La Sicilia 27.07.2000


Un caffè con l'ammiraglio di Vigata
PORTO EMPEDOCLE – Come un purpiteddru di montalbaniana memoria nella sua salsetta, Andrea Camilleri sta nella sua città natale, Porto Empedocle, o se preferite nella Vigata dei suoi romanzi. Lì, Nenè, come lo chiamano gli amici, sta trascorrendo come ogni estate un breve periodo di riposo. E come ogni estate da tre anni a questa parte, il suo amico Enzo Milioto, assessore provinciale alla cultura, lo scueta per il consueto appuntamento dei Caffè Letterari. Gli organizzatori quest'anno hanno pure evitato allo scrittore empedoclino il solito spostamento nella vicina San Leone, invitandolo semplicemente a prendere un caffè sotto casa, a meno di 50 metri dalla sua abitazione, in via Roma. Davanti ad una folla straripante per lo più di concittadini, l'autore de "Il birraio di Preston" s'è concesso senza veli con accanto una spalla d'eccezione, quel Marcello Sorgi, direttore de "La Stampa" di Torino, autore di "La testa ci fa dire", un libro-intervista a Camilleri edito da Sellerio.

Camilleri e l'universo

"In questo libro – ha esordito Camilleri - le domande di Marcello mi hanno consentito di dire alcune cose che non si sanno. Per esempio, io vengo considerato un fungo, letteralmente. Cioè, questo vecchio, arrivato a 71 anni d'età si mette a scrivere ed ottiene un successo strepitoso. E io invece ho cominciato a scrivere a 18 anni. Poi per dieci anni sono stato rifiutato da tutte le case editrici esistenti. Ecco, questo libro mi ha dato opportunità di raccontarmi. La billizza di avere raggiunto una certa età con la testa che, ringraziando Dio, ancora funziona, è quella che puoi dire le cose che pensi perché puoi cominciare a fottertene dell'universo criato.

Camilleri e l'impegno letterario. 

Così lo scrittore empedoclino ha approfittato dell'occasione per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe. I bersagli? Quanti lo considerano un autore "leggero". Il pensiero torna indietro di non molto, al tempo della riforma burocratica, della legge Bassanini. "Cosa è scrittore impegnato – è stata la domanda retorica di Camilleri - e cosa non lo è. Scrivere una favola sulla burocrazia (che poi Bassanini fece stampare e distribuire in tutti i ministeri, ndr) e leggerla agli alti burocrati prendendoli in giro, come io ho fatto, è impegno letterario oppure no? O per essere considerati autori impegnati bisogna solo affrontare i grandi problemi dell'umanità e non le cose spicciole?".

Camilleri e la Sicilia. 

Già, i grandi temi. Ma Camilleri in quell'angolo della piazza di Vigata in cui si staglia imponente la scultura raffigurante un altro figlio illustre di Porto Empedocle, Luigi Pirandello, non s'è sottratto nemmeno a discutere di quelli. "Leggo sui giornali che la Sicilia in questi anni non è cambiata affatto. Per me non è vero. Quello della Sicilia è un cambiamento diverso da quello più appariscente, o se vogliamo economico, del Nord-Est. Quello dei siciliani è un cambiamento direi interiore, anzi del Dna. E per questo lento, ma profondo. Penso alla riscoperta delle istituzioni da parte dei siciliani, ad esempio". Ma nella fresca serata del Caffè Letterario ad aleggiare nell'aria non c'era solo lo spirito pirandelliano. Più d'un riferimento nel corso della discussione s'è fatto a Leonardo Sciascia, figlio illustre di un'altra cittadina dell'Agrigentino, la non lontana Racalmuto. Così il discorso è scivolato sulla sicilitudine. "Dico che non ne sono proprio orgoglioso. Se però noi siciliano dovessimo perdere la sicilitudine per l'omologazione, allora griderei viva la sicilitudine, su questo non c'è il minimo dubbio".

Camilleri e la poesia. 

Non tutti sanno del Camilleri poeta. Quello cioè che giovanissimo cominciò ad inviare le sue poesie a diverse riviste del settore. "Non ho mai pubblicato libri di poesie – ha raccontato Camilleri – ma alcuni gruppi di mie poesie vennero pubblicate tra il '48 e il '50 da Mondadori in una antologia diretta da Ungaretti e in una raccolta di Vallecchi. Quei libri forse non arrivarono a vendere nemmeno 300 copie, ma neanche se mi dessero il Premio Nobel per la letteratura – ha continuato – riuscirei a dimenticare l'emozione e la gioia che mi diede la mia prima poesia pubblicata su un giornale".

Camilleri, la poesia e la letteratura on line

Secondo Camilleri il futuro della poesia potrebbe essere roseo. "Sì, credo che si possa aprire un'era nuova per la poesia. Attraverso Internet. Le poesie sono testi brevi, occupano uno spazio limitato. Eppoi i poeti possono mettersi in contatto tra loro con grande facilità, possono dialogare con la poesia. Credo che questa sia in un prossimo futuro una delle cose positive di Internet. Diverso è invece il discorso per la letteratura. Credo che sia un problema più complesso. Si sa che la poesia è a perdere, come dimostrano anche le vendite dei libri. Mentre per uno scrittore Internet può essere un po' rischioso".

L'Ammiraglio Camilleri

La serata vigatese di Camilleri ha offerto anche momenti esilaranti. Come il racconto di quando riuscì a coronare il sogno inseguito sin da ragazzo. "Mio padre era alla Capitaneria di porto – ha ricordato – ed ho sempre vissuto sul mare e avendo a che fare con ufficiali della Marina. Il mio sogno era quello di fare l'ufficiale. Volevo pure fare l'Accademia di Livorno. Insomma, io volevo diventare ammiraglio. Mi ci vedevo proprio: bello, con la divisa… Tanto che una volta mia moglie, addirittura, mi disse: Senti, a Porta Portese io te l'accattu 'na divisa d'ammiraglio, ti vesti e te la spardi in campagna… Una volta in Rai stavano girando una cosa sulla Marina. Io non resistetti alla vista, in sartoria, di quelle belle divise da ammiraglio e ne indossai una. Mi piacque moltissimo girare in via Teulada vestito in quel modo. Poi, siccome lì vicino c'era un'ambasciata e c'erano dei carabinieri di guardia, io uscii da via Teulada, passai davanti all'ambasciata e risposi al saluto dei militari. E' stata una delle più belle soddisfazioni della mia vita!