La Repubblica

18.11.2000

'Oui, je suis Montalbano Camilleri'

Ha l'aria un po' stranita del turista per caso, carambolato dalle parti nostre per fatale coincidenza o misteriosi cambi di rotta, come nella migliore tradizione del «noir». Enormi occhi verdi che studiano facce e luoghi, l'inseparabile borsetta da viaggio zeppa di tascabili, l'andatura dinoccolata da «che ci faccio qui?»... tutto fa pensare a un forestiero che abbia sbagliato gli orari delle coincidenze ferroviarie e non sappia come cavarsela a piazza Giulio Cesare. Eppure, nell'amicizia tra Serge Quadruppani - scrittore, scopritore e traduttore «ufficiale» d'oltralpe di Andrea Camilleri - e Palermo, non c'è nulla di casuale. Lui, che ha affidato ai tipi di case editrici come Gallimard e Fleuve Noir «Il cane di terracotta» e «La forma dell'acqua» ma anche opere di Stephen King, Dick, Aldiss, Natoli ed Evangelisti, è legato a «filo doppio» alla nostra città. Quarantotto anni, origini piemontesi, nato e vissuto fino ai diciotto anni in un paesino vicino a Tolone, sulla Costa Azzurra («ma non ho mai imparato a nuotare», precisa, «ero troppo occupato a leggere e a coltivare le mie nevrosi adolescenziali»), torna a Palermo periodicamente. Come un malato di nostalgia. Per motivi professionali e non solo.

Monsieur Quadruppani: un francese a Palermo. Come è successo?

«Il mio rapporto con questa città è nato come rapporto amoroso con Palermo e una palermitana, un legame indissolubile. Sono stato affascinato dall'intreccio di malinconia e gioia di vivere di questa città come della donna che ho avuto la fortuna d'incontrare».

La Sicilia si avvia a diventare una nuova culla della letteratura di genere. Come si spiega il recente successo dei giallisti siciliani anche all'estero?

«Spero di non dispiacervi dicendo che questo successo è, in generale, il successo degli autori italiani di "giallo". Quello che piace di più, credo, è l'attaccamento di questi scrittori a una regione, una terra, un paese. Questo affascina molto i francesi, tanto più quando si evitano le trappole del campanilismo e si ha la sensibilità di confrontarsi con le realtà più moderne. Faccio l'esempio di Camilleri, che affronta temi come la nuova mafia, la «rivoluzione» Internet, i cambiamenti recenti dell'Italia».

Ma ci saranno pure delle differenze, tra autori siciliani e non siciliani.

«Non esiste, secondo me, la possibilità di stabilire una differenza ontologica tra autori siciliani e no. È ovvio che gli autori siciliani parlano attraverso il filtro di una civilizzazione antica e molto particolare. Ma dipende da ciascuno distillare questo succo di "sicilianità" in un elisir personale e universale. Sciascia aveva scelto una lingua stendhaliana, Camilleri parla il linguaggio di una Sicilia reinventata. Né l'uno né l'altro hanno mirato a dare un immagine obbiettiva della realtà siciliana: la "loro" Sicilia è assolutamente singolare, e dunque profondamente vera e universale».

Una «singolarità» che deve essere arduo tradurre in una lingua straniera...

«Per ciascun autore, il traduttore deve trovare delle soluzioni particolari. Non ci sono dei principi generali, e in quel caso sono talmente generali da essere banali. Come ho spiegato nella mia prefazione a "La forma dell'acqua", nel caso di Camilleri mi sono sforzato di far sentire i tre livelli della sua lingua, che non intervengono mai in modo casuale, ma corrispondono sempre in modo funzionale alle esigenze del racconto. L'italiano, il dialetto, il siciliano italianizzato. Io ho tradotto il primo in un francese standard, il terzo in un francese del sud, usando dei regionalismi provenzali. Il dialetto l'ho lasciato integro, con una traduzione a fronte. Ho anche mantenuto certe particolarità sintattiche del siciliano, come l'uso del passato remoto e la posizione del verbo alla fine: "Montalbano sono..."».

Il dialetto come lingua di una narrativa di ampio respiro popolare, che dà nuova linfa alla narrativa di genere... ma non c'è il rischio di «camillerismo»? Che l'uso del dialetto diventi «maniera», moda letteraria?

«Sfortunatamente, nella mia attività di lettore per le edizioni francesi, vedo proliferare un certo numero di sottoCamilleri, specialmente dalle parti di Napoli... Ma non faccio nomi!».

Quadruppani traduttore, curatore di collane letterarie, ma soprattutto scrittore. "Le sourire contenu" per Fleuve Noir, "Colchiques dans les prés" per Actes Sud, "Les Alpes de la Lune" per Métailié, per citare gli ultimi. Siamo a quindici romanzi. Storie di enigmi e d'amore, d'immigrati clandestini e d'incanto per l'Italia del sud. A quando una traduzione di un libro di Quadruppani dal francese all'italiano?

«Il mio primo romanzo tradotto in italiano si intitolerà "L'assassina di Belleville", con prefazione di Camilleri, e uscirà ai primi di dicembre per "I Gialli Mondadori"».

GIACOMO CACCIATORE