Esperienza
DIECI ANNI DI RIFIUTI E POI I BEST-SELLERS

E' nato nel 1925 a Porto Empedocle (Agrigento); e come carriera aveva scelto quella, gratificante, di sceneggiatore e regista teatrale e televisivo. Poi... i libri, cominciando con: "Il corso delle cose", rimasto per dieci anni nel cassetto, poiché nessun editore lo voleva, e pubblicato nel 1978. Più di recente i romanzi polizieschi ambientati a Vigàta, un'immaginaria cittadina siciliana, e quale protagonista il commissario Montalbano: "La forma dell'acqua", "Il cane di terracotta", "Il ladro di merendine", "La voce del violino", fino ai racconti: "Un mese con Montalbano", e all'ultimo romanzo: "La gita a Tindari", venduto nel giro di pochi giorni a centinaia di migliaia di copie. Un successo straordinario, tardi nella vita, a 75 anni di età. A conferma che c'è sempre tempo, e modo per tutto, quale che sia il traguardo raggiunto.
Ne parla lo stesso Andrea Camilleri in questa lunga intervista-confessione.

Come nasce "La gita a Tindari"?

E' il proseguimento naturale dei primi quattro romanzi dedicati alla figura del commissario Montalbano. E siccome qui Montalbano ha cinquant'anni è anche un po' un romanzo di bilanci della sua vita privata, e forse, anche per questo, un poco più amaro dei precedenti.

C'è qualcosa di suo nel personaggio di Montalbano?

No, c'è poco di mio, molte idee di Montalbano io non le condivido, anche perché fra di noi, a mio discapito, ci sono venticinque anni di differenza. Montalbano vive di suo, andando avanti con gli anni, a differenza di Maigret, che è immobile nel tempo.

Quest'ultimo libro ha superato in pochi giorni le duecentomila copie, e in generale Camilieri va a ruba. Si aspettava un tale successo?

Neanche lontanamente. Allorché nel '97 la Sellerio, la Casa editrice, mi diceva: guarda che abbiamo toccato le diecimila copie vendute, ne ero più che felice. Il "macello" è cominciato nella seconda metà del '97, e in seguito, cogliendomi di sorpresa, facendomi un enorme piacere, e sarebbe ipocrita dire il contrario, e nello stesso tempo turbandomi profondamente perché essendo una persona che cerca di essere razionale ci sono dei dati che non mi spiego, e che di conseguenza mi inquietano.

Perché?

Perché ero abituato al non pubblico della Tv e della radio, e al pubblico del teatro, che si fa di tutto per rendere anonimo, laddove non ero abituato al pubblico dei lettori che cerca un rapporto diretto con l'autore, e di rimbalzo ti raccontano le loro storie, chiedono consigli, oppure vorrebbero un romanzo a misura dei loro gusti. O ancora quando un lettore mi scrisse che suo fratello gravemente ammalato riusciva egualmente ad avere un qualche sorriso leggendo le avventure di Montalbano.

Le tappe del successo?

E' nato per tam tam, per passaparola - tenendo anche presente che la Sellerio non ha mai speso nulla in pubblicità - fino al punto da creare uno zoccolo duro di trentamila lettori. Poi credo che abbia giovato la mia presenza a due o tre trasmissioni di Maurizio Costanzo. Ci fu allora una risposta immediata, questo per dire che cosa non fa la televisione! Infine... vorrei citare un episodio che mi capitò nel '98 a Firenze, quando presentando un mio libro mi accorsi che nell'ultima fila c'erano dei ragazzi, quelli con l'orecchino al lobo dell'orecchio, che vennero a chiedermi l'autografo. Compresi allora che si era verificata un'apertura a ventaglio, dai lettori sui quaranta e più, fino ai giovani di diciassette, diciotto anni.

Talvolta la chiamano il Maigret siciliano... Che ne dice?

Mi sta benissimo. Voglio dire che se ho avuto un modello è stato Simenon, non mi pare il caso di fare un disconoscimento di paternità. Voglio aggiungere peraltro che il mio Montalbano è più inserito nella società nella quale si muove, che vive e si modifica nel rapporto con l'esterno, cosa che ne fa un personaggio più deperibile rispetto a quel blocco di marmo creato da Simenon.

Come le è venuto in mente Montalbano?

Avevo scritto romanzi in un certo qual senso storici, cito fra tutti: "La concessione del telefono". E un giorno mi sono detto, freddamente: "Sei capace di scrivere un romanzo dall'A alla Z, di stare dentro a questo tipo di gabbia?". Finché mi imbattei in uno scritto di Sciascia, che diceva che la gabbia più forte per uno scrittore è il romanzo giallo, perché lì non può barare, deve rispettare tutte le regole. Fu così che come una sorta di sfida con me stesso, mentre scrivevo nel contempo: "Il birraio di Preston", scrissi anche- "La forma dell'acqua", dove compare per la prima volta Montalbano. Dopodiché, siccome sono abituato al teatro, a personaggi delineati a tutto tondo in grado di alzarsi e camminare, continuai con "Il cane di terracotta", al fine di completarne la figura. Montalbano ebbe successo, e così la serie è continuata.

Il suo linguaggio, un misto di italiano e di parlata siciliana, come nasce?

Dal mio ambiente familiare, da come si parlava nella casa di una borghesia colta.

Lei mi ha parlato delle inquietudini dei successo. E le soddisfazioni?

Non le nego affatto. Per dieci anni ho avuto un romanzo nel cassetto che nessun editore voleva. Poi, d'improvviso... il successo che è molto piacevole, anche dal punto di vista finanziario, del quale nessuno parla mai, e che ti dà sicurezza, una straordinaria tranquillità, anche verso i figli e i nipoti per i quali senti di poter fare ancora qualcosa quando pensavi di aver raggiunto l'ultimo traguardo dell'esistenza. C'è naturalmente uno scotto da pagare, il telefono che squilla di continuo, le lettere cui rispondere. E tuttavia, ci sono le mattine in cui mi sveglio con dei forti dolori reumatici, lo dico scherzando, ma non troppo, e in seguito mi dico: "Vediamo un po' che posta è arrivata", mi ci perdo dentro, e mi passano anche i dolori.

Insomma, anche a settant'anni e più il successo è gratificante...

Fuori da ogni dubbio, e non mi lamento che sia arrivato tardi. Ha aggiunto qualcosa alla mia vita.

Il pubblico e i suoi libri. Ritiene di essere capito in pieno?

Ecco, io penso di scrivere dei libri, soprattutto quelli storici, come: "La mossa del cavallo", e altri, non Montalbano, che come certi vini hanno un retrogusto amaro. Per questo vorrei che i miei lettori non si fermassero al divertimento che gli procuro, ma ne gustassero anche questo sapore, che ci riflettessero sopra.

Lei è tradotto quasi in ogni altro Paese. Non dev'essere facile rendere in una lingua straniera la sua scrittura...

Debbo dire che lo fanno con molta abilità e competenza.

Lei ha lavorato a lungo alla Rai. Come ricorda quegli anni?

I primi anni sono stati bellissimi, quando il terzo canale radiofonico era all'apice dei programmi culturali, e io producevo, o facevo da regista alle trasmissioni di prosa, citerò solamente tutte le commedie di Eduardo. Furono tristi gli ultimi anni, allorché la prosa, sia alla radio che alla televisione, venne dimenticata.

Come guarda a questo Paese?

Con un ottimismo temperato dal pessimismo. Cito al positivo nella mia Sicilia l'elezione diretta del sindaco, che ha fatto riscoprire la municipalità, o più in generale l'ingresso in Europa. Quanto ai nostri lati negativi, credo che siano un po' quelli dell'insieme del Continente europeo.

Il libro che avrebbe voluto scrivere, e non c'è riuscito?

Mah, che vuole che le dica? Che ci sono tante pagine di Gogol o di Dostojewski che mi sarebbe piaciuto rubare.

I grandi della letteratura d'oggi?

E chi sono i grandi della letteratura d'oggi?

Un esempio, in questi giorni sto leggendo un libro di Thomas Pynchon: "L'arcobaleno della gravità". Un romanzo che faccio una certa fatica a portare avanti, ma che indubbiamente mi pare scritto da un grande della letteratura contemporanea...

L'ho letto e l'apprezzo enormemente.

Si parla di Lei come di un possibile vincitore del Premio Strega...

Lo escludo, io mi auguro che lo vinca Fosco Maraini col suo bellissimo: "Case, amori, universi".

Adesso cosa sta scrivendo?

Penso di portare avanti un romanzo storico cui sto lavorando da cinque anni. Un libro collocato nel '700.

Si considera un uomo felice?

Sì, anche perché nel corso della mia vita mi sono guadagnato il pane facendo ciò che mi piaceva fare. E questo fa premio sulle inevitabili infelicità che ho attraversato.

Raffaello Uboldi – da "Esperienza", n. 4/2000