimase orfano da piccolo e che l'unico ricordo che ha della madre e' la luce dorata riflessa su suoi capelli". Tra i due si e' parlato di matrimonio, poi non se ne e' piu' fatto nulla: " Perche' Montalbano teme se stesso, ha paura. Quando lei e' lontana, la desidera, quando sono insieme, da uomo solitario qual'e', ha paura di vedere sconvolto tutte le sue abitudini". Poi c'e' Ingrid, una amica vera, una bellezza svedese trapiantata in Sicilia che ha con il commissario un rapporto che, visto da fuori, potrebbe sembrare equivoco. "A un certo punto sembrano cedere, poi a tuttee e due viene da ridere, l'amicizia e' una cosa, la passione un'altra." Sicuramente Montalbano e' un grande conoscitore dell'animo femminile. "Lui le donne le guarda con attenzione, le studia, le ascolta, le capisce. Quando durante un'indagine ha a che fare con una donna, si rilassa, sente che il suo compito sara' piu' facile, perche' lo aiutera' di piu'". Ama la buona cucina, ai buoni ristoranti preferisce le trattorie, come quella di San Calogero, dove e' di casa. "Sono molti gli investigatori che hanno un rapporto fecondo con l'arte culinaria. Un buon piatto e' una sorta di rivalsa sulla morte. Montalbano a tavola ceca il rispetto per le tradioni, gli interessa la qualita' del cibo. Lui ama i sapori che anch'io mi porto dietro da quando, banbino, andavo di notte a pescare con mio padre che era un ottimo fiocinatore e cucinavamo il pesce appena pescato sulla barca". Il rapporto tra lo scrittore e il suo personaggio con il passare degli anni diventa ossessivo. E' inevitabile che cio' accada. "Montalbano e Carvalho sono sempre li', difronte alla mia macchina per scrivere e a quella del mio amico Manuel, ci impediscono di scrivere altri romanzi. Bisogna giocare d'astuzia. mettersi a farlo di nascosto". Come si puo' uccidere un figlio letterario cosi' ingombrante? "O gli tiro una polpetta avvelenata o lo faccio invecchiare. Ho deciso di seguire la seconda strada. Prima o poi andra' in pensione e forse sara' piu' tranquillo. Ma, soprattutto, lascera' piu' tranquillo me".

P.M.