IL SECOLO XIX, 3/05/2000
Il Ritorno di Montalbano, il nostro commissario preferito
Il commissario Salvo Montalbano è tornato. In tv questa volta, con la nuova miniserie di film televisivi tratti dai due fortunatissimi
best-sellers, La forma dell'acqua e Il cane di terracotta, del più prolifico autore italiano dell'ultimo decennio, Andrea
Camilleri. E' tornato, Salvo Montalbano, con le fattezze che ormai il pubblico italiano identificherà per sempre con quelle del suo interprete, Luca
Zingaretti. Ma come lo vede il suo creatore, Andrea Camilleri, dall'alto della sua trentennale esperienza di regista e sceneggiatore?
Montalbano interpretato da Zingaretti corrisponde anche all'immaginario personale di Camilleri?
No, non corrisponde e non può corrispondere. Zingaretti ha almeno quindici anni meno di quelli che io attribuito a
Montalbano, che è un cinquantenne. Luca, quindi, è ancora tanto più ammirevole come attore non avendo l'età, e neanche il fisico del ruolo di
Montalbano. Luca è più aggressivo, ma è riuscito a captare perfettamente i tempi del discorso interiore di
Montalbano.
In che senso?
Certe pause e certo modo di guardare corrispondono al personaggio. Luca, soprattutto in questo Forma dell'acqua rende tutta la solitudine del personaggio, che io avevo messo nel primo episodio della serie. Viene anche fuori nel rapporto con la svedese Ingrid che il regista Sironi non ha scelto secondo lo stereotipo che ci aspettiamo tutti. E' andato a prendere una svedese, gran bella donna, brava attrice, ma soprattutto una con una mobilità facciale straordinaria e di enorme simpatia. Allora si capisce come uno come Montalbano possa instaurare rapporti di simpatia autentica con un personaggio così che lui apprezza enormemente.
Questo perché Montalbano è un siciliano atipico, e non le zompa immediatamente addosso…
Certo, non è un siciliano allupato. Il personaggio di Ingrid nasce da un incontro vero, che ho avuto con una ragazza svedese conosciuta durante uno stage su Pirandello che ho tenuto all'Università di Copenaghen, aperto anche a studenti svedesi e norvegesi. Mi ritrovai coinvolto per una settimana in questa meravigliosa università immersa nel verde, a insegnare, tra gli altri, a delle bellissime
bluebells, studentesse di italianistica. Una di loro, alla fine del corso, mi propose di accompagnarla a casa e di trascorrere l'ultima serata insieme: una proposta che mi riempì di vergogna e che inizialmente mi terrorizzò. Una volta arrivati a casa sua, trovai nel soggiorno di casa anche i suoi genitori, che scoprii con orrore essere più giovani di me; fu così che trascorremmo un paio d'ore a conversare e quindi, riaccompagnandomi in macchina, la mia accompagnatrice scoppiò in una irrefrenabile risata. E ci salutammo con molto affetto ed estrema simpatia. Da lì nascono la risata di Ingrid e la sua schiettezza.
Ha seguito la lavorazione dei film?
Mai, so che rottura può essere la presenza dell'autore. Anche se io mi mettessi in silenzio, in un angolo, sarei come la sfinge: troppo ingombrante per un regista che stimo come
Sironi. Ho solo fatto una visita dei luoghi all'inizio della prima serie.
Possiamo definire Montalbano un anti-yuppie per eccellenza? Una ragione del suo successo è forse l'essere così in contrapposizione con la tendenza italiana al consumismo, in sintonia con una voglia di autenticità?
Si, tant'è vero che nell'inizio de La gita a Tindari c'è quella tirata contro i vecchi compagni che hanno saputo piazzarsi bene. Questo è il suo carattere. E in qualche modo, Montalbano rappresenta l'amico ideale. E' duro e scontroso, ma è sempre leale e dirà sempre le cose come stanno. Impersona un'idea di servitore dello Stato onesto, in un momento in cui molte accuse erano state loro rivolte. Rappresenta, senza voler usare parole grosse, un ideale di italiano medio. Senza darlo a vedere, senza manco averne l'intenzione, si è proposto come una sorta di piccolo modello.
In questo commissariato non sono tutti un po' troppo buoni, tutti onesti?
Ma è lui che se li è fatti così, se li è scelti: è per questo che Montalbano non vuole essere trasferito, perché non potrà mai ricreare una squadra come questa. Non è una novità: anche Maigret ha i suoi, e non li smuovi neanche a cannonate. Sono i tasselli di un mosaico, ognuno ha le sue attribuzioni: Catarella per esempio si è scoperto l'unico capace di usare un computer.
I dialoghi televisivi sono molto simili a quelli del romanzo, che è già quasi una sceneggiatura. Questo avrà facilitato la riduzione televisiva e il lavoro dello sceneggiatore.
Io scrivo già per sequenze televisive, dove c'è una prevalenza del dialogo. C'è stato un incontro molto fortunato con Francesco Bruni, lo stesso sceneggiatore che ha scritto i dialoghi dei film di Virzì e
Calopresti. Credo che sia l'unico caso nel quale l'autore ha invitato lo sceneggiatore a scostarsi un po' dal libro. La mia collaborazione è servita a portare alcuni cambiamenti nei dialoghi, perché venissero evitate alcune parole siciliane la cui dizione sarebbe risultata imperfetta sulla bocca di un attore non siciliano come Luca
Zingaretti.
Ed è così, con la complicità di Andrea Camilleri, che Luca Zingaretti è diventato, in quattro ore di fiction, e in mesi e mesi di fatiche d'attore, il nostro commissario di polizia preferito.
Maruzza Loria